Massimo Proto, Ordinario di Diritto privato, è di ruolo presso l’Università degli Studi Link…
Corte di Giustizia: ampiezza del ricorso alle informazioni sull’origine e sulle reti di distribuzione di merci/servizi suscettibili di costituire violazione di un diritto di proprietà intellettuale
(via www.medialaws.eu) di Alessia Di Mauro 1. Introduzione Con la sentenza del 18 gennaio 2017 (C-472/15) la Corte di Giustizia si è pronunciata in via pregiudiziale sulla domanda proposta dai giudici della Suprema Corte della Repubblica Ceca, relativa all’interpretazione dell’art. 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/08/CE [1], riguardante (l’ampiezza del) diritto d’informazione nell’ambito della tutela della proprietà intellettuale.
La Corte di Giustizia ha statuito che “L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, deve essere interpretato nel senso che esso si applica ad una situazione nella quale, dopo la conclusione definitiva di un procedimento con cui è stata dichiarata sussistente una violazione del diritto di proprietà intellettuale, la parte attrice richieda, in un procedimento separato, informazioni sull’origine delle reti di distribuzione di merci o di servizi con cui è violato tale diritto[2]”.
Nella sua decisione la Corte ha preso in considerazione le seguenti previsioni:
(1) Considerando 10 e Articoli 8 e 9 della Direttiva 2004/48/CE (“Direttiva Enforcement”)
– L’obiettivo della direttiva è armonizzare le legislazioni degli stati membri in materia di proprietà intellettuale al fine di garantire un livello “equivalente e omogeneo di protezione della proprietà intellettuale”;
– a richiesta del titolare del diritto di proprietà intellettuale le autorità giudiziarie possono ordinare a qualsiasi soggetto coinvolto di fornire le informazioni sull’origine e sulle reti di distribuzione di merci/servizi suscettibili di costituire violazione del suddetto diritto, qualora il soggetto: (i) sia stato trovato in possesso di merci oggetto di violazione di un diritto su scala commerciale; (ii) sia stato sorpreso a utilizzare servizi oggetto di violazione di un diritto su scala commerciale, (iii) sia stata sorpresa a fornire su scala commerciale servizi utilizzati in attività di violazione di un diritto; (iv) sia stata segnalata come implicato nella produzione, fabbricazione o distribuzione di tali merci o nella fornitura di tali servizi;
– le autorità giudiziarie possono emettere, su richiesta dell’attore, nei confronti del presunto autore della violazione, un’ingiunzione interlocutoria volta a (i) prevenire la violazione di un diritto di proprietà intellettuale, (ii) inibire il proseguimento della violazione di un diritto di proprietà intellettuale, (iii) costituire garanzie finalizzate ad assicurare il risarcimento del titolare del diritto.
(2) Articolo 3, paragrafo 1 del zàkon c. 221/2006 (i.e. la normativa nazionale ceca rilevante)
– prevede la possibilità di far valere il diritto di ricevere informazioni relative ad una violazione mediante richiesta al giudice nel procedimento riguardante la violazione del diritto, salvo la possibilità di rigetto da parte del giudice nel caso in cui non vi sia una gravità delle minacce o delle violazioni del diritto.
2. La fattispecie
La società New Wave CZ, a.s. (di seguito “New Wave”) ha instaurato un procedimento nei confronti della società Alltoys spol. s.r. (di seguito “Alltoys”) che aveva utilizzato nell’ambito della propria attività commerciale il marchio “MegaBabe” (di seguito il “Marchio”) di proprietà della New Wave, senza il suo consenso. Il Giudice nazionale ceco ha accertato la violazione del diritto di proprietà intellettuale da parte della Alltoys.
Successivamente, a conclusione di tale procedimento relativo all’accertamento della contraffazione del Marchio, la New Wave ha presentato altra istanza allo scopo di richiedere le informazioni relative all’origine e ai canali di distribuzione dei prodotti riportanti il Marchio oggetto della violazione. Tale istanza è stata rigettata dal Giudice adito, il quale ha ritenuto non applicabile la disciplina nazionale ceca in tema di diritto d’informazione, poiché la richiesta di informazioni è stata presentata ad un Giudice differente da quello a cui si è richiesto l’accertamento della violazione del diritto sul Marchio.
La New Wave ha proposto appello nei confronti di tale rigetto, il cui esito ha ribaltato quello di primo grado ordinando alla Alltoys di comunicare alla titolare del diritto le informazioni da questa richieste. Il Giudice di secondo grado ha interpretato l’Art. 3 della legge ceca sull’esercizio dei diritti di proprietà industriale alla luce del contenuto della norma dell’Art. 8 della Direttiva Enforcement ritenendo che “un procedimento relativo alla fornitura di informazioni che non sono comunicate volontariamente è un procedimento riguardante una violazione di un diritto”.
Adita la Corte Suprema della Repubblica Ceca, i Giudici hanno rilevato che stante il recepimento della legge nazionale della Direttiva Enforcement, sussistono delle “divergenze” tra le due normative, nazionale e comunitaria. Tale divergenza si rinviene nel dato letterale: da un lato l’Art. 3 della legge nazionale ceca n. 221/2006 prevede la possibilità di ottenere informazioni proponendo una domanda “nel procedimento riguardante la violazione del diritto”, dall’altro l’Art. 8, prf. 1, della Direttiva Enforcement (nella sua versione in lingua ceca) è previsto l’obbligo per gli Stati membri di garantire la possibilità di ottenere informazioni “in relazione a un procedimento riguardante la violazione di un diritto di proprietà intellettuale”[3].
La Corte Suprema ceca ha rinviato allora alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’Art. 8 della Direttiva Enforcement, chiedendo se tale articolo debba essere interpretato nel senso che si applica ad una situazione in cui, dopo la conclusione definitiva del procedimento con cui è stata dichiarata sussistente una violazione del diritto di proprietà intellettuale, la parte attrice richieda, in un procedimento separato, informazioni sull’origine e le reti di distribuzione delle merci o dei servizi con cui è violato tale diritto.
3. La decisione della Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia, interrogata in via pregiudiziale, ha ritenuto che il concetto di diritto d’informazione ai sensi dell’Articolo 8 della Direttiva Enforcement includa il diritto di ottenere informazioni in altro procedimento separato a fronte della conclusione di un procedimento principale che abbia dichiarato sussistente una violazione della proprietà intellettuale. In particolare, il ragionamento della Corte muove i passi da alcune considerazioni essenziali:
(a) il contesto europeo e la necessità di garantire un alto livello di protezione;
(b) il “problema della lingua” e il dato letterale;
(c) la tutela (effettiva) della proprietà intellettuale quale diritto fondamentale;
(a) Secondo la Corte uno degli obiettivi del diritto comunitario è quello di individuare dei paletti che rappresentino un comune denominatore tra gli Stati membri. Ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto del dato letterale, ma anche del contesto all’interno del quale è inserita una norma e degli obiettivi che la norma intende perseguire. Il considerando 10 della Direttiva Enforcement è faro d’interpretazione, poiché l’obiettivo della Direttiva Enforcement è quello di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri, per assicurare effettività della tutela e presenza dei mezzi mediante i quali attuarla e per garantire un elevato ed omogeneo livello di tutela in materia di diritti di proprietà intellettuale in tutti gli Stati membri
(b) La Corte rileva come l’Articolo 8 della Direttiva Enforcement abbia una portata differente in base alla traduzione linguistica considerata. Infatti, alcune versioni, come quella lingua francese («dans le cadre d’une action»), utilizzano espressioni che potrebbero essere interpretate come aventi un ambito di applicazione più ristretto rispetto a quelle impiegate in altre versioni linguistiche, come ad esempio le versioni in lingua ceca e inglese («in the context of proceedings»). Inoltre, è corretto quanto rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni presentate alla Corte: in nessuna versione risulta che l’attore debba far valere il diritto d’informazione nell’ambito di un unico procedimento diretto alla constatazione di una violazione di un diritto di proprietà intellettuale.
Oltre a questo indice letterale, la Corte si sofferma anche sul requisito soggettivo per attuare la tutela; soggetto destinatario dell’obbligo di fornire informazioni non è esclusivamente il soggetto che ha commesso la violazione del diritto di proprietà intellettuale, ma anche “ogni altra persona” indicata alle lettere da a) a d) dell’Art. 8, prf. 1 della Direttiva Enforcement e la Direttiva non specifica se anche questi soggetti debbano essere coinvolti nel procedimento volto all’accertamento della contraffazione.
(c) La Corte sottolinea inoltre che il diritto d’informazione previsto all’Articolo 8 della Direttiva Enforcement sia espressione di un più ampio diritto, quello in base al quale ogni individuo ha diritto a un ricorso effettivo alla tutela giurisdizionale (Art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), diritto declinato all’Art. 17, prf. 2, della medesima Carta dei diritti anche con riferimento alla tutela della proprietà intellettuale.
4. Considerazioni
Non sono una novità le difficoltà connesse al multilinguismo dell’Unione europea e alle conseguenze (non solo) giuridiche che ne derivano. Da sempre il ruolo della Corte di Giustizia è stato di primaria importanza per dirimere tali criticità e fornire delle linee guida interpretative. Nel caso di specie è emerso come il raffronto tra diversi testi – rectius la traduzione degli atti legislativi comunitari, possa evidenziare diversità o conflitti interpretativi delle norme che possano poi minare la certezza del diritto. I passaggi più importanti della sentenza che hanno portato alla decisione della Corte di Giustizia, ampiamente condivisibile in base al ragionamento logico-giuridico effettuato, ricalcano l’orientamento costante della giurisprudenza nel considerare, ai fini di una corretta interpretazione, l’obiettivo della normativa in questione, il dato letterale sì ma tenendo conto del contesto all’interno del quale si pone.
[1] Direttiva 2004/08/CE del Parlamento e del Consiglio, del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, G.U. 30.04.2004, L 157, pag. 45
[2] Massima redazionale, 2017, Corte giustizia Unione Europea Sez. IX, 18012017, n. 427/15 NEW WAVE CZ a.s. c ALLTOYS spol s.r.o
[3] Il giudice rileva altresì differenze tra le varie versioni linguistiche della direttiva 2004/48