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L’ICT in Italia è ancora in discesa

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Il nuovo rapporto Assinform è una doccia fredda: il mercato di casa nostra è calato del 4,3% nel primo semestre del 2013, arrivando ad un valore complessivo di circa 32 miliardi di euro. Il calo più pesante per i servizi di rete, mentre crescono pubblicità online e segmenti innovativi. “Forte ritardo rispetto all’Europa dove l’incidenza del mercato ICT sul PIL è prossima al 7% mentre in Italia è minore del 5%”. Intanto il Governo sblocca 20,7 milioni per la banda larga “L’innovazione digitale sta penetrando nella società e nell’industria italiana, trasformando modelli di consumo e di business, ma su basi ancora troppo limitate e a ritmi troppo lenti, che impediscono di raggiungere quel livello elevato di pervasività dell’Ict che in altri paesi costituisce la chiave della ripresa dell’economia”. È così che la Assinform fotografa lo stato del mercato dell’Information and Communications Technology (ICT) italiano nel rapporto realizzato insieme a NetConsulting.

I numeri dipingono uno scenario drammatico: nel primo semestre del 2013 il mercato ICT Italiano nel suo insieme, con ciò compresi servizi e prodotti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, infrastrutture di rete e contenuti digitali, ha accelerato la tendenza al ribasso registrando un calo complessivo del 4,3% rispetto allo stesso periodo del 2012, quando la diminuzione era stata dell’1,3% sull’anno prima. A fine giugno il valore di mercato complessivo si è assestato sui 32,048 miliardi di euro.

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Come accennato, il saldo complessivo è dato dalla messa a sistema dei dati di vari settori. Il più colpito in termini di calo di mercato è quello dei servizi di rete (-9,2%) , numeri dovuti principalmente al costante calo delle tariffe. Una flessione più ridotta (-1,5%) riguarda il settore dispositivi, mentre sorridono, casi unici, il mercato di contenuti e pubblicità online, cresciuto del 4,9% nel periodo di riferimento, e quello dei segmenti innovativi, che registra un +4,5%. “Tra questi ultimi – scrive Assinform – si evidenzia l’incremento sia della domanda di tutti quei dispositivi digitali che innovano attività tradizionali in collegamento con l’uso del web, come le smart tv, gli e-reader, i navigatori, le fotocamere digitali, sia gli investimenti per le piattaforme software di e-commerce, di social network, ‘Internet delle cose’, i servizi di cloud computing e relativi data center”. Poi la doccia fredda:

Allo stato attuale non esistono i presupposti per un’inversione di tendenza. In sostanza, il rapporto fotografa l’evoluzione che sta subendo l’Ict, con componenti di nuova generazione che subentrano a componenti tradizionali, i cui volumi e prezzi calano, ma a ritmi ancora non sufficienti a far ripartire il mercato. Il nostro paese è quindi in forte ritardo rispetto all’Europa dove l’incidenza del mercato ICT, che continua marginalmente a crescere a fronte del -4,3% italiano, sul PIL è prossima al 7% mentre in Italia è minore del 5%, con gravi ricadute sul settore ma soprattutto sul mancato sviluppo del nostro sistema economico e produttivo in generale”.

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Allo stesso tempo i collegamenti in banda larga sono cresciuti del 2,4% per 13,9 milioni di accessi, ma “restano proporzionalmente inferiori a quelli dei principali paesi europei”. Ed è forse uno dei peccati maggiori per un sistema che cerca  ogni giorno il volano giusto per uscire da una crisi che si trascina, cronicamente, in parallelo agli studi che dimostrano come gli investimenti nello sviluppo del broadband siano tra i più redditizi in termini di ricadute occupazionali e aumento del Prodotto Interno Lordo.

Già nel 2010, per citarne alcuni, la Banca Mondiale dimostrava come come un 10% di aumento della penetrazione della banda larga stimolerebbe un aumento dell’1,21% del PIL pro capite, dati confermati da uno studio Ericsson del novembre 2011, nel quale si leggeva anche di come ogni 1000 linee broadband si creino 80 posti di lavoro, oltre che da un rapporto McKinsey di poche settimane prima.

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In questo senso è da accogliere con favore, per quanto parziale, lo sblocco di 20,7 milioni di euro per la banda larga contenuto nella Legge di Stabilità appena approvata dal Governo, un fondo precedentemente stanziato col Decreto del Fare e poi congelato.

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