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Prime osservazioni sulla regolamentazione degli Alias e delle nuove modalita’ di identificazione del mittente. La proporzionalita’ delle misure regolamentari e la tutela del consumatore nelle comunicazioni elettroniche

di Gilberto Nava Abstract: Il presente contributo approfondisce le problematiche che emergono dall’utilizzo di meccanismi di personalizzazione del mittente di messaggi SMS e potenziali modelli regolamentari da applicare pro-futuro, nella prospettiva del bilanciamento del principio di proporzionalità dell’azione regolamentare e della tutela del consumatore. Sommario: Premesse 1. La descrizione del servizio e le problematiche relative; 2. I poteri dell’Autorità a tutela dei consumatori; 3. Le diverse proposte di regolazione degli alias; 4. I principi di ragionevolezza e proporzionalità. Premesse Il presente contributo vuole analizzare la tematica della personalizzazione del mittente (c.d. alias), ossia di un indicativo alfanumerico[1] che sostituisca la numerazione nei servizi SMS/MMS in modo da consentire ai destinatari, ossia agli utenti dei servizi mobili, di identificare immediatamente il mittente del messaggio. Preliminarmente evidenziamo che l’analisi verrà effettuata in una prospettiva de jure condendo poiché è in corso da diversi mesi, già con la delibera di consultazione n.154/11/CIR, una attività istruttoria da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom o Autorità) che sta analizzando la possibilità di regolamentare l’offerta di questi servizi. Esamineremo le diverse opzioni di regolamentazione avendo come obiettivo l’identificazione delle regole che garantiscano un adeguato livello di tutela del consumatore, presupposto per una positiva affermazione del servizio sul mercato, senza violare i principi di ragionevolezza e proporzionalità richiamati dall’art. 13 come premesse dell’attività di regolamentazione. 1. La descrizione del servizio e le problematiche relative La possibilità di poter identificare in modo inequivocabile il mittente di un messaggio SMS/MMS mediante una sequenza di caratteri alfanumerici apre l’opportunità di sviluppare numerose applicazioni che possano essere utilizzate sia nell’offerta di servizi commerciali che per servizi di pubblica utilità. Questa tipologia di messaggi vengono inviati da apparecchiature attraverso le reti degli operatori mobili verso gli utenti attestati sulle stesse reti e vengono definiti servizi Application to Person (A2P) per distinguerli dai normali messaggi tra due utenti persone fisiche (Person to Person – P2P). Le grandi potenzialità di utilizzo di questo servizio rappresentano anche un fattore di cautela per l’Autorità poiché, accanto a molteplici opportunità commerciali ed istituzionali, si individuano anche i rischi connessi ad un uso fraudolento. La quotidiana pervasività dei servizi mobili rispetto ad altri strumenti di comunicazione è nota al legislatore comunitario sin dalle prime direttive sui servizi mobili e personali, ma è stata ribadita sia dal Ministero (si veda D.M. 145/06) sia dalla Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 44855/2012. Esaminiamo innanzitutto per quali finalità potrebbero essere usati gli alias, individuiamo di seguito i potenziali rischi connessi ad un utilizzo fraudolento e quali strumenti regolamentari potrebbe utilizzare l’Autorità. In termini commerciali il servizio di Alias può essere offerto a società che operano nei servizi di interesse economico generale che si caratterizzano, generalmente, per offrire un servizio ad una platea ampia ed indeterminata di utenti/consumatori e che necessitano di inviare ad un numero molto rilevante di destinatari delle comunicazioni di servizio, ancillari alla fornitura del servizio (e.g. reminder della scadenza della fattura, quantificazione del credito telefonico, raggiungimento di un tetto tariffario per le offerte a tempo[2]). Analogamente queste imprese, così come le società che offrono servizi alla clientela finale (sia residenziale che affari) quali banche ed assicurazioni, possono utilizzare questo strumento per inviare comunicazioni di servizio, come la scadenza della polizza assicurativa, l’ampliamento del numero degli agenti o delle filiali o la reperibilità di un’agenzia o di un meccanico in abbinamento a servizi di geolocalizzazione, oppure inviare delle comunicazioni commerciali, quali la notizia di una nuova offerta assicurativa o di una formula di prestito personale. Le possibilità offerte dagli alias per la comunicazione commerciale sono numerose, sia legate a informazioni continuative alla clientela che connesse ad eventi (si pensi all’inizio del periodo dei saldi di un distributore di beni di largo consumo oppure una promozione serale di una piccola società d’intrattenimento o di un ristoratore oppure ad un professionista, come un medico, un avvocato o un farmacista che ricorda via SMS un appuntamento)[3]. Un utilizzo rilevante può essere fatto anche dalla Pubblica Amministrazione centrale e locale, sia per comunicazioni di servizio (e.g. scadenza dell’IMU) che per comunicazioni ad evento (e.g. allarmi per eventi meteorologici, congestioni del traffico, scioperi), così come dalle aziende di trasporto pubblico o società che forniscono i servizi energetici o idrici qualora vi siano eventi localizzati di cui è necessario informare i cittadini. L’Alias può essere efficacemente utilizzato anche come strumento di comunicazione elettorale[4], sia nell’ambito delle tornate elettorali e referendum oppure di comunicazione politica per promuovere la partecipazione ad eventi di tale natura. Vediamo ora quali possono essere i potenziali rischi nell’offerta di questo servizio: (i) vengano diffusi messaggi che traggono in inganno rispetto all’identità del mittente, ad esempio arrecando un danno commerciale ad un concorrente annunciando un falso evento promozionale o un falso sconto; (ii) venga utilizzato come mittente un alias che sfrutti in modo parassitario la notorietà di un marchio; (iii) vengano utilizzate delle personalizzazioni del mittente che ledano la dignità delle persone o incitino alla violenza, alla discriminazione o all’utilizzo di sostanze illecite; (iv) nell’imminenza di una tornata referendaria/elettorale venga diffuso un messaggio che abbia come finto mittente un importante personalità politica o un opinion leader che invita a votare al referendum abrogativo o un candidato in modo tale da falsare addirittura la dinamica della vita democratica. Ciascuno di questi comportamenti, che sicuramente potrebbero essere attuati anche utilizzando altri media (TV, radio, web, cartellonistica), possono avere un effetto rilevante in considerazione della natura personale dell’utenza mobile, della pervasività e della diffusione del mezzo (in base alla Relazione Annuale Agcom 2012 il numero di SIM in Italia è complessivamente pari a 95.912.000) e della difficoltà di verificare l’attendibilità del mittente. 2. I poteri dell’Autorità a tutela dei consumatori Appare perciò fondamentale garantire la certezza e la tempestività dell’identificazione del mittente e l’adozione di meccanismi che prevengano comportamenti fraudolenti. In questo contributo, inoltre, non si affrontano le problematiche relative alla tutela dei dati personali, sia in sede di acquisizione del consenso del destinatario per l’assenso alla ricezione di messaggi da parte del mittente sia in combinazione con eventuali servizi di geolocalizzazione nonché le tematiche relative ai profili di proprietà intellettuale che rilevano sia nel caso di un uso abusivo dei pregi di un marchio notorio sia nell’individuazione dei meccanismi di risoluzione dei conflitti legati all’attribuzione degli alias. Il potere di regolamentare questo mercato per i profili di correlazione tra i servizi offerti e la numerazione utilizzata (in questo caso una numerazione mobile in decade 3 oppure una numerazione non a sovrapprezzo con addebito al mittente nella sottodecade 43[5]) e per la definizione “fisiologica” delle modalità di svolgimento dei relativi servizi è affidato all’Autorità dall’art. 15, comma 2 del Codice delle comunicazioni elettroniche (CCE o Codice)[6], come emendato dall’art. 13, comma 2 del D.Lgs. 28 maggio 2012, n. 70[7]. Il particolare il testo novellato del comma 2 dell’art. 15 prevede che “l’Autorità stabilisce i piani di numerazione nazionale dei servizi di comunicazione elettronica, incluse le connesse modalità di accesso e svolgimento dei servizi di comunicazione elettronica …” perciò ricade nei poteri di AGCom stabilire come gli operatori e i diversi attori della filiera dei servizi SMS a carico del mittente debbano sviluppare l’offerta, incluse le modalità di identificazione della linea chiamante, ossia come ciascun servizio di comunicazione elettronica offerta al pubblico si “presenta” all’utente. Attualmente l’art. 6 della delibera n. 52/12/CIR prevede espressamente in materia di identificazione della linea chiamante (CLI) che ciascun servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, compresi quelli basati sulla trasmissione di messaggi (SMS/MMS), che utilizzi i numeri definiti dalla Raccomandazione UIT-T E.164, indipendentemente dalla tecnologia, debbano essere accompagnato da un identificatore numerico E.164 (CLI), appartenente al Piano, che identifichi in maniera univoca la linea chiamante. In altri termini attualmente la regolamentazione impone ai servizi di comunicazione elettronica, inclusi i servizi SMS, di essere identificati soltanto mediante i numeri che il Piano di numerazione attribuisce a quel servizio. Perciò allo stato, fino a quando l’Autorità non riterrà che i criteri di identificazione del mittente non siano ragionevolmente affidabili e non siano garantiti adeguati strumenti a tutela dell’utenza, l’utilizzo di forme di identificazione del mittente che “mascherino” gli indicativi previsti dal Piano di numerazione non saranno legittime. 3. Le diverse proposte di regolazione degli alias Attualmente le diverse soluzioni regolamentare per disciplinare l’offerta di servizi alias che siano tecnicamente adottabili in tempi ragionevoli[8] per le esigenze del mercato sono descritte di seguito: (a) una prima soluzione potrebbe essere quella di utilizzare come mittenti degli SMS i nomi a dominio internet. Questa soluzione avrebbe il vantaggio di essere immediatamente utilizzabile e di poter fare affidamento sulle consolidate strutture e sui rodati meccanismi di assegnazione e gestione dei domini Internet gestiti a livello internazionale e nazionale[9] ed avere da subito sia degli indicatori alfanumerici univoci a livello internazionale e nazionale in quanto collegati ai domini Internet già registrati. Inoltre questa soluzione, connettendo in modo univoco il mittente con il titolare del dominio, consentirebbe di usufruire da subito dei complessi meccanismi di gestione dei conflitti in sede di assegnazione che sono stati sviluppati negli anni dagli enti preposti. Di converso questa soluzione limiterebbe in modo significativo lo sviluppo del mercato poiché potrebbero essere utilizzati soltanto i domini di primo livello implicando una significativa limitazione ad esempio per gli enti territoriali, gli organismi locali, la PA centrale e locale che utilizza nomi a dominio di secondo livello[10]. Inoltre l’utilizzo dei nomi a dominio come personalizzazione degli SMS implicherebbe la necessità per tutti gli utilizzatori di registrare un proprio dominio e impedirebbe di utilizzare come mittenti dei nomi di fantasia (ad esempio legati a concorsi a premi o ad eventi temporanei). (b) Una seconda soluzione sarebbe una opzione “network centrica” che, in una prima fase, assocerebbe in modo univoco l’alias di cui sarebbe titolare il cliente finale o il content provider con una numerazione attestata sulla rete di ciascun operatore. In questo modo sarebbero identificabili e riconoscibili univocamente tutti i mittenti personalizzati attestati sui sistemi gestionali di ciascuna rete e, a fronte di eventuali richieste o segnalazioni provenienti dai clienti, dall’Autorità, dal Ministero dello Sviluppo economico – Comunicazioni o da qualunque altro soggetto autorizzato (si immagini ad esempio le competenti Autorità giudiziarie oppure il Garante per la tutela dei dati personali) potrà essere tempestivamente fornito dagli operatori il tragitto dell’SMS dal content provider fino al cliente finale, sia se il messaggio è stato generato e terminato sulla rete di un solo operatore sia se è stato originato o terminato da/verso la rete di un altro operatore[11]. Un controllo così rigoroso del percorso di ciascun SMS è possibile soltanto per i messaggi generati e terminati in ambito nazionale poiché gli operatori avrebbero un controllo completo limitato al tratto nazionale della rete. La limitazione all’identificabilità effettiva del mittente originato dall’estero dovrebbe comportare, ad avviso dell’Autorità, il blocco dei messaggi con alias da numerazioni estere. Tale ipotesi potrebbe trovare attuazione con due modalità: un provvedimento adottato da AGCom, oppure l’introduzione nei contratti degli operatori mobili italiani con gli operatori esteri del divieto di utilizzare gli alias per i messaggi indirizzati verso l’Italia. Nel primo caso “sulla scorta dei principi affermati nelle direttive europee, lo Stato membro può adottare norme specifiche a tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico, ed in particolare a tutela degli utenti in genere e soprattutto dei minori, in ordine alla fornitura di servizi di telecomunicazioni, inclusi quelli a sovrapprezzo, tenuto conto della peculiarità di ciascuna piattaforma tecnologica” AGCom potrebbe, sentito il BEREC e la Commissione, deliberare il divieto di veicolare servizi alias dall’estero, nel secondo vi sono dubbi che la limitazione attuata in via contrattuale da tutti gli operatori mobili, impedendo la libera circolazione dei servizi e riservando una parte significativa del Mercato unico esclusivamente agli operatori presenti nel territorio italiano sia nella piena e incondizionata disponibilità degli operatori per implicazioni concorrenziali. Infine gli operatori e presumibilmente tutti gli attori della filiera (potenzialmente frammentata in diverse figure quali operatori mobili virtuali, aggregatori, service provider, application service provider, centri media, content provider), sulla base dell’efficace esperienza del codice di autoregolamentazione introdotto dall’art. 30, comma 4 della delibera n. 26/08/CONS, dovrebbero sottoscrivere un codice di condotta/autoregolamentazione che definisca le modalità di gestione delle patologie (e.g. richieste disattivazione del cliente finale, alias nei quali sono state rilevate delle problematiche in relazione ai contenuti, alla ingannevolezza o alla tutela della proprietà intellettuale) che affianchi una struttura contrattuale, munita delle necessarie garanzie e penali che definisca ruoli e responsabilità. Occorre sottolineare che, in ogni caso, la titolarità in termini di proprietà intellettuale dell’indicativo alfanumerico che personalizza i messaggi appartiene comunque al cliente o al content provider ed i processi di validazione sulle diverse reti mobili favorisce lo sviluppo in tutti gli attori della filiera di una maggiore consapevolezza delle rilevanti implicazioni regolamentari e privatistiche connesse all’utilizzo dell’alias. Questa seconda soluzione si completerebbe una seconda fase, gestita dall’Autorità per i profili regolamentari ma a carico degli operatori interessati, nella quale si affiderebbe per il mercato italiano ad un organismo istituzionale il compito di assumere un ruolo analogo al Registry che provveda all’assegnazione, associazione e gestione degli alias. Tra i suoi numerosi compiti vi sarebbero anche le tematiche relative ai criteri di assegnazione di alias che hanno forti similitudini con marchi notori, la gestione delle analogie tra diversi marchi, la segmentazione geografica dell’utilizzo di marchi locali, la definizione dei criteri per dichiarare un alias (non il suo contenuto) avente caratteristiche di ingannevolezza, lesività della dignità della persona o incitamento all’odio e alla discriminazione, il contenzioso relativo alle tempistiche di registrazione, la definizione di protocolli per la gestione di alias multipiattaforma e per la migrazione, la latenza dell’alias, la definizione e la manutenzione di un data base unitario che associ gli alias alle numerazioni. Approfondiremo nel prosieguo la ragionevolezza dell’introduzione di tali strumenti regolamentari alla luce del principio di proporzionalità, anche nella prospettiva dell’unicità, fino ad ora, in Europa di progetti di gestione istituzionale dei servizi alias. (c) Una terza soluzione, infine, che potremmo definire “Internet centrica” approccia la problematica di identificabilità degli alias e di tutela dell’utenza secondo un modello di stampo contrattuale anziché regolamentare, identificando una base di norme condivise in merito alle responsabilità dei diversi attori della filiera. Un modello contrattuale avrebbe minori oneri gestionali ed organizzativi da sovrintendere rispetto ad un Registry per gli alias e si baserebbe su previsioni contrattuali dettagliate affiancate da penali e garanzie. Il ruolo che l’Autorità potrebbe riservarsi potrebbe essere non dissimile da quanto effettuato con il Piano di numerazione nel regolare i servizi a sovrapprezzo: non appartiene agli obiettivi, neppure indiretti, dell’attività di regolazione disciplinare i modelli di business ed indirizzare l’evoluzione commerciale del mercato, ma attribuire degli specifici obblighi a tutti i soggetti regolati a tutela della concorrenza e dei consumatori che permeino efficacemente il mercato mediante un meccanismo di vincoli contrattuali, penali e garanzie. Ad avviso di chi scrive non si dovrebbe comunque rinunciare ad un codice di autoregolamentazione, o meglio ad un codice di condotta, che, secondo il modello dell’art. 27bis del Codice del Consumo, inneschi nel mercato delle dinamiche di autogoverno dei comportamenti commerciali. 4. I principi di ragionevolezza e proporzionalità Senza pretesa di esaustività, riteniamo utile esaminare alcuni principi che governano l’azione dell’Autorità in termini di obiettivi da perseguire nell’attività di regolazione e che possono fornire utili suggerimenti nell’attività di regolazione degli alias. Il Codice pone come linee guida delle funzioni di regolamentazione che l’Autorità deve svolgere l’adozione di “misure ragionevoli e proporzionate”. Il mercato delle comunicazioni elettroniche rappresenta la “palestra” più evoluta dove il legislatore è intervenuto per far evolvere un mercato soggetto ad un regime concessorio, caratterizzato da una infrastruttura essenziale e difficilmente duplicabile, in un contesto ove gli utenti oggi fruiscono di servizi d’interesse economico generale in regime di concorrenza (minore o maggiore a seconda dei mercati). Perciò i precetti del Codice devono essere letti, ancor più di altri settori, in una prospettiva di diritto comunitario: la stessa Costituzione europea sancisce all’art. I-4 che: “In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione non vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi della Costituzione.” In altri termini il contenuto sostanziale e la forma procedurale adottata deve essere coerente con la finalità perseguita negli obietti comunitari, che sono incarnati nel Codice delle comunicazioni elettroniche. Perciò per perseguire l’obiettivo si devono utilizzare le forme che, a parità di efficacia hanno effetti meno vincolanti per i cittadini e le imprese degli Stati membri. In modo ancora più compiuto si esprime la corte di Giustizia[12], secondo la quale: “… In forza del principio di proporzionalità, sancito dall’art. 5, terzo comma, CE, la legittimità di una normativa comunitaria è subordinata alla condizione che i mezzi che essa impiega siano idonei a realizzare l’obiettivo da essa legittimamente perseguito e non vadano al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere, in linea di principio, alla meno restrittiva. … Il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti. Di conseguenza, in sede di adozione di una normativa … il legislatore comunitario deve tenere pienamente conto, oltre che dell’obiettivo principale, degli interessi in gioco”[13]. Un altro importante principio richiamato dalla giurisprudenza comunitaria (e dal citato art. 13 CCE) è la ragionevolezza dell’intervento pubblico. I due principi paiono assumere due significati tra loro complementari: la ragionevolezza chiama la pubblica amministrazione a valutare la rilevanza degli interessi pubblici che si intendono tutelare, e che paiono di assoluta rilevanza, nel caso in esame, mentre la proporzionalità rappresenta il parametro per valutare come debba essere utilizzato il potere. Anche il giudice amministrativo, in un contesto di mercato diverso, ha evocato il principio di proporzionalità nella prospettiva ivi richiamata: “il principio di proporzionalità tra effetti concreti della concentrazione e misure imposte è espressamente richiamato dal regolamento 4064/89 CE ed affermato dalla Corte di Giustizia e richiede che i provvedimenti che incidano sulle situazioni soggettive degli interessati siano proporzionati ed adeguati alla situazione cui intendono porre rimedio, in modo da non imporre misure eccedenti e che, tra le varie possibili alternative, sia sempre imposta la misura meno restrittiva e meno invasiva). L’affermazione del principio di proporzionalità, pertanto, richiede non soltanto la dimostrazione dell’idoneità della misura a raggiungere lo scopo perseguito, ma anche la dimostrazione della sua adeguatezza, nel duplice senso della corrispondenza alla situazione presa in considerazione e della non eccedenza rispetto ad essa, in modo che la stessa risulti corrispondente a quanto è strettamente necessario per raggiungere lo scopo”[14]. L’analisi degli elementi fattuali e giuridici relativi alle modalità di fruizione del servizio e alle ipotesi di regolamentazione del servizio, a nostro avviso, deve essere letta nella prospettiva indirizzata dai principi di ragionevolezza e proporzionalità che presiedono all’esercizio dell’azione regolamentare da parte delle Autorità nazionali di regolamentazione. Si può perciò ipotizzare di valutare se possa essere trovata una soluzione idonea ed adeguata, che comporti il minor sacrificio possibile per gli interessi presenti nel mercato, e possa essere sperimentata e monitorata per un periodo appropriato. L’Autorità possiede nella sua “cassetta degli attrezzi” una pluralità di strumenti, anche cautelari e sanzionatori, che potranno esser adottati rapidamente qualora la misura regolamentare proposta si dimostri inadeguata a tutelare efficacemente i consumatori e ad avviare una positiva dinamica concorrenziale. —————— Note: [*] Il presente saggio è stato preventivamente sottoposto a referaggio anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il Regolamento adottato da questa Rivista. [1] Per indicativo Alfanumerico si intende un indicativo ricompreso nell’insieme delle lettere dell’alfabeto latino e dei numeri arabi. Appartengono a quest’insieme le lettere minuscole dalla a alla z, le maiuscole dalla A alla Z e i numeri da 0 a 9. [2] Ad esempio il Regolamento UE n. 531/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione prevede all’art. 15, relativo alla trasparenza e meccanismi di salvaguardia per servizi di dati in roaming al dettaglio, che le informazioni personalizzate sulle tariffe e il raggiungimento dell’80% del limite finanziario o di volume concordato siano comunicati all’apparecchiatura mobile del cliente anche tramite un SMS. [3] L’Osservatorio Mobile Marketing & Service del Politecnico di Milano stima nel 2011 un mercato pari a circa 95 milioni di euro con 1.5 miliardi di messaggi inviati e con una crescita del 29% rispetto al 2010. [4] In merito si rinvia alla L. 28/2000 ed alle delibere che l’Autorità emana in previsione di ciascuna tornata elettorale. [5] Vedi la delibera n. 52/12/CIR recante il Piano di Numerazione nel settore delle telecomunicazione e disciplina attuativa, artt. 2,19. [6] Il Codice ha recepito nell’ordinamento italiano le Direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE del 7 marzo 2002 che hanno definito il nuovo quadro comunitario delle comunicazioni elettroniche. [7] La giurisprudenza aveva già riconosciuto, anche con il previgente art. 15 CCE l’ampiezza dei poteri regolamentari dell’AGCom e la legittimità dell’intervento in tema di PNN in una prospettiva pubblicistica a favore dell’utenza è stata riconosciuta anche dal giudice amministrativo in relazione alla Delibera n. 26/08/CIR): “[…] effettiva, e non solo teorica, tutela del consumatore per porlo al riparo dall’uso fraudolento o scorretto dei numeri destinati ai servizi a sovrapprezzo, con legittimo utilizzo del potere conferito all’Autorità che bene può incidere direttamente sulle previsioni contrattuali privatistiche nell’ambito del compito alla stessa affidato di effettiva garanzia di interessi che travalicano quello del singolo utente, per assumere una più ampia portata pubblicistica” In tema si rinvia a Tar Lazio, Sez. III-ter, sent. n. 1035/2010. [8] Una soluzione tecnicamente ipotizzabile ma attualmente non disponibile è l’utilizzo dello standard internazionale ENUM. ENUM è il risultato dell’attività della Internet Engineering Task Force (IETF) ed è definito dalla raccomandazione RFC 3761 (“The E.164 to URI DDDS Application (ENUM)”). Questo protocollo consente di mappare univocamente la struttura dei numeri telefonici, definiti dalla specifica della International Telecommunication Union (ITU) E.164 e che comprende il prefisso internazionale, quello locale (distrettuale in Italia) ed infine il numero assegnato a ciascun utente, in una corrispondente struttura coerente con le regole di denominazione dei domini internet. In questo modo ogni numero di telefono può essere rappresentato per mezzo di un URI (Universal Resource Identifier – la cui struttura è definita nella RFC 2396 del 1998). Lo standard Enum consente poi di aggiungere a tale associazione anche altre informazioni, alcune delle quali, come ad esempio l’identità dell’utente a cui il numero è stato assegnato, sono certificate dall’operatore, mentre altre possono essere eventualmente aggiunte dall’utente stesso. Tutto il sistema è gestito da un’autorità internazionale ed, analogamente ai DNS, basato su una rete di server sicuri. L’uso di tale meccanismo consentirebbe di garantire che l’associazione fra numero di telefono ed alias sia univoca a livello globale e non alterabile. In merito sia consentito rinviare a F. Bruno – G. Nava, Il nuovo ordinamento delle comunicazioni, Milano. 2006, pag. 610. [9] In Italia Registro.it è l’organismo responsabile dell’assegnazione e della gestione dei domini Internet all’interno del dominio nazionale .it. Il servizio opera all’interno dell’Istituto di Informatica e Telematica del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e fin dal dicembre del 1987, con la nascita di cnr.it (il primo dominio della rete italiana) gestisce tutte le attività relative alla registrazione e al mantenimento dei nomi a dominio .it in forza della delega assegnata dall’organismo sovrannazionale IANA (Internet Assigned Numbers Authority, oggi ICANN: Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), cui è storicamente deputata l’assegnazione degli indirizzi IP a livello internazionale e la gestione operativa dei DNS. [10] Si pensi ad esempio ai comuni che hanno un dominio di secondo livello mentre la provincia di appartenenza ha il relativo dominio di primo livello, oppure ad organizzazioni come Ministeri (es. .gov.it), Aziende provinciali del Turismo, Etc. che sono gestite all’interno di domini di primo livello di altre istituzioni. [11] In merito al fondamentale tema del modello di interconnessione da adottare tra gli operatori infrastrutturali (MNO) gli operatori mobili virtuali (essenzialmente MVNO e ESP) e gli operatori autorizzati ex art. 25 CCE per l’offerta di questi servizi, si sovrappongono diverse necessità, tra le quali l’urgenza di utilizzare dei protocolli standardizzati per i servizi in decade 3 senza attendere i gravosi aggiornamenti connessi ad un nuovo protocollo specifico, l’esigenza di aprire il mercato all’ingresso di nuovi operatori anche sulla sottodecade 43, l’ipotesi di utilizzare di modelli transitori di “interconnessione virtuale” già applicati per l’interoperabilità dei servizi in decade 48. L’art. 20 CCE indica nel Ministero l’organismo titolare a vigilare sull’uso di norme e di specifiche tecniche “per garantire l’interoperabilità dei servizi e migliorare la libertà di scelta degli utenti” [12] Corte di Giustizia, Sez. III, del 12 gennaio 2006 – Causa C-504/04 – Agrarproduktion Staebelow GmbH contro Landrat des Landkreises Bad Doberan in Raccolta della giurisprudenza 2006, pagina I-00679. [13] Sentenze 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I4023, punto 13; 5 ottobre 1994, cause riunite C133/93, C300/93 e C362/93, Crispoltoni e a., Racc. pag. I4863, punto 41; 5 maggio 1998, causa C157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I2211, punto 60, e 12 luglio 2001, causa C189/01, Jippes e a., Racc. pag. I5689, punto 81 [14] Tar Lazio sez. I, n. 1748 del 2007 e sul punto si veda anche Cons. Stato, sez. VI, 1° ottobre 2002 n. 5156

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