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Il notaio che esercita stabilmente fuori sede compie concorrenza sleale

Notaio

di Davide Mula

NotaioLa S.C. ha affermato che, in un comune ove sia prevista una sola sede notarile, la presenza costante di altro studio notarile é fatto idoneo a incidere negativamente sull’attività professionale e sui risultati economici del professionista, unico titolare della sede; ha, inoltre, precisato che in materia non é configurabile il danno “in re ipsa” e che, per la quantificazione del danno, ben può farsi ricorso alla liquidazione equitativa ex art. 1226 cod. civ., norma questa che non esonera il danneggiato dall’onere probatorio, gravandolo, anzi, dell’esigenza di offrire al giudice elementi idonei allo scopo.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28419 del 28 novembre 2008, ha cassato la sentenza si merito pronunciata dalla Corte di Appello di Torino in data 2 luglio 2003. La controversia vedeva ad oggetto la condotta di un notaio che operava fuori sede in un comune ove l’ordinamento notarile prevedeva una sola sede. Il Tribunale di Torino in primo grado rigettava la domanda del notaio attore con sentenza del 19 gennaio 1996. La Corte d’Appello di Torino con sentenza del 24 gennaio 1997 confermava la sentenza di primo grado. La medesima Corte d’Appello tornava a pronunciarsi sulla questione dopo che la Suprema Corte aveva cassato con rinvio, precisando che doveva essere accertata l’entità del danno sulla base del principio che “l’interesse di un notaro avente sede in un comune ove sia prevista una sola sede notarile, a che altri notai non esercitano nel comune medesimo la propria attività professionale se non in modo accessorio, sotto il profilo funzionale ed economico, è ritenuto meritevole di tutela dall’ordinamento che gli appresta pertanto tutela risarcitoria ex art. 2043, cod. civ.”. Con sentenza del 2 luglio 2003 quindi la Corte torinese statuiva che, posto che il notaio appellante non aveva dimostrato che in assenza del notaio convenuto i clienti si sarebbero rivolti a lui, e che pur essendo già stato condannato in via disciplinare il convenuto dal competente Ordine Notarile, il danno patito dall’attore non potesse in alcun modo essere quantificato. L’attore proponeva quindi nuovamente ricorso. La Corte di Cassazione nella pronuncia qui in esame statuiva che nella fattispecie de quo il danno no potesse essere configurato in re ipsa, ma che trovava indubbia applicazione il principio di cui all’art. 1226, cod. civ., in tema di liquidazione equitativa. Da tale considerazione deriva, pacificamente, che il danneggiato non è esonerato dall’onere probatorio, ma che, anzi, lo grava dell’esigenza di offrire al giudice elementi idonei allo scopo. Sul punto inerente la sussistenza di un diritto soggettivo all’esercizio esclusivo dell’attività notarile nella sede la Corte di Cassazione ha rilevato come la Corte d’Appello, nonostante il rinvio, avesse omesso di pronunciarsi sulla questione. La Legge Notarile, n. 89 del 1913, statuisce sul tema agli artt. 26 e 27 che: Il notaro potrà recarsi, per ragioni delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto in cui trovasi la sua sede notarile, sempreché ne sia richiesto (art. 26, comma 2) e che egli non può prestare servizio fuori del territorio del distretto in cui trovasi la sede notarile (art. 27, comma 2). In particolare i giudici della Cassazione hanno chiarito l’esatta interpretazione del principio di diritto, precedentemente enunciato, da applicarsi nel caso concreto: “in un comune nel quale è prevista una sola sede notarile, i notai diversi dal titolare possono esercitarvi la propria attività professionale in modo accessorio sia sotto il profilo funzionale, sia sotto quello economico rispetto al proprio ufficio-studio posto in comune diverso e che, quindi, resta esclusa la facoltà per essi di esercitarvi un’attività continuativa, generalizzata e stabilizzata”. I giudici di merito avevano, dunque, omesso di determinare la natura dell’attività, accessoria o stabile, del notaio convenuto. Per questi motivi la Suprema Corte ha cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Torino cui spetterà dirimere la controversia attraverso l’applicazione dei principi di diritto enucleati.
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