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La Consulta: “No al ricorso contro il divieto di ricerca sugli embrioni”

La Corte Costituzionale dice no alla sperimentazione ed alla ricerca scientifica sull’embrione, ribadendo il divieto posto dalla legge 40. Intervenendo ancora una volta sulla legge sulla fecondazione assistita, la Consulta ha esaminato due questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Firenze, relative al divieto (art. 13 della legge) di ricerca clinica e sperimentale sull’embrione non finalizzata alla tutela dello stesso e al divieto (art. 6) di revoca del consenso alla procreazione medicalmente assistita dopo l’avvenuta fecondazione dell’ovulo. La prima questione – afferma la Corte – è stata dichiarata inammissibile in ragione “dell’elevato grado di discrezionalità, per la complessità dei profili etici e scientifici che lo connotano, del bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell’embrione ed esigenze della ricerca scientifica: bilanciamento che, impropriamente, il Tribunale chiedeva alla Corte di modificare, essendo possibile una pluralità di scelte, inevitabilmente riservate al legislatore”. Anche per la seconda questione è stata dichiarata l’inammissibilità  per difetto di rilevanza nel giudizio di merito, in cui risultava che “la ricorrente aveva comunque, di fatto, deciso di portare a termine la procreazione medicalmente assistita”. Già nello scorso febbraio, Giacomo Rocchi in un suo articolo Embrione: qualcosa o qualcuno? La Corte Costituzionale di fronte alla logica stringente della fecondazione in vitro”, pubblicato sulla Rivista Diritto Mercato Tecnologia, evidenziava come il vero quesito cui dovrà rispondere la Consulta consiste nello stabilire se “gli embrioni creati con la fecondazione in vitro hanno la stessa natura e possiedono gli stessi diritti degli altri embrioni umani, cioè di quelli concepiti naturalmente a seguito di un rapporto sessuale. La Corte Costituzionale “applicherà anche agli embrioni prodotti in vitro le forti affermazioni contenute nella sent. n. 35 del 1997”? […] “La scelta di fondo per la Corte Costituzionale, nel decidere la questione sollevata dal Tribunale di Firenze, sarà quindi – aggiunge ancora Rocchi –  se ritenersi o meno vincolata dalle proprie precedenti statuizioni in ordine alla natura dell’embrione umano e al suo status”. Nella sua disamina il giurista ha ricordato come: “in effetti, la Corte non ha mai differenziato i diritti dell’embrione prodotto con la fecondazione extracorporea da quelli dell’embrione concepito naturalmente, traendo la necessità di tutela del primo dalle decisioni adottate in materia di interruzione volontaria di gravidanza, pratica che riguarda il secondo. Tale posizione è stata confermata esplicitamente con la recente sentenza della Corte n. 229 del 2015 che ha sì, legittimato la selezione degli embrioni «nei casi in cui questa sia esclusivamente finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili», ma ha confermato il divieto di soppressione degli embrioni scartati e crioconservati”. In conclusione, Rocchi sottolineava già allora come la Corte “nel decidere se gli embrioni malati, difettosi o non più utili a nessuno scopo possono essere sottoposti a sperimentazioni scientifiche o alla soppressione, dovrà tenere conto di altri esseri umani malati, difettosi e non più utili”. 23 Marzo 2016

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