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“Il Canada è un magnete per i siti pirata”, l’attacco delle associazioni Usa. Che spingono l’Italia fuori dalla watch list dello Special 301

“Il Canada resta la patria di alcuni dei più famosi siti Internet dedicati alla pirateria”. È così che la statunitense International Intellectual Property Alliance (IIPA) punta il dito contro i vicini del Nord, accusati di non fare abbastanza contro la condivisione massiva di file protetti da copyright. L’occasione è l’invio dei suggerimenti dell’associazione all’Office of the United States Trade Representative (USTR), impegnato nella messa a punto dello Special 301 Report per il 2014, il documento nel quale vengono indicati i Paesi da tenere d’occhio in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Il Canada, già finito nella watch list dello scorso anno, viene indicato come “magnete per i furfanti che gestiscono spazi che attraggono milioni di utenti impegnati in download illeciti di film e musica “. L’IIPA, che include veri e propri colossi dell’antipirateria come MPAA e RIAA, raccomanda così al Governo statunitense una chiara azione di pressione nei confronti delle autorità di Ottawa affinché provvedano ad una più efficace lotta alla pirateria digitale, compresi incentivi legali per gli Internet Service Provider volti a renderli maggiormente partecipi della lotta agli spazi di condivisione illecita. Italia fuori dalla watch list Se l’Ucraina viene indicata come primo Paese da monitorare, si registra un cambio di atteggiamento nei confronti dell’Italia; il nostro Paese, da anni nella watch list dei “cattivi”, viene inserito insieme alla Spagna tra quelli da sottoporre ad una fase di revisione della loro posizione. Il motivo è semplice: l’imminente entrata in vigore del regolamento antipirateria messo a punto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, i cui effetti andranno testati per decidere se togliere definitivamente l’Italia dall’elenco dei paesi che non si spendono abbastanza per la difesa del copyright. Il regolamento Agcom viene descritto in maniera dettagliata nelle raccomandazioni dell’IIPA, che si dice “favorevole ai nuovi meccanismi di cooperazione tra operatori delle telecomunicazioni e industria” volti a rendere più efficaci e sistematici quegli interventi che, fino a questo momento, erano demandati alla “buona volontà” di pochi privati. Tra Cyberlocker e San Marino  “Il livello di pirateria complessivo nel Paese, durante il 2013, è rimasto stabile – si legge nel documento relativo all’Italia – e questo nonostante le azioni intraprese a livello di polizia e giudiziario. La ragione va ricercata nel fatto che molte dinamiche illecite vengono generate su spazi che non possono essere raggiunti dalle autorità italiane, come ad esempio i cyberlocker ospitati sui server esteri e le grandi reti di P2P, anch’esse facenti riferimento a spazi al di fuori dei confini nazionali”. Tra le cause dell’alto tasso di pirateria vengono menzionate anche le “inadeguate leggi antipirateria” di San Marino e l’abitudine di gran parte di aziende e professionisti all’utilizzo di software non originali. “A partire dal 2011 – sottolinea l’IIPA – il tasso di pirateria software in Italia si è avvicinato al 50%, ben oltre la media europea ed equivalente ad un giro d’affari di circa due miliardi di dollari”. Decisivo, infine, il ruolo della criminalità organizzata nello smercio di materiale audio-video pirata su supporti fisici. Foto in home page: Wikimedia.org 12 febbraio 2014

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