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La scelta di un nome di dominio può essere tutelata come pure speech?

Le tutele alla libertà di espressione in terra statunitense coprono anche la scelta di un nome di dominio? È, riassumendo, la domanda alla quale sono chiamati a rispondere i giudici della Superior Court di Orange County nella causa che vede contrapposti i due cittadini Chris Korpi e Julie Collier. Il secondo ha citato in giudizio il primo per via del dominio www.juliecollier.com, registrato da Korpi alla vigilia di una contesa elettorale per il rinnovo di un consiglio scolastico. In sostanza, Collier contesta il fatto che il dominio sarebbe stato registrato a causa della convinzione che lei si sarebbe candidata per quella carica e in un secondo momento reindirizzato verso gli spazi di candidati sostenuti da Kropi ma non da lei, generando così una dinamica che confonde l’utente e danneggia la sua persona. Come arma di difesa Kropi ha invece scelto la legge anti-SLAPP, una norma che protegge da iniziative giudiziarie che si pongono come strategicamente orientate a reprimere critiche e dissenso; Kropi avrebbe dunque esercitato un’attività tutelata come pure speech, lettura che è stata invece già bocciata dal giudice di primo grado portando così al ricorso in appello. Al fianco di Korpi si è schierata la Electronic Frontier Foundation, che ha inviato alla Corte un amicus brief nel quale sostiene che sia l’attività di registrazione del dominio sia la redirect applicata sullo stesso siano da considerarsi tutelate come libertà di parola in quanto mirate solo a far conoscere agli elettori altri candidati. Ovviamente, per Collier si apre invece il rischio che gli elettori stessi possano confondere una redirect per un suo endorsement. 10 giugno 2014

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