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Data Retention a sei anni, dubbi e scenari dopo il via libera del Parlamento

È da oggi legge, dopo il disco verde definitivo della Camera dei Deputati, la norma che impone agli operatori di telecomunicazioni di conservare i dati (non le conversazioni) dei tabulati telefonici e del traffico su internet per sei anni e non più per due.
Il provvedimento è contenuto nell’articolo 24 delle ‘Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2017’.

Il termine dei 72 mesi è stato introdotto con un emendamento presentato da Walter Verini (Pd), che dice: “Dalle audizioni parlamentari la Procura nazionale antiterrorismo ha suggerito alla politica uno strumento ulteriore per prevenire e contrastare il terrorismo, questo è proprio una conservazione più a lungo termine dei dati del traffico telefonico e telematico”. Il tema divide addetti ai lavori ed esperti di privacy.

L’ANALISI DI ATERNO
“La Camera”, ha detto a Cyber Affairs Stefano Aterno, avvocato, cassazionista e docente di diritto delle nuove tecnologie, “ha approvato in via definitiva la legge comunitaria all’interno della quale, tra le altre cose, all’art. 24, è previsto anche l’aumento del tempo di conservazione dei dati di traffico eccedenti i termini già previsti dall’art. 132 del codice privacy. La norma è inserita nella direttiva (Ue) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017 sulla lotta contro il terrorismo. L’art. 24 prevede l’obbligo di conservare per 72 mesi (ben 6 anni) i dati di traffico telefonico, telematico e le chiamate senza risposta. Quindi ben oltre gli attuali 24 mesi previsti dall’art. 132 del Codice privacy. Il 30 giugno 2017 i dati conservati in virtù del Dl Antiterrorismo dell’aprile del 2015 (dal 2013 in avanti) sono stati cancellati dai gestori di traffico, perché nessuno ha prorogato il termine di scadenza. Oggi si chiede di conservare i dati dal novembre 2015 fino al novembre 2023. Se da una parte è vero che la mancata conservazione dei dati, soprattutto per alcuni reati, determina una perdita di capacità investigativa preziosa soprattutto nella fase iniziale delle indagini, e se è vero che oggi c’è una forte emergenza terrorismo, è però anche vero che non si comprende come mai la proroga dei termini di conservazione non sia avvenuta prima della cancellazione dei dati del 30 giugno scorso. Sono quasi sicuro”, ha concluso, “che l’Italia non arriverà a conservare anche i dati dei prossimi 4 anni (2 anni ad oggi li conserva già), perché è in dirittura d’arrivo la direttiva e-privacy che prevede (questa direttiva sì che lo prevede), una normativa ad hoc in materia con un termine stabilito dall’Ue e con delle categorie di reato specifiche e scelte tra i reati gravi (probabilmente si lascerà agli Stati membri stabilire le categorie di reati gravi in base alle singole esigenze)”.

IL COMMENTO DI SORO
Della conservazione dei dati aveva di recente parlato anche il Garante per la privacy Antonello Soro.
In una dichiarazione rilasciata il 25 luglio 2017 ai cronisti, aveva detto che “l’emendamento Verini segue la stessa impostazione di precedenti interventi che negli anni scorsi hanno modificato la disciplina della data retention. E, come già accaduto nel 2015, la norma introduce modalità di trattamento dei dati di traffico telefonico e telematico in palese contrasto con l’ordinamento e con la giurisprudenza dell’Unione europea. È evidente  - aveva evidenziato Soro  – che il contrasto al terrorismo rappresenti un obiettivo di interesse generale e quindi non e in discussione la raccolta e la conservazione di dati, quanto i tempi di conservazione e le modalità di accesso agli stessi. Le norme e la giurisprudenza europea precludono una raccolta generale e indiscriminata dei dati di traffico telefonico e telematico, perché non e proporzionata alle esigenze investigative e al nucleo essenziale del diritto alla protezione dati e non può quindi essere giustificata in una società democratica”.

(Fonte Cyber Affairs)

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