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Antiterrorismo, il Garante privacy: “Seria preoccupazione per gli emendamenti”. Quintarelli (Sc): “Svista rilevante nel provvedimento”. Il Prof. Gambino: “Necessità repressione reati non frustri diritti fondamentali” – Update: stralciato l’emendamento su

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“Suscitano seria preoccupazione alcuni emendamenti al decreto-legge antiterrorismo approvati in Commissione, che alterano il necessario equilibrio tra privacy e sicurezza”. Non usa mezzi termini Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, nell’esprimere le sue perplessità sulle ultime tappe del percorso parlamentare del decreto legge n. 7/2015. “In particolare – spiega il Garante – l’emendamento che porta a 2 anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (ora di un anno e, rispettivamente, di un mese) va nel senso esattamente opposto a quello indicato dalla Corte di giustizia l’8 aprile scorso. La sentenza ha infatti annullato la direttiva sulla data retention in ragione della natura indiscriminata della misura (applicabile a ciascun cittadino, senza distinzione tra i vari reati e le varie tipologie di comunicazioni tracciate). In quella sede, la Corte ha ribadito la centralità del principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza; proporzionalità che esige un’adeguata differenziazione in base al tipo di reato, alle esigenze investigative, al tipo di dato e di mezzo di comunicazione utilizzato. Queste, dunque, come abbiamo già sottolineato in sede di audizione, in Commissione, sul decreto, le indicazioni ineludibili per riformare la disciplina interna attuativa di quella direttiva; non quelle, di segno opposto, proposte all’Aula dalla Commissione”. Soro si sofferma poi su un altro punto a suo dire critico, quello riguardante “l’emendamento che ammette le intercettazioni preventive, disposte dall’autorità di pubblica sicurezza nei confronti di meri sospettati, per i reati genericamente commessi on-line o comunque con strumenti informatici. Anche in tal caso l’equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività”. Sul tema delle intercettazioni di strumenti informatici è intervenuto nelle scorse ore anche il deputato di Scelta Civica Stefano Quintarelli, che sul suo blog parla di “svista rilevante nel provvedimento che modifica il codice di procedura penale così: All’articolo 266-bis, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «è consentita l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi», sono aggiunte le seguenti: anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico. Con questo emendamento – afferma Quintarelli – l’Italia diventa, per quanto a me noto, il primo paese europeo che rende esplicitamente ed in via generalizzata legale e autorizzato la remote computer searches e l’utilizzo di captatori occulti da parte dello Stato. Il fatto grave è che questo non lo fa in relazione a specifici reati di matrice terroristica (come fa pensare il provvedimento), ma per tutti i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche (art.266 bis). “Con questo – chiosa infine Quintarelli – non dico che i captatori siano sempre da vietare, ma il loro utilizzo deve esser regolato in modo se possibile ancora più stringente di quello delle intercettazioni: pena la violazione di principi costituzionali oggi più che mai fondamentali (artt.13/15 Cost)”. Update – Il Prof. Alberto Gambino, presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet e direttore scientifico di Dimt, ha dichiarato a Repubblica.it che “la prospettiva di affidare allo Stato l’acquisizione dei dati stessi ai fini della repressione dei reati che possono essere perpetrati attraverso mezzi tecnologici non può frustrare i diritti fondamentali della persona umana e pertanto deve essere affidato alla magistratura il compito di valutare caso per caso l’opportunità di limitare le libertà individuali”. “Con riferimento al decreto n. 7/2015 e ad alcuni emendamenti approvati in Commissione – spiega il Prof. Gambino – occorre riaffermare la necessità di raggiungere quell’equo contemperamento che risulta essere non solo imprescindibile ma molto delicato, avuto riguardo al rango degli interessi in gioco: tutti di livello costituzionale, ognuno tutelato da diverse fonti nazionali e sovranazionali. In particolare si rileva quale criticità il profilo della conservazione dei dati di traffico telematico. Se infatti, da un lato, si pone la prospettiva di affidare allo Stato l’acquisizione dei dati stessi ai fini della repressione dei reati (non solo quelli legati al terrorismo ma a tutto quel complesso di condotte criminose che possano essere perpetrate attraverso mezzi tecnologici), dall’altra, si affida agli operatori un compito che appare problematico se confrontato con il recente orientamento della Corte di Giustizia Europea (nella cosiddetta sentenza Data Retention dell’8 aprile 2014), tanto da non potersi escludere la possibilità che venga aperta nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea. Si condivide piuttosto l’opportunità di individuare degli strumenti, anche tecnologici, che permettano di assicurare la repressione dei reati senza frustrare i diritti fondamentali della persona umana affidando alla magistratura il compito di valutare caso per caso l’opportunità di limitare le libertà individuali, così come del resto era emerso nel corso del recente convegno organizzato dall’Accademia svoltosi in Cassazione a febbraio”. Update 26 marzo 2015 – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha chiesto e ottenuto lo stralcio dell’emendamento segnalato da Quintarelli. “Meritano apprezzamento le modifiche apportate questa mattina, in Commissione, al decreto anti-terrorismo”, è il commento del Garante privacy Antonello Soro. “Lo stralcio della norma sulle intercettazioni da remoto consentirà un supplemento di riflessione, quanto mai necessario quando sono in gioco libertà e diritti fondamentali. E bene anche le correzioni apportate alla norma che estendeva a regime, in misura eccessiva e non selettiva rispetto al tipo di reato, i tempi di conservazione dei dati di traffico.  Dimostra, infine, di cogliere alcuni dei nostri rilievi, la limitazione delle nuove ipotesi di ammissibilità delle intercettazioni preventive ai soli reati di terrorismo, per evitare un’estensione eccessiva e probabilmente neppure utile di strumenti investigativi così invasivi”.

Cybersecurity e antiterrorismo: la tutela dei cittadini oltre gli strumenti normativi. Report e video del convegno dell’11 febbraio 2015 in Cassazione 11-450x150

Il testo integrale del decreto legge n. 7/2015 25 marzo 2015

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