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Diritto, tecnologie del futuro e nuovi mercati: il pensiero di Alec Ross

di Giovanni Ziccardi – Università degli Studi di Milano

Abstract: Sono essenzialmente sei, nel pensiero di Alec Ross, i temi che, nel prossimo futuro, impegneranno i giuristi, gli esperti di politica ed economia e, in generale, i cittadini e gli utenti, in un’analisi che toccherà non solo aspetti giuridici ma anche valori fondamentali profondamente radicati nella società tecnologica moderna.

Settori di studio quali la robotica, la codifica del DNA, Bitcoin, le crypto-valute digitali e i nuovi mercati, le guerre informatiche tra Stati e la cybersecurity, i big data (e la loro sicurezza) e una nuova “mappa mondiale” che si sta disegnando con mercati originali e questioni geo-politiche mai sollevate prima d’ora, hanno dato vita a un terreno di studio, per l’interprete, che è tanto complesso da analizzare quanto affascinante da comprendere.

Nel presente Articolo s’illustrano gli aspetti essenziali dei temi indicati poco sopra, aggiungendo, a margine, alcune riflessioni volte a comprendere, in concreto, quali saranno i problemi che il diritto si troverà ad affrontare.

There are six themes, in the thought of Alec Ross, that, in the near futu- re, will engage lawyers and policy experts (alongside citizens and users around the world) in an analysis that will deal not only with legal aspects, but also with values deeply rooted in the modern society.

Fields of study such as robotics, DNA coding, Bitcoin, the digital currency and the new crypto-markets, information warfare between States and cyberse- curity, big data (and related security issues) and a new “world map” with ori- ginal markets and geo-political issues never raised before, have created a fra- mework which is, for the scholar, as complex as fascinating to analyze. In this Article, the Author will deal with the essential aspects of the is- sues mentioned above, adding some reflections aimed at understanding, in concrete terms, the problems that the law is already facing, or will face in the near future.

Sommario: 1. Il mercato digitale italiano visto dagli Stati Uniti d’America e le linee di sviluppo del futuro – 2. I problemi tecnologici, sociali e giuridici della robotica – 3. La tecnologia e la “macchina umana” – 4. Il nuovo denaro – 5. La militarizzazione del codice – 6. I dati e la loro importanza – 7. La geografia dei mercati prossimi venturi (e alcune conclusioni).

1.  Il mercato digitale italiano visto dagli Stati Uniti d’America e le linee di sviluppo del futuro

Che il diritto arranchi, nel mantenere il passo dei mutamenti sociali, economici e tecnologici più recenti, è, da decenni, fenomeno ben noto. Uno dei compiti primari di discipline quali l’informatica giuridica e il diritto dell’informatica[1] è proprio quello di studiare strategie d’intervento politico e legislativo che prospettino una regolamentazione del settore che non sia d’ostacolo allo sviluppo della società dell’informazione e che sia, al contempo, rispettosa dei diritti fondamentali dell’individuo[2] e della tutela del consumatore (e dell’utente in generale).

Meno nota, a volte, è invece la velocità con cui questi cambiamenti avvengono e la rapidità con la quale emergono nuovi mercati in zone del mondo di cui non si conoscono (e non si comprendono), sovente, l’humus culturale e lo sviluppo delle infrastrutture. Di qui la difficoltà, in molti casi, di raggiungere proprio quell’equilibrio tra necessità indefettibile di regole e stimolo dell’attività e dell’economia digitale che rimane, ovunque, un punto cardine non semplice da risolvere. Il panorama dei mercati digitali non è mai stato così frenetico e frammentario come in questo periodo.

Ritornano in mente, sotto alcuni aspetti, i primi anni novanta: quel periodo di crescita inarrestabile del commercio elettronico che cambiò il volto di Internet, quando iniziarono a prendere piede Amazon ed eBay e si pro- spettò all’orizzonte lo strapotere (e il futuro monopolio) di Google. Ci si trova, quindi, in una fase storica simile? Si sta attraversando un’era caratterizzata da nuova e profonda accelerazione, una “spinta in avanti” molto più variegata e complessa di quelle che già si sono affrontate negli anni scorsi?

E, se la risposta fosse positiva, come dovrebbero reagire la politica e il diritto a un quadro in sì rapida trasformazione? Quali saranno le linee di ricerca del futuro, anche per i giuristi e gli studiosi dei fenomeni sociali, che consentiranno di comprendere a pieno la nuova rivoluzione tecnologica in corso?

Sono domande complesse, che non hanno risposte univoche; con riferimento a tutti questi punti, e in un panorama, quello tecnologico, dove fare delle ipotesi predittive è un po’ come prevedere il tempo in montagna, il sottotitolo del libro di Alec Ross, “Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni”, in un saggio che s’intitola “Il nostro futuro”, si presenta a dir poco ambizioso[3]. È opportuno chiarire, sin da ora, che non si tratta di un testo con contenuti prettamente giuridici o, meglio, che i pochi riferimenti di diritto sono raccolti in un capitolo sui dati e la privacy e in un capitolo sulla guerra dell’informazione e i crimini informatici[4].

Si tratta, però, di uno studio molto corposo che traccia un quadro geopolitico, giornalistico ed economico della nuova società dell’informazione che si può rivelare assai utile, quale base, per derivarne, successivamente, alcune considerazioni giuridiche.

L’Autore si colloca, sin dalle prime righe, nella schiera dei cosiddetti “entusiasti tecnologici”, anche se, in alcune occasioni, ci appare abbastanza “moderato”: si dimostra soddisfatto del panorama digitale attuale, ma muove incidentalmente alcune critiche al sistema ed espone riflessioni che dovrebbero stimolare un miglioramento nell’azione dei politici o delle imprese. Ross è stato consulente per le questioni digitali del Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America Hillary Clinton e si nota, nelle righe, uno spiccato ottimismo: predilige evidenziare le prospettive e i vantaggi portati dalla rivoluzione tecnologica in corso più che sottolinearne, se non incidentalmente, le criticità e le false promesse (come fa, ad esempio e su temi simili, Morozov nei suoi ben noti saggi “Internet non salverà il mondo” del 2014 e “L’ingenuità della rete” del 2011).

Ross mantiene care le sue origini italiane, e il suo percorso di studio ha spesso toccato l’Italia, soprattutto l’Università di Bologna. Non si tratta, questa, di una semplice nota di colore: in esordio di volume, infatti, disegna un quadro dello “stato del digitale” in Italia non certo rassicurante. Si rifletta, ad esempio, su questo passaggio:

“L’Italia ha creato grandi imprese nell’era agraria e industriale, ma è sta- ta pressoché irrilevante nell’economia dell’era dell’informazione, non ha prodotto alcuna nuova impresa globale da era dell’informazione e soffre di un’erosione di occupazione e di fiducia. Oggi il mondo sta entrando in un nuovo periodo di innovazione […] che darà il via alla creazione di attività industriali totalmente nuove. Questi campi comprendono la genomica, l’intelligenza artificiale, la robotica e molti altri ancora. Una nuova indu- stria del futuro – l’analitica dei Big Data – trasformerà settori di attività che vanno dall’agricoltura all’energia, alla moda.

La domanda è: tra queste aziende, ce ne saranno di italiane? L’innovazione in questi campi migliorerà la posizione economica dell’Italia o si tratterà solo di qualcosa che gli italiani conosceranno per sentito dire? Gli italiani certamente hanno talento. Nella genomica vi sono grandi scienziati italiani, ma lavorano in Francia e negli Stati Uniti. Esistono brillanti ingegneri meccanici italiani che operano nel campo della robotica, ma lavorano in Giappone, in Corea del Sud, in Svezia e in Germania.

Ci sono brillanti matematici e informatici italiani che hanno la capacità di creare compagnie di Big Data da miliardi di euro, ma molti di loro non credono nella possibilità di aprire un’azienda in Italia perché vedono quanto è difficile per gli imprenditori di internet italiani sviluppare proprie attività nel loro paese rispetto a quanto fanno i colleghi in Germania, nel Regno Unito e negli USA. In campi quali l’agricoltura, le automobili e la moda, l’Italia ha una competenza eccellente.

È una questione ancora aperta, però, se l’analitica dei Big Data che trasformerà queste industrie nascerà in Italia o altrove”[5]. Nelle parole di Ross, in sintesi, il quadro che si prospetta per il nostro Paese non è certo dei migliori.

L’Italia sarebbe letteralmente tagliata fuori, al momento, dal progresso del digitale inteso “alla statunitense”, ossia quello che si basa sulla creazione in loco di start-up di giovani capaci di rivoluzionare interi settori e sulla concessione, senza troppi vincoli, di capitale di rischio in un quadro normativo di regime societario non troppo rigido. Le eccellenti competenze nazionali non si sarebbero trasferite, in poche parole, dal mondo “fisico” a quello digitale, nonostante le grandi capacità dei nostri studiosi. La sfida urgente sarebbe, allora, quella di entrare nell’economia del futuro con basi solide da un lato, e con prospettive innovative dall’altro.

Non possiamo sapere in che misura Ross conosca realmente il panorama giuridico-tecnologico italiano e i suoi difetti e, soprattutto, come lo stesso si sia sviluppato (o non sviluppato) a partire dagli anni novanta e dai primi tentativi di creare una società e un’amministrazione digitali sino a oggi.

Non ha, però, sbagliato di molto nell’evidenziare una mancanza, nella politica italiana, di prospettiva organica e di metodo sul tema del digitale: norme confuse e spesso dall’approccio liberticida nei confronti delle nuove tecnologie, “autorità” che si sono succedute negli anni e che hanno spesso dimenticato il lavoro fatto in precedenza ricominciando ogni volta da capo, poca attenzione alle capacità dei giovani, interessi economici che hanno soppiantato in molti ambiti lungimiranza e competenze e ancora molta di- stanza, come direbbe Ross, dal vedere l’ingresso nell’economia del futuro.

In particolare sarebbero quattro, secondo l’Autore, i punti preliminari da affrontare in ogni Stato per iniziare a discutere seriamente di futuro digitale, per superare questa situazione d’impasse e per creare una vera e propria economia digitale anche in Italia.

Il primo fattore è direttamente correlato alla necessità di rendere più “facile” per un’azienda la nascita, la crescita e il fallimento. Sarebbe urgente, così, un’eliminazione di tutti gli ostacoli burocratici al- la base della fondazione di un’azienda in Italia e la rimozione delle scarse possibilità (se non nulle) di accesso al capitale di rischio.

Andrebbero poi, secondo Ross, elaborate regole precise per garantire un passaggio “indolore” attraverso le fasi di crisi dell’impresa e per stabilire procedure fallimentari più tenui sino a disegnare un ambiente che potrebbe così finalmente attirare i venture capitalist che ora si tengono alla larga dall’Italia.

Ross nota come ogni grande azienda informatica nel tessuto della Silicon Valley abbia avuto origine proprio con capitale di rischio, e che un corretto incentivo alla maggior circolazione di capitale di rischio sia quello di proporre una sorta di “cambiamento di visuale”, interpretando il fallimento di un’azienda non come un qualcosa di negativo ma come una sorta di “passaggio necessario” nella vita di tutte le giovani imprese digitali.

Questo mutamento di prospettiva non è certo facile, soprattutto in un periodo storico di forte crisi economica dove i dati relativi a imprese in difficoltà e fallimenti hanno avuto un incremento esponenziale.

Il secondo punto di svolta sarebbe invece, per Ross, un’azione seria d’investimento sui giovani, su persone non ancora trentenni: forze nuove cui affidare grandi capitali d’investimento. Sul tema, l’Autore ha un approccio radicale: il futuro del digitale, dice Ross, sembra inesorabilmente legato alla giovane età. Le nuove aziende, quindi, dovrebbero andare esclusivamente in mano ai giovani, meglio se abbondantemente sotto ai trent’anni.

Il terzo aspetto indispensabile per cambiare le cose concerne la necessità di ascoltare il parere degli imprenditori “già digitali” italiani, di condividere informazioni con chi già si è avvicinato a questo mondo soprattutto con riferimento agli sbagli, o alle esperienze vincenti, che si sono registrati sino a oggi.

Infine, vi sarebbe una necessità urgente di ridurre le barriere culturali e occupazionali nel nostro Paese con la piena partecipazione delle donne all’economia. Un (primo) investimento, sia economico sia culturale e normativo, in questi primi quattro ambiti, potrebbe aprire anche per il nostro Paese, secondo Ross, scenari interessanti. In caso contrario, l’ingresso pieno nell’economia digitale del futuro sarebbe impossibile.

Abbandonando il cenno alla situazione italiana, e muovendo all’analisi dei passaggi essenziali del volume, Ross muove dall’idea che l’era di globalizzazione che sta arrivando scatenerà un’ondata di cambiamenti tecnologici, economici e sociologici incredibili, anche in ambiti molto distanti tra loro, e del tutto innovativi. A tal fine, individua sei ambiti chiave, sei “industrie” e settori di studio che diventeranno, nel suo pensiero, i protagonisti del futuro:

i) la robotica,

ii) le bioscienze avanzate,

iii) la trasformazione in codice del denaro,

iv) la cybersicurezza,

v) i big data

vi) e i nuovi contesti geopolitici, culturali e generazionali creati o trasformati dalle tecnologie.

Il primo e il secondo punto riguardano le modalità attraverso le quali i progressi più avanzati nella robotica e nelle bioscienze cambieranno il no- stro modo di lavorare e di vivere, i fenomeni di crescita dello spazio occu- pato dai robot, la rivoluzione alimentata dall’intelligenza artificiale e la ca- pacità di apprendimento delle macchine con effetti diretti sulla forza lavoro. Non di meno, le bioscienze mireranno anche a fornire una vita più sana e più lunga (per chi potrà permettersela).

La “codificazione” del denaro e dei mercati e della azioni di guerra e di difesa è, invece, un tema legato all’idea che nuovi codici informatici siano applicati agli ambiti dell’economia per modificare i due punti essenziali i) del denaro e ii) della forza delle armi.

I dati sono, poi, la “materia prima” dell’informazione, così come la geografia dei mercati futuri avrà inevitabilmente a che fare con la capacità di espansione dei big data stessi.

La materia prima dell’era dell’informazione sono diventati infatti i dati, non più la terra e il ferro, con una sempre maggiore necessità di connettere un oceano di informazioni al fine di trarne profitto. Vi sarà un passaggio dall’uso pubblicitario dei big data a uno strumento essenziale per risolvere problemi sociali?

Vi saranno anche nuovi tipi di mercati, più aperti, che si contrapporranno a mercati chiusi? Queste sono le domande principali che Ross si pone sul punto. Il libro, si diceva, è corposo, e sono tantissimi i temi illustrati attingendo, soprattutto, a fonti giornalistiche e con grande attenzione al panorama internazionale.

Ci sembra opportuno analizzare sommariamente i sei punti separandoli. Una gran parte di questi ambiti, si vedrà, non è ancora stata regolamentata o è in corso di regolamentazione (si pensi al neo-promulgato regolamento europeo sulla protezione dei dati, o alle proposte di legge in corso sulla sharing economy), e si presenteranno quindi delle sfide molto serie per l’interprete.

Il quadro delineato da Ross esaminando il panorama statunitense, africano[6], cinese e di altri Paesi che ha avuto occasione di visitare durante le sue attività è in molti casi lontano, si diceva, dal quadro italiano. Ciò non toglie, però, che gli spunti forniti siano di grande interesse anche per noi.

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