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Il nuovo concetto di controllo ai fini del consolidamento secondo il principio contabile internazionale IFRS 10

di Alberto Dello Strologo

Abstract: The aim of this work is to analyze the news introduced by IFRS 10. In particular, the new standard allows to overcome the inconsistencies between the notion of control in IAS 27 and the control indicators contained in SIC 12. To remove these problems, the IASB has provided a new definition of control, in consideration of the fact that the determination IAS 27 constitutes only a specific part of the more general power control, which can be in many other externalizing forms. L’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare le novità introdotto dall’IFRS 10. In particolare il nuovo standard consente di superare le incongruenze tra la nozione di controllo prevista dallo IAS 27 e gli indicatori di controllo contenuti nel SIC 12. La riposta dello IASB a tale problematica è stata quella di fornire un’unica enunciazione di controllo, in considerazione del fatto che la determinazione prevista dallo IAS 27 costituisce solo una parte specifica del più generico potere di controllo, il quale si può estrinsecare in molte altre forme. Sommario: 1. Perché un nuovo principio contabile internazionale?; 2. Una nuova definizione di controllo; 3. Potere e controllo di fatto sulla partecipata; 4. Esposizione, o diritto, a risultati variabili; 5. Nesso tra potere e rendimenti e rapporto di agenzia; 6. Procedure di consolidamento e perdita del controllo. 1. Perché un nuovo principio contabile internazionale? Nel maggio 2011 l’International Accounting Standard Board (IASB) ha emesso l’IFRS 10 “Bilancio consolidato”[1]. Esso sostituisce i requisiti relativi al bilancio consolidato dettati dallo IAS 27 e l’Interpretazione SIC-12 “Consolidamento – Società a destinazione specifica” e sarà efficace a partire dall’1 gennaio 2013[2]. Obiettivo dell’IFRS è quello di statuire i principi per la presentazione e la preparazione del bilancio consolidato di un gruppo di società controllate da parte di una capogruppo. In vista del raggiungimento dell’obiettivo, lo standard si fonda su alcuni presupposti: a) richiede alla società controllante di presentare il bilancio consolidato; b) definisce il principio di controllo e lo assume come base per il consolidamento; c) specifica come applicare il principio di controllo per comprendere se un investitore controlla una società partecipata; d) stabilisce i requisiti contabili per la preparazione del bilancio consolidato (IFRS 10, parr. 1-2). Risulta evidente, in particolare dal punto b), che la guida operativa per la determinazione dell’area di consolidamento è il concetto di controllo. Ciò implica l’inesistenza di situazioni di esclusione dalla stessa di società controllate (DEZZANI, BIANCONE, BUSSO, 2010). L’elaborazione di un nuovo standard a fronte dello IAS 27, che già perseguiva l’obiettivo suddetto, deriva dall’esigenza di colmare il vuoto normativo che si viene a creare nell’applicazione dei principi contabili internazionali nel momento in cui ci si trova di fronte a situazioni incerte, che rendono difficoltosa l’individuazione dell’esistenza di un “effettivo” controllo da parte di un’entità su un’altra. Come noto, infatti, uno dei principi cardini del sistema IAS/IFRS è quello della prevalenza della sostanza sulla forma, in base al quale le operazioni devono essere rilevate in conformità alla loro sostanza e realtà economica e non solo in ragione della loro forma giuridica (CONCEPTUAL FRAMEWORK, par. 35). In tale contesto risulta, ad esempio, complesso decidere come comportarsi qualora si debba affrontare il caso in cui un’entità controlla una società ma non detiene la maggioranza dei diritti di voto. È possibile riscontrare, in questa circostanza, una diversa applicazione del concetto di controllo da parte delle società (IFRS 10, par. IN3). In particolare, si ritiene meritevole di interesse analizzare il caso in cui una società conferisce un ramo di azienda in un’entità (conferitaria) che ha la forma giuridica di società in accomandita semplice (SAS) e assume in tal modo il ruolo di socio accomandante. Ci si interroga, allora, in ordine al problema se la conferitaria debba rientrare o meno nell’area di consolidamento. Sino ad ora, in tale fattispecie, si doveva far riferimento congiuntamente allo IAS 27 e al SIC 12. Lo IAS 27 definisce il controllo come il potere di determinare le scelte finanziarie e gestionali di un’impresa e di ottenerne i relativi benefici. Inoltre, il controllo si presume qualora la capogruppo possieda direttamente o indirettamente tramite le proprie controllate, più della metà dei diritti di voto di un’entità, a meno che, in casi eccezionali, sia possibile chiaramente dimostrare che il possesso azionario di maggioranza non garantisca il controllo della società (IAS 27, par. 13). Laddove ricorra tale ultima circostanza, la conferente, in qualità di socio accomandante, non potrà esercitare alcun potere di gestione della SAS[3]. In siffatto contesto, la società in accomandita semplice non costituisce ai sensi dello IAS 27 una controllata della conferente e, conseguentemente, non scatta l’obbligo di consolidamento. Il SIC 12 interpreta i requisiti dello IAS 27 con riferimento alle società a destinazione specifica (SDS)[4] e statuisce l’obbligo di consolidamento di una “società veicolo” laddove, in base al predetto principio della prevalenza della sostanza sulla forma, emerga effettivamente una posizione di controllo da parte della società sul “veicolo” (SIC 12, par. 8). Ad esempio, il controllo può originare dalla predeterminazione delle attività della SDS mediante un meccanismo di “autopilota”, per cui le disposizioni degli accordi costitutivi della SDS non possono essere modificate, salvo che dal fondatore o dallo sponsor (ZANDA, 2007). In tali ipotesi, il potere di chi formalmente detiene la maggioranza negli organi di gestione o anche il possesso della maggioranza dei diritti di voto è, di fatto, svuotato di contenuto e, dunque, seguendo solo le indicazioni contenute nello IAS 27.13 si rischia di far prevalere, nell’operazione di consolidamento, la forma piuttosto che la sostanza delle relazioni esistenti tra le imprese coinvolte. Per evitare ciò, il SIC 12 integra le indicazioni fornite nel paragrafo 13 dello IAS 27, ponendo maggiore enfasi, in sede di determinazione di una situazione di controllo tra l’impresa e la SDS, sui benefici ottenuti dall’impresa grazie alle attività della società veicolo e sui rischi connessi a cui è esposta[5]. In tale prospettiva e nell’ipotesi in cui la SAS possa configurarsi come società veicolo ai sensi del SIC 12, la conferente, pur non detenendo il controllo a norma dello IAS 27 della società conferitaria, è tenuta comunque a includerla nell’area di consolidamento. Come osservato dallo stesso IASB, talvolta, si vengono a creare delle applicazioni difformi del concetto di controllo, a causa delle divergenze generate dallo IAS 27 e dal SIC 12 nel prevedere differenti indicatori di una situazione di controllo. Al fine di dirimere tali conflitti, lo IASB ha emanato un unico principio contabile internazionale che definisce numerosi indicatori e circostanze da considerare in sede di determinazione del controllo, l’IFRS 10. Questo, infatti, come precedentemente osservato, individua sempre il principio del controllo come base per determinare quali entità sono da consolidare ma fornisce una nuova definizione di controllo, più ampia rispetto a quella limitativa dello IAS 27 e a quella specifica del SIC 12. In particolare, secondo il nuovo principio contabile, il controllo può essere ottenuto in vari modi e non solo come risultato del potere di indirizzare le politiche finanziarie e gestionali di una società (come previsto dallo IAS 27). Inoltre, l’esposizione ai rischi e ai benefici è uno degli indicatori di controllo ma non ne è il fattore determinante (come statuito dal SIC 12). 2. Una nuova definizione di controllo A norma dell’IFRS 10 (par. 6), un investitore controlla un’impresa quando è esposto, o ha diritto, a risultati variabili che derivano dal proprio coinvolgimento con l’impresa ed ha la possibilità di influenzare tali risultati tramite l’esercizio del proprio potere sull’impresa. Dunque, perché un’azienda eserciti il controllo su un’altra deve possedere i seguenti requisiti: • potere sulla partecipata, inteso come possesso di diritti che danno all’investitore la possibilità attuale di indirizzare le attività rilevanti dell’impresa; • esposizione, o diritto, a risultati variabili derivanti dal coinvolgimento con l’impresa; • possibilità di esercitare il proprio potere sulla partecipata per condizionare i propri rendimenti (IFRS 10, par. 7). La nuova definizione di controllo si sostanzia, pertanto, in tre condizioni fondamentali, che saranno oggetto di approfondimento nel prosieguo della trattazione. L’elemento che costituisce indubbiamente la novità più significativa, ancorché non l’unica, apportata con l’IFRS 10 risiede nel nuovo concetto di controllo. Invero, si ha una ulteriore specificazione, nonché un incremento delle fattispecie che configurano il controllo di fatto rispetto a quanto previsto dallo IAS 27. Inoltre, viene analizzata la relazione tra principale e agente, non contemplata nello IAS 27, specificando le circostanze che permettono di definire se un decision maker opera come intermediario di un investitore, il quale, dunque, costituisce l’effettivo soggetto controllante. Anche tali aspetti saranno nel seguito analizzati. Non sono state oggetto di modifiche, invece, le condizioni al verificarsi delle quali una controllante non è obbligata a presentare il bilancio consolidato[6]. Così come rimangono invariate le procedure di consolidamento (per le quali si rinvia al commento finale del presente articolo). 3. Potere e controllo di fatto sulla partecipata Per quel che concerne la prima condizione, lo standard chiarisce che il potere deriva da diritti quali: diritti di voto, diritti di voto potenziali, diritti di nominare, sostituire o sollevare i membri dell’organo di governo della partecipata che hanno la possibilità di indirizzare le attività rilevanti, nonché tutti quei diritti che attribuiscono al possessore la possibilità di dirigere le attività rilevanti (IFRS 10, par. B15). Ad ogni modo, si deve trattare di diritti sostanziali, ossia il possessore deve avere la possibilità pratica di esercitarli, in particolare, nelle occasioni in cui si decide in merito alle attività rilevanti della partecipata. Non è, tuttavia, necessario perché si configuri il requisito del potere che i citati diritti siano effettivamente esercitati. Per stabilire se i diritti sono sostanziali, occorre considerare, tra gli altri, i seguenti fattori (IFRS 10, parr. B22-B24): a) se ci sono ostacoli (economici o di altro genere) che impediscono al possessore l’esercizio dei diritti[7]; b) se l’esercizio dei diritti richiede l’accordo di molteplici soggetti e sono previsti meccanismi che consentono l’esercizio collettivo; c) se la parte o le parti che detengono i diritti otterranno dei benefici dall’esercizio degli stessi. Infine, a norma dell’IFRS 10 (parr. B26-B28), nel valutare l’esistenza del potere, non devono essere presi in considerazione i diritti di tutela. Questi, infatti, sono volti a tutelare gli interessi del titolare senza dare ad esso il potere sull’impresa a cui tali diritti si riferiscono. Più precisamente, i diritti di tutela riguardano cambiamenti fondamentali nelle attività di un’impresa o si applicano in circostanze eccezionali. Ne costituiscono esempi: a) il diritto del mutuante di limitare il mutuatario dallo svolgere attività che potrebbero modificare in modo significativo il rischio di credito del debitore, a scapito del creditore; b) il diritto di una parte in possesso di un partecipazione di minoranza di approvare l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale o di debito; c) il diritto di un mutuante di sequestrare il patrimonio di un debitore qualora questi non riesca a soddisfare le condizioni di rimborso del prestito in precedenza specificate. Alla luce di quanto esposto, si può affermare sinteticamente che ricorre il requisito del potere allorché l’investitore detiene diritti sostanziali che gli consentono di indirizzare le attività rilevanti della società partecipata. Lo standard suggerisce, a tal proposito, alcuni fattori che possono aiutare nella valutazione dell’esistenza del potere: – finalità e caratteristiche dell’impresa partecipata; – attività rilevanti e modalità di assunzione delle decisioni riguardanti le stesse; – diritti che danno all’investitore la possibilità attuale di indirizzare le attività rilevanti (di cui abbiamo dibattuto sin’ora). Relativamente al primo fattore, l’investitore deve considerare la finalità e le caratteristiche dell’impresa, così da identificare le attività rilevanti, il modo in cui le decisioni su di esse sono prese, chi ha la possibilità attuale di indirizzare tali attività e chi riceve i rendimenti derivanti dalle stesse. Se da tali valutazioni si conclude che il potere è esercitato per mezzo di titoli di patrimonio che attribuiscono al possessore diritti di voto proporzionali, come le azioni ordinarie della partecipata, allora, nel più semplice dei casi, l’investitore che detiene la maggioranza di quei diritti di voto, in assenza di altri fattori, controlla l’impresa (sempre che, si ribadisce, i diritti di voto sono sostanziali e danno all’investitore la possibilità attuale di indirizzare le attività rilevanti) (IFRS 10, parr. B5-B6). Se, al contrario, il potere non è esercitato tramite diritti di voto (ad esempio nell’ipotesi in cui i diritti di voto riguardano solo attività amministrative e le attività rilevanti sono dirette per mezzo di accordi contrattuali), nel considerare le caratteristiche e le finalità della partecipata, occorre identificare anche i rischi relativi all’impresa, come questi sono trasferiti alle parti e se l’investitore è esposto ad alcuni o a tutti di tali rischi (IFRS 10, par. B8). In ordine al secondo fattore, è opportuno primariamente definire le attività rilevanti. Esse sono quelle attività dell’impresa che influiscono significativamente sui suoi rendimenti: acquisto e vendita di beni o servizi; gestione di attività finanziarie; acquisizione o cessione di investimenti; ricerca e sviluppo di nuovi prodotti o processi, ecc. Le decisioni circa le attività rilevanti di un’impresa possono riguardare, ad esempio, scelte operative e di investimento, nomina e remunerazione dei dirigenti strategici. Secondo il principio contabile internazionale in esame, occorre considerare quali sono le attività rilevanti e le modalità di assunzione delle relative decisioni. Se due o più investitori hanno la capacità attuale di indirizzare differenti attività rilevanti, occorre determinare quale investitore sia in grado di indirizzare le attività che influiscono in modo più significativo sui risultati dell’impresa (IFRS 10, parr. B11-B13). Giova evidenziare, a questo punto, la differente portata attribuita alla situazione in cui l’investitore disponga in assemblea della maggioranza dei diritti di voto nell’IFRS 10 rispetto a quanto statuito dallo IAS 27. Quest’ultimo, come già in precedenza riportato, sancisce in tale circostanza la presunzione del controllo, salvo che in casi eccezionali sia possibile dimostrare che il possesso azionario di maggioranza non sia idoneo a garantirlo. Il nuovo principio, invece, non ripropone tale “presunzione” e approfondisce ulteriormente le fattispecie che configurano il controllo di fatto, attribuendo pertanto maggiore rilevanza alla sostanza economica piuttosto che alla forma giuridica della situazione. Nello specifico, un investitore che possiede più della metà dei diritti di voto di un’impresa detiene il “potere” in azienda quando le decisioni inerenti le attività rilevanti sono assunte tramite l’esercizio del proprio voto o, in alternativa, la maggioranza dei membri dell’organo di governo che indirizza le suddette attività rilevanti è nominata tramite il voto dello stesso investitore (IFRS 10, par. B35). Per quanto concerne il controllo di fatto, ossia la possibilità che un investitore eserciti il potere, pur disponendo di meno della metà dei diritti di voto di un’impresa, l’IFRS 10 (parr. B38-B50) individua quattro circostanze esemplificative: a) accordi contrattuali tra l’investitore e altri portatori di diritti di voto, che possono attribuire allo stesso la facoltà di esercitare diritti di voto sufficienti a conferirgli il potere; b) accordi contrattuali diversi da quelli che conferiscono diritti di voto i quali, in combinazione con diritti di voto[8], sono in grado di conferire all’investitore il potere di dirigere l’attività produttiva o altre attività operative o finanziarie dell’impresa che influiscono in modo significativo sui risultati della stessa; c) percentuale di interessenza detenuta dall’investitore e dispersione delle altre partecipazioni che consente allo stesso di detenere più diritti di voto di ogni altra parte (o gruppo organizzato[9]), cosicché l’investitore ha la capacità pratica di dirigere le attività rilevanti unilateralmente e, dunque, di esercitare il potere; d) diritti di voto potenziali attribuiti all’investitore, ossia strumenti convertibili in azioni o opzioni call su azioni che, se convertiti o esercitati, permettono di ottenere diritti di voto dell’impresa. Essi, in combinazione con diritti di voto o altri poteri decisionali relativi alle attività della società eventualmente posseduti dall’investitore, possono conferire a quest’ultimo la capacità attuale di dirigere le attività rilevanti. Ad esempio, ciò accade quando un investitore detiene il 40% dei diritti di voto di una società e può esercitare un’opzione per acquisire un ulteriore 20%. Occorre evidenziare, con riferimento a tale ultimo punto, un’ulteriore differenza tra i due principi contabili in questione. In particolare, lo IAS 27 (par. 14) prevede che i diritti di voto potenziali, per essere annoverati tra quelli che attribuiscono il controllo, debbano poter essere correntemente esercitabili; non devono cioè sussistere cause di impedimento quali, ad esempio, condizioni di carattere temporale che ne limitano l’esercizio o la conversione sino ad una determinata data futura o fino al verificarsi di uno specifico evento futuro. L’IFRS 10 (parr. B48-B50), invece, esige esclusivamente che si valuti la rilevanza dei diritti di voto potenziali, ossia occorre considerare: – finalità, termini e condizioni dello strumento; – combinazione dei diritti di voto potenziali con diritti di voto o altri poteri decisionali; – possibilità di esercizio dei diritti di voto potenziali nel momento in cui si debbano assumere le decisioni che riguardano attività rilevanti. Alla luce dell’innovazione apportata dall’IFRS 10, i diritti di voto potenziali sono da includere tra quelli che consentono l’attribuzione del controllo, a prescindere che siano correntemente esercitabili o meno. 4. Esposizione, o diritto, a risultati variabili Seconda condizione per l’esercizio del controllo di un’entità in base all’IFRS 10 è che l’investitore sia esposto, o abbia diritto, a risultati variabili derivanti dal suo coinvolgimento con la società partecipata. In particolare, con risultati variabili l’IFRS 10 (par. B56) intende rendimenti che possono variare in funzione dell’andamento delle performance dell’impresa. Essi possono essere solo positivi, solo negativi, o sia positivi che negativi. Da sottolineare che occorre valutare la variabilità dei risultati sulla base della sostanza dell’accordo indipendentemente dalla forma giuridica. Ad esempio, un’obbligazione con tasso di interesse fisso si considera produttiva di rendimenti variabili, ai fini dello standard, in quanto espone l’investitore al rischio di credito dell’emittente il titolo. Altri esempi di risultati variabili sono (IFRS 10, par. B57): dividendi, altri benefici economici distribuiti dalla partecipata, variazioni nel valore dell’investimento dell’azionista in quella partecipata, rendimenti che non sono fruibili da altri azionisti[10]. Come si è avuto modo di constatare precedentemente, il SIC 12 prevede come condizione per il controllo di una società veicolo l’esposizione alla maggioranza dei benefici e dei rischi relativi ad essa. L’IFRS 10, oltre a considerare ciò solo uno dei requisiti, sebbene imprescindibile (facendo peraltro specifico riferimento a variable returns in sostituzione del termine “benefici” che poteva indurre a considerare solo risultati positivi e non anche negativi), si differenzia altresì per il fatto di non prevedere una soglia di significatività: in altri termini, non è necessario che l’investitore sia esposto alla “maggioranza” dei risultati variabili dell’impresa. 5. Nesso tra potere e rendimenti e rapporto di agenzia Un investitore controlla una società non solo se esercita il potere su di essa ed è esposto a rendimenti variabili, ma anche se ha la possibilità di utilizzare il proprio potere per influire sui rendimenti che gli pervengono dalla partecipata (IFRS 10, par. 17). In tale prospettiva, è necessario indagare se il soggetto al quale è conferito il potere decisionale (“decision maker”) operi in qualità di “principale”, ovvero di “agente”. Un “agente” è una parte incaricata di agire per conto e a beneficio di un’altra parte: il “principale”. Ne consegue che l’agente non controlla l’impresa quando esercita il potere decisionale (in quanto non è questi il soggetto che effettivamente assume le decisioni, ma rappresenta solo un “decision taker”) e che il principale deve considerare i poteri delegati ad altri come propri (in altri termini, questi è il soggetto controllante) (IFRS 10, parr. B58-B59). Per determinare se un soggetto che appaia come “decision maker” sia effettivamente il titolare del potere volitivo, o rappresenti in realtà un “decision taker” (agente), è necessario considerare i seguenti fattori (parr. B62-B72): a) autorevolezza nell’assunzione delle decisioni, valutata tenendo conto delle attività che rientrano nel campo d’azione del decision maker e della discrezionalità di cui è dotato nel prendere decisioni su tali attività; b) diritti sostanziali detenuti dalle altre parti, che possono influire sulla capacità del decision maker di dirigere le attività rilevanti di un’impresa. Ad esempio, quando un unico soggetto detiene il diritto di privare il decision maker del proprio potere decisionale e può sollevarlo senza giusta causa, tale circostanza è sufficiente ad asserire che in realtà il decision maker è un agente. Se più di un soggetto detiene il diritto medesimo, ciò non implica di per sé che il decision maker agisca per conto e a beneficio di altri. Inoltre, maggiore è il numero di soggetti necessari per esercitare tale diritto e maggiore è la rilevanza di altri interessi economici del decision maker, minore è il valore che deve essere attribuito al fattore in esame; c) remunerazione alla quale il soggetto con poteri decisionali ha diritto. Affinché questi sia qualificabile come agente, essa deve essere commisurata ai servizi resi e il contratto di remunerazione deve prevedere termini, condizioni o importi normalmente presenti negli accordi negoziati a condizioni di mercato per servizi e livello di competenze simili; d) esposizione del decision maker alla variabilità dei rendimenti derivanti da altri interessi che detiene nella partecipata (ad esempio, ha investimenti nella partecipata o fornisce garanzie per le prestazioni della stessa). Maggiore è la portata, e la variabilità associata, dei propri interessi economici, maggiore è la probabilità che il decision maker sia un principale. Oltre alla fattispecie del potere delegato da un principale ad un agente, in occasione della determinazione della situazione di controllo, risulta fondamentale che un investitore consideri la natura del proprio rapporto con altre parti e come queste interagiscano tra di loro e con il medesimo, così da determinare se tali soggetti agiscono in nome e per conto dell’investitore, ossia come “agenti di fatto”. In altri termini, un soggetto è un “agente di fatto” se l’investitore ha la capacità di indirizzarlo ad operare per proprio conto, il che non implica necessariamente un accordo contrattuale (IFRS 10, parr. B73-B74). Alcuni esempi tra quelli riportati dall’IFRS 10 (par. B75) che denotano che un soggetto sta operando in qualità di agente di fatto sono: – soggetti che hanno ricevuto l’interessenza nell’impresa nella forma di contributo o prestito da parte dell’investitore; – soggetti che non possono alienare le proprie interessenze senza il consenso dell’investitore; – soggetti che non possono finanziare le proprio attività senza il supporto finanziario dell’investitore. In tali circostanze, l’investitore deve considerare come propri i diritti decisionali posseduti dall’agente di fatto (IFRS 10, par. B74). 6. Procedure di consolidamento e perdita del controllo Nella redazione del bilancio consolidato i bilanci della capogruppo e delle sue controllate devono essere aggregati voce per voce sommando rispettivamente i valori dell’attivo, del passivo, del patrimonio netto, dei ricavi, dei costi e dei flussi di cassa[11]. Occorre, tuttavia, apportare delle rettifiche per evitare le duplicazioni contabili che deriverebbero dall’integrazione delle varie entità (IFRS 10, par. B86): – si devono eliminare il valore contabile delle partecipazioni della capogruppo e la corrispondente parte di patrimonio netto di ciascuna controllata; – è altresì necessario eliminare integralmente attività, passività, patrimonio netto, ricavi, costi e flussi di cassa relativi ad operazioni tra entità del gruppo, cd. operazioni infragruppo. Inoltre, gli interessi non di controllo devono essere presentati nel patrimonio netto consolidato separatamente dal patrimonio netto di pertinenza degli azionisti della capogruppo (IFRS 10, par. 22). In presenza di diritti di voto potenziali, la quota di utili o perdite e le variazioni di patrimonio netto attribuite alla capogruppo e agli azionisti di minoranza, in sede di preparazione del consolidato, sono determinate esclusivamente sulla base degli attuali assetti proprietari e non riflettono il possibile esercizio o conversione dei diritti di voto potenziali (IFRS 10, par. B89). Pertanto, essi devono essere considerati ai fini della determinazione della situazione di controllo ma non nella ripartizione dei risultati della controllata. Ancora, l’IFRS 10, riprendendo quanto già previsto dallo IAS 27, stabilisce che nella redazione del bilancio consolidato è necessario rispettare due principi: l’omogeneità temporale e quella di contabilizzazione. Per quel che concerne quest’ultima, l’IFRS 10 (par. B87) statuisce che la capogruppo debba redigere il bilancio consolidato facendo ricorso a principi contabili uniformi per operazioni e fatti simili in circostanze similari. Se un’entità del gruppo utilizza principi contabili diversi, è necessario apportare appropriate rettifiche al suo bilancio, in sede di preparazione del bilancio consolidato, per assicurare la conformità con i principi contabili del gruppo. L’omogeneità temporale si esplica nel dover utilizzare, ai fini del consolidato, i bilanci delle varie entità del gruppo riferiti alla stessa data. Se le date di riferimento dei bilanci della controllante e della controllata dovessero divergere, la controllata dovrà redigere un bilancio riconciliativo aggiuntivo, riferito alla stessa data del bilancio della capogruppo, salvo che ciò non sia possibile. In quest’ultimo caso, la capogruppo dovrà consolidare le informazioni di bilancio della controllata utilizzando il bilancio più recente della medesima, rettificato per tenere conto degli effetti di operazioni o di fatti significativi che sono intervenuti nel periodo di tempo intercorrente tra la data di quel bilancio e la data del bilancio consolidato. In ogni caso, tale orizzonte temporale non deve eccedere i tre mesi (IFRS 10, parr. B92-B93). Infine, in caso di perdita del controllo di una controllata[12], la controllante deve (IFRS 10, par. B98): a) eliminare le attività e le passività della controllata ai loro valori contabili, alla data della perdita del controllo; b) eliminare i valori contabili delle partecipazioni non di controllo; c) rilevare il fair value dell’eventuale corrispettivo ricevuto; d) rilevare se l’operazione, il fatto o le circostanze che hanno causato la perdita del controllo implicano una distribuzione delle azioni della controllata ai soci; e) rilevare qualsiasi partecipazione detenuta nella ex controllata al rispettivo fair value; f) riclassificare nel conto economico (profit or loss), o trasferire direttamente a utili portati a nuovo se richiesto da altri IFRS, gli importi classificati nel conto economico complessivo (other comprehensive income)[13]; g) rilevare qualsiasi differenza risultante come utile o perdita nel conto economico di pertinenza della capogruppo. Da quanto illustrato nel presente lavoro, risulta evidente che l’elaborazione dell’IFRS 10 è volta, in prima istanza, a superare le incongruenze tra la nozione di controllo prevista dallo IAS 27 e gli indicatori di controllo contenuti nel SIC 12, in grado di generare confusione interpretativa. La riposta dello IASB a tale problematica è stata quella di fornire un’unica enunciazione di controllo, in considerazione che la determinazione prevista dallo IAS 27 costituisce solo una parte specifica del più generico potere di controllo, il quale si può estrinsecare in molte altre forme. L’applicazione pratica di tale standard consentirà di capire se è stato raggiunto lo scopo e di rilevare le eventuali modifiche da apportare o interpretazioni da emettere. —————— Note: [*] Il presente saggio è stato preventivamente sottoposto a referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista. [1] Più precisamente, lo IASB ha pubblicato l’IFRS 10 come parte di un set di cinque principi contabili internazionali, di cui tre nuovi standard e due emendati in modo significativo. I nuovi standard sono l’IFRS 10, l’IFRS 11 “Accordi di compartecipazione” e l’IFRS 12 “Informativa sugli investimenti detenuti in altre imprese”. Lo IAS 28 è stato emendato in linea con le modifiche contabili previste per gli accordi di compartecipazione. Infine, lo IAS 27 è stato rinominato “Bilancio separato”, essendo dedicato solo ad esso e non più anche al bilancio consolidato (IFRS NEWS, 2011). [2] I cinque standard suddetti devono essere applicati contemporaneamente. [3] Come noto, la disciplina giuridica delle SAS riserva l’amministrazione ai soci accomandatari e vieta espressamente ai soci accomandanti l’ingerenza nella gestione della società (artt. 2313 – 2324 C.C.). [4] Le società a destinazione specifica, o “società veicolo”, sono entità costituite con scopi limitati e ben definiti (ad esempio, realizzare un contratto di leasing, svolgere attività di ricerca e sviluppo, effettuare operazioni di cartolarizzazione di attività finanziarie, ecc.) (SIC 12, par. 1). [5] In particolare, una relazione di controllo si realizza anche nelle seguenti circostanze (SIC 12, par. 10): – le attività della SDS sono, nella sostanza, gestite per conto dell’impresa in base alle specifiche esigenze aziendali di quest’ultima cosicché possa ottenere dei benefici dall’attività medesima; – l’impresa, nella sostanza, ha i poteri decisionali per ottenere la maggioranza dei benefici dalla società veicolo; – l’impresa, nella sostanza, detiene i diritti che le consentono di ottenere la maggioranza dei benefici della SDS e, perciò, può essere esposta a rischi inerenti alle attività della medesima; – l’impresa è titolare della maggioranza dei rischi residuali o di proprietà connessi alla SDS o detiene le sue attività al fine di ottenere benefici dalla loro gestione. [6] Devono ricorrere tutte le seguenti condizioni (IFRS 10, par. 4): – se la controllante è una società interamente o parzialmente controllata da un’altra società e se gli altri azionisti , inclusi quelli senza diritti di voto, sono stati informati del fatto che la controllante non presenta il consolidato e non oppongono obiezioni; – se gli strumenti rappresentativi di debito o di capitale non sono quotati in un mercato regolamentato pubblico, nazionale, straniero, regionale o locale; – non è in atto una procedura di ammissione alle quotazioni dei suoi titoli di qualunque genere in un mercato pubblico da parte di commissioni di vigilanza o altri organismi di regolamentazione; – la sua capogruppo o qualsiasi controllante intermedia redige il bilancio consolidato per uso pubblico in conformità agli IAS/IFRS. [7] Nel dettaglio, gli ostacoli all’esercizio dei diritti possono essere (IFRS 10, par. B23 a): – sanzioni pecuniarie o incentivi che possono dissuadere dall’esercizio; – prezzo per l’esercizio dei diritti; – assenza di un meccanismo esplicito che consenta l’esercizio dei propri diritti; – impossibilità di ottenere le informazioni necessarie all’esercizio dei propri diritti; – obblighi di natura legale o regolamentare che impediscono al possessore di esercitare i propri diritti (ad esempio, laddove si vieti ad un investitore straniero l’esercizio dei propri diritti). [8] Invero, l’accordo considerato singolarmente non consente di esercitare il potere, bensì questo si verifica a seguito di un concorso di cause. L’esempio fornito dall’IFRS 10 (par. B40) è il seguente: in assenza di altri diritti, la dipendenza economica della società partecipata dall’investitore (al pari della relazione tra un fornitore e il suo principale cliente) non autorizza ad affermare che questi esercita il potere sulla partecipata. [9] L’IFRS 10 (par. B44) precisa, a tal proposito, che un accordo tra altri investitori può compromettere l’esercizio del potere da parte dell’investitore che detiene una partecipazione dominante. Si riporta un esempio chiarificatore. L’investitore A possiede il 45% dei diritti di voto di una società. Altri due investitori detengono ciascuno il 26%. I rimanenti diritti di voto fanno capo ad altri tre azionisti, ognuno dei quali ha l’1%. È evidente come un accordo degli altri due investitori (che insieme eserciterebbero ben il 52% dei voti) è in grado di impedire all’investitore A di dirigere le attività rilevanti della partecipata (ovviamente in assenza di altri accordi che influiscono sul processo decisionale). [10] Ad esempio, un investitore potrebbe usare i suoi asset in combinazione con quelli della partecipata per ottenere economie di scala, risparmio di costi, accesso al know-how, ecc. [11] Da precisare che i ricavi e i costi di una controllata devono essere inclusi nel bilancio consolidato a partire dalla data in cui la capogruppo ottiene il controllo sino alla data in cui lo perde. [12] La perdita del controllo può verificarsi tramite due o più accordi o operazioni. Tuttavia, alcune circostanze indicano che gli accordi multipli dovrebbero essere contabilizzati come un’unica operazione. Nel determinare ciò, la controllante deve considerare tutti i termini e le condizioni degli accordi e i loro effetti economici (ancora una volta la sostanza economica deve prevalere sulla forma giuridica). Le seguenti circostanze indicano la necessità di contabilizzare accordi multipli come un’unica operazione: – sono sottoscritti contemporaneamente o sono interdipendenti; – formano un’unica operazione concepita per conseguire un risultato commerciale complessivo; – il verificarsi di un accordo dipende dal verificarsi di almeno un altro accordo; – un accordo è, di per sé, considerato non economicamente giustificato, ma diventa tale se considerato insieme ad altri accordi (IFRS 10, par. B97). [13] Per meglio comprendere tale punto si riporta il procedimento descritto dallo stesso IFRS 10 al par. B99: «Se una controllante perde il controllo di una controllata, la controllante deve contabilizzare tutti gli importi precedentemente rilevati nel conto economico complessivo in relazione a detta controllata così come sarebbe necessario se la controllante avesse dismesso direttamente le relative attività o passività. Pertanto, se un utile o una perdita precedentemente rilevati nel conto economico complessivo fossero riclassificati a conto economico sulla base della cessione delle relative attività o passività, la controllante deve riclassificare l’utile o la perdita dal patrimonio netto a conto economico (come rettifica da riclassificazione), quando perde il controllo della controllata. Se un’eccedenza di rivalutazione – ossia, una riserva di patrimonio netto – precedentemente rilevata nel conto economico complessivo fosse trasferita direttamente a utili portati a nuovo – senza transitare in conto economico – sulla base della cessione del cespite, la controllante deve trasferire la riserva di rivalutazione direttamente a utili portati a nuovo, allorché perde il controllo della controllata». RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING, www.ifrs.org. DEZZANI F., BIANCONE P.P., BUSSO D., IAS/IFRS, Milanofiori Assago, IPSOA, 2010. IAS 27, Bilancio consolidato e separato, www.ifrs.org. IFRS 10, Consolidated Financial Statements, www.ifrs.org. IFRS news, Reporting entity takes shape, June 2011, www.pwc.com/ifrs. SIC 12, Consolidamento – Società a destinazione specifica, www.ifrs.org. ZANDA G., Il bilancio delle società, Giappichelli, Torino, 2007.
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