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Il marketplace quale strumento di interposizione nel commercio elettronico: nuovo operatore del mercato o nuovo mercato? Quali regole contro gli abusi?

Ebay

di Iacopo Pietro Cimino

Ebay
Gli spunti di riflessione indotti, quasi naturalmente, dalla lettura dell’ordinanza cautelare in commento sono molteplici. Si spazia dalle questioni regolatorie di diritto antitrust concernenti l’inquadramento del ruolo assunto da piattaforme on line, quali eBay, nell’ambito del sistema distributivo e degli scambi, alle interferenze tra la conclusione del contratto telematico e le disposizioni in materia di adesione a moduli o formulari, fino alla questione della validità o meno delle clausole contrattuali di maggior squilibrio. L’insieme di tali tematiche si specchia nelle questioni di fondo — in buona parte irrisolte — che agitano, da ben oltre un lustro, i pensieri di economisti, giuristi ed organismi internazionali [1]. Di alcuni tra i vari argomenti citati mi limiterò unicamente a tratteggiare i contorni, esimendomi tuttavia dal passare in rassegna le diverse opinioni che si contendono il campo. Per altre problematiche, quelle più direttamente scaturenti dal provvedimento giudiziario in esame, tenterò un approfondimento maggiore, senza peraltro pretesa alcuna di esaustività . In primo luogo, appare tuttavia doveroso descrivere — sia pure in breve — il fenomeno di cui trattiamo. Come noto, il sito Internet eBay propone una piattaforma tecnologica mediante la quale, da un lato, aspiranti venditori hanno la possibilità di offrire in vendita [2] on line oggetti di ogni genere e sorta; dall’altro, i potenziali compratori sono in grado di ricercare (sempre on line) i beni che desiderano acquistare [3]. Al fine di poter usufruire del predetto mezzo interattivo [4], gli utenti (venditori o acquirenti che siano) devono, in primo luogo, effettuare la c.d. registrazione al sito eBay, per l’indispensabile attivazione dell’account di accesso alla piattaforma medesima. Ciò avviene attraverso una procedura telematica che comporta la compilazione di una form on line e la presa in visione, con conseguente accettazione attraverso la tecnica del c.d. point and click [5], delle condizioni generali di contratto [6] contenute nell’Accordo per gli Utenti, oltre che delle Regole sulla Privacy. Una volta conseguito — mediante la registrazione — un « profilo » eBay, l’utente diviene in grado di creare e pubblicare sulla piattaforma on line [7] uno o più annunci di vendita. Nella pagina web che per ogni singolo annuncio sarà creata e pubblicata in hosting mediante eBay [8], dovranno essere necessariamente indicate, in appositi campi, varie informazioni predeterminate dalla piattaforma stessa, tra cui principalmente: una descrizione del bene offerto al pubblico (anzitutto, se nuovo od usato), le modalità di determinazione del prezzo e quelle di pagamento [9]. Ridotto in questi termini, lo strumento offerto mediante la piattaforma eBay: «si avvicina molto alla struttura del mall, che assomiglia molto al c.d. centro commerciale; infatti i rapporti nel centro commerciale sono strutturati come segue: qualcuno ha la disponibilità dell’immobile e cede a vario titolo i locali nei quali i titolari delle attività svolgeranno in maniera del tutto autonoma (salvo particolari clausole contrattuali) il loro lavoro. Nel mall virtuale si ha esattamente la stessa cosa, con l’aggiunta che spesso il titolare del sito fornisce dei servizi aggiuntivi (che costituiscono altre figure contrattuali). Tali servizi aggiuntivi possono essere il servizio di pagamento attraverso la carta di credito, la gestione del c.d. carrello della spesa, la gestione del sito che generalmente (per il titolare del singolo negozio [10]) è in hosting ed ovviamente molti altri ancora» [11]. Considerata solo nell’ottica del servizio telematico fornito, la piattaforma eBay sembrerebbe dunque essere indirizzata, più che altro, ad un pubblico di venditori salutari e non professionali. Per lo più verrebbe in mente di immaginare un consumatore intento a disfarsi di qualche regalo di Natale, non particolarmente gradito. Perché allora anche venditori professionali (come nel caso di specie) operanti specificamente nel settore dell’e-commerce e molto spesso dotati di un proprio sito web distinto dalla piattaforma eBay, ritengono così indispensabile essere reperibili mediante eBay? Come è già stato opportunamente sottolineato da più parti, uno tra gli aspetti più critici per coloro che « navigano » in Internet, è rappresentato dalla sovrabbondanza di informazioni (in termini di pagine web). Una tale moltitudine di dati ha reso, pertanto, ben presto imprescindibile la necessità di utilizzare strumenti idonei a ricercare e selezionare, nel «mare » sconfinato del web, le informazioni effettivamente richieste dall’utente. Sono così apparsi i motori di ricerca ed i c.d. portali. Genericamente tale ultima denominazione accomuna tutti quei siti che aspirano a divenire una « porta di accesso » alla Rete. Il portale Internet può, peraltro, essere più o meno dedicato ad una specifica attività (è il caso di eBay), ovvero presentarsi come un contenitore generalista di link (collegamenti ipertestuali) che rinviano a siti ed informazioni, di vario genere. L’attività prestata dal c.d. portal provider svolge, quindi, una rilevante funzione nell’ambito della « struttura » di Internet, attribuendo valore aggiunto a tutto il sistema nel suo complesso. Affinché un consumatore abbia, infatti, un concreto interesse ad avvalersi del commercio elettronico oppure ad utilizzare Internet per ottenere informazioni, è indispensabile che sia messo in grado di conseguire un effettivo risparmio di tempo, oltre che di denaro. Per far ciò , l’utente si rivolgerà ad uno strumento che gli consenta di districarsi nell’universo sconfinato di informazioni e servizi presente on line. Protagonisti di tale attività divengono, da un lato, i motori di ricerca (vale a dire quei siti funzionali alla ricerca di informazioni) ed i portali web, dall’altro. Orbene, come già altrove ho avuto occasione di sottolineare, pur non potendosi ritenere il c.d. portal provider un tramite necessario ed indispensabile negli scambi che avvengono mediante la Rete, l’opera di « intermediazione » esercitata dai portali Internet, svolge un notevole compito nell’avvicinare la potenziale clientela all’offerta commerciale delle imprese presenti on line [12]. Alla luce di tali considerazioni appare evidente l’esigenza, manifestata anche da professionisti dell’e-commerce, di: « accedere alle opportunità associate all’utilizzo di un mercato virtuale (n.d.r. eBay) che consente di mettere in relazione un numero imprecisato ed imprecisabile di venditori e acquirenti» [13]. Non deve pertanto suscitare stupore la circostanza che il giudice messinese, onerato dell’accertamento sommario del requisito del periculum in mora, necessario ex art. 700 c.p.c. per l’accoglimento della richiesta di riattivazione dell’account di accesso ad eBay, abbia rapidamente liquidato la questione, affermando che: « la presenza sulla piattaforma di eBay appare indispensabile ai fini della sopravvivenza della società, attesa la ormai notoria rilevanza che la suddetta piattaforma ha assunto nel mondo del commercio elettronico ». A nulla rilevando in contrario (e cioè, ai fini dell’insussistenza del periculm) la circostanza che la ricorrente società messinese fosse comunque: «titolare di altri siti Internet (…), proprio alla luce della diffusione della piattaforma citata». Questo breve ma significativo tassello posto dall’ordinanza cautelare in commento, mi induce alla prima delle riflessioni cui facevo riferimento in apertura. Quali strumenti (ma prima ancora quale retroterra giuridico) abbiamo a disposizione per regolare la vorticosa spinta alla concentrazione delle « porte d’accesso» alle informazioni ed ai servizi del web nelle mani di poche decine di operatori globali? Come conciliare tale spinta oligopolistica [14] con la necessità di apertura del mercato e di tutela della concorrenza, anche nel settore del commercio elettronico? Se, come afferma a chiare lettere il giudice dell’ordinanza cautelare in commento, il mero fatto di essere stati ingiustamente esautorati dalla piattaforma eBay costituisce per il venditore professionale in re ipsa allegazione e prova di un pregiudizio grave ed irreparabile, v’è più di un qualche indizio di una forte «concentrazione» del mercato elettronico nelle mani di pochi operatori [15]. Tale problematica non è peraltro né recente, né inesplorata. Autorevoli economisti hanno anzi posto in luce come piattaforme quali eBay sono operatori il cui prodotto è la stessa «fornitura di un mercato», in cui acquirenti e venditori possono effettuare scambi commerciali. Il loro out-put è il mercato stesso o nella terminologia della letteratura più recente, una piattaforma che connette due lati di un mercato, piuttosto che un servizio telematico in sé [16]. In altre parole una piattaforma quale è eBay, più che operare nel mercato, è essa stessa «il mercato» [17]. Se inquadrate in una tale visione di fondo, le affermazioni contenute nell’ordinanza in rassegna, in merito alla sussistenza del periculum in mora ex art. 700 c.p.c., paiono pertanto potersi ritenere — in astratto — fondate; quanto meno sotto il profilo dei pregiudizi derivanti dall’esclusione unilaterale operata in danni della ricorrente società messinese ad opera di eBay. Nella fattispecie,più che precludere l’utilizzo di una piattaforma tecnologica di hosting dedicata al commercio elettronico, la sospensione dell’account sembra infatti aver determinato l’estromissione stessa dell’impresa siciliana dal proprio «mercato di riferimento». Valutazione questa che induce a ritenere, forse, non più adeguata la disciplina antitrust per il governo di tali nuovi modelli di « interposizione » commerciale [18].
La norma dell’art. 9 della Legge n. 192 del 1998 — come noto — vieta l’abuso, da parte di una o più imprese, dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice [19]. Si considera dipendenza economica la situazione in cui un impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi; l’abuso può anche consistere nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie. Il patto (o per meglio dire, la clausola) [20] attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica è da ritenersi nullo [21]. La deriva asimmetrica alla quale è abbandonato il rapporto, per fatto e colpa del contraente forte, costituisce infatti un disvalore in sé per l’ordinamento [22]. L’impresa con potere di mercato (o, se si preferisce, con potere contrattuale) può decidere di tradurre per iscritto (cioè di formalizzare in una clausola) il suo maggior rango, imponendo clausole vessatorie (o, per dirla con l’art. 9 Legge n. 192/98, « condizioni ingiustificatamente gravose »). Queste ultime assumeranno solitamente i seguenti contenuti: a) potere unilaterale di modifica del contratto; b) recesso senza obbligo di preavviso [23]. Ho in precedenza evidenziato che secondo l’opinione espressa dal giudice cautelare, la mera circostanza dell’avvenuta (ingiustificata) estromissione dalla piattaforma eBay possa costituire in re ipsa prova di un pregiudizio grave ed irreparabile ai danni del venditore professionale che fosse «integrato» nella piattaforma stessa mediante un proprio «Negozio eBay». In linea più generale, già altri
hanno avuto occasione di rilevare: «come la disparità di forza contrattuale possa trovare un punto di emersione anche nella dimensione virtuale e, in particolare, nel contesto dei contratti di distribuzione on line» [24]. Ciò premesso la norma dell’art. 9, per la valutazione dello stato di dipendenza e della sussistenza dell’abuso, consente (e richiede) al giudice di rivolgere lo sguardo — di là dal contratto — alle caratteristiche delle imprese coinvolte, alle condizioni di mercato dell’impresa dipendente ed all’intero dispiegarsi della relazione. Il giudizio sull’applicabilità dell’art. 9 della Legge n. 192 del 1998 si deve fondare, quindi, soprattutto sulla valutazione della sussistenza di una situazione di dipendenza economica oltre che, ovviamente, di una condotta abusiva. In questa prospettiva, le nullità comminate dall’art. 2, dall’art. 3 e dall’art. 6, non sono altro che specificazioni della nullità già disposta dal terzo comma dell’art. 9 [25] rispetto a quella tipologia di abusi che si traduca in clausole «vessatorie»: ovvero nell’imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose [26]. I principi appena enunciati (in estrema sintesi) devono dunque essere tradotti nell’ambito dello specifico rapporto che lega il piccolo o medio distributore alla piattaforma eBay. Si è detto che al fine di valutare la sussistenza dell’abuso di dipendenza economica rileva sopratutto la «reale possibilità (…) di reperire sul mercato alternative soddisfacenti» [27]. Alla luce (anche) di tale parametro deve dunque essere vagliato l’effetto determinato dalla sospensione dell’account di eBay per l’impresa «tipo»: vale a dire quella che abbia compiuto investimenti specifici allo scopo di operare nell’ambito della piattaforma di e-commerce in questione [28]. In questa chiave — se fosse vero quanto assunto in precedenza e cioè che eBay, più che operare quale soggetto del mercato, èessa stessa « il mercato» [29] — non pare allora azzardato ritenere che l’effetto prodotto della sospensione dell’account di accesso alla piattaforma sia quello di compromettere la « specificità » degli investimenti compiuti dall’impresa (per operare nell’ambito della piattaforma), oltre che (come dedotto in precedenza) di provocare una vera e propria estromissione dell’impresa stessa dal «proprio» mercato di riferimento. Osservano a questo proposito gli economisti che la dipendenza economica è strettamente legata alla specificità dell’investimento. Più in chiaro: la presenza di investimenti «specifici» è sufficiente a radicare una situazione di dipendenza economica. Il costo per l’impresa è rappresentato da quella parte di investimenti specifici che, per ragioni di tempo, non sono stati ancora ammortizzati [30]. Esiste pertanto una stretta relazione tra il grado di specificità degli investimenti e la durata (attesa) della relazione contrattuale. Più aumenta il grado di specificità, più cresce la durata attesa della relazione contrattuale [31]. Tirando le somme di questa rapidissima incursione nell’analisi economica del fenomeno, la clausola che consente ad eBay di recedere unilateralmente ad nutum dal rapporto con l’esercente, sembra dunque poter fondare per via negoziale (e dunque, mediante l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose) una interruzione arbitraria delle relazioni commerciali, idonea — in quanto tale — a compromettere del tutto gli investimenti specifici (eventualmente) compiuti dall’impresa e pertanto sanzionabile di nullità (di protezione), ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 192 del 1998 [32].
(Ampia sintesi da I.P. CiminoSospensione dell’account di vendita nel marketplace di eBay, tutela delcontratto e della libertà di impresa nel commercio elettronico. Nota a Tribunale Messina, 7 luglio 2010, in Dir. Inf., 2011, 118 ss.)

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Note:
[1] Restano tuttavia fuori dall’ambito del presente commento le controverse questioni che attengono alla (eventuale) corresponsabilità di eBay per gli illeciti compiuti dai propri utenti. In proposito si v. tra i più recenti: C. ROSSELLO, Riflessioni de jure condendo in materia di responsabilità del provider, in questa Rivista, 2010, 617; R. BERLIRI, G. LA GUMINA, La (non)responsabilità di eBay per gli illeciti commessi dai propri utenti, in Diritto dell’Internet, 4/2007, 342; Contra, E. FALLETTI, I vestiti nuovi di eBay: operatore neutrale o intermediario attivo nelle aste su Internet?, in Diritto dell’Internet, 6/2008, 570. Per uno sguardo comparatistico si rinvia a: L. BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Internet provider. Una sintesi di diritto comparato, in questa Rivista, 2000, 829; T. HOEREN, Liability for Online Services in Germany, in German Law Journal, 5/2009, 576; A. RU¨ HMKORF, eBay on the European Playing Field: A Comparative Case Analysis of L’Ore´al v eBay, in ScriptEd, Volume 6, Issue 3, August 2009, 685; S. STALLA-BOURDILLON; Regulating the electronic marketplace through extraterritorial legislation: Google and eBay in the line of fire of French judges, in International Review of Law, Computers & Technology, Vol. 24, No. 1, March 2010, 39; C. GORGE, Web 2.0 and User-Generated Content: legal challenger in the new frontier, in Journal of Information, Law and Technology, 2007 (http:// go.warwick.ac.uk/ jilt/2007_2/ george_- scerri).
[2] Secondo quella che è l’interpretazione ancora dominante, le contrattazioni comunemente conosciute come « aste on line » non rientrerebbero nella fattispecie dell’asta tradizionale, ma rappresenterebbero delle « vendite a prezzo dinamico », alle quali è applicabile la disciplina in materia di contratti conclusi a distanza, ivi compreso il diritto di recesso a favore del consumatore. In questi termini, A. FALCONIO, Il recesso del consumatore, in (a cura di) R. BOCCHINI, Diritto dei consumatori e nuove tecnologie, 2003, 383; S. MARTINELLO, Il diritto di recesso dei consumatori, relazione presentata a Roma, il 17 febbraio 2004, al Convegno del Consiglio Superiore della Magistratura « Le tutele dei consumatori »; G. BRESSAN, Le aste on line, in (a cura di) G. CASSANO, Commercio elettronico e tutela del consumatore, 2003; E. FALLETTI, E uno, e due, e tre! Aggiudicato! eBay: contratto di vendita concluso a distanza e non asta on line, in Diritto dell’Internet, 2/2005, 134. Esclude invece che sia esperibile il rimedio penitenziale Bacciardi, il quale osserva, tra l’altro, che porre nelle mani del vincitore la disponibilità dell’effetto traslativo del bene acquistato all’asta telematica: « inficerebbe il corretto svolgimento della fase di aggiudicazione, favorendo l’accesso al sito di concorrenti in mala fede che, sotto l’ombrello protettivo della successiva facoltà di pentimento, potrebbero falsare la gara con offerte e rilanci non seri » (cfr. E. BACCIARDI, Contratti telematici e diritto di recesso, in I Contratti, 2010, 386).
[3] In dottrina si parla anche di e-marketplace. Si definisce quest’ultimo come un programma software che consente a molteplici venditori e acquirenti di svolgere le loro attività di vendita e attività collegate su Internet. v. F. DESANTI, The Evolution of Electronic B2b Marketplaces, in Practising Law Institute, 2000, 370; AMERICAN BAR ASSOCIATION, Addressing Disputes in Electronic Commerce: Final Recommendations and Report, in Business Lawyer, 2002, 426; G. LYMAN, The Artiche 2b Debate and the Sociology of the Information Age, in Berkeley Technology Law Journal, 2004, 1079; H. HARBOUR, B2b Basics and Antitrust Issues, in Practising Law Institute, 2001, 681.
[4] Parla di interazione tra utenti registrati G. BRESSAN, Le aste on line, in (a cura di) G. CASSANO, Commercio elettronico e tutela del consumatore, 2003.
[5] Comunemente si intende per tale quella modalità di conclusione del contratto on line che passa attraverso la visualizzazione sul monitor del PC connesso ad Internet del regolamento contrattuale predisposto dal commerciante on line, con il quale si richiede il riempimento dei campi (c.d. form) volutamente lasciati in bianco dal proponente: quali, ad esempio, il nome dell’aderente, il luogo ove si desidera venga spedita la merce, la indicazione di una modalità di pagamento (in genere carta di credito) e quant’altro sia ritenuto necessario ai fini della determinazione dell’accordo.
[6] L’espressione « condizioni generali » — in tedesco allgemeine (geschafts) Bedingung— è sicuramente equivoca (come spiega N. PICARDI, Condizioni generali e moduli o formulari: la Cassazione delimita l’ambito di applicazione degli art. 1341 e 1342 c.c., in GC, 2000, 1792). Mentre è, infatti, evidente che il termine condizione vada inteso nel senso di clausola e non di condizione in senso tecnico, possono invece sorgere dubbi sul significato da attribuire all’aggettivo « generale », che, dal punto di vista lessicale, definisce il genere e non la specie. Dato il contesto è evidente che il genus cui fare riferimento sia una categoria, più o meno ampia, di contratti: potrebbe quindi ritenersi generale quella clausola comune ad una serie di contratti, che può essere inserita in ciascuno di essi. Come è stato osservato, però , la Relazione al Codice Civile e il successivo art. 1342 c.c., sicuramente collegato al precedente, inducono ad intendere il termine nel senso di uniforme: in quest’ottica la clausola generale è quella destinata ad essere inserita, con il medesimo tenore, in una pluralità di contratti, in contrapposizione a quella particolare, il cui contenuto varia da contratto a contratto (v. P. GENOVESE, Le condizioni generali di contratto, 1954, 56). Tale interpretazione è sicuramente coerente con la ratio dell’art. 1341 c.c., che è quella di disciplinare il fenomeno dei contratti standards.
[7] In base a tariffe predeterminate da parte di eBay e periodicamente aggiornate su apposite pagine del sito.
[8] In base ad una tesi suffragata dalla Circolare del Ministero delle Attività Produttive n. 3547/C del 2002, qualora (come nel caso di eBay) il banditore d’asta si limiti a mettere a disposizione il servizio di contatto, ovvero lo strumento tecnologico, senza intervenire direttamente nella gara, si avrebbe attività di mediazione, soggetta all’iscrizione nel ruolo ordinario degli agenti di affari in mediazione. Sono, di contro, convinto che l’attività prestata da eBay non sia inquadrabile nell’ambito della mediazione, dovendo invece essere ricondotta ad un rapporto negoziale atipico che possiamo definire di « intermediazione » in senso lato. Non mi sembra, infatti, esatto ricondurre il rapporto ad alcuna delle figure tipiche presenti nel Codice Civile (mediatore, mandatario, rappresentante). Le peculiarità dell’attività svolta dal provider rendono, invero, inapplicabile al rapporto giuridico in questione, la disciplina prevista per i normo-tipi codificati. Sotto questo profilo, tra l’altro, si deve sottolineare il fatto che eBay non svolge alcuna attività di procacciamento diretto dei clienti a favore dell’imprenditore on line. In secondo luogo, è necessario evidenziare come il provider non agisca neppure in nome e per conto dell’imprenditore nella conclusione dei contratti tra quest’ultimo ed i consumatori. L’inquadramento dei contratti de qua si collocherà, pertanto, nell’ambito dei negozi di promozione in vendita e pubblicità , con commistione di hosting ed altri servizi di application service provider.
[9] Sulle modalità operative di eBay, v. F. CASAROSA, I siti di aste on-line: un esempio di regolazione delle comunità telematiche?, in questa rivista, 2007, 1125; U. DI BENEDETTO, Il caso eBay: un esempio di regole dettate dalla prassi che integrano la legge, in Rassegna dir. civ., 1/2010, 24.
[10] Sul tema, v. A. LISI, Il negozio telematico. I profili giuridici di un e-shop, 2007.
[11] Cfr. L.M. DE GRAZIA, I portali: come si configura il rapporto con la legge?, in Internet al sito degrazia.it., 2000.
[12] Mi sia consentito rinviare a: I.P. CIMINO, I contratti degli Internet providers e per i data services on line, in (a cura di) G. CASSANO, I.P. CIMINO, Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche, 2009, 40. In termini del tutto simili anche Bacciardi, il quale pone in luce la fallacia dell’equazione per cui lo sviluppo della New economy avrebbe comportato una progressiva « disintermediazione » dell’attività distributiva, osservando che: « a dispetto dell’affermazione secondo cui l’avvento di Internet nella societ avrebbe segnato la ‘‘morte della distanzà’ — e, con essa, della necessità delle grandi imprese di ricorrere a forme di dislocazione territoriale per raggiungere il consumatore finale — l’impatto del commercio elettronico sui rapporti distributivi ha determinato il crescente impiego di forme di outsourcing e intermediazione on line » (cfr. E. BACCIARDI, op. cit., 388). Prima ancora, sul punto anche E.M. TRIPODI, La distribuzione commerciale on line ed i modelli contrattuali, in (a cura di) E.M. TRIPODI, F. SANTORO, S. MESSINEO, Manuale di commercio elettronico, Milano, 2000.
[13] Cfr. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provvedimento n. 20182, in Bollettino n. 33/2009.
[14] Un economista statunitense riferisce proprio di una reazione a catena, ad effetto oligopolistico: « in the model there is a feedback effect. Buyers want to be where the sellers are and sellers want to be where the buyers are. Importantly, the model assumes that more sellers make the marginal seller more likely to use the site. More sellers beget more sellers » (cfr. R. ADAMS, FTC Bureau of Economics Roundtable on the Economics of Internet Auctions: An Executive Summary, 2006, 7).
[15] Secondo i dati Nielsen Net Ratings (dicembre 2009) eBay si è classificato al primo posto fra i siti di e-commerce in Italia con oltre 6.6 milioni di visitatori e più di 700 milioni di pagine viste. Al livello globale eBay conta circa 90 milioni di utenti attivi nel mondo.
[16] Si veda, ad esempio, J. DELTAS, V. JEITSCHKO, Auction Hosting Site Pricing and Competition, 2006, 2: « Auction hosting sites, whether of the brick-and-mortar or Internet varieties, are firms whose product is the provision of a marketplace in which buyers and sellers can transact ».
[17] Il dato è ancor più evidente se si considera l’esistenza di esercizi commerciali creati e pensati unicamente per operare mediante eBay. Piccoli esercizi che « fronte strada » sarebbero destinati a soccombere schiacciati dalla grande distribuzione, stanno trovando ossigeno nel « marketplace » di eBay.
[18] D’altro canto non va, tuttavia, trascurato l’impulso positivo che eBay ha dato al commercio elettronico. Gli imprenditori che gestiscono attività professionali su eBay in Italia sono circa 18.000 (giugno 2009) e le loro vendite nei trascorsi 12 mesi hanno generato un giro d’affari per oltre 270 milioni di euro. Il sito italiano di eBay consente al nostro Paese di trovarsi tra le prime quattro nazioni europee per volume di vendite professionali online, insieme a Germania, Regno Unito e Francia. Grazie alle oltre 300.000 attività commerciali presenti sui rispettivi quattro siti eBay e ad un giro d’affari complessivo annuale di 5,7 miliardi di euro l’anno, il commercio elettronico in questi mercati rappresenta un contributo significativo all’economia europea.
[19] V. in particolare la compiuta ricostruzione della disciplina di P. FABBIO, L’abuso di dipendenza economica, 2006; nonche´ le analisi di G. COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica fra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti, 2004; R. NATOLI, L’abuso di dipendenza economica. Il contratto e il mercato, 2004; F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e sistematici, 2002 (e ID., Subfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999, 639); C. OSTI, Riflessioni sull’abuso di dipendenza economica, in Mercato concorrenza regole, 1999, 9.
[20] Rilevo che la dottrina unanime sembra aver escluso che la norma preveda la nullità dell’intero contratto, anche in virtù della lettera della disposizione che fa espresso riferimento alla nullità del patto, a cui ben potrebbe attribuirsi il significato di clausola utilizzato dall’art. 1419, primo comma, c.c.
[21] Da ultimo sul tema si v. G. DI LORENZO, Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, 2009. Sullo specifico argomento dell’abuso di dipendenza economica per abuso di « dipendenza tecnologica », si v. l’interessante e recentissima opera di F. LAZZARELLI, L’equilibrio contrattuale nelle forniture di sistemi informatici, 2010. Secondo l’autrice la prassi negoziale, consolidatasi nell’ultimo trentennio, dimostra che lo squilibrio tecnologico non determina sic et simpliciter uno squilibrio contrattuale. Esso inficia l’equità del rapporto e sollecita un intervento riequilibrativo (correttivo o integrativo) di fonte eteronoma soltanto allorche´ ne scaturisca un abuso da parte del professionista informatico ed un danno per l’utilizzatore. L’esigenza di contrastare i c.d. abusi di dipendenza tecnologica — assimilabili, in rapporto da species a genus, alla più generale categoria dell’abuso del diritto — sollecita un’indagine al fine di verificare, all’interno del sistema normativo italo- comunitario, la sussistenza di regole e di principi idonei a tutelare efficacemente il c.d. « consumatore informatico » dalle vessazioni delle software houses.
[22] Con riguardo alla incidenza di tale asimmetria sul rapporto una parte della dottrina ha evocato la figura del c.d. terzo contratto. L’espressione è stata coniata da R. PARDOLESI, Prefazione, in (a cura di) G. COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti. Un’analisi economica e comparata, 2004. Da ultimo sul tema si v. E. RUSSO, Imprenditore debole, imprenditore- persona, abuso di dipendenza economica, « terzo contratto », in Contr. E impr., 2009, 120.
[23] Una parte consistente dell’analisi economica sostiene che le condotte predatorie sopra descritte non si limitano a spostare ricchezza (cioè, a determinare effetti redistributivi) dall’impresa che subisce il comportamento opportunistico a quella che lo mette in atto, ma lanciano altresı` segnali poco rassicuranti al resto del mercato. In altri termini, tali condotte compromettono il buon funzionamento (e l’efficienza) del mercato concorrenziale, poiche´ disincentivano gli investimenti ottimali ed i comportamenti cooperativi (e dunque costituiscono, dal punto di vista giuridico, un abuso, cioè un illecito).
[24] Cfr. E. BACCIARDI, op. cit., 389.
[25] La nuova formulazione dell’art. 9, comma terzo, della Legge n. 192 del 1998, così recita: « il patto attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica è nullo. Il giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni ».
[26] F. DI MARZIO, Abuso di dipendenza economica e clausole abusive, in Riv. dir. comm., 2006, II, 789.
[27] Cfr. M.R. MAUGERI, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, 2003, 58. Della stessa opinione Natoli, il quale afferma che: « gli estremi di un abuso di dipendenza economica sono integrati soltanto dal tentativo di approfittare della assenza di alternative di mercato indotta dal compimento di investimenti specifici ad una determinata relazione commerciale, per estorcere all’impresa indebolitasi utilità ulteriori rispetto a quelle liberamente scambiate con la stipula del contratto » (cfr. R. NATOLI, Abuso del diritto e abuso di dipendenza economica, in I Contratti, 2010, 528; v. anche ID., L’abuso di dipendenza economica. Il contratto e il mercato, 2004).
[28] Si tratterà , in primo luogo, dei c.d. «Negozi eBay ».
[29] Si parla espressamente di « mercato virtuale » nella già citata decisione dell’Agcm, v. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, provvedimento n. 20182, in Bollettino n. 33/2009.
[30] Un particolare investimento specifico compiuto dall’impresa è quello che concerne gli sforzi per ottenere un elevato grado di reputazione. Nell’ambito di eBay l’importanza di commenti favorevoli da parte degli acquirenti, i c.d. feed-back, è stata posta in evidenza in uno studio condotto da due economisti, v. C. CABRAL, E. HORTACSU, The Dynamics of Seller Reputation: Theory and Evidence from eBay, 2004. Nello studio si giunge ad affermare perfino che i venditori hanno più da guadagnare dal « comprare una reputazione » con la costruzione di un record di commenti favorevoli, piuttosto che dalle vendite in se´.
[31] Sulla nozione di switching costs, v. A. KLEMPERER, Competition when consumers have switching costs: an overview with applications to industrial organization, macroeconomics and international trade, in Review of Economic Studies, 1995, 515.
[32] In termini più generali anche Bacciardi, il quale osserva che le peculiarità dei costi che caratterizzano l’organizzazione di un’attività commerciale su Internet: « si riflettono sulla determinazione della congruità del preavviso di recesso nei rapporti collaborativi di durata, in ragione dell’intima connessione tra il tempo necessario per la riallocazione degli investimenti effettuati e la durata del preavviso stesso » (cfr. E. BACCIARDI, op. cit., 390).
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