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Banda larga, le principali novità del decreto

L’atteso decreto fibra ottica arriva in Gazzetta ufficiale. Approvato lo scorso 15 maggio del 2014 dal Consiglio dei Ministri, il decreto del Governo intende attuare la direttiva europea 61/2014 e definisce le “Misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”.

Da un lato, vine promosso l’uso condiviso dell’infrastruttura fisica esistente, dall’altro, si consente un dispiegamento più efficiente di infrastrutture fisiche nuove, abbattendo al contempo i costi dell’installazione di tali reti. Il decreto fissa, inoltre, per le suddette finalità, requisiti minimi relativi alle opere civili e alle infrastrutture fisiche.

Il decreto stabilisce, una volta per tutte, che le infrastrutture di telecomunicazione, dai tralicci ai ripetitori, dalle stazioni radio base alle antenne, oltre alle opere per l’installazione della rete, non sono unità immobiliari e, come tali, non vanno iscritte in catasto e non soggiacciono alla fiscalità conseguente.

Viene chiarito, inoltre, secondo quanto riportato dall’Agi, che per la rete fissa vale quanto previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche che consente di applicare soltanto Cosap/Tosap (rispettivamente canone e tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche). In questo modo sono stati risolti i dubbi interpretativi sulla corretta applicazione delle norme vigenti.  Dubbi che – conclude l’Agi – avevano generato comportamenti disomogenei da parte di diversi uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate e di enti locali, con il risultato di un forte aggravio dei costi per gli operatori di rete, anche in termini di aumento di contenzioso e rallentamento delle attività di installazione.

In particolare le novità introdotte prevedono all’articolo 3 regole sull’accesso alle infrastrutture fisiche per cui ad ogni gestore o operatore viene riconosciuto “il diritto di offrire ad operatori di reti l’accesso alla propria infrastruttura fisica ai fini dell’installazione di elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”.

Di contro, si prevede una dettagliata casistica per il rifiuto dell’accesso da parte del gestore dell’infrastruttura o dell’operatore di rete nel caso in cui, ad esempio, l’infrastruttura fisica sia oggettivamente inidonea ad ospitare gli elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, oppure per l’indisponibilità stessa di spazio volta ad ospitare gli elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità.

Un’indisponibilità che può avere riguardo anche a necessità future del fornitore di infrastruttura fisica, sempre che tali evenienze siano concrete, adeguatamente dimostrate, oltre che “oggettivamente e proporzionalmente” correlate;

Altri casi in cui è previsto il rifiuto all’accesso si configurano qualora l’inserimento di elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità sia oggettivamente suscettibile di determinare o incrementare il rischio per l’incolumità, la sicurezza e la sanità pubblica, ovvero minacci l’integrità e la sicurezza delle reti, in particolare delle infrastrutture critiche nazionali o infine quando siamo disponibili, a condizioni eque e ragionevoli, mezzi alternativi di accesso all’ingrosso all’infrastruttura fisica, adatti all’alta velocità.

Un’altra rilevante novità è contemplata dall’articolo 5 secondo le cui previsioni:

“fermo restando quanto previsto dall’articolo 40 della legge 1° agosto 2002, n. 166, ogni gestore di infrastrutture fisiche e ogni operatore di rete ha il diritto di negoziare accordi per il coordinamento di opere di genio civile con operatori di rete allo scopo di installare elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità. In assenza di infrastrutture disponibili, l’installazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità è effettuata preferibilmente con tecnologie di scavo a basso impatto ambientale e secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 4-ter, del decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9”.

Una spinta notevole, dunque, a quelle tecnologie non invasive del suolo che utilizzano tecniche che riducono o annullano gli scavi a cielo aperto sia per quanto concerne l’installazione, che per la manutenzione e la sostituzione degli servizi interrati. Alle opera di genio civile in via di realizzazione o programmate vengono riconnessi precisi obblighi di trasparenza e tempistiche precise di cui agli articolo 6 e 7.

Tra le novità più attese, invece, quelle di carattere impositivo, fissate nel terzo comma dell’articolo 12:

 “L’articolo 93, comma 2, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione”.

In virtù della nuova disposizione, dunque, la tassazione deriva soltanto dalla occupazione di suolo pubblico con l’imposizione di Tosap e Cosap, ma con l’eliminazione dei canoni concessori non ricognitori che venivano stabiliti ogni anno secondo le tariffe fissate delle giunte comunali.

Infine (articolo 4): “Al fine di facilitare l’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, anche attraverso l’uso condiviso dell’infrastruttura fisica esistente ed il dispiegamento più efficiente delle infrastrutture fisiche nuove, si procede ad una mappatura delle reti di comunicazione elettronica veloci esistenti e di ogni altra infrastruttura fisica funzionale ad ospitarle, presente nel territorio nazionale”, con la nascita del Sinfi, il Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture, per il quale il Mise, entro il 30 aprile del 2016,  creerà le regole tecniche, in collaborazione con Agid e Conferenza unificata.

Positiva la reazione degli operatori. Secondo Dina Ravera, presidente Asstel, l’associazione di categoria che rappresenta le imprese della tecnologia dell’informazione esercenti servizi di telecomunicazione fissa e mobile, si tratta di una norma “attesa da tempo dagli operatori, per valorizzare gli investimenti e accelerare i lavori di copertura del territorio italiano con le reti tcl di nuova generazione, in linea con gli obiettivi stabiliti dal Governo nella strategia sulla banda ultralarga”. “Un atto legislativo fondamentale – aggiunge – che, assimilando in modo inequivocabile le infrastrutture di telecomunicazione a opere di urbanizzazione primaria, riconosce finalmente il valore di pubblica utilità alle reti a banda larga e ultra larga, fisse e mobili”.

“L’infrastrutturazione digitale del Paese –  conclude Ravera – viene sottratta alla possibilità di essere gravata di oneri e balzelli locali non dovuti, mentre vengono semplificate sostanzialmente le procedure burocratiche per la sua realizzazione”.

14 marzo 2016

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