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Comunicazione, primi passi di mercato UE

di Andrea Stazi Comunicazione, primi passi di mercato UE La Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sulle alternative strategiche per aggiornare il quadro normativo comunitario per le comunicazioni elettroniche, introdotto con il “pacchetto” delle direttive del 2002, che aveva prodotto, in Italia, l’emanazione del Codice delle comunicazioni elettroniche, nonchè;, per quanto riguarda specificamente il settore radiotelevisivo, dopo un travagliato iter, della legge Gasparri e del Testo unico della radiotelevisione. I documenti presentati dalla Commissione propongono di abrogare gradualmente la regolamentazione ex ante in almeno 6 dei 18 mercati delle comunicazioni individuati in seguito alle direttive del 2002, e contemplano il passaggio a una strategia comune, più orientata al mercato, per assegnare lo spettro frequenziale. Quest’ultimo punto, anche per la recente azione congiunta del ministero delle Comunicazioni e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sull’istituzione di un “catasto” delle frequenze per la radiotelevisione, è di particolare interesse. La Commissione ha proposto che determinate bande dello spettro radio siano gestite più efficacemente attraverso norme comuni fissate per l’intero territorio europeo. Bruxelles ritiene opportuno, inoltre, che lo spettro sia assegnato sempre più in base al principio della domanda di mercato. Questo approccio consentirebbe di aprire nuove opportunità “paneuropee” a favore di imprese innovative e produrrebbe vantaggi per i cittadini di tutta l’Unione. Constatato che la mancanza di flessibilità nella gestione delle risorse frequenziali, necessaria per seguire le evoluzioni tecnologiche e le esigenze dei consumatori, ha condotto a una situazione di saturazione dell’etere, a discapito delle esigenze delle nuove tecnologie, e che in Europa la natura imperfetta del mercato unico delle apparecchiature e dei servizi radio aggrava il problema generale, la Commissione ha rilevato che, proprio per rendere più flessibile l’attribuzione dei diritti sullo spettro, sono stati elaborati nuovi modelli di gestione. In particolare, i due principali, oltre al modello “tradizionale”, basato su un atto amministrativo che autorizza l’interessato, in via preventiva, a usare la porzione di banda assegnata, risultano: – i “mercati dello spettro”, attraverso i quali le imprese sarebbero in grado, meglio delle Autorità, di definire le applicazioni a maggior valore e dunque il problema di carenza artificiale di questo bene potrebbe essere affrontato creando un mercato libero di diritti soggetti a un regime di scambio – lo spectrum trading – per l’uso di determinate frequenze in funzione della domanda del mercato; – l’uso senza licenza – cosiddetto modello beni comuni – in base al quale le apparecchiature che rispettino determinate condizioni tecniche potrebbero essere utilizzate senza necessità di licenza. Per la Commissione, dunque, è opportuno che gli Stati membri si impegnino ad adottare un approccio equilibrato fra i diversi modelli di gestione delle risorse frequenziali. La combinazione ideale tra questi modelli dipenderà da vari criteri: la rapidità di accesso al mercato, la protezione dalle interferenze dannose, la qualità del servizio e la capacità di favorire il mercato interno e l’innovazione. In particolare, la Commissione ha prefigurato la via da percorrere come basata su regole comuni a livello dell’Unione, con una maggiore flessibilità nella gestione dello spettro, introdotta rafforzando le autorizzazioni generali ogni qual volta ciò risulti possibile. Nei casi in cui questa opzione non sia percorribile, ad esempio per problematiche legate a obiettivi di interesse pubblico, di certezza giuridica, o di gestione delle interferenze, la Commissione ha affermato che i titolari di diritti d’uso su risorse frequenziali non dovrebbero essere vincolati impropriamente, ma tutelati adeguatamente, assicurando loro la libertà di fornire qualsiasi tipologia di servizio di comunicazione elettronica (neutralità nei confronti dei servizi) e di poter utilizzare qualunque tecnologia o standard sulla base di condizioni comuni (neutralità tecnologica). In base alle osservazioni ricevute, la Commissione intende proporre misure legislative al Parlamento e al Consiglio a fine 2006. Le nuove norme dovrebbero essere pienamente recepite negli ordinamenti nazionali entro il 2010. Tratto da Il Sole 24 Ore, 6 agosto 2006

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