Edoardo Giardino è avvocato e professore associato nonché abilitato alle funzioni di professore ordinario di…
Uber, continua lo scontro sul servizio di trasporto mediato dall’app
Su Radio Radicale il dibattito sulle principali questioni aperte con il vice direttore di Wired Italia Federico Ferrazza, la giornalista del Corriere della Sera Martina Pennisi, il consigliere comunale milanese Marco Cappato, il responsabile delle relazioni istituzionali di Altroconsumo Marco Pierani e il presidente di Uritaxi Loreno Bittarelli È passata poco più di una settimana dalla pesante contestazione inscenata dai tassisti milanesi nei confronti dei rappresentanti di Uber che si preparavano a prendere la parola al Wired Next Fest, un episodio che ha portato all’attenzione mainstream i nodi e le criticità aperti dall’ingresso dell’app californiana nel mercato dei servizi di trasporto che già da tempo erano oggetto di accesi dibattiti tra gli addetti ai lavori. Ed è stata la volontà di mettere a fuoco i principali problemi sulla questione e tratteggiare le possibili soluzioni agli stessi ad animare la puntata del 25 maggio di “Presi per il Web“, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco Perduca, Marco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone e Sara Sbaffi. Ospiti dell’appuntamento il vice direttore di Wired Italia Federico Ferrazza, la giornalista del Corriere della Sera Martina Pennisi, il consigliere comunale milanese Marco Cappato, il responsabile delle relazioni istituzionali di Altroconsumo Marco Pierani e il presidente di Uritaxi Loreno Bittarelli. “Noi siamo dalla parte di Uber e dalla parte di tutte le aziende che provano a afare innovazione perché andare contro il digitale è una battaglia contro i mulini a vento – ha dichiarato Ferrazza – Altrimenti sarebbe come dire di tutelare le Pagine Gialle chiudendo Google. Non si può nascondere che Uber innesta la sua attività su un vuoto normativo dovuto al fatto che il mercato è regolato da una legge del 1992 e che quindi va aggiornata. Ma è evidente che non c’è voglia di confronto su questo punto, e l’episodio di Milano lo dimostra; il dato resta che il fatto che il digitale ha cambiato le carte del gioco, bisogna farci i conti, non è che gli editori si mettono a tirare le uova e i petardi contro i blogger. Chiaro che va tutelato chi ha sopportato un grande esborso di denaro per una licenza, ma questo non può risolversi nella messa a punto di un quadro che frustri le possibilità offerte dall’innovazione”. “Mi sembra chiaro – ha chiosato Pennisi – che alle tante criticità emerse con l’introduzione di Uber si affianchi l’annosa lotta intestina tra taxi ed Ncc. Pensiamo alla norma che impone agli Ncc di tornare in rimessa dopo ogni viaggio, è un nodo che esiste da molto prima che arrivasse l’app”. Mentre sulla piattaforma di petizioni Change.org sono attive due petizioni, una a favore e una contro Uber, si è così cercato di capire quali implicazioni derivano dai nuovi scenari aperti dal servizio; ad esempio pochi giorni fa, sull’Huffington Post, l’economista ed ecologista Guido Viale ha tratteggiato la possibilità che lasciare mano libera a Uber potrebbe portare ad un diffuso precariato nell’ambito del servizio di trasporto: “Uber non si propone agli autisti come un datore di lavoro – è l’opinione espressa da Pennissi – ma dice agli stessi voi con uno smartphone in auto potete ottimizzare il tempo che avete tra un cliente e l’altro“. La politica Sul fronte del Governo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha definito “straordinario” il servizio, mentre il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha tuonato contro i “servizi illegali” dopo un apposito vertice istituzionale a seguito del quale si è stoppato UberPop, il servizio che permetteva a chiunque di diventare autista di Uber, misura che ha fatto rientrare lo sciopero dei tassisti milanesi. Intanto, il Commissario Europeo per l’Agenda Digitale Neelie Kroes ha dichiarato in maniera categorica che “l’Italia non deve cedere al ricatto dei tassisti”, l’assessore meneghino Pierfrancesco Maran ha proposto un piano in 5 punti allo stesso ministro Lupi, il sindaco Giuliano Pisapia ha duramente invocato il rispetto della legalità e il governatore della Lombardia Umberto Maroni ha di fatto richiesto l’intervento della magistratura contro le violazioni, prima di chiosare, nelle ultime ore, che la distinzione tra Uber e UberPop va tenuta in debita considerazione per non fare confusione “tra una applicazione legittima e una che invece non lo è”. Ma c’è chi aveva già a febbraio proposto di sfruttare l’Expo per potenziare tramite app e dispositivi mobili il trasporto in città, vedendosi però bocciare la proposta dal Consiglio comunale meneghino, il consigliere Cappato. “Quella espressa in questi giorni dalla politica è in gran parte una posizione elettoralistica – ha affermato – che consiste nel tenere presenti gli interessi già organizzati e ignorare quelli più generalizzati della comunità. È evidente che il taxi è un servizio pubblico sottoposto a vincoli di servizio pubblico ai quali non è invece sottoposto Uber. Esiste poi il problema delle licenze a caro prezzo. A questo punto o la politica è in grado di pianificare un risarcimento che accompagni il cambiamento o si ritroverà a fare il tifo per interessi di parte. L’occasione c’è, dall’Expo al fatto che Milano sia la città con più bike e car sharing, chiaro prodotto dell’introduzione dell’Area C. C’è insomma un contesto urbano fertile per gli investimenti in mobilità sostenibile, e la politica non può che incentivare tutte le forme di trasporto pubblico, così che sia l’allargamento del mercato a creare le risorse che andrebbero in un certo senso a risarcire la categoria che ora si sente danneggiata”. I consumatori Netta anche la posizione espressa da Altroconsumo per bocca, anzi per lettera, del suo presidente Paolo Martinello. “È assurdo – ha detto Pierani – che nel 2014 stiamo discutendo se sia legittimo o meno utilizzare una app per prenotare una corsa tramite una vettura nelle vicinanze. Chiaro che ci sono altre problematiche, ma la conseguenza di un tale scenario dovrebbe essere che da domani anche i taxi dovrebbero poter essere chiamati tramite app e pagati tramite carta di credito. Consideriamo poi che la domanda del mercato del trasporto in città è elastica, e nel momento in cui si aprisse una concorrenza maggiore si abbasserebbero anche i prezzi di un servizio che a Milano costa più che in ogni altra città europea, Londra a parte”. Pagamenti e casi internazionali Resta il fatto che l’app sta scalando le classifiche degli store e si prepara, sembra, ad una nuova iniezione di capitali, cogliendo al volo l’occasione che è derivata dalla visibilità ottenuta in questi giorni; insomma, per i tassisti questa vicenda non rischia di essere un boomerang? E non converrebbe loro, invece, aprirsi alla tecnologia e tentare di lottare sullo stesso terreno? “Un discrimine è senza dubbio quello relativo ai pagamenti – ha affermato Pennisi – è chiaro che nel momento in cui Uber processa i pagamenti trattiene la commissione, e in contesti come quello di New York dove i tassisti utilizzano l’app per trovare i clienti resta comunque il dato che non possono utilizzarla per essere pagati. In Francia hanno invece avanzato una proposta molto simile a quella dell’assessore Maran, con la differenza che i tempi di attesa dopo la chiamata si riducono a 15 minuti. L’Autorità garante della concorrenza l’ha fermata, e penso perché si siano resi conto non tanto che vada tutelata la concorrenza per un’app che arriva da oltreoceano, ma perché già i francesi si sono mossi per fare applicazioni analoghe. Detto in altri termini, se si blocca Uber, si chiudono le possibilità anche per startupper locali”. La fiscalità resta comunque un problema centrale: “Uber paga tasse come Google, come Apple, come Amazon. Come tutti quelli che hanno una sede in Irlanda”. La versione dei tassisti “Si dicono troppe inesattezze su questo tema – ha esordito Bittarelli – il problema di fondo è che se un imprenditore va in uno Stato ad esercitare la propria attività deve rispettare le leggi di quello Stato. La prepotenza di chi sta invece dietro Uber fa sì che questi signori si permettano di operare sostanzialmente come meglio preferisce. Non si può dire che i tassisti sono contrari all’innovazione, visto che abbiamo anche la nostra app, it Taxi, creata due anni prima che arrivasse Uber. Nessuno vieta di chiamare un Ncc attraverso strumenti tecnologici, ma è importante che lo stesso Ncc rispetti i crismi della legge del trasporto pubblico non di linea, che è stata scritta nel 1992 ma aggiornata l’ultima volta nel 2008 e di sicuro non proibisce l’innovazione tecnologica. Ma se noi dobbiamo competere contro chi non rispetta le leggi non siamo in un regime di concorrenza”. “Se domani ci fosse una consultazione per cambiare la legge – ha concluso Bittarelli – noi porteremmo sicuramente una proposta per misure più restrittive contro l’abusivismo. La norma dovrebbe essere aperta a qualunque forma di innovazione purché rispetti le normative vigenti. Le norme per la nostra categoria al momento impediscono che ci siano intermediari tra consumatori e vettore, proprio per non far aumentare le tariffe”. 26 maggio 2014