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Break-up dei motori di ricerca: il voto simbolico e i pericoli di una misura eccezionale

“L’organo politico non ha il potere di far rispettare un break-up, ma è un chiaro messaggio ai regolatori europei: bisogna essere inflessibili con Google”. È così che la BBC riassume il significato del voto con il quale l’Europarlamento ha approvato una risoluzione non vincolante con la quale si prevede la separazione delle attività dei motori di ricerca da quelle commerciali, con l’obiettivo, a detta dei sostenitori del provvedimento, di favorire la concorrenza nel settore. “Simbolico” è il termine scelto anche dal New York Times, che in un articolo di James Kanter indica nel “risentimento europeo verso il gigante tecnologico americano” il frame entro il quale leggere la vicenda, una chiave interpretativa che fa il paio con quanto sottolineato dal Financial Times: “È una risoluzione sdentata ma arriva al termine di una settimana torrida per Google in Europa e in coincidenza con le richieste franco-tedesche di approfondire il ruolo degli Over the top americani nel mercato dell’Unione per la messa a punto di misure antitrust in grado di garantire parità di condizioni agli operatori del Vecchio continente”. LEGGI Digital Single Market, il Prof. Gambino (IAIC): “Cautela nella separazione tra motori di ricerca e servizi commerciali. L’unbundling priva l’Europa di competitività” “Chi ha paura del grande e cattivo motore di ricerca?”, domanda l’Economist parlando di una Googlefobia dell’Europarlamento e chiosando che “Google è chiaramente in posizione dominante, ma l’abuso di tale posizione è un altro paio di maniche. E molti degli strumenti che il motore di ricerca mette a disposizione e che ledono gli interessi dei suoi concorrenti garantiscono un beneficio agli utenti-consumatori. Inoltre, gli utenti hanno una sostanziale libertà di passare da un servizio all’altro, e per quanto sia forte un effetto di rete esso è comunque temporaneo e flessibile. Più in generale, l’atteggiamento nelle regolazioni antitrust nel mondo online dovrebbe essere meno rigido rispetto a quello offline, perché nei nuovi spazi le barriere all’ingresso nel mercato sono minori e le acquisizioni dei nuovi soggetti da parte dei grandi operatori è una dinamica che favorisce una sempre maggiore fioritura di start up. I monopoli in ambito tecnologico non sono eterni e le dinamiche innescate dal mobile e dai nuovi sistemi di ricerca mediati dai social network lo stanno già dimostrando”. E se per Lucio Scudiero “Google avrebbe tutte le ragioni legali per opporsi alle richieste di separazioni coatte”, Mario Mariniello di Bruegel mette in evidenza che “la proposta ha un difetto fondamentale: affronta la questione dal punto di vista dei concorrenti di Google e non di quello degli utenti finali. Dell’unbundling beneficerebbero solo i primi. Inoltre, il messaggio inviato ad ogni azienda Google-like sarebbe che il proprio business un giorno potrebbe essere improvvisamente interrotto”. La presa di posizione del Parlamento non sembra tuttavia impressionare il Commissario Ue alla Digital Economy Günther Oettinger, il quale ha espresso la sua contrarietà all’ipotesi di scorporo definendo una tale misura più adatta ad un’economia pianificata che a una di mercato. “È importante notare che l’applicazione della legge dell’antitrust Ue deve restare indipendente dalla politica”, ha invece tuonato il portavoce del commissario alla Concorrenza Margarethe Vestager, aggiungendo che “è obbligo della Commissione rispettare i diritti di tutte le parti e restare neutrale e giusta: questi sono valori cruciali della legge sulla Concorrenza”. Di sicuro c’è che la mossa dell’Europarlamento non è stata affatto apprezzata oltreoceano; già nelle ore precedenti al voto feroci polemiche erano state sollevate da esponenti politici e associazioni statunitensi in un clima di alta tensione che non impedisce analisi puntuali come quella proposta a caldo da Stefano Riela della Tarxies Consulting: “Il Parlamento invita la Commissione ad un’applicazione decisa delle norme della concorrenza. Nella forma è irrituale l’intromissione del Parlamento in un caso ancora aperto. Nella sostanza, forse in passato la Commissione si è dimostrata poco decisa nell’applicare le norme antitrust o c’è rischio di debolezza con il caso Google?”, prima di sottolineare che nella risoluzione “non si spiega se la separazione debba essere funzionale, strutturale o proprietaria ma, se deve essere un intervento risolutivo valido nel lungo periodo, non può che trattarsi di una separazione proprietaria. Quindi la Commissione, grazie ad una base giuridica creata ad hoc, dovrebbe intervenire con una scure in virtù del fatto che il motore di ricerca di Google sia un essential facility, con una rilevanza superiore a quella che ha la rete ferroviaria e la rete di telefonia; mercati in cui, nonostante palesi violazioni della concorrenza, nessun regolamento ha mai imposto una separazione societaria”. 28 novembre 2014

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