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Icann, verso la governance globale di internet

Internet si avvia a una nuova fase: la sua supervisione tecnica non sarà più in capo agli Stati Uniti, ma diventerà globale. È questo il cuore della proposta che l’Icann, il regolatore globale della rete responsabile della convalida dei nomi dei domini web, ha approvato in chiusura del 55/mo meeting a Casablanca, in Marocco, consegnandola agli Usa. Una volta approvata dal Governo americano, la proposta diventerà operativa a fine settembre, chiudendo un lungo processo di “decentramento” delle funzioni legate alla rete avviato nel ’98, anno in cui il Congresso degli Stati Uniti – temendo che Icann potesse diventare ostaggio di governi totalitari e repressivi con il rischio di mettere a repentaglio la libertà di Internet – decise di rinviare la “privatizzazione” della rete. Il momento di svolta è avvenuto nel 2014, con l’annuncio del Governo degli Stati Uniti di essere pronto ad abbandonare il suo ruolo centrale nell’assegnazione dei nomi e dei domini su internet in favore di una governance globale della rete. Il documento approvato in Marocco prevede il trasferimento alla comunità mondiale di Internet di alcune funzioni dell’Icann controllata finora dalla “National Communication Administration” americana. Il passaggio è conosciuto come “Transizione Iana”, l’originaria autorità preposta all’assegnazione dei domini internet. Il piano – frutto di due anni di lavori – punta a mantenere la governance di internet sotto un modello “multi-stakeholder” per evitare che il controllo della rete possa venire assunto da singoli enti governativi. La vicenda del cambio della governance di Internet è stata anche dibattuta durante le primarie per la scelta dei candidati alla Casa Bianca. Il repubblicano  Ted Cruz (esponente di punta del partito che controlla il Congresso Usa), insieme ad altri due altri importanti senatori, ha espresso serie preoccupazioni sulle intenzioni dell’ Icann, sostenendo che abbia collegamenti con la Cina. L’Icann vorrebbe approvare il registro dei domini Internet di Pechino, una mossa che,  secondo il senatore ultraconservatore, è indice della volontà di creare strette relazioni con il regime cinese. E a spaventare il Congresso americano – scrive il Financial Times – non ci sono soltanto la Cina e e la Russia, ma anche l’Argentina, il Brasile e la Francia. 17 marzo 2016

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