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Il consenso al trattamento dei dati personali tra Nuovo Regolamento Europeo(GDPR) e analisi comportamentale. Iniziali spunti di riflessione

di Ilaria Amelia Caggiano – Università degli Studi Suor Orsola Benincasa

Abstract: Il contributo analizza criticamente la regola del consenso al trattamento dei dati personali, con particolare riguardo all’attuale realtà tecnologica, quale meccanismo in grado di svolgere una funzione di di autodeterminazione o protezione per l’interessato. Il lavoro si avvale di alcuni risultati dell’analisi comportamentale per la verifica dell’effettività del con- senso come mezzo di tutela e di un’analisi giurisprudenziale relativa agli altri rimedi privatistici (risarcimento danni). Alcuni spunti per uno scenario alternativo vengono infine proposti.

The article questions the rule of consent to the proceeding of personal data, especially in the technological context, as a tool of self-determination or protection for the data subject. The work draws on some results from behavioural studies and some Italian judgements regarding other private remedies in data protection law (liability for damages). Some hints for an alternative scenario are finally suggested.

Sommario: 1. Dati personali e big data: fenomeno e sua rilevanza nella società dell’informazione. Il mercato dei dati personali – 2. L’ambito dell’indagine – 3. Il “consenso” come presupposto per il trattamento dei da- ti personali e il Reg. (UE) 2016/679 – 4. Critica alla rilevanza del consenso e del processo di decision-making per le finalità di protezione dei dati personali – 5. Alcune proposte per uno scenario complesso.

1. Dati personali e big data: fenomeno e sua rilevanza nella società dell’informazione. Il mercato dei dati personali

Lo sviluppo esponenziale che caratterizza i processi tecnologici ha impresso negli ultimi due secoli profonde modificazioni ai rapporti sociali e, con essi, in senso adattativo o in funzione di limite, al diritto. In questo senso, una delle cifre unificanti del nostro tempo è costituita la centralità dell’informazione e della sua diffusione, in veste ormai essa stessa di bene di consumo e di scambio.

L’informazione, nell’era tecnologica, diventa dato raccolto massivamente, rapidamente trasmesso, tramite la rete Internet, e avente il più disparato contenuto. In tal modo, l’unità minima dell’informazione, neutrale (bit), viene a riguardare non più soltanto la manifestazione del pensiero dell’individuo, ma l’individuo stesso.

Esempio ne è l’informazione, inevitabilmente parziale e frammentaria, univocamente a lui riferibile: il dato personale. Appare chiaro che il flusso continuo di informazioni riguardanti l’individuo, alimentato dalla richiesta individuale di beni e servizi, abbia modificato l’antropologia stessa delle persone, le libertà e i diritti a queste riferibili[1].

Avendo a mente tale variazione può comprendersi (se non condividersi) il sorgere in capo al singolo di un distinto diritto rispetto al dato personale a lui riferibile, configurato in via autonoma rispetto alla sua identità o riservatezza, inizialmente vantato nei confronti delle amministrazioni pubbliche o di pochi soggetti privati, e successivamente di una pluralità di soggetti[2]. Ma lo scenario è ancora in evoluzione[3].

Lo strumento informatico, potendo attingere a una costellazione di fonti (database, motori di ricerca, negozi virtuali, e-mail, social network, servizi cloud/storage, le cose stesse nell’Internet of Things[4]), è in grado di aggregare un tale ammontare di dati, da consentire che questi ultimi, una volta analizzati, si prestino a fornire il quadro del singolo, della società globale, o ogni caso di grandi comunità, da molteplici punti di vista.

Fanno così ingresso nella società dell’informazione i big data: dataset che per la loro estensione in volume, velocità e varietà consentono di estrarre informazioni aggiuntive, tali da determinare modelli di business e mercati o utilizzi scientifici di questo sapere digitale[5]. I dati personali, che entrano nella disponibilità di una molteplicità di soggetti pubblici e privati, vengono più significativamente elaborati da coloro che hanno i più estesi database e che si vengono a trovare in posizioni quasi monopolistiche o, in ogni caso, dominanti.

Tale disponibilità dei dati segna, altresì, il passaggio a una sempre più pervasiva profilazione dei singoli, risalendo tramite la cronologia delle loro attività, alle loro preferenze, interazioni, stili di vita, al fine di proporre prodotti o pubblicità mirata (finalità commerciali); al monitoraggio   predittivo di più ampi gruppi sociali[6]; alla capacità di  correlare fenomeni del più disparato genere con alta probabilità[7].

Da un punto di vista fenomenico, la raccolta dei dati personali si realizza in vario modo: in occasione della conclusione di un contratto avente a oggetto beni o servizi e funzionalmente all’esecuzione delle prestazioni, ovvero all’ulteriore utilizzo da parte del titolare del trattamento a fini di vendita a terzi; da parte di social network, ove l’interazione digitale vede la rete sociale luogo di volontaria condivisione da parte degli utenti di contenuti che inevitabilmente contengono informazioni personali e che deliberatamente esprimono l’identità sociale dell’utente (dati relativi alla propria immagine, gusti, attraverso i tasti di apprezzamento o condivisione); da parte di motori di ricerca[8].

La circolazione dei dati, attraverso la vendita a terze parti (anche per finalità pubblicitarie), è fonte di profitto per il titolare del trattamento [9]. Lo sfruttamento commerciale delle informazioni personali come beni immateriali disponibili e negoziabili rappresenta la principale attività delle imprese che forniscono servizi digitali e una realtà fortemente caratterizzante l’odierno quadro economico [10].

Appare, pertanto, evidente come i dati  personali, e il loro trattamento, siano terreno non solo di libertà e diritti fondamentali, ma – in virtù del loro valore economico – di contenuto patrimoniale, come una qualificazione giuridica delle “transazioni” che li hanno ad oggetto dovrebbe far emergere[11].

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