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Riforma del diritto d’autore e nuovi modelli giuridico-economici a tutela dell’equa remunerazione

 

In tema di “Riforma del diritto d’autore e nuovi modelli giuridico-economici a tutela dell’equa remunerazione” un Webinar lo scorso 28 ottobre 2020. L’incontro, presieduto e coordinato dal Professor Gustavo Olivieri, Direttore del Master in Diritto della Concorrenza e dell’Innovazione, ha introdotto il complesso di norme  della direttiva Copyright dedicate all’equa remunerazione e ha evidenziato una sorta di ritorno della funzione primigenia del diritto d’autore da intendersi quale tutela delle parti contrattuali più deboli dinanzi alle nuove sfide del mercato digitale. Il complesso di norme in esame viene definito  elastico in quanto consente agli Stati membri di individuare autonomamente gli strumenti in concreto per il perseguimento degli scopi: libertà contrattuale e garanzia del corretto funzionamento dei marcati sui quali i diritti vengono scambiati.

Dall’ Università di Strasburgo è intervenuto il professor Christophe Geiger, direttore del CEIPI, Research Department of the Centre for International Intellectual Property Studies, il quale ha aperto il dibattito con una relazione dal titolo “Securing fair remuneration for creators: the contractual protections in the Copyright DSM directive and beyond”. La ricostruzione proposta ha illustrato la ratio originaria del diritto d’autore, quale strumento atto ad incentivare l’attività creativa da parte degli autori attraverso la remunerazione. Un diritto, dunque, che funge da “engine of free expression”. Di riflesso la remunerazione non può non divenire garanzia dell’autonomia personale. Purtroppo, come ha spiegato il prof. Geiger, l’applicazione del principio ha portato ad una serie di distorsioni nella pratica, che hanno visto allontanare di molto l’aspettativa di guadagno autoriale, dagli introiti effettivi. In questo contesto si inserisce il blocco di norme di cui ali artt. 18 e seguenti della direttiva copyright, che per la sua corretta applicazione non può prescindere dalla componente soggettiva della fairness. La soluzione negoziale proposta vede delle debolezze tanto nel disequilibrio informativo presente tra le parti, quanto nei costi alla stessa correlati.

E’ poi intervenuto Marco Giorello – Head of the Copyright Unit, Directorate General Connect, European Commission – il quale ha sottolineato il rilevante ruolo delle norme introdotte dalla Direttiva 790/2019/UE, facendo un focus sull’attività posta in essere dalla Commissione Europea in tale contesto.  In particolare ha evidenziato come per la prima volta, in ambito europeo, si sia cercato di intervenire in maniera orizzontale sulla catena di valore del mercato del diritto d’autore, tenendo in considerazione gli interessi di tutti gli attori del settore.

L’importante capitolo relativo alla remunerazione – ha continuato Giorello – lascia un significativo margine di intervento agli Stati Membri nel processo di trasposizione. Questo minimo livello di armonizzazione, ha spiegato, è dovuto al fatto che per la prima volta la Commissione è intervenuta nella regolazione dei contratti, nonché per permettere – in sede di implementazione nazionale – di tenere in considerazione le esigenze dei vari settori (a titolo di esempio: audiovisivo, musica, editoria). A tal proposito ha chiarito che questa scelta della Commissione è anche volta a permettere a quegli Stati Membri che già sono dotati di leggi a tutela degli autori – intesi quali parte debole del rapporto contrattuale – di tenere in considerazione la legislazione esistente in sede di recepimento della direttiva; tuttavia ha enfatizzato come in norme come l’articolo 18 vi è un obiettivo di armonizzazione minore rispetto all’art. 19 che è senz’altro più stringente e lascia ai legislatori nazionali meno margine di manovra.

Marco Giorello ha concluso mettendo il luce il ruolo della Commissione Europea in questa fase di recepimento della Direttiva Copyright, ossia quello di guidare e coordinare quanto più possibile i legislatori nazionali in sede di implementazione per perseguire il macro obiettivo di armonizzazione.

In sostituzione di Andrea Martella – Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria e all’attuazione del Programma Verso il recepimento. Le opzioni in sede di legge di delegazione – è intervenuta la dottoressa Simona Genovese, che ha iniziato la sua relazione rappresentando la particolare visuale di un gabinetto governativo direttamente investito della responsabilità del recepimento della direttiva per i profili strettamente attinenti all’informazione e all’editoria.

Ha sottolineato come il Parlamento stia per approvare la legge di delegazione europea, contenente al suo interno anche i criteri direttivi per il recepimento della direttiva 790, cercando di arrivare entro la fine del 2020 ad avere la legge di delegazione europea in vigore, così da iniziare a lavorare sui d. lgs delegati che devono concretamente declinare i principi contenuti nella direttiva e saranno recepiti dal legislatore con la legge di delegazione.

L’intervento si è soffermato sull’art. 15 della direttiva, evidenziando come vengano peculiarmente trattati i contenuti giornalistici ed il loro impatto sui profili della remunerazione e della trasparenza. In questo caso, la direttiva si occupa in particolare di un segmento della catena del valore, ossia il rapporto tra editori e grandi piattaforme digitali, le quali traggono evidenti vantaggi (anche economici) dallo sfruttamento dei contenuti informativi e causano, a loro volta, perdita di redditività alle case editrici.

Dopo un’analisi dell’articolo 15 e, in particolare, dei diritti di esclusiva riconosciuti agli editori, Simona Genovese ha posto un interrogativo relativo alle modalità per determinare la remunerazione spettante agli editori nel momento in cui gli aggregatori di notizie sfruttano i loro contenuti, evidenziando come allo stato, sebbene il legislatore UE faccia riferimento ai contenuti minimi che possono essere utilizzati in relazione a quantità e qualità, manchi completamente il parametro su cui misurare il criterio di remunerazione.

Infine, ha sottolineato l’importanza del tema affrontato dalla direttiva 790 nel cercare di ristabilire un equilibro tra i vari soggetti in gioco, evidenziando comunque la necessità di tenere in considerazione i molteplici interessi di rilievo costituzionale – quali la libertà di espressione e di informazione – che devono essere tutelati.

La professoressa Valeria Falce – Jean Monnet Professor in EU Innovation Policy, ricollegandosi agli interventi precedenti, ha evidenziato come il Capo III della Direttiva 790/2019/UE inquadri un primo tentativo regolatorio in tema autoriale, che risponde a un interesse strategico dell’unione, sul piano economico sociale e culturale.

Tale tentativo, ha spiegato la Professoressa Falce, deve essere calibrato con l’ampia libertà lasciata agli Stati Membri in sede di implementazione nazionale, la quale si coniuga con una libertà negoziale che va mantenuta e preservata. Quest’ultima, a sua volta, si collega con le specificità dei singoli settori artistici.

Facendo un focus sul considerando 73 della direttiva – relativo in particolare al principio della remunerazione equa ed adeguata – si comprende come quest’ultimo costituisca la cornice di riferimento per procedere all’attuazione nazionale del capo III della direttiva, in combinato disposto con gli artt. 18-22.

Il principio di un’equa remunerazione – spiega – si collega al principio della trasparenza delle informazione. In questo caso, tanto il codice civile quanto la legge sul diritto d’autore, contengono preziose previsioni dalle quali muoversi.

La Professoressa Falce, poi, ha individuato gli obiettivi che dovranno essere perseguiti dagli Stati Membri in sede di implementazione, ossia garantire: il diritto ad una remunerazione adeguata e proporzionata, alla trasparenza, a un adeguamento contrattuale, nonché il diritto a una eventuale revoca; inevitabile il collegamento con i possibili rischi che si legano al perseguimento degli obiettivi di cui sopra, quali, a titolo di esempio, la compressione della libertà negoziale e possibili rischi di interruzione degli investimenti in fase di produzione e di distribuzione.

A questo punto, il maggiore interrogativo guarda alle modalità con le quali dovrà essere trasposto l’articolo 18 a livello nazionale, articolo che poggia sul principio di una adeguata remunerazione.

In particolare, evidenzia la necessità di tenere in considerazione ed implementare i meccanismi già esistenti, evitando di creare sovrapposizioni con le norme vigenti.

Bisognerà dunque, ha sottolineato la Professoressa Falce, in sede di recepimento tenere in considerazione il corredo normativo già esistente, che pare già essere teso al perseguimento degli obiettivi della direttiva (tra i quali – ha ricordato – il principio di trasparenza e di equa remunerazione).

Rosaria Romano – Professoressa di Diritto Commerciale, Università degli Studi G. D’Annunzio Chieti Pescara – ha iniziato il proprio intervento ripercorrendo le ragioni che hanno portato il legislatore europeo all’approvazione della direttiva 790/2019/UE.

Partendo dalla Direttiva precedente, la 29/2001, è stato evidenziato come fosse centrata sui rischi derivanti dalla perdita di controllo sullo sfruttamento sulla riproduzione e circolazione delle opere protette da diritto d’autore, dunque rivolta a soluzioni utili ad arginare il rischio della perdita di probabilità di guadagno da parte degli autori. La direttiva Infosoc ha anche ben risposto alle prime minacce derivanti dall’avvento della rete telematica. Tuttavia, una delle critiche che sono state avanzate rispetto al rafforzamento dei diritti di esclusiva è stata quella secondo cui rinsaldare i diritti può comportare per contro un vantaggio dei soggetti che acquisiscono i diritti di sfruttamento. In tal senso, la novità nel passaggio dalla direttiva 29 del 2001 alla direttiva 790 del 2019, mostra un maggior intervento sui contratti di trasferimento, con una particolare attenzione alla “parte debole”. Nozione quest’ultima che la Prof. Romano ha mostrato esser al centro di un dibattito critico secondo cui l’impostazione potrebbe esser foriera di un eccesso di paternalismo, ovvero di una certa caducità definitoria.

In un quadro di tutela di detta parte più debole, diviene strategico inquadrare il principio della remunerazione adeguata e proporzionata, oltre al monitoraggio delle informazioni analitiche e dettagliate sulle singole utilizzazioni. Utili strumenti per favorire questi dati, saranno offerti dall’innovazione tecnologica. Algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale e blockchain potrebbero infatti render possibile un miglior tracciamento e selezione di tutte le utilizzazioni online di un’opera, offrendo così informazioni puntuali ai titolari dei diritti in merito ai ricavi generati.

Conclusi gli interventi dei relatori, il dibattito è proseguito con una Tavola Rotonda, moderata da Gustavo Olivieri, nella quale si sono susseguiti gli interventi di illustri rappresentanti dei mercati di riferimento: Stefania Ercolani, Piero Attanasio, Enzo Mazza, Andrea Micciche, Chiara Della Casa, Stefano Longhini.

Stefania Ercolani – Counsel for International Relations, SIAE – ha aperto il suo intervento focalizzandosi sugli interessi degli autori, che, a suo avviso, non sempre vengono tutelati dal diritto d’autore. Proprio per questo motivo, ha sottolineato, risulta necessario l’intervento dell’Unione Europea. Con la direttiva 790 e, tra gli altri, con il principio dell’equa remunerazione, si è così voluta tutelare la parte più debole del rapporto contrattuale.

Stefania Ercolani ha messo in luce la rilevanza del principio di trasparenza, sostenendo che senza una concreta attuazione di quest’ultimo diviene difficile dare alle nuove norme un concreto impatto sulla realtà.

L’obbligo, per coloro che sfruttano i diritti d’autore e i diritti connessi, di informare i titolari dei diritti a cadenze prestabilite circa le modalità di sfruttamento delle proprie opere – ha spiegato – risulta essere di particolare rilievo, in quanto è anche sulla disponibilità di tali informazioni che si fonda un’equa remunerazione, nonché la valorizzazione dei diritti che vengono via via negoziati.  Imprescindibile in tal senso il progresso tecnologico, sempre più importante poter disporre delle informazioni.

Piero Attanasio – Responsabile Ricerca e Sviluppo, AIE – fa un focus sul settore librario.

Ha ricordato come in Italia il contratto di edizione sia un contratto tipico, in quanto contiene già le necessarie tutele della parte debole del rapporto, ossia l’autore. Inoltre in alcuni casi è previsto un pagamento di tipo proporzionale sugli utilizzi dell’opera. In tal senso, dunque, gli interventi sugli articoli 18 e 19 dovrebbero  essere minimi in relazione per il settore dell’editoria, in quanto  vi sono già norme nazionali che stabiliscono quando il forfait sia proporzionale, nonché una già rigorosa applicazione del principio di trasparenza.

Enzo Mazza – CEO FIMI-SCF – è intervenuto prendendo primariamente in considerazione il settore della musica.

In relazione al principio di trasparenza, ha affermato che le case discografiche hanno già adottato una serie di meccanismi tecnici e informativi – quali ad esempio i portali messi a disposizione dei loro artisti – grazie ai quali si possono seguire i proventi derivanti dalle varie piattaforme o le royalties versate con la vendita di dischi fisici. Questi meccanismi di trasparenza, infatti, stanno favorendo chiarezza sui ricavi.

Dunque, in relazione al settore “musica”, analoga conclusione, circa una facile e snella implementazione.

Andrea Micciché – Presidente, NUOVOIMAIE – ha sottolinea come tra le opere audiovisive e le registrazioni fonografiche la contrattualistica sia molto diversa. Infatti, il sistema contrattuale vigente nel nostro Paese risulta essere divergente  a seconda della tipologia di opera. In particolare dinanzi al settore musicale, dove la partecipazione alle royalties da parte degli artisti è la prassi, nel settore cinematografico sono più diffusi i contratti a forfait. Ribadendo l’importanza di comprendere come il recepimento della direttiva possa effettivamente far funzionare meglio il sistema, l’invito è stato quello di tener le difficoltà derivanti dalla cessione e trasferimento dei diritti a soggetti terzi.

Come soluzione conclusiva, il presidente di Nuovo Imaie, ha ribadito come l’unico modo per garantire una effettiva attuazione della direttiva dovrebbe ricercarsi in una contrattazione collettiva degli ulteriori diritti che la direttiva introduce nel nostro ordinamento.

Chiara Della Casa – Avvocato, ANICA – ha introdotto il suo intervento prendendo in considerazione il rischio di sovrapposizioni in tema di equa remunerazione con quanto già previsto dal sistema normativo nazionale, evidenziando tuttavia la necessità di un meccanismo di datasharing, per acquisire maggiori informazioni sugli sfruttamenti ed evitare inutili contenziosi.

Stefano Longhini – Direttore gestione enti collettivi, diritto d’autore, contenzioso, affari legali-RTI –ha  affermato come la Commissione Europea sia entrata nel vivo di tutti i temi di rilievo.

Tema critico, nel rapporto ad esempio tra autore ed editore, è quello legato al parametro che deve essere utilizzato per misurare il compenso relativo al risultato dell’opera. Evidenzia come non sia rispettoso del rischio di impresa assunto dagli editori/produttori prevedere un compenso ulteriore per gli autori in relazione al risultato delle loro opere.

Conclude, a tal proposito, sottolineando la necessità di ripartire il rischio di impresa tra le due parti contrattuali.

Dopo un cenno sull’articolo 17 della direttiva in commento – il quale rappresenta lo squilibrio che si è venuto a creare tra titolari dei diritti e piattaforme in conseguenza di una mancata regolazione di queste ultime – è passato ad affrontare il tema dell’equa remunerazione, rilevando come in un mercato caratterizzato da un forte squilibrio economico, ha iniziato a farsi strada l’esigenza di accordare una maggiore protezione agli autori ed artisti (interpreti o esecutori) dell’opera, considerati parti deboli del rapporto negoziale volto a concedere licenze e trasferire diritti.

In questa dinamica positiva si colloca il Capo III della Direttiva Copyright, il quale, da un lato introduce il principio della remunerazione adeguata e proporzionata in favore dell’autore e dell’artista e riconosce agli stessi un diritto di revoca della licenza o del trasferimento in caso di mancato sfruttamento dell’opera, dall’altro prevede un rigoroso obbligo di trasparenza in capo a coloro ai quali hanno licenziato o trasferito i diritti .

Trattasi di temi che, grazie alla Legge sul diritto d’autore, trovano un’ampia disciplina nell’ordinamento giuridico italiano. Pertanto, in sede di recepimento sarà fondamentale concentrarsi sull’armonizzazione delle disposizioni nazionali che già tutelano sufficientemente gli autori e gli artisti con quelle di matrice europea, senza stravolgere o comunque modificare l’impianto normativo allo stato vigente.

Tuttavia, se il fine nobile sotteso alle disposizioni europee sull’equa remunerazione degli autori ed artisti è quello di rendere quanto più equilibrato possibile il mercato del diritto d’autore, bisognerà altresì tenere in considerazione il rischio di impresa che grava sul produttore e sull’editore dell’opera, i quali sostengono ingenti spese già in sede contrattuale senza alcuna certezza circa la buona riuscita dell’opera.

In questa prospettiva si colloca l’ulteriore esigenza di prevedere criteri certi che consentano di determinare in modo oggettivo gli aventi diritto, i loro ruoli e la conseguente loro valorizzazione.

 

Stefania Ercolani ha preso nuovamente la parola, affermando l’importanza della direttiva in tema di contrattazione collettiva, evidenziando il sinergico ruolo che può essere svolto dalle società di gestione collettiva ai fini dell’attuazione dei sistemi di ADR previsti all’articolo 21.

Piero Attanasio, è tornato sull’articolo 21 soffermandosi maggiormente sugli aspetti economici, facendo notare come indubbiamnete la mediazione possa essere favorevole ad una riduzione dei costi che il sistema giudiziario prevede. Soffermandosi poi sull’art. 20 – relativo ai meccanismi di aggiustamento contrattuale – ha espresso perplessità in termini di applicazione dello stesso, sia alla luce delle diversità tra i vari settori, sia perché rischia di non tenere in considerazione il rischio d’impresa.

Enzo Mazza ha altresì puntualizzato che la direttiva in commento non va ad introdurre una remunerazione aggiuntiva per i titolari dei diritti, essendo ciò in contrasto con il principio di proporzionalità e di libertà contrattuale.

Andrea Micciché, a tal proposito, ha ancora sottolineato, come i meccanismi di adeguamento contrattuale possano avere un importante impatto sulla remunerazione degli artisti. Sottolineando il fondamentale ruolo delle collecting.

 

Stefano Longhini, riprendendo il tema dell’attività delle società di gestione collettiva, ha però evidenziato la necessità che quest’ultime prevedano regole in grado di chiarire chi e cosa deve essere remunerato, nel momento in cui un utilizzatore sfrutta contenuti protetti.

Chiara Della Casa ha infine preso la parola, ricordando la necessità di tutelare la libertà e l’autonomia contrattuale, in quanto ciò costituisce il miglior mezzo per consentire un ragionevole bilanciamento tra diritti e interessi.

Il convegno si è concluso l’auspicio di rivedersi per affrontare nuovamente interessanti temi e con il ringraziamento da parte di Gustavo Olivieri a tutti i partecipanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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