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Chi vuole trasformare la Trasparenza in un bluff?

Ascolta Il Podcast Della Puntata Di Domenica 3 Novembre 2013

Da un lato valanghe di dati inutilizzabili o poco rilevanti; dall’altro un numero crescente di cittadini che chiede di avere accesso ad informazioni e dataset sulla spesa pubblica. Le contraddizioni e le potenzialità del percorso verso la “casa di vetro” delle istituzioni nell’ultima puntata di Presi per il Web

Ascolta il podcast della puntata di domenica 3 novembre 2013
Ascolta il podcast della puntata di domenica 3 novembre 2013
Su una cosa non ci sono dubbi: la Trasparenza va di moda. Ad ogni livello istituzionale viene inserita nei programmi elettorali quasi sempre con un’accezione “anti-casta” che mira dritto alla rabbia che una sempre più larga fetta dell’elettorato nutre nei confronti di compensi e privilegi che spettano a chi ricopre determinate cariche istituzionali. Ma quante di quelle buone intenzioni di trasformare i palazzi del potere in “case di vetro” vanno a bersaglio e quante invece si risolvono in tanto, inutile rumore? Ma soprattutto: qual è la Trasparenza che serve davvero e quella che invece risulta fine e se stessa sfociando addirittura nel “voyeurismo”? Quesiti che hanno animato il dibattito della puntata di domenica 3 novembre di “Presi per il Web”, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco Perduca, Marco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone. Con il titolo provocatorio “Il grande bluff della Trasparenza” l’appuntamento ha avuto ospite in studio Alberto Stornelli, informatico sui generis responsabile della comunicazione della no profit Agorà Digitale e impegnato nella messa a punto della seconda fase del portale di civic application L’Era della Trasparenza, il cui obiettivo è creare una piattaforma che punta ad aggregare e rendere da un lato comprensibili e dall’altro interattivi i dati sulle spese della pubblica amministrazione. La leva normativa è in alcune disposizioni contenute nel Decreto Trasparenza del febbraio scorso, nel quale si impone a tutte le Pa italiane la pubblicazione delle voci di spesa superiori ai mille euro in formato Open Data. “La trasparenza – ha chiosato Stornelli – è un’attivazione di pratiche di partecipazione popolare, non ha senso pubblicare dati se non sono visibili da molti occhi che possono esprimere un parere sugli stessi”. Importante appare l’esperienza di Opencoesione, sito governativo tramite il quale sono stati messi online tutti i dati relativi alla gestione dei fondi del Piano di Coesione 2007-2013. Si parla di cifre che sfiorano i 70 miliardi di euro di contributi pubblici e in merito ai quali cittadini e giornalisti hanno potuto approfondire il percorso intrapreso dai fondi. Come ha fatto, ad esempio, Alessio Neri per Terrearse.it in merito a Reggio Calabria. Un esempio che pone la domanda: cosa può fare un cittadino in questi casi? “Sarebbe bello – ha affermato Stornelli – che a quei dati si aggiungesse la possibilità di aggregare una comunità che chieda alle autorità conto di quanto i dati stessi illustrano”. Il primo intervento telefonico è quello di Paolo Coppola, deputato del Partito Democratico e già assessore all’Innovazione ed eGovernment del Comune di Udine. Il capoluogo friulano, nel 2009, fu il primo Comune italiano a pubblicare i bilanci in Open Data: “In Italia c’è ancora molto da fare – ha affermato – ma purtroppo nel nostro Paese c’è una scarsa cultura delle tecnologie e dell’accountability e l’abitudine a prendere decisioni non dopo uno studio sui dati ma sulla base di intuizioni. Bisogna tuttavia andare nella giusta direzione senza farsi scoraggiare; innanzitutto bisogna far applicare le leggi già in vigore, che al momento sembrano ignorate, andando verso un vero Freedom of Information Act italiano. E poi bisogna diffondere la cultura della trasparenza”. Dopo di lui Claudio Velardi, che nel suo lungo passato politico annovera ruoli di dirigenza nel Partito Comunista Italiano e più recentemente, dal febbraio 2008 al giugno 2009, l’assessorato al Turismo e ai Beni culturali della Regione Campania. Velardi nei giorni scorsi, a seguito della decisione della Giunta per le elezioni del Senato in merito al voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, aveva rilasciato alcune dure dichiarazioni nelle quali ha affermato: “La trasparenza porta a una nuova forma di fascismo, moderno e diverso”. Un punto di vista che ha sollevato una serie di polemiche ed è stato contestato da chi, viceversa, vede nella “trasparenza assoluta dei rappresentanti l’unica speranza per chi crede nella democrazia rappresentativa”, come ha scritto il giornalista de L’Espresso Alessandro Gilioli. “La trasparenza non regolamentata – ha rilanciato Velardi – porta a distorsioni gravissime. Noi abbiamo istituti della democrazia rappresentativa, se la vogliamo superare ne possiamo parlare, ma bisogna fare sì che le nuove pratiche abbiano una più forte griglia di normazione; viceversa, richiamare una sorta di trasparenza assoluta di tutto fa scivolare verso un autoritarismo di fatto”. Il giurista Francesco Minazzi, che per i Quaderni di Diritto Mercato Tecnologia ha pubblicato insieme a Morena Ragone un saggio dal titolo “La dicotomia tra Trasparenza e Dati Aperti“, ha spiegato: “I Dati aperti sono un insieme molto ampio di utilizzi che ricomprende la Trasparenza ma non coincide né si esaurisce in essa. Occorre evidenziare che gli Open Data mirano più al riutilizzo economico per lo sviluppo di servizi tramite gli stessi piuttosto che a generare trasparenza”. Foto: Cafwd.org

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