Il Prof. Alessandro Spano è Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l'Università di Cagliari, dove…
Tra allarmi e regolamenti, sul cyberbullismo siamo solo all’inizio
È la sensazione che si ricava ascoltando il dibattito andato in onda poche ore fa su Radio Radicale; per Antonio Amendola, consigliere del Vice Ministro allo Sviluppo Economico Catricalà, “il codice contro gli abusi appena varato non di risolve i problemi, ma aiuta”, mentre per Francesca Comunello, professore di Internet Studies alla Sapienza di Roma, “non esiste il cyberbullismo, ma il bullismo” e per la giornalista Arianna Ciccone “occorre andare alla radice dei fenomeni, e quella non è tecnologica” La bozza di “Codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo” messa in consultazione pubblica dal ministero dello Sviluppo Economico sembra essere solo il punto di inizio del dibattito sui fenomeni di “bullismo in rete”. È almeno questa l’indicazione che arriva dallo scambio di opinioni e di vedute che ha animato la puntata di domenica 19 gennaio di “Presi per il Web”, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco Perduca, Marco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone e Sara Sbaffi. Ospiti dell’appuntamento Antonio Amendola, fondatore e presidente di Shoot for Change e consigliere del Vice Ministro allo Sviluppo Economico Catricalà, Francesca Comunello, professore di Internet Studies presso la Sapienza di Roma, e Arianna Ciccone, giornalista ideatrice del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia e di Valigia Blu. Il “bullismo elettronico” comprende tutte le forme di prevaricazione messe in atto tra coetanei tramite i nuovi dispositivi di comunicazione; per lo studioso Peter Smith, il cyberbullismo è “una forma di prevaricazione volontaria e ripetuta, attuata attraverso un testo elettronico, agita contro un singolo o un gruppo con l’obiettivo di ferire e mettere a disagio la vittima di tale comportamento che non riesce a difendersi” Ma la differenza tra le posizioni non risparmia la stessa “etichetta” con al quale si definisce un certo comportamento; secondo Scialdone “c’è un fenomeno nuovo ed è giusto chiamarlo con un nome diverso, ci sono condotte che non smettono mai di esistere perché siamo sempre reperibili e gli episodi di bullismo diventano un flusso incessante e crescente”, mentre per Ciccone “anche quello che avviene offline finisce per restare attaccato a chi è bersaglio dei bulli, per quanto ci possa essere in rete un effetto moltiplicatore sempre più pesante”. E se per Comunello “non esiste il cyberbullismo, ma il bullismo”, Amendola afferma che “il problema è che se sono bersaglio di sfottò in classe tutto questo finisce uscendo da scuola, differente la situazione di quando vedo contenuti online diventati virali e pieni di like. La definizione di cyber descrive la diversa manifestazione di un comportamento preesistente”. “La filosofia di fondo – ha spiegato Amendola riferendosi al codice messo a punto in seno al Mise – è che si tratta di una materia difficilmente normabile in maniera positiva, dall’alto, è quindi si è evitata da subito la strada del decreto; vogliamo invece prototipizzare un modello di collaborazione di tutti gli stakeholders, dalle aziende ai consumatori fino alle Autorità di garanzia e alla polizia postale”. LEGGI “Il Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo: un’occasione di riflessione sull’autopoiesi delle regole in Rete“
Bozza regolamento anti #cyberbullismo, per partecipare a consultazione pubblica si può scrivere a antonio.amendola@mise.gov.it — PresiperilWeb (@PresiperilWeb) 19 Gennaio 2014
“Di sicuro – ha affermato Comunello – esiste in determinati ambienti e circostanze una riduzione della percezione della responsabilità individuale, ma non si può demonizzare un mezzo. Il grande pericolo legato alla tecnologia è la persistenza di ciò che scriviamo in rete, perché scripta manent. Inoltre il fenomeno del bullismo è più esteso offline di quanto non lo sia online, anche se la scala di misurazione dei due fenomeni è spesso diversa. Di sicuro l’alfabetizzazione alle nuove tecnologie è una grande aiuto per difenderci da certi fenomeni, ma in Italia è ancora troppo bassa”. “Il mio timore – è il dubbio sollevato da Sarzana – è che lo sforzo orientato a definire un fenomeno possa essere frustrato dall’evoluzione del fenomeno stesso. Detto in altre parole, si rischia di finire il lavoro quando lo scenario è già cambiato”. Una chiosa alla quale Amendola risponde che “il tavolo dal quale arriva il codice è infatti in perenne evoluzione; chi vi siede intorno dà la propria disponibilità ad aggiornare continuamente ogni provvedimento alla luce della nuova situazione. Il codice, non risolve il problema, ma aiuta, non vuole sostituirsi a famiglia e insegnanti, ma affiancarli”. Quello dell’educazione è il focus dell’intervento di Ciccone: “Il problema è quello che origina offline, vita reale e vita digitale non sono distinte, ma rappresentano un continuum. La cosa importante è arrivare all’origine di queste manifestazioni di prevaricazione, e quindi porsi domande sulle cerchie di amicizie, sui compagni di scuola, sui membri della famiglia di chi è bersaglio di certi comportamenti. Occorre educare, non limitarsi a rimuovere i post”. Il disaccordo di Amendola (“le frecce del bullismo con le nuove tecnologie vengono lanciate in ogni momento, senza sosta, senza tregua”) è accompagnato da una chiosa sul codice in consultazione pubblica: “Il testo contiene al momento disposizioni come le due ore di tempo per la rimozione, che risulta più come provocazione e segnale che come misura realmente attuabile”.
@fcomun @EPietrafesa @PresiperilWeb @RosaBorgognoni fra poco anche i nuovi dati di @netchildren (11 febbraio) — giovanna mascheroni (@giovannamas) 19 Gennaio 2014
Immagine in home page: Larena.it 20 gennaio 2014