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Microsoft deve cedere le email ospitate sui server irlandesi alle autorità americane? Il caso verso la sentenza d’Appello

Le autorità statunitensi hanno il diritto di accedere ai dati scambiati tramite posta elettronica anche quando gli stessi sono ospitati su server che risiedono all’estero? È la domanda alla quale sarà chiamata a rispondere la Corte d’Appello alla quale si è rivolta Microsoft per opporsi ad una sentenza di qualche settimana fa; nel dicembre 2013 il governo federale ha richiesto un mandato di perquisizione per accedere al contenuto dei messaggi di posta elettronica di un account registrato sui servizi della società di Redmond, riscontrando il rifiuto dei vertici di quest’ultima proprio a causa del fatto che i dati fossero fisicamente in Irlanda. Un diniego che è stato tuttavia smentito nell’aprile 2014 da un giudice federale, il quale ha ordinato la consegna delle email provocando il ricorso di Microsoft che sarà discusso alla fine di luglio da una Corte di Appello a Manhattan. Il tema è ovviamente tra i più spinosi in un momento storico nel quale si dibatte sullo sfondo del Datagate; se da un lato le grandi compagnie a stelle e strisce stanno tentando da mesi, a colpi di transparency report e appelli verso Washington affinché si rivedano le norme in materia e si permetta loro di dare agli utenti più complete informazioni sui dati che vengono intercettati dalle autorità, dall’altro è ancora tutto da compiere il percorso verso la riforma dei poteri di sorveglianza in capo alla National Security Agency (Nsa). Sul fronte delle sentenze in materia di posta elettronica, invece, una Corte d’Appello già nel dicembre 2010 aveva stabilito che le comunicazioni scambiate a mezzo email sono coperte dalle tutele del Quarto Emendamento alla Costituzione (un principio richiamato anche in un amicus brief che la Electronic Frontier Foundation ha presentato a sostegno di Microsoft). Tuttavia, nell’aprile del 2013 i documenti interni degli agenti impegnati ad indagare contro le frodi fiscali affermavano che non fosse necessario un mandato di un giudice per ficcare il naso nella posta elettronica delle persone sospettate di reati. LEGGISe Gmail legge la tua posta viola le leggi sulle intercettazioni?” 16 giugno 2014

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