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Pubblica amministrazione e Ict: un rapporto in crisi profonda

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La fotografia scattata da Assinform: la spesa sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione complessiva della PA ha subito tra il 2007 e 2013 un calo medio annuo del 2,8%, a scapito degli investimenti. Unica eccezione è la Sanità in crescita, mentre i vari enti restano “compartimenti stagni” caratterizzati da un’elevata frammentazione dei datacenter. Non sembra bastare il miglioramento dei servizi online ai cittadini Il “Secondo Osservatorio Assinform sull’Ict nella Pubblica amministrazione” italiana parla chiaro: la spesa Ict complessiva della PA centrale e locale tra 2007 e 2013 mostra un calo medio annuo prossimo ai 3 punti percentuali, addirittura del 4,3% nel 2012, quando è risultata pari a 5.422 milioni di euro al netto delle spese per il personale e dell’Iva. Il report dell’Associazione è stato presentato nella mattinata di mercoledì 20 novembre a Roma, alla presenza di Francesco Caio, Coordinatore dell’Agenda Digitale nazionale, Domenico Casalino, Ad di Consip, Agostino Ragosa, Direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Paolo Gentiloni, deputato del Partito Democratico e Linda Lanzillotta, Vicepresidente del Senato. La situazione rilevata è riassunta dalle parole del presidente Elio Catania: “La Pubblica Amministrazione italiana è in forte ritardo sul fronte della digitalizzazione. La spesa continua calare, si investe sempre meno e permane una frammentazione nell’uso e nell’allocazione delle risorse che non consente di fare sistema. Troppe iniziative – continua Catania – sono annunciate e tardano ad essere avviate. I vincoli di bilancio sono noti, ma non si interviene ancora sulla tipologia della spesa, superando i tagli lineari. Non si guarda alla spinta che potrebbe dare la collaborazione pubblico-privato in chiave di project financing. Pur riconoscendo gli sforzi che sono stati fatti, bisogna rendersi conto che è necessario fare di più, meglio e in tempi più brevi”. IL REPORT – L’indagine, realizzata da NetConsulting e Netics, il sostegno di Dedagroup, InfoCamere, Postecom, Telecom Italia e la collaborazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale e Consip, evidenzia come in parallelo al calo della spesa complessiva per l’Ict sopra menzionato sia cresciuta la quota della spesa corrente sulla spesa complessiva, a scapito di quella per investimenti. Quest’ultima, è scesa nel 2012 nella Pa Centrale al 40,5% per l’IT e al 14,3% per le Telecomunicazioni, nelle Regioni rispettivamente al 26% e al 18,1%, nei Comuni e nelle Province a quote ancora inferiori (compresi tra i 12,5% e il 14% e tra il 9% e il 7%). Il livello di integrazione applicativa e delle basi dati risulta ancora modesto, con gli Enti della Pa Centrale che nel 58% dei casi non hanno basi dati integrate con gli altri Enti della PAC e nel 90% dei casi con le Amministrazioni Locali. E questo trova anche riscontro nell’elevata frammentazione dei data center: ben 4mila su tutto il territorio italiano, con conseguenti duplicazioni di basi informative, spreco di capacità di elaborazione e problemi di interoperabilità e standardizazzione. E se è vero che importanti progressi si sono fatti sul fronte dei servizi on line ai cittadini e alle imprese, resta il fatto che manca una visione integrata nell’erogazione dei servizi, ancora spesso limitata al download della modulistica da compilare. Eccezioni ed eccellenze esistono per alcuni Enti, come Inps e Agenzia delle Entrate, mentre a livello Locale nei Comuni, l’utilizzo online supera il 50% delle pratiche totali solo per sport, cultura e pratiche edilizie. In termini di trend generali negativi, Assinform rileva:

  • un lento progresso nel percorso verso la digitalizzazione della PA, intrapreso prima con il CAD, proseguito poi con l’Agenda Digitale: pur in presenza di normative cogenti le amministrazioni presentano un forte ritardo su molti fronti (PEC, Conservazione sostitutiva e firma digitale), spesso da attribuire al ritardo con cui sono emanate le regole tecniche e i decreti attuativi;
  • un’infrastruttura IT (hardware e software) sempre più datata, in alcuni casi ai limiti dell’obsolescenza;
  • uno scarso grado di interoperabilità tra i sistemi degli enti della PAL, che rilevano ancora un basso grado di adesione al Servizio Pubblico di Connettività, e tra questi e quelli della PAC;
  • un’elevata frammentazione dei sistemi informativi all’interno delle stesse amministrazioni regionali e centrali, dove permane una logica basata su silos non integrati tra di loro e conseguenti inefficienze e sprechi di risorse.

  OPEN DATA – Dinamiche che sembrano lasciare la Pubblica amministrazione italiana in una condizione ancora ben lontana dalle best practice di evoluzione digitale di routine e pratiche, un percorso volto alla semplificazione e al risparmio. Le potenzialità offerte da un nuovo corso in materia dei rapporti che le Pa intrattengono con cittadini ed imprese rischiano di essere frustrate. Basti pensare alle praterie di utilizzo dei dati della Pubblica amministrazione che potrebbero aprirsi se venissero rispettate le ultime norme in materia di open data approvate solo pochi mesi fa nel cosiddetto “Decreto Trasparenza” e rimaste ampiamente disattese. “Le iniziative diapertura del patrimonio informativo pubblico avviate in Italia da parte delle Pubbliche Amministrazioni – si legge nell’executive summary del rapporto – sono ancora limitate, fatta eccezione per alcuni casi d’eccellenza tra le Amministrazioni Comunali più grandi. La rilevazione ha evidenziato che gli enti pubblici che ad oggi hanno pubblicato dati in formato aperto, su datastore propri o di altre amministrazioni, risultano essere il 36,9% degli Enti Centrali, il 17,8 % dei Comuni, il 40,6% delle Province. L’ambito sembra essere ancora confinato alla mera pubblicazione di dati e, solamente in pochi casi, riscontriamo lo sviluppo di applicazioni web o mobile che forniscono servizi a valore aggiunto a cittadini e imprese. Solo le Amministrazioni più evolute sul tema (il 22,2% degli Enti Centrali, il 28,7% dei Comuni) hanno già sviluppato delle applicazioni basate su Open Data (principalmente nelle aree deiservizi di pubblica utilità e Turismo)”. Tra i segnali positivi il rapporto, invece, segnala:

  • l’accelerazione nella spesa ICT per la Sanità da parte delle Regioni volta a colmare i gap ancora presenti nell’attuazione del Piano di Sanità Digitale;
  • il ruolo baricentrico delle amministrazioni regionali degli investimenti ICT in Sanità, che risponde sia all’esigenza di maggior controllo sulla spesa sanitaria, sia a una volontà di indirizzo e coordinamento da parte delle regioni stesse che dovrebbe consentire di superare i particolarismi e di perseguire obiettivi sistemici;
  • il forte accentramento degli acquisti di beni informatici, in particolare hardware, conseguito grazie allo sviluppo del mercato elettronico e del ruolo di Consip nella gestione dello stesso, che ha consentito di razionalizzare il processo di procurement e che ha generato indubbiamente vantaggi sul fronte dei risparmi;
  • il progresso sul fronte dei servizi on line, soprattutto nei grandi Comuni e nella PAC, seppure non sempre ad un ampliamento dei servizi erogati via web corrisponda una crescita nell’utilizzo degli stessi da parte di cittadini e imprese.

  CLOUD COMPUTING – Sul versante del cloud computing emerge come, soprattutto a livello delle Amministrazioni Regionali, si stiano già compiendo alcuni passi nella giusta direzione, mentre più lungo e difficile sembra essere il percorso a livello di Comuni e Province. Le principali evidenze dell’Osservatorio mostrano che:

  • il 50% degli Enti Centrali dichiara di adottare/prevedere l’utilizzo di servizi di Cloud Computing, di cui solo il 20% rappresentano dei progetti di Cloud Computing già operativi; si tratta principalmente di progetti Iaas (Infrastructure-as-a-Service) basati su modelli di tipo Private;
  • il 43% delle Amministrazioni Regionali dichiara di aver già adottato o prevede di adottare entro fine 2013 servizi di tipo Cloud,principalmente IaaS e SaaS(Software-as-a-Service). Il ruolo di Cloud Service Provider viene individuato principalmente nelle società ICT in-house regionali;
  • oltre l’80% degli Enti Locali non prevede ancora l’adozione di servizi Cloud; nonostante ciò rispetto al 2011 è in lieve crescita la quota di enti che ha già avviato delle esperienze di utilizzo del Cloud Computing (circa il 13% sia dei Comuni sia delle Province). Si tratta principalmente dei Comuni di minori dimensioni, con un orientamento più marcato verso servizi di tipo SaaS(Office Automation e Posta Elettronica);
  • L’attuale utilizzo del Cloud Computing nella Sanità pubblica italiana è molto contenuto: solo il 34% delle ASL/AO dichiara di adottare o prevedere il ricorso a servizi Cloud.Ad oggi le esperienze presenti sono limitate alla realizzazione presso alcune ASL/AO di cloud privati aziendali impiegati, in primo luogo, per il deployment di macchine virtuali. La situazione, però, è destinata a sbloccarsi grazie ad interventi strategici di livello regionale: sono infatti 12 le Regioni e Province Autonome che, direttamente o attraverso le loro società in-house, prevedono degli specifici piani di diffusione del cloudcomputing in Sanità nel medio periodo (2014-2016).

Tutti gli Enti Pubblici riconoscono nel Cloud un’opportunità di risparmio, di maggiore flessibilità, di incremento delle performance e miglioramento della gestione dell’infrastruttura IT. Sul fronte dei fattori in grado di ostacolare l’adozione di soluzioni cloud da parte della PA però emerge ancora con chiarezza come uno dei principali inibitori sia l’incertezza normativa con particolare riferimento alla questione della sicurezza e protezione dei dati.

LEGGI Le prospettive di tutela della privacy nello scenario tecnologico del cloud e dei big data

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CONCLUSIONI – Pur rilevando come l’Italia abbia assunto “impegni importanti di superamento del gap digitale, come dimostrato anche dalla significativa produzione normativa dell’attuale Governo Letta caratterizzato da continui riconoscimenti della centralità del tema Agenda Digitale”, l’Osservatorio conclude che

“l’Ict raramente viene considerato come driver per il cambiamento organizzativo e la razionalizzazione della macchina burocratica e dei costi ad essa sottesi, così come stenta a emergere la figura del CIO pubblico come elemento cardine dell’organizzazione. Non mancano le eccezioni, che in alcuni casi rappresentano vere e proprie punte di eccellenza anche a livello internazionale. Eccezioni caratterizzate da un comune denominatore: il commitment al massimo livello, politico e dirigenziale, capace di “superare” ostacoli burocratici e resistenze al cambiamento da parte delle componenti più conservatrici interne alle rispettive amministrazioni. La strada ancora da percorrere per raggiungere una effettiva e completa digitalizzazione della PA e la creazione di ecosistemi digitali integrati è complessivamente lunga. L’analisi condotta dall’Osservatorio mostra però che i segnali positivi a dimostrazione che la PA Italiana può e deve ripartire ci sono e che il percorsodi innovazione e cambiamento è tracciato”

“Gli investimenti per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione – chiosa in chiusura Elio Catania – devono avere assoluta priorità nell’Agenda politica del Governo per tre ragioni fondamentali: sono l’unica leva concreta per aumentare l’efficienza e il valore aggiunto creato dalla PA senza distogliere le risorse dalle iniziative di rilancio dell’economia; sono il motore di cui necessitiamo per indurre la digitalizzazione del Paese attraverso gli standard dei servizi evoluti a cittadini e imprese; tali investimenti, in una fase di mancata crescita dell’economia, sono essenziali per la vitalità e lo sviluppo di un’industria, qual è quella dell’ICT, di assoluta rilevanza strategica per il nostro Paese. Ben vengano – conclude il presidente di Assinform – le tre priorità individuate nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana (identità digitale, anagrafe unica e fatturazione elettronica) purché si metta una marcia in più e soprattutto si passi dalle Agende ai progetti esecutivi con responsabilità chiare e tempi attuativi ben identificati”.

Il convegno di presentazione del rapporto è stato affiancato da una tavola rotonda con diversi responsabili area di Assinform:  Alberto Tripi, responsabile area Internazionalizzazione, Fabio Benasso, responsabile area Cloud, Simone Battiferri, responsabile area digital Identity, Domenico Favuzzi, responsabile progetto eHealth, Nicola Ciniero, responsabile area Smart Access Big Data/Expo, e Valerio Zappalà, responsabile progetto Open Data [LEGGI su Key4Biz]. 21 novembre 2013

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