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Il diritto all’oblio in rete tra identità digitale e anonimato

Il Diritto All'blio E La Cedu

Tra i panel dell’Internet Festival di Pisa la discussione su un tema che resta irrisolto: come gestire il fatto che “Internet non dimentica”? Al centro del dibattito anche le modalità con le quali i principali player del Web raccolgono dati sugli utenti che utilizzano piattaforme e servizi e il percorso verso gli Open Data L’accesso ad una quantità di informazioni impensabile prima di Internet si contrappone al rischio che quelle stesse informazioni possano sfuggire al controllo dei titolari dei dati e, tramite la loro aggregazione e permanenza online, ledere l’immagine e la reputazione delle persone. È il tema al centro di “Identità  digitale, diritto all’oblio e anonimato nella rete”, workshop organizzato nell’ambito dell’Internet Festival 2013 di Pisa venerdì 11 ottobre. A formare la squadra dei relatori la professoressa dell’Università di Pisa Dianora Poletti, l’avvocato Chiara Pasquinelli, dottoranda nell’ateneo toscano, la dottoressa Valentina Amenta, dell’Istituto di Informatica e Telamatica del Cnr, e i membri della no profit Agorà Digitale Alberto Stornelli e Marco Ciaffone, informatico il primo, giornalista il secondo. “Il diritto all’oblio non è ancora codificato nel nostro ordinamento”, ha esordito la professoressa Poletti iniziando una trattazione che ha avuto come cornice la ricognizione della giurisprudenza e dello stato dell’arte sulla materia. “Il passaggio all’identità digitale – ha affermato la Poletti – ha frantumato il monolite dell’identità personale sul quale erano soliti ragionare i giuristi. Una cosa è sicura: per la Corte di Cassazione italiana il diritto all’oblio è diritto ad essere dimenticato, aspetto del più generale diritto alla riservatezza”. Il diritto all'blio e la Cedu “Il diritto all’oblio non può diventare il diritto a riscrivere la storia, anzi, la Storia, come accadeva con il ministero della Verità descritto da Orwell in 1984”, ha ammonito subito dopo di lei l’avvocato Pasquinelli, con l’intervento della dottoressa Amenti che successivamente ha confermato quella difficoltà di bilanciare i vari diritti all’interno del Web che spesso porta a decisioni controverse come quella che ha visto la testata online abruzzese Primadanoi.it condannata per un articolo vero, ma, a detta del giudice, “troppo vecchio”.

La discussione si è spostata successivamente, con l’intervento di Stornelli e Ciaffone, sugli strumenti utilizzati dai principali servizi e piattaforme del Web per il tracciamento (non sempre lecito), degli utenti, gli speculari strumenti per la navigazione in incognito e  un passaggio sui conflitti tra i vari diritti aperti dalle nuove tecnologie. La conclusione prende spunto dalle norme che regolano la messa in circolazione di altri tipi di dati, quelli relativi alla Pubblica Amministrazione, che finiscono per inserire un nuovo elemento nel ventaglio dei diritti: il diritto all’accesso.

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