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Intelligenza artificiale e big data, le armi contro il COVID-19

Uno dei problemi più grandi per la diagnosi del virus è che, attualmente (ma anche in precedenza), vengono verificati solo i sintomatici o chi è o stato a stretto contatto con un contagiato. Le analisi invece dicono che sarebbe fondamentale verificare la positività su tutta la popolazione. Questo soprattutto nei giorni precedenti alle stringenti misure del governo. Gli asintomatici infatti sono (e sono stati) la maggiore causa di diffusione (inconsapevole) del virus.

Proprio per limitare questo problema, sono state lanciate delle soluzioni in grado di rilevare la positività al contagio rilevandola da esami di routine o specialistici a cui ogni giorno si sottopongono normalmente migliaia di pazienti, come TAC, ecografie o semplici esami del sangue.

Su questo è già in fase operativa la soluzione di Infervision, in ben 45 ospedali cinesi, che analizza gli esami basati su imaging (come TAC ed Eco), così come anche il colosso cinese dell’e-commerce Alibaba ha realizzato un sistema di diagnosi basato sull’intelligenza artificiale applicata all’imaging, che secondo i primi studi, ha un livello di accuratezza di ben il 96% nella diagnosi del virus e in pochissimi secondi.

I robot non sono sensibili al virus, quindi vengono impiegati per eseguire o completare molte attività come la pulizia, la sterilizzazione o la consegna di cibo e medicine per ridurre le interazioni tra il personale sanitario e le persone infette. Purtroppo, molti sanitari e soprattutto gli infermieri sono soggetti ad un altissimo tasso di contagio, nonostante le protezioni e le precauzioni che adottano.

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