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Canone frequenze Tv, Nicita (Agcom) e le ragioni della contrarietà alla delibera

Ascolta Il Podcast Della Puntata Di Domenica 5 Ottobre 2014

Il Commissario Agcom Antonio Nicita ha ribadito i motivi della sua contrarietà alle misure contenute nella “delibera recante i criteri per la determinazione, da parte del ministero dello sviluppo economico (Mise), dei contributi annuali per l’utilizzo delle frequenze televisive terrestri” approvati la scorsa settimana dal Consiglio dell’Autorità. L’occasione è stata la puntata del 5 ottobre di “Presi per il Web“, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco Perduca, Marco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone e Sara Sbaffi. Ospiti della trasmissione anche l’Avv. Giovanni Maria Riccio e l’ex Commissario Agcom Nicola D’Angelo.

Ascolta il podcast della puntata di domenica 5 ottobre 2014
Ascolta il podcast della puntata di domenica 5 ottobre 2014
“L’Agcom – ha esordito Nicita – svolge una serie di attività che riguardano tanto il settore delle comunicazioni elettroniche, tanto il settore audiovisivo. Ma soprattutto è un’Autorità indipendente, mentre spesso si tende sui giornali a dare l’immagine di un’agenzia governativa. Un’indipendenza che non è arbitrio, ma ha il suo fondamento nella circostanza che le nostre decisioni, hanno una natura tecnica molto sofisticata, peraltro in stretto collegamento con le direttive e l’impulso europeo. L’indipendenza è un valore da tutelare, e va rispettata anche quando si danno letture e colori politici alle nostre decisioni. Capisco che fa parte di un modo di leggere la realtà politica dei nostri giorni, ma vi assicuro che le nostre decisioni si basano su tutto tranne che su ragionamenti di carattere politico. Questo non significa che non si possa sbagliare o non si possa essere criticati, dico solo che bisogna concentrarsi sul merito, strettamente sul merito delle decisioni”. “Ho ritenuto opportuno – ha proseguito il Commissario – spiegare perché io fossi contrario alla delibera. Tutta la questione nasce dalla circostanza che la legge 488 del 1999 prevedeva che i soggetti che esercitavano attività radiotelevisiva dovessero contribuire ai sensi del codice delle comunicazioni elettroniche con una quota dell’1% del fatturato per l’uso delle risorse; questo fino a quando una nuova legge, il decreto legge n.16 del 2 marzo 2012 convertito in legge dalla n.44 del 26 aprile 2012, ha cambiato questa impostazione: il passaggio dal sistema analogico al digitale terrestre ha permesso la liberazione di tantissimi canali digitali e questo ha comportato anche una trasformazione del sistema del governo con una distinzione tra gli operatori di rete e i broadcasters”. “A questo punto – ha spiegato Nicita – la legge del 2012 introduce un sistema di pagamento per gli operatori di rete; nel testo si dice in sostanza che gli stessi operatori devono contribuire per l’utilizzo della risorsa scarsa etere tramite un canone che deve essere determinato dall’Autorità e applicato dal ministero. Tutta la nostra legislazione nelle materia – ha chiosato – ha questa strana divisione dei compiti che prima o poi dovrà essere semplificata. In ogni caso, il tema principale sul quale c’è un elemento di confusione è legato alla circostanza che resta equivoco, nell’impianto normativo, se il nuovo contributo sia interamente sostituvio del vecchio o se ne costituisca una sua parte“. “Se prima si chiedeva un contributo onnicomprensivo a coloro che avevano l’uso delle reti in ambito analogico e però svolgevano un’attività di servizio, non è necessariamente vero che questo nuovo sistema dovesse sostituire interamente il vecchio principio. È ovvio che gli operatori di rete abbiano un fatturato inferiore a quello dei broadcasters. Se io devo pagare un canone in funzione di un fatturato complessivo dovuto alla raccolta pubblicitaria e se immagino un canone in funzione del fatturato è ovvio che non potrò mai pensare di recuperare la somma di prima. Allora il tema è se in realtà questo canone che si chiede agli operatori di rete sia, per semplificare, la quota parte della rete di ciò che veniva pagato in precedenza. È evidente che, sconto o non sconto, dipende unicamente dalla risoluzione del rapporto tra vecchia e nuova contribuzione: se si ritiene che questo nuovo sistema sia interamente sostitutivo del vecchio, e che quindi non si debba chiedere contribuzione ai soggetti che svolgono attività audiovisiva, si crea ovviamente una situazione di mancate entrate; se invece, come io ritengo, la parte degli operatori di rete è soltanto una parte del tutto, allora la questione del buco finanziario non si pone”. “La discussione interna al Consiglio ha fatto sì che comunque fossero accolte due misure migliorative, soprattutto in merito alla tutela del pluralismo. In primo luogo, l’Autorità ha rinunciato a determinare le condizioni di un’applicazione progressiva che comportava una discriminazione tra soggetti dotati di diverso potere di mercato, rinviandone l’iniziativa al Governo, tema che mi vedeva contrario soprattutto rispetto ai due più grandi operatori di rete; in secondo luogo, e proprio in conseguenza di ciò, l’Autorità ha rinviato al competente ministero il tema della verifica dell’entrate, compatibilmente con quanto previsto dalla legge. Mi posso solo augurare che da ciò arriveranno presto novità legislative nell’ambito della vasta azione di riforma che il Sottosegretario Giacomelli ha annunciato e che sono sicuro riuscirà a portare a termine”. 6 ottobre 2014

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