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La parola delle Sezioni Unite sul delicato rapporto esistente tra memoria storica, cronaca e oblio

Il passato che non passa. La parola delle Sezioni Unite
sul delicato rapporto esistente tra memoria storica, cronaca e oblio

di

Andrea Colaruotolo
Università Europea di Roma

Con il provvedimento in epigrafe, la Cassazione a Sezioni Unite ha fissato alcuni limiti all’esercizio del diritto alla rievocazione storica in funzione di tutela del diritto all’oblio dei soggetti coinvolti dalla riproposizione di eventi del passato. Il rilievo della sentenza in commento non si esaurisce alla sola autorevolezza della decisione ma presenta notevoli ricadute sia sotto il profilo teorico che applicativo. Da una parte, infatti, la presente pronuncia costituisce un importante snodo chiarificatore nel rapporto tra libertà di stampa e diritto all’oblio. Dall’altra, viceversa, la decisione assurge a linea guida per l’interprete e per tutti gli operatori della società dell’informazione. In particolare, la vicenda ha avuto origine dalla pubblicazione su una testata giornalistica cagliaritana di un articolo di cronaca nera che riproponeva all’attenzione dell’opinione pubblica un uxoricidio commesso circa un trentennio addietro. La divulgazione della notizia si inseriva nell’ambito di una rubrica settimanale dedicata alla rievocazione degli episodi più scabrosi e violenti del capoluogo sardo degli ultimi decenni. A causa della riproposizione dell’uxoricidio, l’interessato ha lamentato di essere così stato esposto ad una nuova “gogna mediatica” da cui è derivato un profondo senso di angoscia e di prostrazione, nonostante l’avvenuta espiazione della pena. Invero, la rinnovata divulgazione della notizia avrebbe finito per determinare la cessazione della sua attività professionale e l’emarginazione dal contesto sociale cittadino. Per l’effetto, l’interessato ha citato in giudizio il quotidiano “l’Unione Sarda”, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. In primo grado, il Tribunale di C. ha rigettato la domanda di parte attrice sul presupposto dell’inammissibilità di ingerenze dei pubblici poteri sui mezzi di informazione, consistenti in un controllo di meritevolezza dei contenuti editoriali. In secondo grado, la Corte d’Appello di C. ha rigettato l’impugnazione dell’attore sull’assunto che l’uxoricidio fosse stato descritto senza accostamenti suggestionanti e fuorvianti sottointesi. In particolare, non vi era stata “nessuna gratuita e strumentale rievocazione del delitto, nessuna ricerca di volontaria spettacolarizzazione ovvero nessuna offesa triviale o irridente del sentimento umano”. Proseguendo, il Collegio ha evidenziato che “la cronaca, se inserita in un preciso disegno editoriale, non può mai dirsi superata in quanto il tempo non cancella ogni cosa e la memoria anche, se dura e crudele, può svolgere un ruolo nel sociale, in una assoluta attualità che ne giustifica il ricordo”. Avverso la sentenza d’appello, l’attore ha proposto ricorso per cassazione lamentando varie doglianze.
In ragione della ricorrenza di una “questione di massima di particolare importanza”, la Terza sezione della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite l’individuazione di univoci criteri di riferimento che consentano agli operatori del diritto e ai consociati di conoscere in via preventiva i presupposti per cui un soggetto possa chiedere che una notizia a sé relativa non sia esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuove divulgazioni, seppur legittimamente pubblicata in passato. Rispetto alla generica questione sottesa all’ordinanza interlocutoria relativa all’individuazione di un’omnicomprensiva actio finium regundorum tra diritto di cronaca e diritto all’oblio, le Sezioni Unite hanno ritenuto opportuno ricalibrare il fuoco di indagine in ragione delle specificità del singolo caso della vita. Da una parte, infatti, la Cassazione ha rilevato che il nodo giuridico della vicenda riguardava non il diritto di cronaca in generale quanto piuttosto il distinto ed autonomo esercizio del diritto alla rievocazione storica di determinati fatti appartenenti al passato. Dall’altra, viceversa, la Suprema Corte si è soffermata solo su quella dimensione del diritto all’oblio relativa alla pretesa di un individuo a non vedere nuovamente pubblicate notizie relative a vicende personali tramite canali di informazione tradizionali, successivamente al decorso di un certo intervallo temporale dalla prima pubblicazione.

 

 

 

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