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Diritto all’oblio, Google ascolta gli esperti. E i nodi restano da sciogliere

Comitato Diritto Oblio

Un intenso dibattito ha caratterizzato l’incontro tra il comitato consultivo istituito da Mountain View e gli esperti riunitisi a Roma. Un momento di riflessione che ha evidenziato, ancora una volta, quanto difficile sia il bilanciamento di diversi diritti in assenza di un quadro normativo puntuale e ritagliato sulle attuali tecnologie “Non possiamo contrapporre un diritto ad un altro, questa è la lezione ultima”, Così Frank La Rue, inviato speciale dell’Onu per la libertà di opinione ed espressione, ha concluso l’incontro che nel pomeriggio di mercoledì ha visto protagonisti i membri del comitato consultivo sul diritto all’oblio di Google e il gruppo di esperti chiamati a proporre le loro riflessioni e i loro suggerimenti alla luce dei punti critici emersi a quattro mesi dalla ormai celebre sentenza con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha riconosciuto il diritto dei cittadini a veder rimossi dai motori di ricerca i link che rimandavano a contenuti ritenuti imprecisi, non più attuali o in violazione della privacy. Un numero di richieste che ha ormai superato le 120mila unità. Comitato Diritto OblioNella cornice dell’Auditorium Parco della Musica di Roma è andato in scena uno scambio di vedute a viso aperto che ha tuttavia restituito un’ulteriore conferma di tutte le complicazioni che lo stesso presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, ha sottolineato in apertura: “Siamo qui per ascoltare gli esperti”, ha affermato prima di presentare gli illustri componenti del comitato seduti al suo fianco; e quindi, oltre a La Rue, il responsabile legale di Google David Drummond, Jimmy Wales, presidente di Wikipedia, il filosofo Luciano Floridi, Sabine Leutheusser Scharrenberger, ex ministro della giustizia tedesco, Sylvie Kauffman, direttore editoriale del quotidiano Le Monde, Jose Luis Piñar, direttore dell’agenzia spagnola per la protezione dei dati e Peggy Valcke, ricercatrice dell’Università di Leuven, in Belgio. “Il diritto all’oblio è contrapposto al diritto alla storia – ha esordito l’avvocato Guido Scorza – e la cronaca di oggi è la storia di domani. Contraendo il diritto di cronaca, dando una scadenza alle informazioni, si compromette dunque la possibilità di raccontare la storia stessa. Il soggetto privato punta legittimamente a massimizzare i profitti abbattendo i rischi, e questo nel caso specifico per Google si traduce nel rispondere positivamente alle richieste di rimozione. Questo non significa non fidarsi del soggetto privato, ma di essere consapevoli che ha un interesse diverso da quello pubblico”. Per il direttore di Wired Italia, Massimo Russo, “la Corte ha sottovalutato il diritto alla libertà di espressione, che non può vigere solo per le informazioni di interesse pubblico. Esiste una tutela della libertà di espressione anche nel caso in cui i contenuti siano irrilevanti, altrimenti bisognerebbe rimuovere la stragrande maggioranza dei contenuti che circola sui social network. Inoltre, le tecnologie dell’informazione hanno cambiato il concetto stesso di personaggio pubblico. Si è poi discusso sulla possibilità di informare sulle rimozioni i titolari dei siti che ospitano i contenuti originari, io ritengo non sia solo opportuno, ma che sia necessario, ed è l’unica strada per cui chi ha ‘subito’ una rimozione può difendersi”. “Non si può assegnare ad un privato la sorveglianza sulla libertà dei espressione in rete”, ha affermato ancora Russo (qui il suo intervento integrale), prima di rispondere ad una domanda di Luciano Floridi (“Il Pubblico con l’avvento di Internet ha sostanzialmente delegato al privato la gestione della società dell’informazione; non dovremmo dunque riconoscere il ruolo di gatekeeper giocato dai motori di ricerca?): “In quel caso bisognerebbe allora che il motore di ricerca restasse in ambito accademico, eludendo così le inevitabili contaminazioni a cui è esposto il soggetto privato”.

Il Professor Alessandro Mantelero del Politecnico di Torino ha lanciato una proposta: link sospesi per trenta giorni a seguito della richiesta di rimozione e riattivazione degli stessi nel caso in cui i richiedenti non procedano dinanzi al Garante Privacy o all’autorità giudiziaria. Accompagnando il suo intervento con la valutazione che “le media company hanno le professionalità giuste per riconoscere qual è l’interesse pubblico. Google no, perché fa un altro mestiere”.

  Un’altra domanda è stata posta dal Professor Floridi (“Non dovrebbe esserci tra i compiti dell’educatore quello di far capire che ci sono fatti che sono accaduti e che non si può tornare indietro?”) alla scrittrice Lorella Zanardo, la quale ha risposto: “Magari è una soluzione utile per i nostri figli, ma oggi dobbiamo trovare una soluzione che permetta a chi ha sbagliato ieri di non pagare all’infinito i suoi errori”. E se per il Professor Oreste Pollicino dell’Università Bocconi “la Corte ha dato una prevalenza sproporzionata alle norme sulla privacy ledendo il diritto all’informazione”, per il Professor Vincenzo Zeno-Zencovich dell’Università di Roma Tre “la sentenza è di natura politica, perché afferma la sovranità europea su internet per le questioni che attengono i cittadini europei. In ogni caso una soluzione non può che essere trovata su un piano che travalichi i confini del Vecchio Continente”. A margine dell’incontro Peggy Valcke ha chiuso la giornata affermando che “le posizioni emerse e le riflessioni raccolte sono utili ad aprire un percorso di ampio respiro volto alla ricerca di una soluzione”. Un percorso che continuerà con le prossime tappe del comitato in giro per l’Europa. LEGGI Pizzetti: “Sentenza CGUE non è su diritto all’oblio. Ma pone questioni fondamentali su evoluzione normativa” Data protection e diritto all’oblio, il Commissario Reicherts: “Dibattito distorto da detrattori. Adottare subito nuove è più forti tutele sulla protezione dei dati” Diritto all’oblio, Google “interrogato” dai Garanti privacy europei. Accolta la metà delle richieste. In attesa di linee guida condivisePrivacy e diritto all’oblio, il gestore di un motore di ricerca online è responsabile del trattamento da esso effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web di terzi. Montuori (Garante Privacy): “Consonanza con direzione intrapresa dall’Autorità”. Google: “Decisione deludente, sopresi differisca da Advocate General”Google e diritto all’oblio, Giuseppe Busia (Garante Privacy): ‘Stabilito un principio sulla competenza territoriale’. Il Prof. Gambino: ‘Richiesta ai motori di ricerca è tutela estrema e subordinata, ma aspetti positivi per tutela delle fragilità’ ” “Uno, nessuno e centomila: tra reputazione online e diritto all’oblio. Montuori (Garante Privacy): ‘Importante capire il diritto alla contestualizzazione dell’informazione’ 11 settembre 2014

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