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Hotfile pagherà 80 milioni di dollari all’MPAA. E la Corte ordina i filtri al cyberlocker, che chiude i battenti

Hotfile

Accordo storico tra il cyberlocker e l’associazione antipirateria americana per la chiusura del processo che stava per aprirsi dopo il riconoscimento di responsabilità della piattaforma nelle violazioni perpetrate dai suoi utenti Le cifre dell’accordo sono da capogiro: 80 milioni di dollari. È quanto gli admin di Hotfile hanno accettato di pagare alla Motion Picture Association of America per scongiurare il prosieguo di un procedimento conseguente  alla massiva violazione del diritto d’autore del quale era accusato il cyberlocker. L’associazione antipirateria statunitense aveva chiesto un risarcimento di 500 milioni di dollari per i 3448 file illecitamente scambiati dagli utenti, accusando la piattaforma di aver ignorato le migliaia di richieste di rimozione inviate dai detentori di diritto rendendosi così complice delle violazioni e uscendo dalla protezione del “safe harbor” americano. Nell’agosto scorso la Corte federale della South California aveva riconosciuto le responsabilità della piattaforma nelle violazioni. La MPAA riferisce che la Corte ha ora stabilito, a margine dell’accordo sul risarcimento, il congelamento delle attività di Hotfile a meno che non vengano predisposti filtri che rendano più difficoltose le future violazioni. Ovvia la soddisfazione dell’associazione, che per bocca del suo presidente e Ceo, il senatore Chris Dodd, ha parlato della sentenza come di “un altro passo importante verso la protezione di una Internet utile a tutti”. La querelle legale era iniziata nel febbraio 2012; a difesa del cyberlocker nel marzo 2012 era sceso in campo  anche Google sostenendo proprio le tesi dell’impossibilità per una piattaforma di quel tipo di controllare tutto il materiale che vi passa attraverso; quel concetto di “intermediario passivo” che la stessa Google sta contribuendo ad appannare con le sue ultime scelte. LEGGI “Facebook, gli ‘indicatori sociali’ contro i contenuti pirata” Tornando ad Hotfile, durante questo percorso accidentato il cyberlocker di Anton Titov è spesso passato al contrattacco; nel settembre 2011, ad esempio, Hotfile muoveva causa contro la Warner, rea di aver abusato delle procedure regolate dal DMCA chiedendo la cancellazione, perché ritenuto in violazione di copyright, di materiale di cui non aveva diritti perché open source. Più recentemente, e nell’ambito proprio del procedimento aperto dalla MPAA, aveva ottenuto l’impossibilità dei querelanti di utilizzare termini come “rubare”, “furto” o “pirateria” per riferirsi alle attività degli utenti della piattaforma; vittoria meramente lessicale, visto l’esito che pochi giorni dopo pone un interrogativo concreto sulla possibilità che la piattaforma possa proseguire la sua attività. UPDATE 20.00 Hotfile non è più accessibile, e sulla home page del sito appare questa immagine:

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4 dicembre 2013

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