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Il caso About Elly, la sentenza del Tribunale di Roma

Leggi il commento all’ordinanza di Davide Mula

Tribunale di Roma

Sez. Civile IX 

Ordinanza 16 giugno 2011

Collegio: dott. Tommaso  Marvasi,  presidente; dott. Massimo Falabella, giudice; dott. Ludovica Dotti, giudice relatore. Yahoo Italia s.r.l. (avv.ti Fienga, Consonni, Scorza, Spreafico) c. P.F.A. films s.r.l. (avv. Marraffa) e P.F.A. s.r.l. (avv.Marraffa) c. Yahoo Italia s.r.l. (avv.ti Fienga, Consonni, Scorza, Spreafico), Google Italy s.r.l. (avv.ti Berliri, Masnada, Staccioli), Microsoft s.r.l. (avv.ti Richichi, Lavagnini, Goglia, Manna). Ord. 20 marzo 2011 di primo grado, massima: L’art. 17 del d.lgs. n. 70/2003 non può essere inteso come esonero dall’obbligo di vigilanza generale, fermo restando l’obbligo di controllo su specifiche informazioni individuate, e l’esonero da responsabilità oltre il limite della mancata conoscenza dell’impresa dell’illiceità delle informazioni. (Nella fattispecie il Tribunale di Roma ha ritenuto sussistente l’obbligo in capo ad un motore di ricerca, rientrante tra i caching provider, di oscuramento dei link che rinviavano a siti web lesivi del diritto di distribuzione di un’opera cinematografica).

Svolgimento del processo e Motivi della decisione

Rilevato che con ricorso depositata il 13/10/2010 la società PFA s.r.l. ha richiesto che in via d’urgenza il tribunale voglia: “1) ordinare a Google Italia S.r.l. (x); Yahoo Italia S.r.l. (x); Msn (Microsoft S.r.l.), direttamente o anche per mezzo di soggetti terzi da esse controllati e/o collegati – la immediata rimozione dai propri servers, la conseguente immediata disabilitazione all’accesso di tutti i contenuti riproducenti – in tutto o in parte – sequenze di immagini fisse o in movimento relative al film “Titolo Film”,. 2) inibire alle convenute – in persona dei rispettivi legali rappresentanti – direttamente o anche per mezzo di soggetti terzi da esse controllati e/o collegati – il proseguimento della violazione dei diritti connessi alla utilizzazione ed allo sfruttamento economico del film “Titolo Film”, perpetrata in qualunque forma e con qualunque mezzo (quale, a titolo esemplificativo, attraverso i servizi di caricamento sui propri server, di mantenimento sugli stessi e di messa a disposizione del pubblico dei collegamenti telematici “links” e dei files audiovisivi aventi ad oggetto sequenze di immagini in movimento del film in questione); 3) determinare una somma – in misura inferiore ad euro 1.000,00 (mille/00) o nella diversa misura ritenuta di giustizia ogni minuto o (132 inferiore/superiore) frazione di esso – di diffusione (diretta o indiretta) dei contenuti audiovisivi afferenti il film “Titolo Film” successivamente constatata (anche nominando un C. T. d’ufficio per il monitoraggio quotidiano, per tutta la durata di validità dei diritti di distribuzione di PFA s.r.l., dei siti di riferimento Google, Yahoo, Msn ed una somma non inferiore ad euro 10.000,00 (diecimila/00) per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’emanando provvedimento dalla notifica in forma esecutiva dello stesso; 4) ordinare che il dispositivo dell’emanando provvedimento venga pubblicato, a spese delle convenute ed a cura della soc. PFA s.r.l., sulla prima pagina cartacea e sulla “homepage” dei seguenti quotidiani: “Il Sole 24 Ore”, “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “Il Giornale”, “Financial Times” e “The New York Times” nonché sulla pagina principale (homepage) dei siti Google, Yahoo, (x)”; – che a sostegno del ricorso la società PFA s.r.l. ha dedotto le seguenti circostanze: 1) in base a contratto di distribuzione del 25/11/2009 la ricorrente e titolare dei diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica dal titolo “About Elly” che ha ricevuto un notevole successo di critica e di pubblico; 2) la società ricorrente ha recentemente appreso che mediante l’utilizzo dei principali motori di ricerca “Yahoo”, “Google”, “Libero”, “Virgilio”, “MSI” e “Tiscali” viene diffusa la visione di video tratti dal film “Titolo Film”, in modalità integrale o parziale, in ogni caso comprendente le sequenze più significative del film; 3) in particolare, mediante semplici ricerche effettuate utilizzando le parole chiave “Titolo Film”, vengono visualizzati centinaia di siti che consentono la visione in “streaming” o in “downloading / peer to peer” dell’intero film o di sequenze significative dello stesso, in violazione dei diritti di sfruttamento dei quali è titolare la società ricorrente; 4) benché formalmente diffidati da PFA s.r.l. a provvedere alla rimozione dai propri servers di tutti i contenuti riproducenti il film “Titolo Film”, i titolari dei motori di ricerca sopra indicati non hanno adottato alcuna misura volta a contrastare il fenomeno denunciato; – che nell’ambito della prima fase del procedimento cautelare le società Yahoo Italia s.r.l., Google Italia s.r.l. e Microsoft s.r.l. hanno resistito alla pretesa avanzata da PFA s.r.l. con memorie rispettivamente depositate il 25/11/2010 nelle quali hanno contestato i presupposti dell’invocata tutela; – che con ordinanza depositata il 22/3/2011 il giudice designato dal presidente del tribunale, in parziale accoglimento del ricorso, ha inibito a Yahoo Italia s.r.l. la prosecuzione e la ripetizione della violazione dei diritti di sfruttamento economico di PFA s.r.l. sul film “Titolo” mediante il collegamento a mezzo dell’omonimo motore di ricerca ai siti riproducenti in tutto o in parte l’opera, diversi dal sito ufficiale del film; con la medesima ordinanza sono state viceversa respinte le domande della parte ricorrente nei confronti di Google Italia s.r.l. e di Microsoft s.r.l. e la ricorrente PFA s.r.l. è stata condannata a rimborsare alle stesse le spese lite, mentre è stata disposta l’integrale compensazione delle spese processuali tra la società ricorrente e Yahoo Italia s.r.l.; – che con reclamo depositato il 29/3/2011, notificato a Yahoo Italia s.r.l., Google Italia s.r.l. e a Microsoft s.r.l. il 19/4/2011, PFA s.r.l. ha chiesto la riforma del provvedimento del 22/3/2011 nella parte in cui ha respinto le richieste di pubblicazione del provvedimento cautelare, di condanna della società Yahoo Italia s.r.l. al rimborso delle spese del procedimento cautelare e di compensazione delle spese processuali nei rapporti tra la PFA s.r.l., Google Italia s.r.l. e Microsoft s.r.l.; – che d’altra parte con separato reclamo depositato il 18/4/2011 e notificato a PFA s.r.l. il 9/5/2011 Yahoo Italia s.r.l. ha chiesto la revoca del provvedimento del 22/3/2011, insistendo per l’integrale rigetto delle istanze avanzate dalla PFA s.r.l. nella prima fase del procedimento cautelare; – che nell’ambito del procedimento di reclamo si sono costituite tutte le parti resistenti, con separate memorie rispettivamente depositate il 10 ed il 12/5/2011; – che all’udienza collegiale del 13/5/2011 il tribunale ha disposto la riunione dei due procedimenti di reclamo, in considerazione dei profili di connessione oggettiva e soggettiva; – ritenuto in via preliminare che l’ordinanza impugnata – con motivazione ineccepibile dalla quale non vi è motivo per discostarsi – ha ritenuto la carenza di legittimazione passiva delle società resistenti Google Italia s.r.l. e Microsoft s.r.l.; tale affermazione discende dalla riconosciuta carenza di alcuna attività di fornitura o gestione dei servizi cd. di web search, direttamente gestiti da altre società aventi sede all’estero e soggettività giuridica affatto diversa; – che d’altra parte risulta provato dalle dichiarazioni della stessa PFA s.r.l. che la consapevolezza di tali circostanze in capo alla società ricorrente era precedente alla instaurazione del procedimento cautelare nell’ottobre 2010 (v. affermazioni a pag. 5 del reclamo PFA s.r.l.); d’altra parte è significativa – su questo specifico punto – la contraddizione nella quale è caduta la stessa PFA s.r.l. laddove afferma, a pag. 5 del proprio reclamo, di non avere mai svolto domande giudiziali nei confronti di Google Italia s.r.l. e di Microsoft s.r.l., “quali omologhe italiane delle società di diritto straniero (x) che gestiscono i rispettivi motori di ricerca, nella consapevolezza che tale notificazione avrebbe comunque sortito l’effetto di porre le società responsabili del sito nella effettiva conoscenza della pendenza del giudizio, ma senza dovere soggiacere alla procedura (lunga e articolata) prevista per la notifica all’estero” (reclamo PFA s.r.l., pag. 5); viceversa le domande nei confronti di Microsoft s.r.l. e di Google Italia s.r.l. risultano puntualmente ed espressamente avanzate nelle premesse e nelle conclusioni del ricorso introduttivo depositato il 13/10/2010; – che pertanto con riferimento alle domande avanzate dalla PFA s.r.l. nei confronti di Microsoft s.r.l. e di Google Italia s.r.l. nella prima fase del procedimento cautelare il giudice designato ha fatto correttamente applicazione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. ponendo a carico della parte ricorrente l’onere di rimborsare le spese processuali sostenute dalle parti resistenti; – che pertanto il reclamo proposto da PFA s.r.l. nei confronti di Microsoft s.r.l. e di Google Italia s.r.l. è infondato e deve essere respinto; – ritenuto inoltre che sono pienamente condivisibili le puntuali argomentazioni svolte dal giudice della prima fase del procedimento cautelare con riferimento alla sussistenza dell’interesse ad agire in via cautelare, avuto particolare riguardo al pericolo nel ritardo, al rilievo del danno anche solo potenziale e alla straordinaria potenzialità diffusiva dell’illecito denunciato; – ritenuto inoltre, quanto alla posizione di Yahoo Italia s.r.l., che a sostegno della pretesa avanzata in sede cautelare la ricorrente denuncia la violazione dei propri diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica “Titolo Film”, violazione realizzata mediante attività di streaming o downloading da parte degli utenti della rete telematica internet; in particolare PFA s.r.l., addebita a Yahoo Italia s.r.l., quale gestore dell’omonimo motore di ricerca, la condotta consistente nell’agevolazione della violazione mediante la messa a disposizione e l’indicizzazione – come risultati cd. naturali della ricerca effettuata con le parole chiave “About Elly” – dei siti che consentono la fruizione dei contenuti dell’opera filmica in questione; la responsabilità addebitata dalla ricorrente all’internet service provider (“ISP”) viene quindi qualificata in termini di consapevole concorso nella violazione commessa dai destinatari del servizio di connettività on line fornito da Yahoo Italia s.r.l.; – secondo la prospettazione di Films s.r.l., tale concorso discende in particolare dalla omissione di qualsiasi intervento diretto da parte del provider a fronte delle denunciate violazioni e della diffida stragiudiziale del 13/8/2010 (doc. 2 PFA s.r.l.); in altri termini la PFA s.r.l. lamenta che il provider – pur essendo informato dell’esistenza delle condotte illecite denunciate – ha omesso di attivarsi per la repressione delle violazioni dei diritti di utilizzazione economica sull’opera cinematografica da parte dei destinatari dei servizi; – rilevato che a questo riguardo PFA s.r.l. richiama in primo luogo la disciplina di cui all’art. 156 della l. 633/1941 (d’ora in avanti “l.a.”) che prevede il diritto del titolare di un diritto di utilizzazione economica di un’opera protetta ai sensi della l.a., di agire in giudizio al fine di impedire la continuazione di una violazione già avvenuta sia da parte dell’autore della violazione, che da parte di un intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione; peraltro, come correttamente individuato nell’ordinanza impugnata, la disciplina di riferimento in ordine all’attività del prestatore di servizi nella società dell’informazione è contenuta nel d.lgs. 9/4/2003, n. 70 (“Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno”); – che l’ipotesi del possibile contrasto tra la disciplina del d.lgs. 9/4/2003, n. 70 e quella successivamente introdotta dalla direttiva 2004/48/CE del 29/4/2004 (cd. direttiva “enforcernent”) sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (attuata in Italia con d.lgs. 16/3/2006 n. 140) è espressamente risolta dall’art. 2, n. 3, lett. a) della stessa direttiva 2004/48/CE la quale lascia impregiudicata la direttiva 2000/31/CE in generale e le disposizioni degli articoli da 12 a 15 della direttiva 2000/31/CE in particolare; pertanto la direttiva “enforcement”, introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. 16/3/2006 n. 140, deve essere applicata nel rispetto della disciplina di cui al d.lgs. 9/4/2003, n. 70; – che pertanto la direttiva 2004/48/CE, della quale il decreto legislativo 16/3/2006 n. 140 costituisce attuazione, nella consapevolezza delle preoccupazioni dell’industria delle telecomunicazioni e dei fornitori di accesso, ha ritenuto necessario precisare che nel bilanciamento dei contrapposti interessi deve essere assicurato il rispetto delle esigenze di promozione e tutela della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio elettronico (v. art. 1 – intitolato “Finalità” – del d.lgs. 9/4/2003 n. 70); – che nel d.lgs. 9/4/2003 n. 70 il principio generale che informa la responsabilità del fornitore dei servizi della società dell’informazione è contenuto all’art. 17 (intitolato “Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza”), il quale stabilisce che: “I. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. Fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore è comunque tenuto – a) ad informare senza indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente finzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell’informazione, b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite”; va inoltre rilevato che le disposizioni in esame hanno superato indenni l’intervento di modifica realizzato dal di. 22/3/2004 n. 72 convertito in l. 21/5/2004 n. 128, recante “Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo” (v. in particolare art. 1, VI comma); – che la limitazione di responsabilità introdotta a beneficio degli ISP è principalmente volta ad evitare l’introduzione di una nuova ipotesi di responsabilità oggettiva non legislativamente tipizzata o quantomeno l’ipotesi di una compartecipazione dei providers ai contenuti illeciti veicolati da terzi utilizzando il servizio di connettività da essi fornito (l’affermazione si rinviene nella relazione sui risultati dell’indagine conoscitiva disposta dall’Autorità Garante delle Comunicazioni su “Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”, pubblicato sul sito www.agcom.it il 12/2/2010; v. in particolare pag. 18); – che la clausola di salvezza posta a beneficio degli ISP “fornitori di connettività reti” fa salvi gli articoli 14, 15, 16 e 17, dai quali si ricava un sostanziale esonero di responsabilità per i contenuti veicolati dai cd. intermediari di servizi della società dell’informazione, ossia i soggetti che si limitano ad offrire l’accesso alle reti di comunicazione elettronica o il semplice trasporto (mere conduit) delle informazioni fornite da soggetti terzi (i cd. “destinatari del servizio”), oppure ancora il servizio di memorizzazione temporanea (caching) o permanente (hosting) delle informazioni fornite dal “content provider“, purché essi restino del tutto estranei ai contenuti trasmessi; – ritenuto quindi che nell’ambito di tale quadro normativo occorre procedere alla valutazione delle condotte in concreto addebitate dalla PFA s.r.l. a Yahoo Italia s.r.l. con riferimento al provvedimento di inibitoria in sede cautelare; in particolare artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. 70/03, dopo avere sancito la limitazione di responsabilità dei prestatori di servizi di connettività, lasciano comunque impregiudicata, all’ultimo comma, la possibilità per le autorità giudiziaria e amministrativa avente funzioni di vigilanza, di “Esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore (x) impedisca o ponga fine alle violazione commesse”; tali disposizioni contengono quindi la previsione di un intervento giudiziale volto al fine di esigere, anche in via d’urgenza, che il provider, nell’esercizio delle proprie attività, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse, eventualmente obbligando gli operatori di rimuovere i contenuti “illeciti” dalla disponibilità degli utenti di un determinato sito internet, così da prevenirne forme di fruizione successiva in violazione del diritto d’autore (v. in tal senso la relazione sui risultati dell’indagine conoscitiva disposta dall’Autorità Garante delle Comunicazioni, sopra citata); – che peraltro, in applicazione dei principi generali in materia di onere della prova, la ricorrente PFA s.r.l. aveva l’onere di fornire la prova, oltre che della titolarità del proprio diritto di sfruttamento dell’opera cinematografica, della violazione di tale diritto commessa attraverso la messa a disposizione di contenuti web da parte di terzi che consentono la fruizione dei contenuti dell’opera filmica in questione; – che viceversa nel caso in esame PFA s.r.l. si e limitata a denunciare la messa a disposizione non autorizzata di contenuti web che riproducono l’opera cinematografica di cui si afferma titolare, senza fornire alcuna indicazione che consenta di valutare la sussistenza e l’entità delle violazioni lamentate; in particolare la PFA s.r.l., sia nella fase stragiudiziale precedente l’instaurazione del presente procedimento cautelare, sia nella prima fase del procedimento, sia nella presente fase di reclamo ha del tutto omesso qualsiasi indicazione circa i links in relazione ai quali viene richiesta l’inibitoria; – che in particolare la PFA s.r.l., in violazione dei propri oneri di allegazione e di prova, si è limitata ad una denuncia assolutamente generica della presenza in rete di contenuti immessi da terzi, riproducenti l’opera di cui si afferma titolare; sia nella diffida stragiudiziale, che nel ricorso nella prima fase del procedimento cautelare, che nel reclamo la PFA s.r.l. ha individuato i contenuti illeciti dei quali richiede la rimozione come “materiale riferibile al film “About Elly”, ovvero “siti internet, aggiornati con continuità, che consentono la visione in streaming o il downloading / peer to peer in maniera illegittima di parti o sequenze significative del film” (v. pag. 2 del ricorso), ovvero come “tutti i contenuti riproducenti – in tutto o in parte – sequenze di immagini fisse o in movimento relative al film “Titolo Film”” v. conclusioni a pag. 19 del ricorso; – che viceversa la necessità di verificare in questa sede la sussistenza e l’entità delle “violazioni commesse”, nel senso proprio del termine utilizzato dalle disposizioni di cui agli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. 70/2003 impone alla ricorrente di fornire indicazioni circa i contenuti web dei quali richiede in via cautelare e urgente la rimozione; – che tale necessità discende in primo luogo dal rispetto dell’onere di allegazione che impone a chiunque chiede la tutela giudiziale di un proprio diritto che si afferma leso di indicare le concrete circostanze nelle quali sarebbe avvenuta tale lesione; in secondo luogo l’applicazione in sede cautelare della disciplina di cui agli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. 70/2003 postula la verifica giudiziale delle “violazioni commesse” delle quali si chiede l’inibitoria ed è evidente che nessuna verifica giudiziale è possibile in difetto di tali allegazioni; è pertanto preciso onere della ricorrente PFA s.r.l. indicare le violazioni commesse e quindi fornirne la prova nel processo, anche in considerazione del fatto che il provvedimento cautelare invocato è destinato a produrre effetti nei confronti di una pluralità (allo stato indefinita) di soggetti rimasti del tutto estranei al presente procedimento cautelare, ciò che impone una verifica rigorosa e puntuale dei presupposti dell’inibitoria; – che a questo riguardo deve essere valorizzata la circostanza che dalla documentazione acquisita, prodotta dalla stessa parte ricorrente, risulta che la stessa PFA s.r.l. titolare solo di alcuni dei diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica “Titolo Film” e solo per alcuni territori (v. doc. I di pane ricorrente) con la conseguenza che tali diritti possono legittimamente essere esercitati da terzi anche attraverso le reti telematiche e che pertanto – nella indiscriminata moltitudine dei possibili contenuti web riproducenti immagini del film “Titolo Film” – è necessario distinguere quelli provenienti da soggetti legittimati da quelli abusivi; – che pertanto per ciascun contenuto immesso in rete, del quale la ricorrente affermi la provenienza da soggetto non autorizzato, la stessa ricorrente avrebbe dovuto fornire l’indicazione dell’indirizzo internet (URL) in cui è disponibile il filmato contestato; viceversa la PFA s.r.l. si è limitata ad una generica denuncia della possibilità di rintracciare online soggetti che commettono violazioni, senza fornire alcuna indicazione dei siti web e dei link attraverso i quali viene commessa la violazione, né ha specificato le concrete modalità attraverso le quali sarebbero commesse le violazioni delle quali chiede l’inibitoria; – che d’altra parte costituisce ormai un principio consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, quello secondo il quale è escluso un dovere di controllo preventivo del provider rispetto ai contenuti immessi in rete, essendo viceversa prevista la possibilità, comunque condizionata a determinate condizioni, di un intervento dello stesso provider successivo alla segnalazione della violazione; conseguentemente la preventiva individuazione dei contenuti web di carattere illecito costituisce un’attività che non può certamente essere rimessa al provider, essendo viceversa tale attività il risultato di una valutazione rimessa in primo luogo al titolare del diritto che si afferma leso; – che sin da epoca antecedente all’instaurazione del procedimento cautelare, tale onere di allegazione era stato puntualmente e tempestivamente contestato a PFA s.r.l. dai destinatari della diffida giudiziale del 13/8/2010 (doc. 2 PFA s.r.l.); né d’altra parte PFA s.r.l. ha ritenuto di dare riscontro a tale specifica richiesta, limitandosi a proporre in sede cautelare le medesime istanze già prospettate nella diffida, affette dalla medesima insuperabile genericità; né d’altra parte la lettura della relazione tecnica depositata dalla PFA s.r.l. nel corso della prima fase del procedimento cautelare permette di rilevare elementi degni di effettivo rilievo al fine di poter ritenere integrata una valida ed efficace allegazione delle violazioni delle quali si chiede l’inibitoria (v. doc. B depositato da PFA s.r.l. unitamente alla memoria del 20/12/2010); – che in definitiva non è stata fornita alcuna prova della effettiva presenza dei contenuti ritenuti illeciti e della corrispondenza degli stessi alla riproduzione di parti significative di programmi sui quali insistono i diritti dell’attrice; – che pertanto va esclusa la sussistenza dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti cautelari invocati da PFA s.r.l.; conseguentemente, in accoglimento del reclamo proposto da Yahoo Italia s.r.l., l’ordinanza del 22/3/2011 deve essere in definitiva revocata e tutte le istanze avanzate da PFA s.r.l. in sede cautelare devono essere respinte; – che in considerazione della particolare complessità sia degli aspetti sostanziali che processuali della controversia e della mancanza di univoco orientamento giurisprudenziale sono ravvisabili giusti motivi per disporre la compensazione – nei rapporti tra PFA s.r.l. e Yahoo Italia s.r.l. – dell’onere delle spese processuali rispettivamente sostenute; – che viceversa – in applicazione del principio della soccombenza PFA s.r.l. – è tenuta a rimborsare a Google Italia s.r.l. e a Microsoft s.r.l. le spese processuali sostenute anche per la fase di reclamo del presente del procedimento cautelare;

P.Q.M.

visto l’art. 669 terdecies c.p.c.; – rigetta il reclamo proposto da PFA s.r.l. nei confronti di Yahoo Italia s.r.l., Google Italia s.r.l. e Microsoft s.r.l. avverso l’ordinanza emessa il 20/3/2011 dal giudice designato presso il tribunale di Roma; – in accoglimento del reclamo proposto da Yahoo Italia s.r.l., revoca l’ordinanza emessa il 20/3/2011 dal giudice designato presso il tribunale di Roma e per l’effetto rigetta il ricorso proposto da PFA s.r.l. il 13/10/2010 nei confronti di Yahoo Italia s.r.l.; – condanna PFA s.r.l. a rimborsare a Google Italia s.r.l. e a Microsoft s.r.l., le spese sostenute per entrambe le fasi del procedimento, spese che si liquidano per ciascuna delle parti resistenti nella misura di E 2.800 per ciascuna delle fasi del procedimento, di cui E 210 per esborsi ed 810 per competenze procuratorie, oltre i.v.a. e c.a.p. come per legge; e dispone la compensazione tra Yahoo Italia s.r.l. e PFA s.r.l. dell’onere delle spese processuali rispettivamente sostenute per il presente procedimento di reclamo. Così deciso nella camera di consiglio della nona sezione civile del tribunale di Roma, il 16/6/2011. Leggi il commento alla sentenza di Davide Mula

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