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Antitrust sanziona Roche e Novartis per l’intesa restrittiva nel mercato dei farmaci biotecnologici: nota al provvedimento del 27/02/2014

di Martina Provenzano  Abstract: nella nota che segue si dà conto delle motivazioni corredate al provvedimento emanato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, volto a sanzionare le società farmaceutiche Roche e Novartis per l’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza posta in essere nel mercato dei farmaci biotecnologici. A margine del commento, vengono brevemente sviluppate alcune considerazioni critiche, descrivendo il processo di riforma in atto, tanto sul piano legislativo che su quello giurisprudenziale, nell’ambito dell’impiego off-label dei farmaci.  Il 27 febbraio 2014 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha irrogato le società farmaceutiche capogruppo Roche e Novartis, con oltre 180 milioni di euro, per aver posto in essere un’intesa (orizzontale) restrittiva della concorrenza nel mercato dei farmaci biotecnologici, impiegati per la cura delle patologie della vista, e per aver procurato un danno ingente al Sistema Sanitario Nazionale italiano (SSN). A conclusione del procedimento avviato dall’AGCM, in contraddittorio tra le parti e gli altri soggetti intervenuti, infatti, è emerso che le due società farmaceutiche si erano previamente accordate per ostacolare il commercio del farmaco Avastin, usato off-label per curare le stesse patologie curate dal farmaco clone [1] Lucentis, quest’ultimo usato on-label e molto più costoso. In breve, si dice che un farmaco viene usato on-label quando vengono rispettate le indicazioni terapeutiche e le modalità di somministrazione riportate nel riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP). Viceversa, si dice che un farmaco viene usato off-label quando viene impiegato per una diversa indicazione terapeutica, per un diverso dosaggio, o per un diverso gruppo di pazienti riportati in RCP e diversi da quelli per cui il farmaco ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). In ambito europeo, la disposizione normativa di riferimento è l’art. 5, comma 1, direttiva 2001/83/CE; in Italia, la legislazione è molto più complessa e, in definitiva, si rimette al libero convincimento del medico curante purché dell’impiego off-label di quel farmaco sia stato dato atto nella letteratura scientifica. A tutt’oggi tale pratica risulta fortemente disincentivata dall’entrata in vigore della L. n. 189/2012 che, mentre da un lato esclude la responsabilità penale per colpa lieve del medico che si attiene a linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, dall’altro lato ha introdotto un criterio di responsabilità civile di tipo extracontrattuale per le decisioni terapeutiche prese quando le informazioni sulla sicurezza delle terapie risultano controverse (come nell’impiego del farmaco off-label). Invero, dal carteggio raccolto nel corso della fase istruttoria, è emerso che Roche, in qualità di “Marketing Authorization Holder” (MAH) del farmaco Aventis, tra il 2007 e il 2011 abbia posto in essere numerose attività volte ad ottenere da varie autorità di vigilanza avvertenze e limitazioni sull’uso off-label di Avastin. Secondo l’AGCM, alla base di queste attività vi era l’accordo, concluso tra Novartis e Roche, di sviluppo e commercializzazione esclusiva del farmaco Lucentis, che riconosceva i diritti commerciali esclusivi sullo stesso farmaco al di fuori degli Stati Uniti, dietro pagamento di un importo fisso e di royalties in favore di Roche. Novartis, dopo aver ottenuto dall’European Medicine Agency (EMA) l’AIC nell’Unione europea, aveva anche ottenuto dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) la collocazione del Lucentis nella classe farmacologica H/OSP1. La conseguenza è stata quella di declassare l’Avastin, impiegato off-label, in favore del Lucentis: quest’ultimo, costituendo una “valida alternativa terapeutica” on-label, ai sensi del L. n. 648/1996, ha ottenuto la rimborsabilità da parte del SSN. Come noto, per intese restrittive della concorrenza si intendono tutti quei comportamenti delle imprese che, invece di competere tra loro, si accordano per impedire, restringere o falsare la concorrenza (ad es. fissando congiuntamente i prezzi, spartendosi i mercati, sottoscrivendo accordi distributivi in esclusiva). Le intese restrittive sono dunque vietate dall’art. 101 TFUE  e, in Italia dall’art. 2, L. 287/1990,  in quanto idonee a pregiudicare il libero commercio tra gli Stati membri o all’interno del territorio di uno Stato membro, avuto riguardo al contesto economico e giuridico, ossia al mercato rilevante. La ratio del divieto si colloca nella necessità di raggiungere gli obiettivi del mercato unico europeo, il quale potrebbe essere pregiudicato da un’influenza diretta, indiretta, attuale o potenziale sulle correnti di scambio tra Stati membri. Analogamente, allorché le pratiche restrittive siano attuate all’interno del territorio di un solo Stato membro, la compartimentazione del mercato che ne deriva si ritiene in grado di ostacolare di per sé l’integrazione economica voluta invece dai Trattati dell’Unione europea. Ebbene, nel caso in commento, l’AGCM sembra aver tenuto conto dei seguenti elementi: a) in primo luogo, del fatto che i farmaci Avastin e Lucentis coprissero l’intero mercato rilevante dei farmaci biotecnologici impiegati per la cura delle patologie della vista; b) in secondo luogo, del fatto che Novartis non dovesse temere la concorrenza dell’Avastin grazie all’accordo di sviluppo e commercializzazione concluso con Roche; c) in terzo luogo, del fatto che quest’ultima trovasse maggior convenienza a mantenere i profitti derivanti dalle royalties piuttosto che dalla registrazione dell’Avastin come farmaco on-label. Secondo l’AGCM, dunque, le due società avrebbero posto in essere un vero e proprio piano di “differenziazione” dei due farmaci, per evidenziare in maniera artificiosa profili di specifica pericolosità dell’uso off-label di Avastin; attività di condizionamento informativo funzionali a sostenere l’intesa restrittiva della concorrenza nel mercato dei farmaci biotecnologici per la cura di patologie visive. In definitiva, a conclusione del procedimento, risulta che l’intesa orizzontale restrittiva abbia consentito la massimizzazione dei profitti di entrambe le società e abbia profondamente alterato i meccanismi della domanda, limitando la libertà di scelta dei consumatori e dei medici. Gli effetti che ne sono derivati si sono ripercossi sul SSN e sul Sistema Sanitario Regionale (SSR), stando alla necessità di riprogrammare le risorse finanziarie da destinare all’acquisto del farmaco più costoso, nonché su tutti i pazienti che hanno concretamente subito una limitazione nell’accesso alle cure. A margine di questo commento si ritengono opportune alcune osservazioni critiche. Come si è avuto modo di accennare, le disposizioni normative attualmente vigenti in Italia e volte a regolare l’impiego di farmaci off-label sono assai complesse e limitanti. Tuttavia, le motivazioni corredate al provvedimento sanzionatorio de quo sembrano quasi proiettare un percorso di riforma tale per cui si agevoli l’impiego di farmaci off-label, almeno quando tale farmaco sia stato giudicato omologo o equivalente rispetto ad altro farmaco impiegato on-label, e quest’ultimo sia notevolmente più costoso. In questa direzione dovrebbe essere superata anche la preclusione legislativa agli enti pubblici di richiedere l’autorizzazione all’uso nel sistema sanitario per lo stesso farmaco fino a quel momento impiegato off-label. Così facendo, infatti, si supererebbe l’eventuale inerzia del MAH che, per ragioni evidentemente legate a logiche di profitto aziendale, non si attivi per l’ottenimento dell’AIC per il proprio prodotto farmaceutico. L’ipotesi di un avvio di un processo di riforma in materia sembra essere suffragata dalla notizia che il 15 marzo scorso l’attuale Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge contenente “norme per favorire l’impiego di farmaci off-label meno onerosi per il Sistema sanitario nazionale ma altrettanto efficaci dal punto di vista farmaceutico”. Invero, si segnala che le osservazioni di cui sopra corrispondono alle eccezioni di incostituzionalità sollevate dal T.A.R. Emilia-Romagna nell’ordinanza n. 378/2012, con la quale il giudice amministrativo ha investito la Corte Costituzionale della questione di legittimità dell’art. 1, comma, 4, D.L. n. 536/1996, dell’art. 3, D.L. n. 23/1998 e dell’art. 2, commi 348 e 349, L. n. 244/2007, per la parte in cui tali disposizioni impediscono l’uso off-label di farmaci meno costosi di un farmaco autorizzatorio on-label (nonostante la comprovata equivalenza), nonché dell’art. 8, D. Lgs. n. 219/2006, per la parte in cui non consente agli enti pubblici di presentare la richiesta per l’autorizzazione all’uso nel sistema sanitario (consentendo una maggiore sostenibilità economica e, quindi, l’effettività delle cure). La soluzione di tali interrogativi, dunque, viene lasciata alla decisione della Corte Costituzionale, la cui pronuncia sembrerebbe attesa per la fine del 2014, nella speranza che il decisum della Corte non si discosti dalle misure legislative prese in questi giorni. Nel frattempo, il procedimento sanzionatorio dell’AGCM ha prodotto ulteriori conseguenze: è notizia recente che la Procura della Repubblica stia indagando sugli amministratori e i dirigenti di Roche e Novartis coinvolti nell’intesa restrittiva. I reati contestati sarebbero: associazione a delinquere, corruzione, truffa ai danni dello Stato, aggiotaggio e disastro doloso. Note: [1]  In particolare lo statunitense National Eye Institute, facente parte dei National Institutes of Health, ha lanciato un ampio studio comparativo (c.d. studio CATT) di Avastin e Lucentis, i cui risultati hanno confermato sia nel 2011 che nel 2012 l’equivalenza dei due farmaci per la cura della DMS. Analoghi risultati sono stati ottenuti anche da un altro studio comparativo, commissionato da due strutture del sistema sanitario inglese, il National Institute for Health Research e il Health Technology Assessment Programme, pubblicato nel 2012 (c.d. studio IVAN). Immagine in home page: Vivilascuola.studenti.it 20 marzo 2014

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