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Jobs Act e controlli a distanza, il ministero: “Nessuna liberalizzazione. Serve l’accordo sindacale quando il dispositivo viene modificato”

La polemica sulla modifica all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori prevista da uno dei decreti attuativi del Jobs Act continua a tenere banco. La possibilità che il controllo a distanza dei dipendenti possa avvenire tramite strumenti come pc, tablet e smartphone assegnati dal datore di lavoro anche in assenza di accordo sindacale o di un’autorizzazione ministeriale ha sollevato un acceso dibattito che ha portato nelle scorse ore il ministero del Lavoro a diramare una nota di chiarimento. “La norma sugli impianti audiovisivi e gli altri strumenti di controllo contenuta nello schema di decreto legislativo in tema di semplificazioni – si legge nella stessa – adegua la normativa, risalente al 1970, alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute. La norma non liberalizza, dunque, i controlli ma si limita a fare chiarezza circa il concetto di strumenti di controllo a distanza ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni e, in particolare, con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di Internet”. “Come già la norma originaria dello Statuto – prosegue il ministero – anche questa nuova disposizione prevede che gli strumenti di controllo a distanza, dai quali derivi anche la possibilità di controllo dei lavoratori, possono essere installati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, ed esclusivamente previo accordo sindacale o, in assenza, previa autorizzazione della direzione territoriale del lavoro o del ministero”. “La modifica all’articolo 4 dello Statuto chiarisce, poi, che non possono essere considerati strumenti di controllo a distanza quelli che vengono assegnati al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (una volta si sarebbero chiamati gli attrezzi di lavoro), come pc, tablet e cellulari. In tal modo, viene fugato ogni dubbio circa la necessità del previo accordo sindacale anche per la consegna di tali strumenti”. Tuttavia, aggiunge il ministero, “l’espressione per rendere la prestazione lavorativa comporta che l’accordo o l’autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che serve al lavoratore per adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che serve al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza che queste modifiche possono avvenire solo alle condizioni ricordate sopra: la ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione”. Dubbi restano sui dispositivi che di default consentono, ad esempio, la geolocalizzazione. In ogni caso la nota si conclude con la precisazione che “qualora il lavoratore non sia adeguatamente informato dell’esistenza e delle modalità d’uso delle apparecchiature di controllo e delle modalità di effettuazione dei controlli dal nuovo articolo 4 discende che i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno a fini disciplinari”. Si attende ora una posizione ufficiale del Garante che chiarisca se quanto puntualizzato dal ministero possa essere davvero considerato come chiusura della vicenda. Proprio pochi giorni fa l’Authority ha diffuso un Vademecum su privacy e lavoro, nel quale sono riassunte alcune importanti disposizioni in materia di controlli a distanza, come il punto che impone alle aziende di configurare gli smartphone “in modo tale che sullo schermo compaia sempre, ben visibile, un’icona che indichi ai dipendenti quando la funzione di localizzazione è attiva”. Indicazioni che derivano anche da quanto stabilito con un provvedimento del 2 ottobre 2014. 18 giugno 2015

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