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Auditel oltre l’Auditel. Prospettive di misurazione dell’audience nel nuovo sistema audiovisivo connesso

 

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Perché misurare l’audience? – 3. Le Audi italiane 3.1. Il caso della stampa quotidiana e periodica 3.2. La radio: da Audiradio a TER 3.3. Auditel: il monopolista televisivo 3.4. Audiweb: la nuova frontiera. – 4. Le nuove frontiere della video audience measurement. – 5. Il nuovo ruolo delle società di rilevazioni degli ascolti.   1. Introduzione. Il 9 ottobre 2015 un articolo di Massimo Sideri sul Corriere della Sera rivela che, a causa di un errore tecnico della Nielsen, società che gestisce materialmente i people-meter per conto della società di rilevazione degli ascolti, sarebbero stati svelati i nomi delle famiglie facenti parte del panel Auditel, che dovrebbero restare anonime per garantirne la riservatezza, inquinando così i risultati delle indagini sull’audience televisiva [2]. A seguito di tale rivelazione, Auditel ha sospeso da metà ottobre la pubblicazione dei dati di ascolto. Dopo aver dato mandato alla società Nielsen di rimodulare, a sue spese, il 75% del panel, la società ha ripreso, a partire dal 27 ottobre, la pubblicazione dei dati, che, nel periodo di transizione (7 i mesi previsti da Nielsen per aggiornare le famiglie componenti il panel), saranno sottoposti a procedure eccezionali di certificazione e controllo da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. La stessa AGCOM, al termine della riunione della Commissione Servizi e Prodotti del 2 novembre 2015, nel valutare positivamente la tempestività e la serietà con cui Auditel ha reagito alla notizia degli effetti provocati dall’incidente incorso, ha ritenuto che la diffusione dei dati potesse continuare nel periodo necessario al ripristino della situazione di normalità, sebbene con opportune cautele e adeguate misure di controllo [3]. Il cosidetto “Audigate” ha riportato alla luce annosi dibattiti sul sistema Auditel, sull’efficacia dei suoi metodi di rilevazione degli ascolti televisivi, sulla composizione della società che gestisce il complesso processo che restituisce ogni mattina sulle scrivanie di manager e giornalisti i dati della televisione italiana, ed è al contempo diventata occasione per dibattere sulle nuove tecniche e potenzialità della misurazione dell’audience nell’era della convergenza telco-OTT-broadcasters. Come sottolinea Francesco Devescovi, <<Auditel è una sorta di patto tra le componenti del sistema tv. Per vent’anni ha funzionato al meglio, sia perché il sistema era valido dal punto di vista tecnico, ma soprattutto perché funzionale ai protagonisti del sistema. […] L’Auditel è entrato in crisi per la diffusione dei nomi del campione; ma era già in difficoltà perché questo modello si stava esaurendo>> [4]. L’obiettivo di questo articolo sarà pertanto quello di analizzare in che modo i vecchi sistemi di rilevazione dell’audience, per loro natura meccanismi socio-tecnici utili solo per il mercato pubblicitario, e veri feticci per gli addetti ai lavori, possano adeguarsi ai nuovi modelli industriali e di consumo del sistema mediale. Saranno analizzati, in ottica convergente, tutti i media e i relativi sistemi di rilevazione dell’audience, ma una particolare attenzione sarà riservata alla tv, sia per la particolare importanza e notorietà che le società di rilevazione degli ascolti (in Italia Auditel) hanno rivestito nei Paesi occidentali dagli anni Ottanta in poi, sia per le profonde trasformazioni che caratterizzano non solo le piattaforme distributive e le modalità di consumo, ma anche lo stesso modo di fare impresa televisiva, nel nuovo sistema audiovisivo connesso. Il presente contributo proporrà, pertanto, nel prossimo paragrafo, una riflessione sui motivi di carattere industriale, che hanno permesso, o meglio reso necessaria, la nascita di tali sistemi: in particolare sarà evidenziato l’importante ruolo dei sistemi di misurazione dell’audience all’interno del mercato pubblicitario e sarà fornita una classificazione, valida a livello internazionale, delle principali forme e modalità che hanno caratterizzato la concreta organizzazione della misurazione dell’audience sui diversi mezzi di comunicazione di massa. Seguirà, nel terzo paragrafo, una rassegna critica dei principali sistemi di rilevazione dell’audience validi per i diversi media in Italia (in particolare per i settori della stampa quotidiana e periodica, della radio, della televisione e di Internet). Il quarto paragrafo, invece, prevederà un’analisi delle nuove tendenze della misurazione dell’audience, dal punto di vista dei broadcasters, delle società specializzate nella ricerca sull’audience, nonchè delle società che sovrintendono, per tutti gli attori del mercato pubblicitario, alla rilevazione dei dati di ascolto, alla luce delle trasformazioni del consumo mediale. Il lavoro, infine, si concluderà, con un’analisi delle trasformazioni che hanno interessato il business editoriale nel sistema audiovisivo connesso, e con alcune proposte di carattere operativo, tarate sul caso italiano, e in particolare su Auditel, volte a restituire un ruolo significativo alle società di rilevazione degli ascolti nel nuovo contesto sociale e mediale.   2. Perché misurare l’audience. Seguendo l’impostazione di Jérome Bourdon e Cécile Méadel [5], la quantificazione dell’audience operata dai relativi sistemi di rilevazione è un meccanismo socio-tecnico, che produce misure e parametri in una maniera che può essere efficace ed efficiente per attori molto diversi, all’interno ed aldifuori dell’industria televisiva. Questo tipo di misurazioni è rimasto a lungo un blindspot, un punto cieco per citare Dallas Smythe [6], della ricerca accademica, ma rimane tuttora, per molti studiosi e addetti al settore, una black box (nel senso della sociologia della scienza di Latour [7]), cioè, ancora, un meccanismo socio-tecnico che produce elementi su cui vige l’accordo di tutti e che non sono (quasi) mai messi in discussione [8]. Un attento esame dei sistemi di misurazione dell’audience dimostra che la tecnologia non è semplice misurazione. È necessario infatti concordare una complicata serie di convenzioni, che possono cambiare in base alle relazioni dei partner del settore (pubblico/privato, grandi/piccoli, inserzionisti/emittenti), alle diverse fasi della storia della dei mezzi di comunicazione, alla tecnologia disponibile e sviluppata nelle varie fasi. L’audience non può mai essere considerata indipendentemente dagli strumenti utilizzati per misurarla [9]. C’è una tutta una serie di pratiche e discorsi resi possibile dalla televisione, ma che diventano audience solo se diventano attori umani, identificabili e localizzati. In altre parole, l’audience non può essere considerata al di fuori delle descrizioni empiriche che ne vengono fatte [10]. L’audience, o meglio le audiences [11], esistono, dal momento in cui vengono dettagliate e messe alla prova [12]. Nonostante la rilevanza dei sistemi di rilevazione dell’audience tra gli addetti ai lavori nei settori dell’editoria, della radiotelevisione e della pubblicità, la ricerca accademica tradizionale sui media non è mai riuscita a cogliere e spiegare la progettazione, il successo e la diffusione della misurazione dell’audience [13]. L’accademia ha semplicemente tenuto un approccio critico nei confronti di tali sistemi, visto che gli audience ratings sono stati spesso considerati al contempo sintomo e causa della mediocre qualità dei programmi [14]. Ad esempio, nel suo celebre pamphlet sulla televisione [15], Pierre Bourdieu critica ampiamente la mentalità dei ratings: la misurazione dell’audience viene vista come una fotografia del pubblico televisivo, come un modo in cui parlare del pubblico piuttosto che come uno strumento tecnico che interpreta a suo modo, e per i suoi scopi, l’attività del consumatore. Dallas Smythe, invece, pur considerando l’attività dell’audience come una categoria lavorativa, e pur sottolineando in maniera evidente come l’audience sia una commodity che gli editori vendono agli inserzionisti [16], sorprendentemente trascura le tecnologie usate per produrre e rendere palese questa commodity (i sistemi di rilevazione dell’audience appunto). Ien Ang, al contrario, studia in maniera approfondita le differenze tra i diversi sistemi di misurazione dell’audience in USA e in Europa, tra canali commerciali e televisioni di servizio pubblico [17]. L’autrice però, nel soffermarsi sulla rivolta del telespettatore ai sistemi di rilevazione, non coglie la portata dello strumento e della convenzione socio-tecnica e industriale che lo governa [18], preferendo piuttosto insistere sulla eccessiva semplificazione e contraddittorietà insita in tali sistemi. In sostanza, gli approcci critici non aiutano a comprendere la natura convenzionale dei sistemi di misurazione dell’audience, finché si soffermano solo sulla scarsa relazione con l’esperienza di visione, o sull’eccessiva semplificazione della stessa [19]. In realtà, come sottolineano Bourdon e Méadel, gli audience ratings sono al contempo performativi e riflessivi: da un lato, essi definiscono (o, più precisamente, contribuiscono a definire) il mondo che misurano, ovvero quello che sarà indicato come audience, ma, dall’altro lato, così facendo, danno a questo mondo (ovvero ai vari attori che parleranno in qualità di audience) gli strumenti per pensare a sé stessi, ovvero per formare una rappresentazione di sé [20]. Il mondo televisivo non può pensare al suo pubblico, senza una sua rappresentazione numerica: l’esigenza di numeri è tale che i meccanismi socio-tecnici che li producono, ad un elevato costo e con diversi di tipi di competenze coinvolte (tecnologiche, statistiche, sociologiche), devono essere resi attendibili e routinizzati [21]. Anche gli attori politici, i regolatori, le tv di servizio pubblico, i produttori dei programmi, i media non audiovisivi hanno bisogno dei tv ratings. Chiaramente, tra tutti questi attori emergono facilmente interessi contraddittori o in competizione, sia tra soggetti di diverso tipo (inserzionisti pubblicitari ed emittenti televisivi), sia tra soggetti dello stesso tipo (tv commerciali vs di servizio pubblico) [22]. In ogni caso, l’obiettivo principale della misurazione dell’audience consiste nel quantificare l’attenzione dei consumatori verso i messaggi dei media e i relativi contenuti pubblicitari [23], e rappresenta in tal modo una componente centrale nel mercato pubblicitario concepito come mercato a due versanti [24]. Secondo questo approccio, maggioritario negli studi economici sui media, il mezzo di comunicazione rappresenta la piattaforma attraverso cui un determinato operatore – l’editore (di quotidiani, periodici), l’emittente televisiva o radiofonica, il sito internet – è in grado di vendere i contatti realizzati, ossia gli utenti o consumatori raggiunti dal mezzo in una determinata unità temporale di riferimento, agli inserzionisti di pubblicità che sono interessati all’acquisto di spazi pubblicitari per la promozione dei propri prodotti. Nel primo versante, i consumatori o utenti soddisfano attraverso il mezzo le proprie esigenze di informazione, comunicazione e intrattenimento. In questo contesto, la pubblicità può essere vista come il prezzo implicito che i telespettatori o lettori devono pagare, accanto all’eventuale corrispettivo per l’accesso alla piattaforma – abbonamento nel caso della televisione a pagamento, prezzo del quotidiano o periodico – per fruire dei contenuti. Nel secondo versante, gli inserzionisti di pubblicità domandano spazi pubblicitari all’editore del mezzo di comunicazione per promuovere i propri prodotti ai consumatori finali in cambio di un numero di contatti pubblicitari realizzati dal mezzo. Maggiore è l’audience realizzata dal mezzo, soprattutto se riferita al target cui è rivolto il prodotto dell’inserzionista, e maggiore sarà la disponibilità a pagare per ottenere l’inserzione pubblicitaria corrispondente. Da qui si capisce l’importanza di tali meccanismi socio-tecnici nel sistema dei media: la base di partenza per la negoziazione degli spazi pubblicitari è rappresentata sempre dall’audience del mezzo di comunicazione, che misura il numero e la percentuale di consumatori che, in un determinato momento, sono stati raggiunti dallo stesso. Assume notevole importanza anche la tipologia di utenti raggiunti dalla piattaforma di comunicazione (il c.d. target) e, quindi, sia i gusti o preferenze dei consumatori utilizzatori del mezzo, sia il loro reddito e la relativa disponibilità di spesa. Elementi, questi ultimi, che incidono direttamente sulla efficacia di un messaggio pubblicitario. Gli indici di ascolto e di penetrazione dei diversi mezzi di comunicazione condizionano, dunque, la propensione dell’inserzionista a pagare per ottenere un determinato spazio pubblicitario, determinando, insieme ad altri fattori, il prezzo finale dello stesso. La misurazione dell’audience rappresenta, infatti, lo strumento che, insieme ad altri programmi, database e software, consente ai centri media di pianificare il corretto media mix, e di proporre soluzioni in grado di ottimizzare l’investimento dei clienti. I dati sui contatti raggiunti sono inoltre utilizzati dagli investitori pubblicitari per valutare il ritorno sugli investimenti effettuati. Infine, la rilevazione dei contatti viene impiegata dagli editori per la valutazione delle performance dei mezzi e come analisi dei consumatori che possono essere raggiunti dai mezzi [25]. L’intero sistema pubblicitario si regge su tali informazioni che incidono in modo determinante sulla valorizzazione delle inserzioni [26]. Il sistema di rilevazione costituisce una convenzione su cui si regolano gli scambi commerciali tra operatori. È dunque indispensabile che tale convenzione sia condivisa ex-ante da tutti gli operatori e che venga sistematizzata attraverso meccanismi che garantiscano la trasparenza e l’indipendenza della rilevazione [27]. In questo modo, la misurazione dell’audience non è un prodotto ordinario in un mercato in cui vige un’ampia scelta tra i consumatori, bensì diventa lo standard tramite cui misurare il valore del prodotto, del pubblico-merce (alla Smythe): tutti gli attori del mercato hanno bisogno di un’unica currency accettata da tutti [28]. Come sottolineano Jenkins, Ford e Green, “questa audience televisiva approssimata dà all’industria un oggetto gestibile che può misurare, per cui può definire la sua programmazione, e che può vendere agli inserzionisti. […] Questi indici di ascolto, benché costituiscano una grande semplificazione, sono diventati la moneta corrente per la transazioni di business” [29]. Non a caso, le associazioni di pubblicitari si sono sempre impegnate nel promuovere, tutelare e gestire gli organismi di ricerca sui mezzi di comunicazione, cercando di riunire intorno ad un tavolo comune di responsabilità e controllo reciproco le diverse parti che compongono il mercato. In merito, in particolare, va segnalato il lavoro della WFA (World Federation of Advertisers), e dell’EACA (European Association of Communications Agencies), che nell’indicare le linee guida per organizzare la gestione della misurazione degli ascolti televisivi al fine di fornire un’unità di calcolo efficiente ed efficace per la commercializzazione degli spazi del palinsesto televisivo, hanno analizzato a fondo la forma di organizzazione per la gestione della ricerca sull’audience televisiva [30]. Nel documento Organising Audience Research [31], si evidenzia che la fornitura dei dati può essere organizzata in numerosi modi. I principali, a livello internazionale, sono tre: Own Service (servizi propri), o OS, Media Owner Contract (contratto del proprietario dei mezzi di comunicazione), o MOC, e Joint Industry Committee (comitato congiunto dell’industria), o JIC. I sistemi basati sull’Own Service sono costituiti da servizi che vengono organizzati su base imprenditoriale e che sono posseduti e gestiti da un fornitore di servizi di ricerca. Il vantaggio offerto da questo tipo di organizzazione è rappresentato dalla velocità con cui vengono definite ed introdotte continue modifiche e miglioramenti. Dal momento che acquistano esclusivamente i dati da essi stessi richiesti, gli utenti (ovvero gli editori) non devono sostenere costi a lungo termine. Questa forma di organizzazione presenta, tuttavia, una serie di svantaggi per l’utenza, relativi all’onere che gli utenti devono sostenere, che può essere elevato poiché questi solitamente hanno a che fare con un fornitore monopolistico, e alla qualità del servizio, che dipende esclusivamente dal fornitore dei servizi di ricerca. Nei sistemi basati sul modello Media Owner Contract (MOC), uno o più enti di trasmissione (e occasionalmente un’agenzia o un inserzionista) commissionano la ricerca ad un fornitore di servizi di ricerca. I dati sono di proprietà dei committenti e sono questi ultimi che prendono tutte le decisioni, sebbene solitamente venga istituito un comitato tecnico che rappresenta altri utenti. Il vantaggio di questo tipo di organizzazione è che i costi sono garantiti e generalmente condivisi e i costi contrattuali possono essere controllati e rapportati all’inflazione. Gli svantaggi che presenta questa forma di organizzazione sono, invece, costituiti dalla possibilità che la definizione e l’introduzione di modifiche all’interno di una struttura “a comitato” sia più lenta rispetto all’OS. Inoltre, attraverso questa forma di organizzazione è possibile operare una discriminazione nei confronti dei proprietari di mezzi di comunicazione non partecipanti ed in alcuni casi essa può essere utilizzata anche come strumento per escludere concorrenti. Si parla, invece, di Joint Industry Commitees (JIC) quando la ricerca viene commissionata da un comitato che rappresenta tutte le parti interessate: enti di trasmissione, inserzionisti e agenzie. Il comitato possiede tutti i dati e prende tutte le decisioni al riguardo. Il punto di vista dei membri viene espresso attraverso sotto-comitati. Il vantaggio di questo sistema, di origine britannica, è quello di offrire un’ottima resa economica e una maggiore condivisione dei costi. Inoltre, si tratta con ogni probabilità della forma più affidabile di ricerca in quanto tutte le procedure tecniche vengono esaminate dal maggior numero possibile di parti interessate. Il coinvolgimento di tutta l’industria comporta inoltre che i dati risultino accettabili per tutti gli utenti. Lo svantaggio principale di questo approccio è che tende ad essere il metodo più lento, in quanto ogni decisione deve essere concordata da comitati relativamente ampi. I JIC sono, inoltre, i più difficili da costituire in quanto le parti devono garantirne anticipatamente il finanziamento. LA WFA e la EACA considerano i JIC il metodo più efficace di organizzazione della gestione della ricerca sull’audience televisiva. I JIC assicurano, dunque, a tutti gli utenti un controllo delle operazioni tecniche, nonché pari opportunità di accesso ai dati, garantendo nel contempo il controllo e la minimizzazione dei costi, ponendosi come responsabili del controllo della qualità e della diffusione dei risultati. Inoltre, i principali fornitori di servizi di ricerca tendono a preferire i JIC anche perchè la procedura dettagliata delle gare d’appalto garantisce che il contratto venga assegnato all’azienda migliore la quale con questa nomina attesta la propria competenza in altri mercati. Nella costituzione di un JIC, ci sono alcune caratteristiche comuni a tutti i sistemi che utilizzano tale modello: la volontà delle varie componenti di lavorare insieme, la collaborazione delle associazioni di categoria del settore, anche al fine di garantire la rappresentatività dell’industria o dei settori coinvolti. Poiché la conditio sine qua non di un JIC è che esso rappresenti tutti i settori dell’industria, è assolutamente indispensabile che la sua struttura sia effettivamente trasparente e che promuova la rappresentatività, incoraggiando il flusso di informazioni e i vari processi decisionali. La questione dei finanziamenti è chiaramente di vitale importanza. Non si può costituire una struttura JIC senza un previo accordo sul finanziamento della stessa. Tutti i gruppi partecipanti devono concordare e sottoscrivere di contribuire al finanziamento del progetto per un determinato periodo di tempo. Un altro aspetto di particolare importanza è la misura della partecipazione al finanziamento, che non si riflette di norma sul sistema di voto: tutte le parti (di norma inserzionisti – editori – agenzie pubblicitarie e centri media), a prescindere dal fatto che forniscano, o meno, il proprio contributo diretto al progetto di ricerca, devono godere del medesimo diritto di esprimersi su tutti gli aspetti relativi allo svolgimento della ricerca stessa [32]. Come evidenziano Bourdon e Méadel, l’equilibrio che permette il normale funzionamento dei sistemi di rilevazione dell’audience è ancora fragile, a causa di un instabile bilanciamento di due aspetti: in primo luogo, tra i partner con interessi che sono talvolta in comune (tutti hanno bisogno di una misurazione stabile ed immediatica), talvolta divergenti (visto che il sistema di misurazione li mette in concorrenza); e in secondo luogo, tra la necessità di produrre continuamente statistiche paragonabili a quelle precedenti, da un lato, e il desiderio di utilizzare lo strumento tecnologico con le migliori prestazioni, che potrebbe interrompere la continuità, dall’altro [33]. Il sistema di indici risultante dall’unione di inserzionisti e broadcasters nel modello JIC, rappresenta al massimo grado la finzione socio-tecnica, la convenzione industriale alla base del sistema di funzionamento delle società di rilevazione e di relativi strumenti (spesso people-meter centrici), e dalle sue caratteristiche precipue deriva probabilmente anche una certa diffidenza della cultura accademica, che erroneamente vedeva in quei sistemi un’occasione (mancata) di comprendere il consumo televisivo. Tale sistema, infatti <<ha un’inerzia tale da rendere difficile l’arrivo di nuovi concorrenti e ostacola trasformazioni significative nei metodi di misurazione>> [34]. Il JIC rappresenta in maniera evidente il luogo di negoziazione, la forma istituzionale che regge il necessario compromesso, la convenzione industriale, oltre che sociale e culturale, su cui si basa la rilevazione dell’ascolto dei mezzi di comunicazione di massa, con tutte le conseguenze non intenzionali ad esso legate. L’utilizzo del modello JIC è infatti una della principali cause della tendenza dei sistemi di rilevazione dell’audience ad essere monopolistici nei mercati nazionali di riferimento. Lo stesso modello inoltre evidenzia la natura conservativa dei sistemi di rilevazione dell’audience: il JIC ha notevoli difficoltà a reagire al cambiamento e ad introdurre innovazione, questione particolarmente acuta in tempi di cambiamento intenso e rapido all’interno della sfera dei media [35]. Unica eccezione rilevante rispetto alle tre forme delineate nel documento delle associazioni internazionale ed europea dei pubblicitari, è il modello TRCC (Tripartite Research Company Contract), adottato in Svezia e Francia, in cui il fornitore di dati non è un’agenzia specializzata esterna, come nel caso del JIC, ma è una società posseduta da editori, inserzionisti e agenzie pubblicitarie. Come evidenzia uno studio dedicato al TRCC francese Médiamétrie, tale modello non è esente dai vizi, ritenuti tipici del JIC, relativi a lentezza e complessità delle procedure decisionali, e si presta, anche più del classico JIC, a corroborare l’idea della natura astratta, socio-tecnica e convenzionale dei sistemi di rilevazione dell’audience [36].   3. Le Audi italiane. In Italia, l’industria e i soggetti del mondo pubblicitario possono contare su un sistema di rilevazione per ogni mezzo di comunicazione di massa. Sulla base della sua legge istitutiva (legge n. 249 del 31 luglio 1997), l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è il soggetto delegato a vigilare sulla correttezza delle indagini sugli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione [37]. L’Autorità con delibera 85/06/CSP ha approvato <<l’atto di indirizzo sulla rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione>>. Gli indirizzi emanati dall’Autorità concernono principalmente tre aspetti:

  1. la composizione dei soggetti realizzatori delle indagini sugli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione;
  2. i criteri metodologici per la ricerca dell’ascolto televisivo e quelli per la ricerca dell’ascolto radiofonico, nonché un adeguamento dei criteri per la rilevazione degli indici di lettura della carta stampata;
  3. i principi di pubblicazione e trasparenza delle informazioni [38].

  I soggetti realizzatori delle indagini sugli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione hanno l’obbligo di comunicare per ogni indagine effettuata, una “nota informativa” contenente le seguenti indicazioni minime:

  • i dati anagrafici generali della società che realizza l’indagine;
  • la metodologia utilizzata;
  • la consistenza del campione oggetto dell’indagine;
  • le modalità di rilevazione e l’eventuale margine di errore per categoria;
  • il periodo della rilevazione;
  • il costo di accesso ai singoli servizi di rilevazione;
  • l’indirizzo del sito internet o altro mezzo ove è reperibile il documento recante l’esposizione dell’intera metodologia utilizzata [39].

  3.1. Il caso della stampa quotidiana e periodica Audipress è l’indagine ufficiale di riferimento per la stampa quotidiana e periodica in Italia. Fornisce i dati di lettura dei quotidiani, dei supplementi di quotidiani, dei settimanali e dei mensili, oltre alle informazioni socio-demografiche dei lettori per 125 testate attualmente in rilevazione. La realizzazione oggettiva ed imparziale delle indagini e la più ampia diffusione dei risultati resi disponibili sono tra i principali obiettivi della società Audipress [40]. I soci che partecipano ad Audipress Srl rappresentano le diverse componenti del mercato interessate alla produzione di dati oggettivi ed imparziali sulla lettura della stampa in Italia da utilizzare a fini pubblicitari. In particolare, Audipress è partecipata da FIEG – Federazione Italiana Editori Giornali, UPA – Utenti Pubblicità Associati (associazione rappresentativa dei maggiori inserzionisti pubblicitari), Assap Servizi, l’azienda servizi di AssoCom, associazione delle agenzie e centri media operanti in Italia, Unicom – Unione Nazionale Imprese di Comunicazione, e infine dalla società di rilevazione degli ascolti televisivi Auditel (senza membri in CdA). Proprio di recente, a partire dal 2014, l’indagine Audipress si è evoluta, passando dalla rilevazione della lettura della sola versione cartacea alla rilevazione della lettura complessiva della testata nelle sue diverse versioni, carta e/o digitale. Storicamente, nel settore della stampa, alla rilevazione degli indici di lettura dei quotidiani (effettuata tramite Audipress), si affianca il servizio di certificazione e divulgazione dei dati relativi alla tiratura e alla diffusione e/o distribuzione della stampa quotidiana e periodica garantito da ADS (Accertamenti Diffusione Stampa) una società i cui soci rappresentano le diverse componenti editoriali e pubblicitarie interessate ad un certificazione secondo regole condivise [41]. Oltre ai dati delle edizioni cartacee ADS pubblica attualmente le dichiarazioni e le certificazioni delle relative edizioni digitali [42]. ADS, inoltre, ha l’obiettivo di favorire l’accesso ai propri servizi di certificazione da parte di tutti gli editori che operano in Italia [43], indipendentemente dalla loro diretta od indiretta partecipazione alla società, a parità di condizioni e di trattamento [44].   3.2. La radio: da Audiradio a TER. Fino all’inizio del decennio in corso, il sistema di rilevazione dell’ascolto radiofonico era garantito dal JIC Audiradio. A seguito dei rilevanti indirizzi formulati dall’AGCOM con la delibera n. 75/09/CSP (relativi sia alla governance della società, ovvero all’allargamento del capitale sociale alle componenti del settore  della radiofonia non rappresentate, considerata anche la presenza della RAI con il 30% di tutte le quote Audiradio, sia alle metodologia di rilevazione degli ascolti secondo il sistema misto panel-diari, e alle successive scelte di pubblicazione dei dati, che potevano danneggiare le radio locali) [45], il percorso di conformazione da parte della società Audiradio si è rilevato particolarmente complesso. La società di rilevazione è entrata così in una fase di stallo che non ha consentito di assumere decisioni cruciali per la propria esistenza, fino alla mancata approvazione del bilancio e la conseguente messa in liquidazione. In considerazione della perdurante indisponibilità di un’indagine ufficiale degli ascolti radiofonici in Italia, l’Autorità ha dapprima adottato un invito alle società del comparto a riorganizzazione il sistema di rilevazione degli ascolti del mezzo radiofonico [46]. Successivamente, l’esigenza di identificare un modello unitario, relativo sia alla metodologia, sia alla governance, volto a superare le divergenze residuali tra le posizioni dei diversi operatori, ha indotto l’Autorità a emanare una consultazione pubblica in materia [47]. Nel frattempo, nel periodo di transizione seguito alla messa in liquidazione della società Audiradio, si sono contesi il mercato due distinti sistemi di rilevazione dell’audience radiofonica: il più utilizzato Radiomonitor di Gfk Eurisko, basato su un’indagine telefonica – spesso criticata in quanto, in sede di intervista, viene suggerita agli intervistati una lista di emittenti radiofoniche tra cui scegliere [48] – , e su un panel ristretto di individui dotati di meter questionario elettronici in grado di qualificare gli ascolti (frequenze, modalità, piattaforme, ecc.) e gli ascoltatori; Ipsos Radiometrics, basato su Mediacell, un sistema elettronico per la misurazione degli ascolti radiofonici (su FM, sul web, sul satellite, sulla tv digitale terrestre, tramite il nuovo sistema di diffusione digitale del segnale DAB) che, tramite un telefono cellulare che funge da strumento di rilevazione, raccoglie dati statistici su cosa le persone ascoltano, senza dover chiedere queste informazioni in una intervista. Il primo aprile 2016 è stata costituita a Milano, a seguito di numerosi tentativi, la società Tavolo Editori Radio srl che ha per oggetto la “realizzazione (a decorrere dal 2017), oggettiva e imparziale, di un sistema di ricerche proprietario finalizzato a misurare l’ascolto del mezzo radio e delle emittenti radiofoniche, in tutte le loro caratteristiche tecnologiche e territoriali, su tutte le piattaforme trasmissive”. La società ha un capitale sociale sottoscritto (tenendo conto della presenza sul mercato in base agli attuali dati di ascolto e ai relativi fatturati) per il 70% da emittenti radiofoniche nazionali (RAI e la maggior parte delle radio nazionali private) e per il 30% dalle associazioni di categoria delle emittenti radiofoniche locali (per il 15% da parte di Aeranti-Corallo e per l’altro 15% da parte della Associazione Radio FRT). La rilevazione – che si baserà sulle indagini telefoniche Cati – proverà ad allargarsi anche ad altri ambiti per coinvolgere gli ascolti digitali, da app, web e indoor, nonché a misurare la durata del contatto e non solo dell’ascolto Al momento il comparto radiofonico non ha trovato su TER contatti positivi con il mondo delle agenzie e degli inserzionisti pubblicitari [49], varando quindi una joint-venture sul modello MOC inedita in Italia.   3.3. Auditel: il monopolista televisivo. L’Auditel è la società, costituita nel 1984, che, secondo un modello Joint Industry Committee (JIC), coinvolgendo le tre componenti fondamentali del mercato italiano – Aziende Utenti, Agenzie e Centri Media, tramite UPA, Assap Servizi, Unicom; Reti pubbliche (RAI); TV private, nazionali e locali (in particolare RTI-Mediaset e La7) –, rileva 24 ore su 24, minuto per minuto, l’ascolto della televisione, conseguito attraverso le diverse modalità di trasmissione e ricezione [50].  L’indagine si basa su un panel rappresentativo di tutta la popolazione italiana, poco più di 5mila famiglie, ognuna delle quali dotata di people-meter. Per la realizzazione delle indagini sull’ascolto televisivo, Auditel si avvale dell’attività di due Istituti di Ricerca aventi due distinti obiettivi: Nielsen Services Italy (filiale italiana della multinazionale specializzata nella rilevazione dell’audience su tutti i media) per la gestione del panel meter e la sua manutenzione, nonché la raccolta, elaborazione e distribuzione dei dati; IPSOS per l’esecuzione della Ricerca di Base con l’obiettivo dell’alimentazione del serbatoio famiglie, la stima degli Universi di riferimento e la rilevazione della diffusione delle diverse attrezzature televisive. La Ricerca di Base Auditel è costituita da una serie continuativa di indagini sull’Universo delle famiglie italiane (suddivisi in 7 cicli mensili), e fornisce statistiche relative alle famiglie (numero di televisori posseduti, attrezzature e dotazioni tecniche) e agli individui (informazioni socio-demografiche rilevate per ogni componente della famiglia). Nella ponderazione e nell’espansione del file famiglie si considera l’integrazione di famiglie di soli stranieri e l’iniezione diretta di dati proveniente dagli editori, relativi in particolare agli abbonati alla paytv satellitare Sky. La produzione degli indici d’ascolto televisivi viene invece effettivamente realizzata con tecnica campionaria per mezzo di un panel di famiglie residenti in Italia. Il panel Auditel è quindi formato a partire un campione rappresentativo della popolazione con un’età di almeno 4 anni residente in Italia. L’unità di reclutamento del campione è la famiglia; il reclutamento della stessa viene pertanto effettuato sulla base di caratteristiche familiari. Questo tipo di costruzione metodologica non impedisce che la produzione dei dati avvenga, come di fatto avviene, a livello di targets individuali, ma non prevede che il controllo del campione, in fase di reclutamento, sia effettuato in base alle caratteristiche degli individui. Ogni televisore funzionante presente nella prima casa della famiglia facente parte del panel Auditel è connesso all’unità di base del meter. Il telecomando del meter (uno per ogni unità di base e quindi per ogni TV) è lo strumento che consente a ciascun individuo del campione di “interagire” dichiarando la sua presenza all’ascolto: mentre l’unità di base rileva, automaticamente, il canale sintonizzato sul televisore cui è collegata, la rilevazione degli individui in ascolto avviene attraverso la collaborazione degli stessi tramite il push button del meter (ogni componente della famiglia ha un “proprio” tasto). Viene considerato ascoltatore per l’intero minuto, sul canale sintonizzato, l’individuo presente per almeno 30 secondi di quel minuto. A partire dal maggio 2011, l’ascolto differito (time shifted viewing) aggiunge due nuove dimensioni al dato Live: Vosdal (Viewing On Same Day As Live), quando il giorno di messa in onda Live dell’evento e quello di visione in differita, coincidono; Time Shifted, quando il giorno di messa in onda live dell’evento è antecedente al momento di visione in differita, fino a n giorni prima [51]. Storicamente, gli indici principali utilizzati per diffondere i risultati dell’attività di misurazione, e noti anche fra addetti al settore e stampa specializzata e non, sono:

  • audience media (rapporto tra copertura lorda e numero di minuti di rilevamento);
  • share (rapporto tra spettatori di un programma o canale e spettatori totali);
  • penetrazione (riferita a specifiche categorie socio-demografiche di telespettatori);
  • contatti netti (copertura lorda relativa agli utenti che visionano un programma per più di un minuto, e copertura netta relativa a  tutti gli utenti);
  • minuti visti;
  • permanenza (rapporto tra minuti visti in media e durata del programma).

  Negli ultimi anni, AGCOM e AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato) avevano già rilevato numerosi problemi su Auditel. Già nel 2007 l’AGCOM aveva invitato la società Auditel ad allargare la propria compagine, tenendo conto dell’evoluzione del mercato televisivo, e ad adeguare pertanto anche i suoi metodi di rilevazione dei dati, ovvero, nel caso di diffusione di stime riferite a piccole audience, che comportino un elevato grado di variazione dei dati rilevati, a fornire agli utenti dei dati di ascolto una informazione adeguata sull’errore campionario e sulla numerosità del campione sulla base del quale le stime sono state elaborate; nonché a fornire i dati di ascolto anche in forma aggregata sulla base di periodicità diverse dal dato giornaliero [52]. L’AGCM, invece, al termine di un procedimento nato dalla denuncia di Sky, ha individuato, nel 2011, quattro principali criticità relative al fatto che Auditel avesse ingiustificatamente ostacolato, a partire dalla seconda metà del 2009 e fino al mese di ottobre 2010, la pubblicazione giornaliera dei dati di ascolto televisivi relativi a ciascun canale, distinti per ciascuna piattaforma di trasmissione (analogica, digitale, satellitare e Tv via internet); che avesse, inoltre, ostacolato, dalla seconda metà del 2008 e fino al mese di gennaio 2010, la pubblicazione giornaliera dei dati relativi alla voce ‘”altre digitali terrestri”; che avesse erroneamente attribuito i dati di ascolto rilevati nel panel, nella fase della loro elaborazione, anche alla popolazione non dotata di apparecchi televisivi; che non avesse tenuto conto, nella formazione del campione di riferimento, degli stranieri residenti in Italia. A parere dell’AGCM, i comportamenti anticoncorrenziali della società avrebbero causato un pregiudizio significativo alle dinamiche competitive nei mercati della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo, dell’offerta dei servizi televisivi a pagamento e dell’offerta all’ingrosso di canali televisivi, tale da determinare una sanzione amministrativa pecuniaria per abuso di posizione dominante pari a 1.806.604 euro (confermata anche in sede di giustizia amministrativa) [53]. A seguito di quella sanzione, è stata introdotta nel panel Auditel una quota di famiglie “senza TV”, rappresentativa del 3,1% delle famiglie italiane (si considerano famiglie “senzaTV” tutte quelle che fisicamente non posseggono, all’interno della loro abitazione principale, un televisore), e, a partire dal 2013, è stata gradualmente introdotta una quota di famiglie con almeno un componente straniero rappresentativa del 10,2% delle famiglie residenti sul territorio italiano [54]. Inoltre, nei primi mesi del 2015, Auditel ha apportato tre importanti modifiche alla propria governance: l’aumento del numero dei membri del Consiglio di Amministrazione da 22 a 30, una rappresentanza identica (15 a 15) per broadcasters e attori del mercato pubblicitario (grandi inserzionisti e imprese del settore, tramite le rispettive realtà associative [55]), l’ingresso nel CdA di Sky e Discovery, già presenti nel Comitato tecnico (vero organo operativo della società). La riforma dell’Auditel ha seguito di poco due importanti novità del settore della rilevazione degli ascolti televisivi, maturate fuori dalla joint venture broadcaster-inserzionisti: il lancio, da parte di Nielsen, dei Twitter Tv Ratings (precedentemente proposto solo negli USA), che ha l’obiettivo di individuare la social audience che la tv crea, a partire da chi legge i tweet, oltre a registrare i numeri relativi ai tweet sui programmi televisivi; la nascita di un sistema interno di rilevazione in Sky Italia, che con lo Smart Panel composto da 5mila (in seguito 10mila) abbonati, vuole monitorare anche l’audience online, i programmi registrati e on demand, nonchè l’interazioni del pubblico con i social network, in maniera coerente – sottolineano da Sky – con il tipo di pubblico proprio della piattaforma satellitare, e dei suoi programmi originali [56]. Non a caso durante il blackout dei dati Auditel dello scorso ottobre, Sky ha continuato a rendere pubblici i dati del suo Smart Panel, circostanza che ha causato una dura presa di posizione di Urbano Cairo, imprenditore a capo de La7, sul principale quotidiano italiano [57], con immediata replica da parte di Andrea Zappia, AD di Sky Italia, che da un lato ha sottolineato che Smart Panel non è e non sarà mai uno strumento sostitutivo dell’Auditel, dall’altro ha enfatizzato le potenzialità e il portato di innovazione dello strumento, che consente, fra l’altro, di verificare in tempo reale l’andamento degli ascolti [58]. Proprio a seguito del cosiddetto Audigate, le società Auditel e Nielsen hanno avviato una complessa campagna di sostituzione dei membri del panel, operazione di sempre difficile attuazione [59], con un possibile ampliamento a 15mila famiglie [60]. A seguito dell’Audigate, inoltre, molti commentatori hanno enfatizzato le deviazioni nella lettura e nell’utilizzo dei dati Auditel in Italia e non solo: d’altronde le stesse imprese televisive hanno contribuito a deformare la corretta interpretazione dei dati di ascolto, facendo dell’audience misurata una useful fiction intorno alla quale impostare le strategie televisive [61]. Anche secondo Walter Pancini, DG Auditel, il vero problema attuale della misurazione degli ascolti televisivi è relativo all’interpretazione “frettolosa” dei dati fatta da giornalisti e addetti al settore [62]. A partire dall’aprile 2016, infine, Auditel, con il lancio di una richiesta di informazioni alle principali società di ricerca internazionali, ha avviato una road map di innovazione, che coinvolgerà sia la fase di formazione del campione, sia quella di gestione del panel [63]. In pratica, Auditel punta a estendere le misurazioni a smartphone, tablet e pc, come già avviene in molte realtà europee [64], per cominciare a presidiare tutti i sistemi utilizzati, in particolare dai target più giovani [65], per la visione dei contenuti televisivi: tale sperimentazione inizierà immediatamente dopo la fine del processo di sostituzione di campione, previsto a giugno, e la successiva fase di allargamento del panel a 15700 famiglie. Ai nuovi utenti sarà inoltre dato in dotazione un meter di ultima generazione, il GTAM Lite [66].   3.4. Audiweb: la nuova frontiera. Per la pubblicità su Internet, il riferimento è invece Audiweb, che operando secondo il classico modello JIC, è partecipato dalle associazioni di categoria che rappresentano gli operatori del mercato: Fedoweb (50%), associazione degli editori online, UPA (25%), che, come già detto, rappresenta le aziende nazionali e multinazionali che investono in pubblicità e Assap Servizi s.r.l. (25%). La società è gestita da un Consiglio di Amministrazione, affiancato da un Comitato Tecnico che ha funzioni propositive e consultive sull’impostazione della ricerca e del sistema di rilevazione.  L’attuale impianto di rilevazione consente di produrre stime puntuali sulla fruizione di internet sia da PC che da mobile (smartphone e tablet). Audiweb fornisce una ricerca di base sull’utilizzo del mezzo Internet in Italia, i cui dati sono spesso i più citati da stampa specializzata e non, che viene pubblicata periodicamente insieme ai dati relativi alle performance dei singoli siti [67]. Da febbraio 2015, Audiweb rilascia, in particolare, i dati relativi all’audience organica di ciascun brand online, ossia quella generata soltanto dai siti di proprietà dell’editore e non derivante da aggregazioni esterne [68]. Audiweb nel maggio 2015 ha inoltre dato il via al programma di sviluppo Audiweb 2.0, con l’obiettivo di far evolvere il sistema di rilevazione verso una forma più completa e aperta e dare continuità ad una ricerca condotta secondo standard condivisi, certificati e riconosciuti a livello internazionale. Il piano di sviluppo Audiweb 2.0, mira alla trasformazione della piattaforma di rilevazione in ottica aperta, sia nelle modalità di rilevazione, tenendo conto delle dinamiche complessive del mercato (player, pratiche di analisi, pianificazione e valutazione), che nelle modalità di distribuzione e condivisione dei dati, offrendo strumenti e informazioni adeguati per realizzare elaborazioni sempre più complesse anche in tempo reale. Audiweb 2.0 segna il passaggio da un sistema di dati indispensabili nelle fasi di analisi e pianificazione strategica o operativa pre-campagna, a una nuova fase di sviluppo, in cui il sistema si apre per rendere disponibili i propri dati in modo più completo e adeguato a dinamiche sempre più automatizzate e aperte per la raccolta, l’uso, l’interpretazione e la verifica dei dati. Ricordiamo, infine, che tuttora Audiweb non misura l’audience delle grandi piattaforme digitali globali (Facebook, Google, Twitter, ecc.) – che al momento non sembrano interessate a partecipare alla compagine societaria –, ma solo i contatti realizzati dai principali brand editoriali nazionali (nativi digitali come ItaliaOnline e Banzai, provenienti dal settore della stampa quotidiana e periodica come Espresso, ITEDI e Mondadori, o anche dal mondo televisivo come Rai). A partire dal secondo semestre del 2016, Audiweb sperimenterà una soluzione temporanea relativa alla misurazione dell’audience di Facebook, ma solo per attribuire agli editori le audience dei contenuti editoriali distribuiti tramite l’applicazione mobile del social network, in modalità in-app browsing, ovvero tramite Instant Articles.   4. Le nuove frontiere della video audience measurement Secondo Philip Napoli, l’audience product è <<an aggregate measure of consumer attention to media content and (to a lesser degree) the integrated advertising messages>>, composto da 3 dimensioni:

  • the predicted audience;
  • the measured audience;
  • the actual audience.

figurai 1 Figura 1. The audience product Il primo step riguarda la vendita agli inserzionisti delle predicted audience, ovvero i pubblici attesi dal programma/contenuto, la cui connaturata dimensione di incertezza e fallacia viene attenuata da ricerche e pretest sui contenuti, condotti su piccole porzioni di audience.  Successivamente si procede alla misurazione delle audience esposte al contenuto, operata su un campione rappresentativo, per quanto necessariamente limitato rispetto alle cosiddette actual audience, ovvero le audience effettive, ormai potenzialmente corrispondenti alla intera popolazione di un Paese, se non oltre, in ottica transnazionale. Le tecniche e tecnologie di audience prediction e audience measurement non riusciranno a tener testa ai cambiamenti dell’ambiente dei media, dando luogo a sconnessioni sempre più ampie tra le varie componenti dell’audience product, sconnessioni che potranno avere implicazioni significative per l’economia delle industrie mediali [69]. La diffusione in rete degli user generated content [70], la “crossmedialità” dei prodotti e la possibilità di fruirli attraverso piattaforme e device diversi [71] ha comportato un aumento delle problematicità della misurazione degli ascolti attraverso le modalità tradizionali. Gli istituti di rilevazione come Nielsen stanno facendo fronte ai cambiamenti operando un generale ripensamento delle tecnologie adottate. La frammentazione del pubblico su più canali, l’interattività e l’uso di nuovi media stanno a significare che i sistemi di misurazione dell’audience non sono più in grado di fornire informazioni affidabili. Per quanto riguarda le tecniche di rilevazione dei dati, la tendenza futura sembra essere sempre più quella di una maggiore integrazione dei dati (data fusion) provenienti dalle diverse piattaforme (digitale, satellitare, web, connected tv, ecc.) su cui oggi è possibile seguire i programmi di informazione e intrattenimento televisivi, con l’obiettivo di arrivare alla misurazione della total audience. Le visualizzazioni su altri dispositivi, in streaming o differita, le condivisioni sui social network, tutto l’universo dei big data disponibili in Rete  diventano nuove risorse che rendono obsoleti i decimali di share come parametro per la valutazione degli investimenti pubblicitari, sempre meno orientati alla mera valutazione quantitativa del gross-rating-point (GRP), indice dato dal prodotto tra la copertura netta  e la frequenza media di una campagna pubblicitaria, che serve ad indicare la pressione esercitata sul consumatore da una determinata azione pubblicitaria. In considerazione del fatto che oggi i contenuti vengono guardati non solo attraverso lo schermo tv, ma via Internet, sui telefoni cellulari e sui tablet, a casa e fuori casa, in orario di programmazione (live on air) o su tempi costruiti dall’utente, free o a pagamento,  riprogrammati o in streaming originali,  la misurazione delle audience deve necessariamente seguire la logica dei three screens (Television, Internet, Mobile) e delle crossplatform audiences. Non a caso, le più importanti società incaricate delle rilevazioni degli ascolti televisivi in Europa, spesso fondate sul modello JIC, stanno implementando, insieme alle aziende specializzate del settore, modalità e tecniche per rilevare l’ascolto time-shifted e in replay sulle nuove tv connesse o dotate di decoder avanzati, nonché l’audience di content televisivo su pc e altri device [72]. Al momento, all’interno dell’evoluzione storica delle tecniche di misurazione dell’ascolto televisivo, si dimostra particolarmente rilevante l’interesse verso analisi capaci di cogliere i comportamenti dei pubblici, con particolare riferimento alla comprensione del giudizio del pubblico [73], e ai suoi usi. I principali metodi di misurazione attualmente in opera in questo campo pongono tra i propri obiettivi principali la rilevazione e la comprensione di pratiche sociali ascrivibili al fenomeno social tv e all’engagement dei differenti pubblici connessi (dimensioni profondamente correlate). Si scontrano, in questo inedito scenario, due logiche diverse di misurazione quali il television rating, nelle sue diverse accezioni, e il web e social media measurement: <<l’analisi delle conversazioni e delle interazioni sviluppate intorno ad un contenuto televisivo all’interno di piattaforme web sociali, sta alimentando, a ragione, il desiderio di misurare le audience non semplicemente in termini quantitativi, bensì intercettando i gusti e le opinioni dello spettatore contemporaneo. L’attenzione verso questo genere di pratiche, alla luce della loro natura, porta a intendere la misurazione in termini totalmente differenti rispetto al tradizionale tv rating. Misurare le audience significa a questo punto ascoltarle, identificare e leggere le conversazioni prodotte, comprendere e classificare in termini quantitativi e qualitativi il contenuto di queste attività>> [74]. Emergono diverse modalità e obiettivi tramite cui i broadcasters possono fare social media listening:

      • verificare, just in time, l’engagement delle audience in termini di produzione di buzz online;
      • misurare le opinioni e il sentiment espresso al livello di brand, canale, programma, personaggi, competitors;
      • valorizzare la dimensione di fidelizzazione dell’utente attraverso il coinvolgimento dal basso;
      • verificare e sostenere la brand reputation attraverso azioni di supporto.

  Le principali azioni di social media listening saranno pertanto:

  • social media source selection: identificazione degli spazi online in cui gli spettatori gestiscono  conversazioni e commenti sui programmi tv;
  • conversation collection: vengono poi sviluppate regole per l’estrazione di informazioni rilevanti che possono poi essere utilizzate per creare query di ricerca con cui recuperare le conversazioni;
  • conversation analysis: la misura dell’engagement o del coinvolgimento – nello specifico basata sul volume di post, commenti e letture— diventa centrale per il calcolo di un social rating per la tv;
  • reporting: l’obiettivo è quello di fornire report personalizzati, così come predisporre dashboard capaci di  tracciare le tendenze e visualizzare gli indicatori chiave, come volume, sentiment, temi, o word clouds.

Al listening dovrà essere affiancato il measuring, al fine di tenere sotto controllo l’andamento del brand/prodotto all’interno dei social media, il livello di attività e coinvolgimento degli utenti verso il brand/prodotto, la notorietà e l’influenza (sentiment analysis) [75], al fine di ottenere engagement, ovvero di catturare l’attenzione dei consumatori e portarli al coinvolgimento e alla partecipazione [76]. La tendenza ad accedere a contenuti audiovisivi su PC e dispositivi mobili da parte dell’audience ha spinto inoltre le società che si occupando di rilevazione degli ascolti a trovare soluzioni per monitorare il comportamento del pubblico su PC, laptop, tablet e smartphone. Mentre la maggior parte della società europee si concentrano sul monitoraggio di contenuti televisivi, live, time-shifted o in replay, su TV, PC e altri devices, altri perseguono un approccio più ampio. La JIC olandese Stichting KijkOnderzoek (SKO), per esempio, ha lanciato una nuova strategia (Total Video) che mira a misurare tutti i tipi di contenuti video su tutti i tipi di dispositivi, non limitandosi solo a contenuti televisivi. Sul fronte della società di ricerche specializzate, uno dei servizi leader nel settore e principale fornitore di dati per i paesi europei per quanto riguarda la misurazione di video online, comScore, fornisce ormai dati video online per dispositivi Internet fissi come i PC a casa o al lavoro in sei paesi dell’UE (Francia, Germani, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito), Russia e Turchia. comScore sta inoltre preparando il roll-out di un nuovo servizio di misurazione, che coprirà i dispositivi fissi e mobili, tra cui PC, smartphone e tablet e piattaforme OTT (ad esempio PS3 / PS4, Xbox One ecc). Le diverse nuove esigenze poste dalle società di rilevazione degli ascolti per creare un sistema di misurazione olistica hanno non a caso spinto verso la creazione di una serie di collaborazioni tra operatori consolidati nei settori Tv ed Internet (Nielsen-Adobe; WPP-Rentrak) [77]. D’altronde, anche secondo un recente rapporto Eurodata WorldWide TV di Médiamétrie [78], i cambiamenti nelle abitudini e nelle dinamiche di fruizione obbligano a misurare l’audience almeno su quattro schermi (TV, computer, smartphone, tablet).   5. Il nuovo ruolo delle società di rilevazioni degli ascolti. In questo contesto, i numeri veicolati dalle società di rilevazione degli ascolti diventano di sempre minore dettaglio e precisione, riuscendo a seguire con fatica le nuove frontiere del time e place shifted viewing, o le nuove fonti di prodotti televisivi, on-demand, in ambiente Internet [79]. Anche le nuove dinamiche di diffondibilità dei contenuti televisivi non vengono prese in considerazione: come tutti i costrutti basati sulle impression, anche i modelli di misurazione dell’audience classici si concentrano sul conteggio dei membri dell’audience presi singolarmente, laddove la diffondibilità riconosce l’importanza delle connessioni sociali fra individui, connessioni rese sempre più visibili (e amplificate) dalle piattaforme dei social media. Questa impostazione, come segnalano Jenkins, Ford e Green, <<può ancora comprendere misure quantitative della frequenza e dell’ampiezza dei movimenti dei contenuti, ma rende importante ascoltare attivamente il modo in cui i testi mediatici vengono fatti propri dai pubblici e circolano attraverso le loro interazioni>> [80]. Il rischio è infatti che la misurazione dell’audience rimanga sempre più una finzione tecnica, una black box di riferimento solo per i professionisti appartenenti al mondo televisivo tradizionale, e neppure tanto utile per il mercato pubblicitario, – sempre più abituato, grazie all’esplosione delle nuove tecniche di profilazione dell’utente alla base della pubblicità online, a dati precisi, accurati e in tempo reale [81] – , e per i soggetti che si muovono sulle nuove frontiere dell’audiovisivo in rete, secondo le nuove modalità di organizzazione editoriale tipiche delle piattaforme digitali [82]. Confluendo l’intero sistema dei servizi (a contenuto, di comunicazione interpersonale, di commercio, ecc.) in unico contesto, quello dello screen content (ovvero il contenuto digitale, principalmente audiovisivo, ma anche editoriale, musicale, videoludico,  consumato sul sistema integrato degli schermi connessi, quali smartphone e tablet), si crea una sorta di centro focale del nuovo sistema della comunicazione audiovisiva essenzialmente data-driven [83] in cui emerge, in particolare nel campo della diffusione di contenuti audiovisivi in rete, il ruolo  che l’algoritmo ricopre nel funzionamento e nello sviluppo dei servizi di video-on-demand (Netflix) [84], parimenti a quello già ricoperto nelle piattaforme di condivisione e scambio di informazioni (Facebook, Twitter) [85]: il costante monitoraggio della fruizione dei prodotti audiovisivi, e la relativa rielaborazione dei gusti e delle modalità di consumo degli utenti segnano una netta differenza rispetto all’incertezza tipica delle precedenti ricerche di mercato sull’audience, ridefinendo in maniera inedita la funzione di orientamento strategico delle scelte editoriali dei broadcasters una volta propria dei tv ratings. La media logic, di cui la costruzione ed elaborazione del palinsesto, con le sue strategie, tecniche e tattiche, costituivano una specifica trasposizione, cede il passo, nelle concrete routine lavorative, alle logiche data-centered e customer-centric tipicamente adottate da tutte le imprese 2.0, operanti nei settori del commercio elettronico (Amazon), dei motori di ricerca (Google), delle piattaforme di condivisione e scambio di informazioni (Facebook, Twitter), e adesso anche della distribuzione di contenuti audiovisivi (professionali) in Rete (Netflix). Nei vari comparti del mercato storico del contenuto editoriale gli editori erano (e rimangono) essenzialmente data blind, ovvero avevano scarsa o nessuna visibilità diretta della propria domanda di contenuti: le ricerche e le attività di misurazione dell’audience sono in tal senso costitutive del business editoriale, in quanto rendono possibile la misura e la segmentazione del pubblico per l’impresa editoriale stessa, per l’inserzionista e per tutti i soggetti del mercato della raccolta pubblicitaria [86]. Con la formazione dell’ambiente integrato dello screen content, in particolare nel settore audiovisivo, <<l’intero sistema editoriale storico si trova a gestire contemporaneamente due mondi caratterizzati da diversi stadi evolutivi della gestione dei dati relativi alla domanda: da un lato il mondo delle rilevazioni tradizionali più o meno efficienti ma esposte ad una crescente debolezza e obsolescenza e dall’altro il mondo degli stessi consumi online che genera al contrario la massima efficacia del dato di consumo e della identificazione delle loro pratiche in quanto basato su sistemi big data e advanced analytics>> [87]. La difficile integrazione dei dati provenienti dai due mondi genera <<non solo nuove modalità nella misura della domanda ma anche nuovi assetti sul mercato della compravendita di spazi pubblicitari poiché integra consumo e misura del consumo, e di conseguenza, queste alla stessa offerta di contenuti e inserzioni alla misura: si determina cioè l’integrazione della misura del consumo nelle stesse funzioni di consumo dei contenuti con forti conseguenze su tutti i versanti del lavoro editoriale>> [88], soprattutto nell’ottica della crescente rilevanza del programmatic advertising, che vede la sostituzione dell’ordine di acquisto di un determinato volume di spazi pubblicitari con un sistema automatizzato basato su un sistema di vendita real-time-bidding [89]. Per attori come Netflix, non interessati, per il loro specifico modello di business ai ratings prodotti a fini pubblicitari, inoltre, nella valutazione dei risultati non conteranno più indici di lettura o ascolto, ma numero di abbonati paganti e loro soddisfazione. In questo senso rimane emblematica la replica proveniente da Los Gatos – sede della prima impresa televisiva globale su Internet – a una recente polemica con il network televisivo NBC, che aveva diffuso i risultati di una ricerca relativa ai dati di ascolto delle più importanti serie originals di Netflix, con l’obiettivo di dimostrare che le serie OTT avevano meno spettatori di quelle mandate in onda dai canali televisivi storici USA [90]. Netflix ha infatti chiarito che, non essendo finanziata dalla pubblicità ma dagli abbonamenti pagati dagli utenti, non ha mai sentito l’esigenza di diffondere i dati sulle views dei suoi contenuti, come fanno invece normalmente le tv per vendere i loro spazi agli inserzionisti. In merito, Ted Sarandos, responsabile globale dei contenuti di Netflix, ha aggiunto che la stessa limitazione alla fascia demografica 18-49, utilizzata dalla ricerca commissionata da NBC, non ha alcuna rilevanza per un servizio di streaming, trattandosi di un’informazione utile solo per gli inserzionisti interessati ad acquistare spazi pubblicitari in tv. In sostanza, il messaggio di Sarandos è stato: “anche se fossero veri i dati di NBC sarebbero irrilevanti per il business di Netflix” [91]. Non a caso, nell’ultimo report trimestrale 2015, Netflix ha dichiarato che i suoi titoli sono guardati in mobilità e da casa su un ampio spettro di devices, rendendo la misurazione dei viewings molto difficile per agenzie terze, e ha ribadito che l’azienda non è interessata a rilasciare i ratings per ogni titolo poiché il proprio business model non dipende dalla pubblicità. Il vero confronto con il mercato – avverte Netflix, compagnia quotata in Borsa – sono i dati sugli abbonamenti rilasciati ogni trimestre: “it is member viewing and satisfaction that propels our growth”, chiosano da Los Gatos [92]. Nello stesso documento, Netflix chiarisce che la sua concorrenza è data da tutte le attività con cui i consumatori possono impegnare il loro tempo libero (libri, videogames, cinema, tv lineare, ecc.). Guardando a questo parametro, tra il 2014 e il 2015 gli spettatori di Netflix sono passati da 29 a 42,5 miliardi di ore di streaming dei contenuti presenti sulla piattaforma. Solo nell’ambiente online, gli ultimi dati Sandvine (azienda leader nella misurazione del traffico web) mostrano che la quota del picco del traffico Internet in download del Nord America attribuibile a Netflix continua a crescere. Il tempo di attenzione di ogni individuo diventa il terreno di battaglia di Netflix, e i suoi rivali non sono più editori e broadcasters televisivi, quanto tutte le piattaforme che offrono servizi digitali di intrattenimento, commercio elettronico, ecc. dopo paragrafo 5  Figura 2. Share of peak download internet traffic in North America [93] I dati e le argomentazioni evidenziate da Netflix dimostrano come sia complessa la misurazione delle performance di un fornitore di servizi tv on-demand, in un’epoca in cui, tramontata la supremazia della pubblicità come fonte di finanziamento (sostituita dalla spesa degli abbonati), non ha più senso affidarsi ai tradizionali indici di ascolto. L’audience come prodotto da vendere agli inserzionisti diventa un parametro sempre più inadeguato nell’era della tv convergente e connessa, e dell’algoritmo e del catalogo, rispettivamente, come principio ordinatore e interfaccia di comunicazione con il pubblico televisivo. Inoltre, la rielaborazione delle informazioni sui gusti dei clienti alla base del motore di raccomandazione, centrale nell’user experience di Netflix, diventa uno strumento conoscitivo strategico per il marketing, la produzione, la distribuzione, ecc. delle imprese audiovisive, decisamente rivoluzionario rispetto alle informazioni che i broadcasters possono desumere dai classici sistemi di rilevazione dell’audience. Tra l’altro, con la fine del prodotto audience così come lo avevamo concepito e misurato nell’era della tv di flusso, tende a diminuire la rilevanza di quello che era stato il perno di tutta l’organizzazione editoriale del palinsesto, nonché degli stessi investimenti pubblicitari: il prime time. In questo contesto, diventa fondamentale ripensare la funzione economica e sociale degli indici di ascolto, ovvero la loro capacità di porsi come guida per imprese mediali e attori del mercato pubblicitario (concessionarie, centri media, inserzionisti), ovvero il rapporto delle società preposte alla rilevazione dell’audience con i nuovi attori e le nuove tendenze del mercato audiovisivo, e con il nuovo stakeholder di riferimento, rappresentato dal pubblico, sotto forma di insieme di consumatori, parte dell’opinione pubblica e rete di rapporti e relazioni sociali. Per adeguarsi alle tendenze della social tv, e delle piattaforme data-driven, in cui le imprese e i produttori di contenuti interagiscono continuamente, da due punti di vista diversi, con i pubblici, che sempre più determinano diffusione e audience dei contenuti stessi, in un sempre più intenso intreccio tra relazioni sociali e produzione culturale, le società che si occupano degli indici di ascolto, insieme alle aziende di ricerca specializzate, che specialmente laddove prevalga il modello JIC, le supportano da un punto di vista tecnico e operativo, devono abbandonare un modello culturale basato semplicemente sul “sentire” quello che le audience dicono e passare ad una cultura che dia la priorità all’ “ascoltare” quello che le audience hanno da dire [94]. Tutto ciò rimette in discussione, in Italia, l’importanza dell’Auditel come guida interpretativa della società e del consumo: se Auditel, come sostiene Mario Morcellini, è stato in grado di intercettare per molti anni tendenze e flussi della società italiana, da anni ormai sembra incapace di cogliere il cambiamento, legata, com’è, alle strutture della produzione e della convenzione industriale su cui si regge [95]. Nell’ottica convergente che caratterizza l’impostazione di questo articolo, e in particolare in un’ottica di convergenza in senso industriale del termine [96], ritengo che Auditel possa acquistare quel significativo ruolo segnalato da Morcellini solo con significativi aggiustamenti, relativi in particolare ai due elementi che storicamente, nel caso italiano, hanno determinato di volta in volta l’evoluzione (o la mancata evoluzione) del più noto sistema di rilevazione degli ascolti: la metodologia di rilevazione dei dati, e la governance della società all’interno (e oltre) il modello JIC. In merito, si possono fornire, alla luce del quadro qui delineato, quattro tipi di indicazioni: 1) la società che si occupa della rilevazione degli ascolti, in particolare sotto la spinta degli editori (a partire dal broadcaster di servizio pubblico), il cui business e la cui identità risultano sempre più messi in discussione dalle nuove tendenze del sistema audiovisivo connesso, dovrebbe porre sempre più attenzione ad aspetti qualitativi, e alle dinamiche comportamentali e di fruizione delle audiences, integrando le pur giuste modifiche su panel e people-meter, con  ricerche etnografiche da affidare all’accademia o a gruppi di ricerca specializzati [97]: indagare le strategie esperienziali di consumo degli spettatori-consumatori, l’uso personale  e sociale di mezzi (si veda la condivisione dell’esperienza di consumo di eventi sportivi e serie tv trasmessi su tv a pagamento), oggetti (si pensi al nuovo rapporto tra famiglia e smart tv, come nuovo centro del focolare domestico connesso), servizi (le sempre più diverse opzioni tecnologiche e di abbonamento messe in campo dagli operatori televisivi di ultima generazione), opportunità (le possibilità di visione asincrona e su più devices consentite dai nuovi fornitori di servizi televisivi satellitari e web-based) permetterebbe certamente di andare oltre l’idea dell’audience televisiva in quanto mera collettività classificabile, composta dalla somma di tutti i membri dell’audience, definiti esclusivamente grazie a comportamenti rilevabili di consumo, ovvero oltre l’idea che i comportamenti di consumo stessi seguino schemi prestabiliti, semplici e generali [98], e che sia pertanto possibile una mera costruzione statistica di un fatto oggettivo su comportamenti di consumo, per loro natura soggettivi o comunque mediati da un gruppo di pari. La stessa importanza crescente di pratiche di fruizione performative e sociali ha reso sempre più <<contraddittorie le tradizionali tecniche basate sulla misurazione della trasmissione televisiva>> [99]. In tal senso diventa appunto necessaria un’analisi, con un marcato interesse etnografico, delle micro-situazioni di consumo ancor più che dei comportamenti di consumo: il “guardare la televisione” (e un determinato programma). <<formula imprecisa e stenografica, che rappresenta la molteplicità di pratiche ed esperienze situate in cui si incarna il consumo di televisione>> [100], piuttosto che accenderla su un determinato canale (e il relativo programma in onda) diventa una differenziazione resa ancora più evidente dalle nuove tendenze di consumo personalizzato, social (ovvero sia socializzato, non solo in ottica social tv [101]), place e time shifted. Il marcato interesse etnografico vuol dire che l’etnografia non debba essere intesa solo come pratica di ricerca qualitativa da contrapporre ai classici sistemi di rilevazione dell’audience su base quantitativa e statistica, ma come pratica di indagine e di scrittura particolarmente adatta a restituire il carattere dinamico e complesso del consumo audiovisivo connesso; 2) la tensione verso la pratica di ricerca etnografica può e deve coesistere con la spinta verso indagini crossplatform: in questo senso, sarà sempre più necessario, prendendo spunto anche dai metodi di pianificazione degli investimenti pubblicitari propri dei centri media [102], sviluppare indagini tese a comprendere le diete mediali dell’audience, misurare in maniera integrata (e servendosi anche di aziende specializzate di diverso tipo) i consumi su mezzi tradizionali e digitali, e prospettare modalità di diffusione dei risultati che tengano presenti questi aspetti [103]; anche l’universo dei big data sul consumo e sulle tendenze sociali contemporanee, e sui small data del discorso sulla televisione in rete, opportunatamente analizzati tramite tecniche di data mining, e di web content analysis [104] potrà essere integrato in un’orizzonte di ricerca, analisi e comunicazione dei risultati quanto più ampio e completo possibile; 3) il processo di data fusion dovrà in primo luogo riguardare la diffusione dei risultati, e la relativa comunicazione all’opinione pubblica, agli stakeholders, e in particolare agli inserzionisti pubblicitari ed ai centri media; in tal senso, una forte enfasi dovrà essere attribuita ai risultati della ricerca di base sulle abitudini di fruizione convergenti degli italiani, come giù avviene per Audiweb, e come più di recente hanno iniziato a fare i soggetti che si occupano della rilevazione dell’audience su mezzi di comunicazione ritenuti, numeri alla mano, più poveri sul mercato italiano, quali la stampa quotidiana e periodica, e soprattutto la radio; in entrambi i casi, sono aumentati, da parte di società di rilevazione dell’audience, ma soprattutto da parte della componente editori, ricerche innovative, anche di stampo qualitativo, con lo scopo di delineare le nuove tendenze di consumo in ottica di remediation [105] digitale, e di far comprendere il valore intrinseco degli investimenti pubblicitari su quei mezzi alle aziende inserzioniste. Per quanto riguarda la radio, ad esempio, la forte crescita di interesse degli investitori verso un mezzo antico, ma capace di rinnovarsi in maniera profonda nel nuovo ecosistema digitale [106], può essere attribuita, almeno parzialmente, alle numerose ricerche messe in campo dagli editori, privi a lungo di un sistema unico ufficiale di rilevazione degli ascolti [107], che hanno messo in evidenza la molteplicità dei devices di fruizione del mezzo, e la conseguente diversità dei contesti e dei luoghi di consumo, la durata dell’ascolto medio, forte quasi quanto quella della tv, il forte rapporto della radio con i giovani e le èlite socio-economiche [108]. Esperienze come questa dimostrano che una ricerca sull’audience ad ampio raggio può certamente diventare funzionale anche agli interessi degli attori del mercato pubblicitario; 4) la rivoluzione dei processi di misurazione dell’audience e di diffusione dei relativi risultati di ricerca ovviamente non può che passare da importanti mutamenti nella composizione e nella governance dei sistemi di rilevazione degli ascolti. In primo luogo, sarà ovviamente necessario intraprendere la strada della JIC fusion, andando verso un modello Audi-tutte: in un’ottica di radicale ripensamento delle modalità di misurazione dell’audience multipiattaforma, un percorso privilegiato, anche se complesso, costoso e di difficile attuazione, potrebbe essere quello che ha già portata la Francia, prima nazione con un unico sistema di rilevazione degli ascolti in grado di misurare tv, cinema, radio e Internet, nonchè i comportamenti di consumo crossmediali , quale Médiamétrie [109], ad optare per un inedito modello TRCC, in cui è la stessa società di rilevazione a lavorare internamente alla predisposizione, alla concreta effettuazione e alla comunicazione al pubblico dell’indagine sui consumi mediali [110]. In secondo luogo, sia che sia adottato un modello TRCC, sia che rimanga valido il modello JIC, nell’ottica di un Audi-tutte, aperta a tutti gli stakeholders e a diverse forme di misurazione, sarà necessario inserire nella compagine societaria, o nei principali organi di governo, o in organismi di vigilanza creati ad hoc [111], rappresentanti dell’opinione pubblica, del mondo associativo e delle istituzioni (a partire dal regolatore AGCOM). Nel tracciare le possibili linee di sviluppo di questo inedito contesto, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, regolatore del settore che nasce sin da subito come convergente potrà certamente svolgere un ruolo propulsivo [112], laddove, seguendo il percorso di studio e ricerca su nuove dinamiche di  Internet e del mercato pubblicitario [113], riuscirà ad accompagnare l’Auditel e gli altri sistemi di rilevazione dell’audience – con il suo expertise tecnico e professionale, con il giusto equilibrio tra attori politici e del mercato che da sempre ispira la sua attività di authority indipendente, ovvero assumendo un ruolo proattivo [114], e assolvendo una funzione di stimolo e sviluppo del settore delle comunicazioni nell’ecosistema digitale – verso nuove ipotesi di ricerca e una nuova stagione di rapporti con il proprio “pubblico” di riferimento, nonché verso la necessaria apertura alla società civile, al mondo dell’informazione, dell’associazionismo e, last but not least, dei consumatori-cittadini.   Note*

[*] Il presente contributo è stato preventivamente sottoposto ad un referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista

[1] Le opinioni espresse in questo volume sono solo dell’autore e non implicano in alcun modo la posizione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. [2] M. Sideri, Scoppia il caso dell’Auditel. Svelati I nomi delle famiglie, Corriere della Sera, 9 ottobre 2015. Sui termini tecnici utilizzati si veda infra, paragrafi 2 e 3. [3] AGCOM, Delibera n. 192/15/CSP del 2 novembre 2015, Istruttoria avviata nei confronti della Società Auditel a seguito dei recenti avvenimenti che hanno determinato la sospensione temporanea della pubblicazione dei dati di ascolto televisivo. [4] F. Devescovi, Auditel, il mercato Tv non è stato mai in fibrillazione come ora, www.ilfattoquotidiano.it , 16 ottobre 2015. [5] Si veda, in particolare, J. Bourdon, C. Méadel (ed.), Television Audiences Across the World. Deconstructing the Ratings Machine, Palgrave McMillan, London 2014. [6] D.W. Smythe, Communications: Blindspot of Western Marxism, in Canadian Journal of Political and Social Theory, 1, 3, 1977. Nella pioneristica opera di Dallas Smythe, viene evidenziato come il “punto cieco” (blindspot) nella tradizione occidentale del marxismo sia sempre stato relativo all’incapacità di vedere come il pubblico (della radio e della televisione in particolare), nella sua semplice attività di visione dei programmi (wacthing activity), prima forma di lavoro gratuito dei consumatori, si trasformasse in merce che i broadcasters rivendevano poi all’inserzionista pubblicitario. [7] B. Latour, Science in action: How to Follow Scientists and Engineers through Society, Harvard University Press, Cambridge (MA), 1987, trad. it. La scienza in azione – Introduzione alla sociologia della scienza, Edizioni di Comunità, Torino, 1988. [8] J. Bourdon, C. Méadel, Inside television audience measurement: Deconstructing the ratings machine, in Media, Culture, Society, 1-10, 2011, 1-10, p. 2. [9] Idem, pp. 8-9. [10] Non a caso, viste le premesse di questo lavoro, uso qui sempre il termine audience, visto che, storicamente, nella ricerca sui media di matrice europea, è sempre stata fatto una netta distinzione tra audience e pubblico, termini spesso confusi invece in Italia (M. Sorice, Sociologia dei mass media, Carocci, Roma 2009), laddove nel primo caso si pensa ai fruitori come consumatori di prodotti, nel secondo caso ad un insieme di cittadini che devono essere orientati, educati, informati, tanto quanto intrattenuti – in breve ‘serviti’ – presumibilmente per renderli capaci di assolvere al meglio i loro doveri democratici (I. Ang, Desperately Seeking the Audience, Routledge. London 1991, trad. it. Cercasi disperatamente audience, Il Mulino, Bologna 1998). [11] Una visione plurale dell’audience televisiva è tipica del filone di studi appartenenti alla tradizione dei Cultural Studies britannici (si veda S. Moores, Interpreting Audiences. The Ethnography of Media Consumption, Sage, Thousand Oaks (CA) – New Delhi 1993, trad. it. Il consumo dei media. Un approccio etnografico, Il Mulino, Bologna 1998). [12] C. Méadel, Moving to the peoplemetered audience. A sociotechnical approach, in European Journal of Communication, 30 (1), 2015, 36-49, p. 37. [13] J. Bourdon, C. Méadel, Deconstructing the Ratings Machine: An Introduction, in iid. (ed.), Television Audiences Across the World. Deconstructing the Ratings Machine, op. cit., 1-30, p. 2. [14] Idem, p. 7. [15] P. Bourdieu, P., Sur la télévision, Liber- Raisons d’Agir, Paris, 1996, trad. it. Sulla televisione, Feltrinelli, Milano 1997. [16] D.W. Smythe, Communications: Blindspot of Western Marxism, op. cit. [17] I. Ang, Desperately Seeking the Audience, London, Routledge 1991, trad. it. Cercasi disperatamente audience, Il Mulino, Bologna 1998. [18] J. Bourdon, C. Méadel, Deconstructing the Ratings Machine: An Introduction, op. cit., p. 11. [19] Idem, p. 12. [20] Idem, p. 14. [21] Idem, p. 29. [22] Si veda infra, paragrafo 5. [23] P. Napoli, Audience Economics: Media Institutions and the Audience Marketplace, Columbia University Press, New York 2003. [24] La teoria dei mercati a due versanti è stata chiaramente individuata per la prima volta nel lavoro di C. Rochet, J. Tirole, Platform Competition in Two-Sided Markets, in Journal of the European Economic Association, vol. 1(4), 2003, 990-1029. [25] AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria (Allegato A alla delibera n. 551/12/CONS), 2012, pp. 10-18. [26] AGCM, IC23, Indagine conoscitiva sul settore televisivo: la raccolta pubblicitaria, 16 novembre 2004, p. 108. [27] Si veda Audience Research Methods Group, Towards Global Guidelines for Television Audience Measurement, European Broadcasting Union, 1999. [28] J. Bourdon, C. Méadel, Inside television audience measurement: Deconstructing the ratings machine, in Media, Culture, Society, 1-10, 2011, 1-10, p. 2. [29] H. Jenkins, S. Ford, J. Green, Spreadable media. Creating Value and Meaning in a Networked Culture, New York University Press, New York, 2013; trad. it. Spreadable media. I media tra condivisione, circolazione e partecipazione, Apogeo, Milano 2013, p. 125. [30] Fra l’altro, i servizi di misurazione dei contatti raggiunti dal mezzo di comunicazione rappresentano una delle categorie del più ampio insieme dei servizi di fornitura dati. In generale, questi ultimi servizi costituiscono un importante strumento di informazione per la formulazione delle strategie aziendali delle imprese e si distinguono in base alla metodologia di rilevazione, ai soggetti destinatari e quelli oggetto di rilevazione e agli obiettivi rilevati. Dal punto di vista antitrust si distinguono in tre tipologie: a) marketing information services; b) market resarch services; c) media measurement services (AGCM, IC23, Indagine conoscitiva sul settore televisivo: la raccolta pubblicitaria, 16 novembre 2004, p. 108). [31] WFA/EACA, Guide to organising audience research, 2008.  [32] Idem. [33] J. Bourdon, C. Méadel, Deconstructing the Ratings Machine, op. cit., p. 7. [34] H. Jenkins, S. Ford, J. Green, Spreadable media, op. cit., pp. 125-126. [35] J. Bourdon, C. Méadel, Deconstructing the Ratings Machine, op. cit., p. 7. [36] C. Méadel, Moving to the peoplemetered audience. A sociotechnical approach, in European Journal of Communication, 30 (1), 2015. [37] In particolare, secondo l’art. 1, comma 6, let. b), n. 11 della suddetta legge, la Commissione per i Servizi e i Prodotti dell’AGCOM “cura le rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione; vigila sulla correttezza delle indagini sugli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione rilevati da altri soggetti, effettuando verifiche sulla congruità delle metodologie utilizzate e riscontri sulla veridicità dei dati pubblicati, nonché sui monitoraggi delle trasmissioni televisive e sull’operato delle imprese che svolgono le indagini; la manipolazione dei dati tramite metodologie consapevolmente errate ovvero tramite la consapevole utilizzazione di dati falsi è punita ai sensi dell’articolo 476, primo comma, del codice penale; laddove la rilevazione degli indici di ascolto non risponda a criteri universalistici del campionamento rispetto alla popolazione o ai mezzi interessati, l’Autorità può provvedere ad effettuare le rilevazioni necessarie”. [38] AGCOM, Delibera n. 85/06/CSP del 16 maggio 2006, Atto di indirizzo sulla rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione. [39] www.agcom.it/note-informative [40] www.audipress.it [41] Attualmente i soci costituenti ADS Srl sono: UPA, Assocomunicazione, UNICOM, che rappresentano la “parte Utenti-Agenzie”, FIEG e FCP (Federazione Concessionarie di Pubblicità) che rappresentano la “parte Editori-Concessionarie”. [42] Con il rilascio del Certificato, ADS è autorizzata alla divulgazione dei dati certificati mediante la loro pubblicazione su “ADS NOTIZIE”, organo di informazione dell’Associazione che è messo a disposizione di tutti gli operatori interessati. [43] Dall’anno 2013 sono sottoposti ad accertamento anche i dati relativi alle copie digitali pagate. [44] www.adsnotizie.it [45] AGCOM, Delibera n. 75/09/CSP del 5 maggio 2009, Misure e raccomandazioni nei confronti della società Audiradio in materia di rilevazione degli indici di ascolto radiofonici. [46] AGCOM, Delibera n. 182/11/CSP del 6 luglio 2011, Linee guida sull’organizzazione dell’attività di rilevazione degli indici di ascolto radiofonici. [47] AGCOM, Delibera n. 320/11/CSP del 20 dicembre 2011, Consultazione pubblica sull’organizzazione dell’attività di rilevazione degli indici di ascolto radiofonici e costituzione di un tavolo tecnico. [48] M. Sideri, Audiradio e la difesa dello status quo analogico, Corriere della Sera, 4 novembre 2015. [49] R. Borghi, Con Ter gli editori radio diventano i proprietari delle rilevazioni degli ascolti, disponibile su www.primaonline.it , 13 aprile 2016. [50] www.auditel.it Tra i soci segnaliamo anche Confindustria Radio Televisioni, associazione che riunisce in un solo soggetto le principali aziende radiotelevisive italiane (dal servizio pubblico agli operatori privati nazionali, alle piccole e medie imprese operanti sul territorio), e FIEG. [51] Auditel, Nota informativa, aggiornata a novembre 2015, disponibile su www.agcom.it [52] Delibera n. 55/07/CSP del 22 marzo 2007, Misure e raccomandazioni nei confronti della società Auditel in materia di rilevazione degli indici di ascolto. [53] AGCM, A422 – SKY ITALIA/AUDITEL, Provvedimento n. 23112 del 14 dicembre 2011. [54] Si veda Auditel, Nota informativa, op. cit. [55] Con riferimento alle imprese del settore pubblicitario, si rileva che nella francese Médiamétrie le quote del capitale sociale sono possedute singolarmente dalle più importanti realtà del mondo dei centri media e delle agenzie pubblicitarie, come Publicis, Havas ed Aegis, e non dalle rispettive associazioni.  [56] C. Plazzotta, L’Auditel non fa più per Sky, Italia Oggi, 10 dicembre 2015. [57] U. Cairo, Quei dati di ascolto Sky non sono uno specchio reale della tv, Corriere della Sera, 20 ottobre 2015. [58] A. Zappia, Dati di ascolto tv: lo smart panel di Sky, Corriere della Sera, 21 ottobre 2015. [59] Si veda J. Bourdon, C. Médeal, Inside television audience measurement, op. cit. [60] M. Sideri, Il duello su Auditel, CorrierEconomia. Corriere della Sera, 2 novembre 2015. [61] Finzione, perché la rilevazione dei dati di ascolto presenta inevitabili caratteristiche di approssimazione e semplificazione di una realtà più complessa, dettati sia dalle modalità della rilevazione statistica sia (e forse soprattutto) dall’impiego che se ne fa nel marketing televisivo; utile, perché costituisce un quadro condiviso – soprattutto per manager televisivi, inserzionisti e agenzie pubblicitarie – in grado di fornire concrete verifiche degli obiettivi e garanzie sui risultati di spot e programmi (L. Barra, Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva, Laterza, Roma-Bari 2015, p. 61). [62] Si veda Audizione del direttore generale di Auditel, Walter Pancini, presso la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, 4 novembre 2015, www.camera.it. [63] A. Secchi, Auditel vuole l’audience della tv vista online, Italia Oggi, 15 aprile 2016. [64] Nel 2014 la misurazione dell’audience dei contenuti televisivi su PC era già prevista, fra i Paesi Europei, in Repubblica Ceca, Danimarca, Germania e Olanda, ed era in fase di pianificazione o testing in Austria, Spagna, Finlandia, Francia e Slovacchia. Per quanto riguarda gli altri devices, la misurazione risultava effettiva solo in Olanda (su cui si veda infra, paragrafo 4), mentre risultava in fase di pianificazione o testing in Austria, Danimarca, Francia e Germania  (si veda European Audiovisual Observatory, The development of the European market for on-demand audiovisual services, 2015). [65] Il difficile “inseguimento” dell’audience televisiva giovanile, dispersa tra PC, smartphone e tablet, e sempre più abituata a logiche di fruizione place e time-shifted, rischia di riproporre, nell’analisi dei “numeri” dell’audience ai fini di investimento pubblicitario, nonché nel discorso pubblico sul consumo televisivo, un meccanismo di separazione dell’universo giovanile dal resto della popolazione televisiva, simile a quello delineatosi alcuni anni fa a seguito del riconoscimento come principale metro di valutazione dell’audience televisiva dei risultati relativi al solo target commerciale (che in Italia va dai 15 ai 64 anni, negli USA dai 19 ai 45). Tale meccanismo di “separazione” del pubblico televisivo era stato in seguito fatto proprio dai nuovi editori televisivi satellitari o di nicchia, in Italia come all’estero, con il loro tentativo di accreditarsi nei confronti delle aziende inserzioniste citando i soli dati relativi al target di pubblico high spender. [66] A. Ducci, L’Auditel misurerà gli ascolti di iPhone e tablet, Corriere della Sera, 21 aprile 2016; M. Molendini, Auditel, ecco la rivoluzione, Il Messaggero, 26 maggio 2016. [67] La Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia è una ricerca quantitativa realizzata in collaborazione con Doxa, basata su 10.000 interviste face-to-face a un campione rappresentativo della popolazione italiana tra gli 11 e i 74 anni. Vengono inoltre raccolte le informazioni relative anche alla popolazione tra i 2 e i 10 anni di età e alla popolazione di età superiore ai 74 anni, se residenti in famiglie il cui intervistato fa parte del campione di riferimento (11-74 anni). I dati raccolti consentono di individuare e quantificare quale parte della popolazione Italiana 2-74 anni abbia accesso a Internet, con quali modalità accede, da quali luoghi, attraverso quali device e con quale frequenza, con un dettaglio sui device disponibili e su tutti i profili socio-demografici. ll questionario di rilevazione della Ricerca di Base viene periodicamente aggiornato al fine di monitorare la continua evoluzione dei nuovi device utilizzati per accedere ad internet (smartphone, tablet, televisori, game console) approfondendo, per ciascun device, i diversi livelli di accesso ad internet . Si veda www.audiweb.it [68] A. Secchi, Siti web, ecco le aggregazioni, Italia Oggi, 9 aprile 2015. [69] P. Napoli, Audience Evolution. New Technologies and the Transformation of Media Audience, Columbia University Press, New York 2011. [70] A. Preta, Economia dei contenuti. L’industria dei media e la rivoluzione digitale, Vita & Pensiero, Milano 2007. [71] Si vedano, in proposito: E. Fleischner, Il paradosso di Gutenberg. Dalla crossmedialità al Media on Demand, Rai-Eri, Roma 2008; AGCOM, I servizi e le piattaforme applicative per le comunicazioni interpersonali e i media digitali, 2013. [72] Si veda European Audiovisual Observatory, The development of the European market for on-demand audiovisual services, op. cit., 315-433. [73] Si veda F. Tarquini, Nuove metriche di misurazione dell’audience, in AA. VV., XIV Rapporto IEM – Istituto Economia dei media, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2015, pp. 91-96. [74] Idem, p. 95. [75] La misurazione riguarda l’effetto di riverbero, ripetizione e diffusione dei contenuti che i social media producono intorno al prodotto, il livello di coinvolgimento e di commento, sempre in relazione al brand/programma, ma anche ai competitor (programmi concorrenti). [76] Si veda R. Andò, Misurare la complessità. Modelli di analisi delle audience nella cultura della convergenza, in A. Marinelli, G. Celata (a cura di), Connecting Television. La televisione ai tempi di Internet, Guerini e Associati, Milano 2012. [77] European Audiovisual Observatory, The development of the European market for on-demand audiovisual services, op. cit. [78] Si veda http://www.mediametrie.com/eurodatatv/ [79] F. Siliato, Long Tail e grandi produzioni, intervento al seminario Paytv, servizi on demand ed evoluzione del sistema audiovisivo, Roma, 9 maggio 2016. [80] H. Jenkins, S. Ford, J. Green, Spreadable media, op. cit., p. 6. [81] Si veda AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e della pubblicità online (Allegato A alla delibera n. 19/14/CONS), 2014. [82] IBL (Istituto Bruno Leoni), e-Media Institute, Il sistema audiovisivo. Evoluzione e dimensioni economiche, IBL Libri, Torino 2016 [83] Idem, pp. 37-43. [84] F. Marrazzo, Effetto Netflix. Il nuovo paradigma televisivo, Egea, Milano 2016. [85] OECD, Exploring the Economics of Personal Data: A Survey of Methodologies for Measuring Monetary Value, 2013. [86] AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria, op. cit. [87] IBL, Il sistema audiovisivo, op. cit., p. 45. [88] IBL, Il sistema audiovisivo, op. cit., p. 46. [89] Confrontando i meccanismi di vendita del display advertising, si può constatare che la differenza fondamentale tra la vendita di tipo tradizionale ed il Real Time Bidding consiste nel fatto che, nel primo caso, la vendita riguarda, in blocco, un certo ammontare di impressioni, mentre, nel secondo caso, ogni asta ha ad oggetto una singola impressione. Quindi, nella vendita diretta, pur operando una targettizzazione degli utenti, tutte le impressioni vengono realizzate nell’ambito di un unico sito web. Viceversa, con il Real Time Bidding, ogni impressione è profilata e valutata nell’arco di alcuni millisecondi, durante l’asta (mentre la pagina viene caricata). Così, il Real Time Bidding consente di targettizzare l’audience attraverso tanti siti diversi, piuttosto che su uno soltanto (AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e della pubblicità online, op. cit., p. 175). [90] Si veda in merito Tutti contro Netflix, Il Foglio, 19 gennaio 2016. [91] L. Croce, Netflix: rating “senza senso” per il servizio di streaming, con buona pace di NBC, www.cineguru.biz, 18 gennaio 2016. [92] Netflix Q4 15. Letter to Shareholders. [93] Ibidem, p. 5. Fonte: Sandvine. [94] H. Jenkins, S. Ford, J. Green, Spreadable media, op. cit., p. 190. [95] M. Morcellini, Il sistema Auditel, 2011, disponibile su www.i-com.it [96] Edoardo Fleischner chiarisce perfettamente questa accezione di convergenza. Secondo l’autore, con il termine convergenza si indica tanto <<il decennale e inarrestabile processo di automazione, semplificazione, e accorpamento del percorso industriale che presiede alla produzione di un prodotto mediatico>>, quanto <<la complessità coerente dei reticoli di connessione che distinguono le nuove filiere attivate nella realizzazione dei prodotti mediatici digitali>> (E. Fleischner, Il paradosso di Gutenberg, op. cit., p. 4). Nel senso industriale del termine, la convergenza riguarda, contemporaneamente, la filiera del contenuto editoriale, la sua integrazione verticale ed orizzontale, nonché l’offerta moltimediale e la fruizione multipiattaforma dello stesso contenuto. [97] Nel caso italiano, la curatela di studi e ricerche monografiche della collana VQPT (Verifica Qualità Programmi Trasmessi) della RAI, è stata affidata negli ultimi anni dalla Direzione Marketing, con implicita rinuncia da parte del pubcaster, ancor più grave in periodi di forte transizione e mutamento dello scenario, ad interessarsi dei contributi scientifici che la ricerca accademica poteva fornire; nel caso britannico, invece, è stata evidenziata la sempre maggiore incapacità di utilizzare i risultati di ricerche, anche qualitative, prodotte sia internamente sia esternamente alla BBC, da parte dei manager di servizio pubblico (G. Born, Rationalizing Culture, University of California Press, Berkeley (CA), 1995, cit. in D. Hesmondhalgh, The Cultural Industries, Sage, London 2013, trad. it. Le industrie culturali, Egea, Milano 2015). [98] I. Ang, Cercasi audience disperatamente, op. cit., pp. 268-269. [99] F. Tarquini, Nuove metriche di misurazione dell’audience, op. cit., p. 91. [100] I. Ang, Cercasi audience disperatamente, op. cit., p. 285. [101] Ricordiamo che per social tv si intende quell’esperienza di visione di un programma televisivo <<costituita dall’incrocio di vari fattori: le pratiche di social networking, le possibilità offerte dai dispositivi mobili, e la classica trasmissione di contenuti televisivi>> (M. Sardelli, F. Tarquini, Cosa conta, op. cit., p. 24). [102] AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria, op. cit., cap. 2. [103] Si veda, in merito, l’esempio del consorzio USA CIMM (Coalition for Innovative Media Measurement) (M. Sardelli, F. Tarquini, Cosa conta. Pubblici, modelli economici e metriche della televisione contemporanea, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2014, pp. 110-114). [104] G. Punziano, L’attualità dell’analisi del contenuto nell’ibridazione tra tecniche, software e web, in E. Amaturo, G. Punziano (a cura di), Content analysis tra comunicazione e politica, Ledizioni, Milano 2013. [105] J. D. Bolter, R. Grusin, Remediation. Understanding New Media, The MIT Press, Cambridge (MA) 1999, trad. it. Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini e Associati,  Milano 2002. [106] Dopo la forte crisi del triennio 2010-2012, seguita da una fase di stabilità, la radio ha vissuto nel 2015 un periodo di crescita degli introiti pubblicitari (secondo Nielsen, +9,7% nell’intero periodo gennaio/agosto 2015 rispetto al medesimo lasso temporale dell’anno 2014). Sull’integrazione tra radio e web, si veda invece AGCOM, I servizi e le piattaforme applicative per le comunicazioni interpersonali e i media digitali, op. cit., pp. 96-98. [107] Cfr. supra, paragrafo 3.2. [108] Si veda, fra le altre, la ricerca base “Come afferrare Proteo”, affidata agli istituti di ricerca GFK e IPSOS. [109] Médiamétrie, nata nel 1985 già in ottica multimediale, ha continuamente rinnovato la propria gamma di servizi ed esteso il proprio campo di applicazione, lavorando sui nuovi media, telefonia, cross-media, e offre inoltre prodotti originali progettati per utenti specifici e lancia offerte sul mercato internazionale, che sono diventati riferimenti essenziali per comprendere i mutamenti delle abitudini di consumo nell’ecosistema mediale connesso. Si veda www.mediametrie.fr [110] Francesco Siliato, massimo esperto di misurazione dell’audience in Italia, spinge invece verso una prospettiva, meno radicale, di armonizzazione tra Auditel e Audiweb – in termini di ricerca di base comune <<che consenta l’interoperabilità dei dati rilevati da ciascuno>>, <<unificazione delle metodiche per misuare la Total Audience>>, comunicazione e diffusione dei risultati – , richiamando la possibilità di <<fondere i risultati di ricerche diverse, ma con un unico impianto>> (F. Siliato, Auditel e Audiweb vanno armonizzate, Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2016). [111] Sulla necessità di rafforzare l’audit tecnico di un’eventuale società unica di rilevazione degli ascolti crossmediali si veda A. Nicita, Un new deal regolatorio per la nuova tv, in #questianni. Domande digitali in cerca di regole, www.antonionicita.it , 2015, pp. 151-154. [112] Già nella sua Segnalazione al Governo in materia di Agenda Digitale, l’Autorità presieduta da Corrado Calabrò avanzava tra le proposte, in particolare tra quelle volte a favorire la circolazione dei contenuti digitali e un ambiente più concorrenziale nell’accesso alle risorse per i media (let. f), la modifica dell’art. 1., comma 6, lett. b), n. 11, della legge 249 del 1997 al fine di prevedere <<maggiori poteri dell’AGCOM in materia di rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione riguardo alla governance delle società di rilevazione che spesso non sono rappresentative dell’intero settore di riferimento e non riflettono lo sviluppo tecnologico del settore di rilevazione, laddove la diffusione dei dati di audience conseguita dalle emittenti attraverso la loro programmazione, che oggi è multipiattaforma>> (AGCOM, Segnalazione al Governo in tema di liberalizzazioni e crescita: Un’agenda digitale per l’ltalia, 12 gennaio 2012). [113] Si vedano, in particolare, AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria, op.cit.; Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e della pubblicità online, op. cit.; Indagine conoscitiva “Informazione e internet in Italia. Modelli di business, consumi, professioni”, allegato A alla delibera n. 146/15/CONS del 25 marzo 2015. [114] Così come definito da C. Calabrò, Italia 2.0. Un’agenda digitale per l’Italia, Letter@Agcom, n.1/2011, www.agcom.it   Bibliografia di riferimento: AA.VV., XIV Rapporto IEM – Istituto Economia dei media, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2015 AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria, 2012 AGCOM, I servizi e le piattaforme applicative per le comunicazioni interpersonali e i media digitali, 2013 AGCOM, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e della pubblicità online, 2014 Ang, Desperately Seeking the Audience, Routledge, London 1991, trad. it. Cercasi disperatamente audience, Il Mulino, Bologna 1998 Bourdon, C. Méadel, Inside television audience measurement: Deconstructing the ratings machine, in Media, Culture, Society, 1-10, 2011 Bourdon, C. Méadel (ed.), Television Audiences Across the World. Deconstructing the Ratings Machine, Palgrave McMillan, London 2014 European Audiovisual Observatory, The development of the European market for on-demand audiovisual services, 2015 Fleischner, Il paradosso di Gutenberg. Dalla crossmedialità al Media on Demand, Rai-Eri, Roma 2008 IBL (Istituto Bruno Leoni), e-Media Institute, Il sistema audiovisivo. Evoluzione e dimensioni economiche, IBL Libri, Torino 2016 Marrazzo, Effetto Netflix. Il nuovo paradigma televisivo, Egea, Milano 2016 Napoli, Audience Economics: Media Institutions and the Audience Marketplace, Columbia University Press, New York 2003 Napoli, Audience Evolution. New Technologies and the Transformation of Media Audience, Columbia University Press, New York 2011 Preta, Economia dei contenuti. L’industria dei media e la rivoluzione digitale, Vita & Pensiero, Milano 2007 Sardelli, F. Tarquini, Cosa conta. Pubblici, modelli economici e metriche della televisione contemporanea, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2014 D.W. Smythe, Communications: Blindspot of Western Marxism, in Canadian Journal of Political and Social Theory, 1, 3, 1977 WFA/EACA, Guide to organising audience research, 2008 1 settembre 2016

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