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“Hadopi, nessuna deterrenza dal three strike”. I risultati di uno sondaggio condotto sugli utenti francesi

“La probabilità di essere individuati come fruitori di contenuti illeciti non ha alcun impatto sulla decisione di intraprendere azioni di pirateria digitale”. Si legge nei risultati di uno studio condotto da quattro ricercatori dell’Università del Delaware e dell’Università di Rennes in merito ai risultati della “legge Hadopi“, la norma introdotta in Francia nel 2009 e che fino a pochi mesi fa prevedeva la disconnessione per gli utenti sorpresi per tre volte a fruire di contenuti pirata. Secondo il report (in fondo la versione integrale) la disciplina del “three strike” non avrebbe in alcun modo inciso sull’intensità delle violazioni. Michael Arnold (University of Delaware), Eric Darmon (University of Rennes), Sylvain Dejean (University of La Rochelle), e Thierry Penard (University of Rennes) hanno realizzato lo studio tramite un sondaggio rivolto a 2mila utenti transalpini: “I nostri risultati indicano che non c’è alcun effetto deterrente sostanziale garantito dalla legge e che, al contrario, gli utenti più informati in merito alla sorveglianza attuata dalle autorità su reti come quelle P2P si spostano su altre piattaforme e canali non monitorati”. Il 37,6% degli intervistati ha ammesso di aver fruito di download illegale, con il 22% di utilizzatori di reti P2P e il 30% di “canali alternativi”. Il 16,4% di coloro che hanno messo in atto download illegali ha ricevuto un avvertimento dalla Commissione Hadopi. L’aumento delle vendite di contenuti legali nel periodo di riferimento, continua lo studio, sarebbe da attribuire non alle politiche repressive ma a quelle educative. Un giudizio severo per una norma che in quattro anni è stata pressoché smantellata dopo una lunga serie di opposizioni e incidenti di percorso. IL PERCORSO – Dopo una prima versione giudicata incostituzionale nel luglio 2009, la legge entrava in vigore nel 2010 insieme al progetto che mirava ad incentivare l”uso di piattaforme di download legali grazie a sconti del 50% per i residenti francesi tra i 12 e i 25 anni tramite accordi con le case discografiche ed un impegno economico dello Stato di circa 25 milioni di euro, la legge è finita subito nell’occhio del ciclone con l’arrivo dei primi dati: se un sondaggio pubblicato dal quotidiano La Tribune nel novembre 2010 parlava di un importante effetto deterrenza, con il 53% degli utenti transalpini pronti a dichiarare di aver rinunciato allo scaricamento illegale per paura delle nuove normative, poco prima di Natale 2010 arrivavano direttamente dalla bocca del segretario generale dell’Haute Autorité importanti statistiche: sarebbero state 100mila le email spedite fino a quel momento, con un numero giornaliero che andava dalle 550 alle 4mila missive elettroniche; dunque, media di duemila al giorno, molto meno delle diecimila fissate come obiettivo al lancio della legge. Insoddisfatti sia i rappresentanti dei detentori di diritti (che stimavano in 25mila al giorno le mail da inviare) sia il governo; entrambi proponevano così all’Hadopi di implementare un meccanismo di automazione per la spedizione delle missive, meccanismo che ne avrebbe aumentato sensibilmente il numero. Nelle stesse ore arrivavano i modesti dati sull’utilizzo delle carte prepagate che il governo aveva messo a disposizione per usufruire di quello sconto del 50% sugli acquisti legali di cui si parlava poco più su. Nel luglio 2011 nuove statistiche rendevano noto che sarebbero state 18,3 milioni le infrazioni riscontrate dalle autorità transalpine e 470mila le missive spedite, anche se nessun utente risultava ancora vittima di sanzione (né multe né disconnessioni). Alla metà gennaio 2011 iniziavano comunque ad essere spedite, questa volta a mezzo posta ordinaria, le lettere contenenti il secondo avvertimento: “il vostro accesso Internet è stato di nuovo utilizzato per commettere fatti, constatati per processo verbale, che possono costituire un’infrazione penale” Tuttavia, già mesi prima il Nouvelle Observateur riferiva che l’allora presidente Nicolas Sarkozy, pur ribadendo la necessità di una legge mirata alla repressione, avesse espresso la volontà e il bisogno di rivederla e aggiustarla in qualche parte. Alla fine di aprile 2011 il presidente francese ribadiva il concetto parlando di alcuni “errori” presenti nella normativa, posizioni tuttavia smentite  quasi subito dall’Eliseo. Un nuovo rapporto arrivava ad ottobre 2011 su tutta l’attività dell’anno precedente; da esso si evinceva come fossero stati inviati 650mila primi avvisi e 40mila secondi, mentre fossero circa sessanta gli utenti a rischio disconnessione. Si notava come alla diminuzione delle violazioni a mezzo peer to peer corrispondesse un aumento del download diretto e dello streaming di circa il 35%. Alla fine di ottobre 2011 il garante per la privacy transalpino dichiarava legittime le pratiche di investigazione e notifica della Commissione speciale, ma una pesante bocciatura all’Hadopi arrivava nell’agosto 2012 per bocca del ministro della Cultura transalpina nel nuovo governo Hollande, Aurélie Filippetti, che affermava: “Una cosa è sicura, Hadopi non è riuscita nel suo obiettivo di sviluppare una distribuzione legale dei contenuti”. E annunciava una riduzione del budget per la commissione antipirateria. Nel settembre 2012, la prima “vittima” di Hadopi. Ancora, il “magro bilancio” alla fine del 2012. Nel gennaio 2013 si palesava come il passaggio per i “three strike” non fosse un obbligo di legge ma solo una possibilità per le autorità antipirateria: un giovane veniva infatti condannato a pagare una risarcimento alla federazione dei distributori cinematografici senza aver ricevuto alert in merito alla sua attività di file sharing. Nel luglio 2013 la possibilità di disconnettere gli utenti veniva definitivamente accantonata. A settembre dello scorso anno iniziava il passaggio di consegne tra la commissione Hadopi e il Consiglio superiore dell’audiovisivo transalpino.

Aver concentrato le proprie risorse nel tentativo di dissuadere con norme severe i singoli utenti da comportamenti illegali sembra essere stato il vero vulnus della norma, una occorrenza più volte ribadita, nel nostro Paese, dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nel percorso che ha portato all’approvazione del regolamento antipirateria licenziato lo scorso dicembre.
Lo stesso presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, in un’audizione di qualche giorno fa alla Camera dei Deputati ha dichiarato: “Politiche a senso unico, che guardino solo all’aspetto repressivo del fenomeno, sono destinate a fallire, come dimostra l’esperienza francese della legge Hadopì. Tale legge si è rivolta all’utente finale, mettendo in contrapposizione il consumatore rispetto al produttore, con un approccio del tutto diverso dal modello individuato dall’Agcom: il regolamento dell’Autorità, difatti, non coinvolge in alcun modo il downloading, lo streaming e il peer-to-peer”.

Foto in home page: Automation-drive.com 24 gennaio 2014

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