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Il primo database sui marchi di qualità

di Eleonora Ciccone

Sommario: 1. Cenni introduttivi; 2. I marchi come indicatori di innovazione e cambiamento tecnologico; 3. Il primo database sui marchi di qualità; 4. Conclusioni e prospettive future

 

1. Cenni introduttivi
Il marchio è un segno che permette di distinguere i prodotti o i servizi prodotti o distribuiti da un’impresa da quelli delle altre imprese [1].
La forma del prodotto o del suo confezionamento può costituire un valido marchio, a condizione che il segno in questione non sia costituito esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico (proteggibile esclusivamente da un brevetto o da un modello di utilità) o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto.
L’Articolo 7 del Codice della Proprietà Industriale cita anche, nell’elenco dei segni suscettibili di costituire un valido marchio, i suoni.
Sebbene questo articolo non li citi espressamente, fanno parte dei segni suscettibili di costituire un valido marchio gli slogan pubblicitari, ovvero i messaggi che incitano all’acquisto di prodotti e di servizi di riferimento, a condizione, tuttavia, che presentino un carattere distintivo, vale a dire che si tratti di un segno che possa essere percepito dal pubblico dei consumatori di riferimento, come uno strumento d’identificazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi considerati, consentendone così senza possibilità di confusione, la distinzione da quelli dei concorrenti.
Discorso a parte meritano i marchi di qualità. Essi sono certificazioni che attestano la qualità dei prodotti in commercio. Possono essere rilasciati sia da Consorzi di aziende che si impongono determinate regole, sia da Organismi di certificazione, i quali rappresentano una terza parte indipendente rispetto ai produttori ed ai consumatori.
Alcuni marchi sono volontari, ossia le imprese volontariamente decidono di attenersi a determinate norme tecniche di produzione che determinano la qualità del prodotto, altri sono obbligatori per legge, soprattutto per i prodotti pericolosi o a rischio infortuni. Questi ultimi vengono rilasciati dopo precisi controlli.
Di seguito alcuni esempi dei marchi di qualità più conosciuti: “CE” è il marchio istituito dalla comunità europea, obbligatorio per tutti i prodotti che circolano in Europa e che attesta la conformità dei prodotti ai requisiti fissati dalle direttive comunitarie; “UNI” è il marchio rilasciato dall’Ente Nazionale italiano di Unificazione, che attesta la conformità dei prodotti alle norme tecniche emanate dall’Ente. È quindi un certificato che attesta la qualità per prodotti come ascensori, piastrelle, utensili da cucina, chiavi, materassi e molti altri; “IMQ” è rilasciato dall’Istituto del Marchio di Qualità per apparecchi elettrici e a gas, prese e spine, giocattoli ed altri, ed attesta la non pericolosità del prodotto e la qualità dei materiali; infine l’”ECOLABEL” è un marchio volontario che attesta il ridotto impatto ambientale dei prodotti che lo espongono. Esso è caratterizzato da una margherita stilizzata con al centro il simbolo dell’Unione Europea.

 

2. I marchi come indicatori di innovazione e cambiamento tecnologico
I marchi, per la cui registrazione non è richiesto il requisito della novità, svolgono un ruolo cruciale nel marketing dell’innovazione, poiché aiutano a differenziare le caratteristiche ed i contenuti di beni e servizi da posizionare sul mercato. Possono pertanto essere utilizzati come indicatori complementari rispetto ai metodi tradizionali per misurare l’attività tecnologica, spese per R&S e brevetti. I marchi, infatti, offrono indicazioni quantitative e qualitative sull’attività socio-economica delle aziende orientate al profitto. Rispetto ai brevetti hanno il vantaggio di essere usati da un maggior numero di imprese, anche quelle medie e piccole. Come noto si riferiscono alla fase di commercializzazione del prodotto o servizio e quindi forniscono indicazioni relative all’utilizzo dell’informazione. Inoltre, sulla base delle indagini condotte nel corso degli anni, sembrerebbero particolarmente sensibili nell’evidenziare i cambiamenti tecnologici nel settore dei servizi, specialmente quelli cosiddetti knowledge intensive [2].
Tuttavia, essi presentano una serie di limitazioni, poiché spesso possono essere tutelati attraverso la combinazione di parole, immagini, forme e suoni, che rende difficile avere un dato consolidato. Tre le ragioni principali: in primis, la classificazione che segue le caratteristiche del prodotto e non il settore industriale; in secondo luogo, la circostanza che il marchio possa essere depositato e registrato anche per tutte le classi di prodotti e servizi previste nella classificazione; da ultimo, per le difficoltà che nei confronti internazionali possono verificarsi, dovute ai diversi modi di elaborare le statistiche da parte degli uffici brevettuali.
Pertanto, la possibilità di usare i marchi come indicatori di innovazione rappresenta piuttosto una prospettiva futura. Essi forniscono un osservatorio più ampio sul mercato e sulle dinamiche imprenditoriali. Non a caso possono essere utilizzati per fare riflessioni sul turnover aziendale nei diversi settori, sulle fusioni, sul livello di competitività. Di recente sono stati anche dei validi indicatori per monitorare il fenomeno della creazione dei cosiddetti “marchi fittizi”, ossia di un’attività creativa finalizzata alla creazione di marchi, sottratti alla libera disponibilità del mercato, non per essere collegati direttamente a prodotti o servizi, ma per essere rivenduti come bene immateriale.

 

3. Il primo database sui marchi di qualità
Il Ministero dello Sviluppo Economico, in applicazione del Decreto legislativo 25 marzo 2010, n. 59 [3], che recepisce la “direttiva servizi”, ha creato un database contenente l’elenco dei marchi di qualità dei servizi esistenti in Italia, classificati secondo vari criteri sui servizi di riferimento [4].
Sono stati messi in rete i dati relativi ai brand forniti dalle aziende che li hanno istituti o ne curano la gestione. Il numero delle imprese che aderisce a un singolo marchio è variabile e va dalle 4-5 di alcuni marchi a carattere locale alle oltre 5 mila del marchio “Ospitalità italiana”, sostenuto dal sistema Camerale. Chiunque volesse comunicare l’istituzione di un marchio di qualità può rivolgersi al Dipartimento Impresa ed Internazionalizzazione del suddetto Ministero.
Sulla scia di quanto fatto finora, quest’ultimo intende proseguire nel corso del 2012 il lavoro di ricognizione, arricchendo la relativa sezione del sito web con nuovi contenuti.
Tuttavia, il Ministero dello Sviluppo Economico non assume alcuna responsabilità in merito a inesattezze, imprecisioni o dati non aggiornati contenuti nelle schede relative ai marchi.
I dati contenuti nel database possono essere utilizzati dai consumatori e dalle imprese per orientare le proprie scelte verso servizi di qualità, specie nel campo del turismo e della ristorazione. In particolare è importante sottolineare come per le imprese e le loro associazioni, i marchi di qualità possono rappresentare degli esempi di benchmarking da seguire per realizzare iniziative simili. Inoltre è un modo per qualificare ulteriormente la propria attività. Analogamente, gli Enti territoriali possono trovare spunti per le loro politiche di tutela dei consumatori, nonché di promozione delle imprese.
Il database consente di consultare i marchi di qualità per carattere (generale/settoriale), estensione geografica, contenuto/finalità, gestione, servizio di riferimento.
Per quanto riguarda il carattere del marchio, ad oggi sono ancora pochi (circa l’11% del totale) i marchi di carattere generale, che riguardano la generalità dei servizi e che possono essere estesi anche ai prodotti. I marchi di carattere settoriale, concernenti uno o più settori dei servizi (es. ristorazione, turismo, agenzie immobiliari), sono invece molto più diffusi (88,9%).
Se si considera il requisito dell’estensione, sono rari i casi in cui l’estensione geografica del marchio è nazionale. È prevalente (92,6%), invece, il marchio territoriale, legato ad una determinata area geografica, regionale o provinciale, con la funzione di promuovere i servizi ed i prodotti del territorio.
Discorso a parte meritano le finalità. Oltre l’80% dei marchi, ha lo scopo di garantire la qualità intesa in senso generale, unita anche ad altri parametri come la sicurezza e la salute, l’ambiente, la promozione dei prodotti del territorio o altri (es. responsabilità sociale d’impresa).
Del resto, tutti questi aspetti sono oggi ritenuti compresi in un concetto di qualità più ampio, che si arricchisce di contenuti ambientali e sociali superando una visione “egoistica” del consumatore. Tra le altre finalità, la più significativa, dopo la tutela ambientale, è la promozione dei prodotti del territorio, soprattutto nel caso della ristorazione, che spesso è collegata all’utilizzo di prodotti alimentari tipici.
Il soggetto gestore del marchio è in genere pubblico, mentre in alcuni casi esso viene istituito e gestito da associazioni di categoria o ambientaliste. Tuttavia, spesso al gestore pubblico si uniscono con varie forme di collaborazione altri soggetti privati quali associazioni di imprese o di consumatori.
Dalle comunicazioni del soggetto gestore del marchio, è possibile individuare tre categorie principali, alle quali afferisce l’85,2% dei marchi, mentre i rimanenti si dividono tra varie attività, tra le quali vanno segnalati i musei. La categoria prevalente è quella dei servizi turistici e di ristorazione, che raggruppa il 64,8% dei marchi, mentre gruppi minori sono quello delle agenzie immobiliari e dei servizi vari, che riuniscono attività diverse, in genere legate dall’appartenenza territoriale [5].

 

4. Conclusioni e prospettive future
Il marchio, in quanto segno identificativo, e grazie alla sua funzione distintiva, gioca un ruolo fondamentale nel creare un legame tra consumatori e prodotti di un’impresa. I consumatori, infatti, sono portati a ricollegare determinate qualità ad un prodotto o servizio semplicemente sulla base del marchio che vi viene apposto.
La creazione del database sopra descritto contribuisce a rafforzare il valore del marchio e fornisce una valutazione immediata dello stesso. Ciò, oltre a determinare una protezione più efficace dello stesso, fornisce senza dubbio la possibilità di aumentare le quote di mercato di un’impresa ed eventualmente generare ulteriori flussi di cassa (royalties).
Questo sistema sarà un valido aiuto per le piccole e medie imprese, affinché riescano ad integrare un uso strategico dei marchi nelle loro scelte commerciali complessive.
Non a caso, i soggetti che istituiscono o gestiscono il marchio hanno l’onere di informare il mercato delle sue caratteristiche, attraverso il sito internet, che è oggi lo strumento prevalente nel marketing. Nel contempo, l’obbligo di comunicazione al Ministero dello Sviluppo economico, favorisce il monitoraggio del settore e un’ulteriore divulgazione dei marchi, che ne evidenzi le differenti caratteristiche.

 

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Note:
[1] L’Art. 7 del Codice della Proprietà Industriale precisa che “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.
[2] Guellec, D. and B. van Pottelsberghe de la Potterie (2000), “Applications, Grants and the Value of a Patent”, Economics Letters, No. 69
[3] Il Decreto legislativo 25 marzo 2010, n. 59, nel recepire la direttiva, ha previsto all’art. 81 uno specifico riferimento ai marchi (e altri attestati) di qualità dei servizi. I soggetti che istituiscono o gestiscono il marchio hanno l’onere di informare il mercato delle sue caratteristiche. Con successiva circolare 3635/C del 6 maggio 2010, il Ministero ha aggiunto ulteriori dettagli sull’obbligo di comunicazione.
[4] Carattere (generale o settoriale); estensione geografica (nazionale o territoriale); contenuto (qualità intesa in senso generale o altri aspetti specifici); caratteristiche della loro gestione (pubblica/privata – con o senza l’utilizzo di verificatori – esterni, eventualmente accreditati ai sensi del regolamento europeo 765/2008).
[5]Fonte UIBM.
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