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L’emergenza COVID-19: quale ruolo per il civilista?

Di Claudio Scognamiglio

Nelle poche settimane che sono trascorse dal dispiegarsi in tutta la sua drammaticità dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del contagio da Covid-19 sono già numerosi gli interventi che hanno riflettuto sull’impatto di essa sul diritto civile, ed in particolare sul diritto dei contratti e delle obbligazioni: per quanto concerne quelli pubblicati su questa Rivista, nel solco efficacemente tracciato dall’editoriale di Fabrizio di Marzio del 12 marzo 2020 (Comunità. Affrontiamo la nostra prova), si sono inseriti da diversi angoli visuali, e con l’attenzione calibrata su questioni di volta in volta diverse, gli editoriali di Francesco Macario, (Per un diritto dei contratti più solidale in epoca di coronavirus, 17 marzo 2020), di Antonio De Mauro (Pandemia e contratto: spunti di riflessione in tema di impossibilità sopravvenuta della prestazione, 27 marzo 2020), di Vincenzo Cuffaro (Le locazioni commerciali e gli effetti giuridici dell’epidemia, 31 marzo 2020), di Alberto Maria Benedetti (Il ‘rapporto’ obbligatorio al tempo dell’isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione?3 aprile 2020), di Raffaele Di Raimo (Le discontinuità che seguono i grandi traumi: pensando al credito (e al debito), mentre la notte è ancora fonda, 9 aprile 2020)  e di Daniele Maffeis (Problemi nei contratti nell’emergenza epidemiologica da coronavirus, 10 aprile 2020) oltre che gli approfondimenti di Stefano Verzoni (Gli effetti, sui contratti in corso, dell’emergenza sanitaria legata al Covid 19, 25 marzo 2020) e di Fulvio Gigliotti (Considerazioni in tema di impossibilità sopravvenuta, per emergenza epidemiologica, di prestazioni dello spettacolo e assimilate, 1° aprile 2020).

Le coordinate del dibattito sono, dunque, già state impostate, secondo un registro che, muovendo dalla consapevolezza dell’eccezionalità assoluta del momento che ormai tutto il mondo sta vivendo, si interroga sull’individuazione degli strumenti per mezzo dei quali si possa (tentare di) fronteggiarlo quanto alla sua incidenza sull’esecuzione dei rapporti contrattuali e, più in generale, sull’attuazione dei rapporti obbligatori. In questa prospettiva, il richiamo forte e suggestivo, contenuto nell’editoriale di Fabrizio di Marzio, all’idea di comunità come impegno e munus comune, ha trovato subito sviluppo nella appassionata argomentazione di Francesco Macario, intesa a prefigurare «un’evoluzione solidale del sistema in termini di effettività» da realizzare attraverso il contributo di tutti i formanti dell’esperienza giuridica: legislatore, giurisprudenza, dottrina. Ed il principio, o senz’altro il valore, della solidarietà sono evocati pure negli altri contributi dei quali si è fatto cenno anche poc’anzi, ipotizzandosi una rilettura in chiave solidaristica dello stesso concetto di impossibilità sopravvenuta della prestazione (questo è uno degli snodi del pensiero di De Mauro) ovvero, attraverso le possibilità applicative della clausola generale di buona fede, sia nel senso della apertura verso meccanismi di rinegoziazione delle pattuizioni contrattuali  anche in materia di contratti di locazione di immobili ad uso commerciale (è l’approdo del contributo di Cuffaro), sia come criterio di verifica della possibile inefficacia dell’atto di esercizio stragiudiziale del diritto durante il periodo di sospensione dell’attività dei tribunali, nella misura in cui questa circostanza privi il destinatario dell’iniziativa stragiudiziale altrui di contestarla in sede giudiziale (si tratta di uno degli spunti dello scritto di Maffeis).

Sembra allora che si possa dire, a voler individuare un comune denominatore delle prime riflessioni sull’impatto della pandemia sul diritto dei contratti, che tutte si indirizzino verso una riaffermazione della centralità della regola di buona fede come clausola generale in grado di affidare al giudice una tecnica di governo delle vicende contenziose che dovessero essere originate, e che con ogni probabilità in effetti lo saranno, dalle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria: conseguenze verosimilmente collocate in una dimensione temporale di portata assai più estesa – in un certo senso, bisogna naturalmente sperarlo – di quella che risulterà propria delle conseguenze sanitarie in quanto tali. E questa chiave di lettura della letteratura che si sta formando in argomento risulta confermata anche dal contributo di chi, nel quadro di un’analisi di uno dei primi interventi del legislatore dell’emergenza (l’art. 91 d.l. n. 18 del 2020, laddove esso introduce un co. 6 – bis all’art. 3 d.l. n. 6 del 2020) ne sottolinea la ratio di favorire, pure evitando automatismi eccessivi, l’adattamento all’emergenza del rapporto obbligatorio, così da farne il luogo nel quale, in una situazione drammatica, «i doveri di solidarietà devono prevalere su ogni altro interesse» (la citazione è tratta dallo scritto di Benedetti).

Il richiamo alla solidarietà (che costituisce, com’è noto, il termine di riferimento più significativo sul versante costituzionale, della regola di buona fede) ha rappresentato, del resto, in queste settimane, una costante anche del discorso degli studiosi che hanno riflettuto circa l’impatto della normazione dettata dall’emergenza sulla tutela delle libertà individuali, da un lato, sottolineando che il modello sotteso agli interventi normativi ha rispecchiato «uno stile etico ed un modo di intendere l’interesse nazionale che fanno leva, in ultima analisi, sul principio di solidarietà» (così Massa Pinto, La tremendissima lezione del Covid 19 (anche) ai giuristi, in Questione giustizia, 18 marzo 2020) e, dall’altro, auspicando che dalla tragedia della pandemia si possa uscire «riscoprendo le ragioni della solidarietà e del vivere assieme» (così Azzariti, I limiti costituzionali della situazione d’emergenza provocata dal Covid 19, in Questione giustizia, 27 marzo 2020); mentre pure la riflessione culturale sul dramma del tempo presente, anche a non volersi soffermare in questa sede sul monito religioso che ci avverte che “nessuno si salva da solo”, pone al centro il valore della solidarietà, la cui mancanza si rivela, qui ed ora, «prima di tutto come un difetto di informazione» (Giordano, Nel contagio, Torino, 2020).

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