Il 20 gennaio 2025, presso la prestigiosa Sala Consiliare del Palazzo Valentini a Roma, si…
Quanto vale il dato personale?
(Via Key4biz)
Fino a qualche tempo fa gli utenti “si fidavano” (quasi ciecamente) dei social network provider riguardo al rispetto delle leggi vigenti in materia di protezione dei dati personali. Tuttavia, il noto caso “Cambridge Analytica” ha dimostrato quanto sia debole il sistema basato sul “trust” e sulla accettazione e approvazione (unilaterale?) incondizionata delle privacy policy proposte (in questo caso da Facebook, titolare del trattamento). Il social network provider ha l’obbligo di rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali e i singoli utenti.
Non è questa la sede opportuna per approfondire i dettagli del caso “Cambridge Analytica” ma appare evidente che le informazioni personali (a volte sensibili) di soggetti presenti su Facebook sono state utilizzate senza il loro consenso per finalità di analisi e condizionamento delle loro scelte per il raggiungimento di altri risultati diversi dalle finalità del titolare del trattamento.
Se non si considera l’alto valore dei dati personali, si corre il rischio di favorire – in un’ottica pericolosamente e apparentemente legittima ma del tutto illecita – la mercificazione delle informazioni personali anche corrispettivo per eventuali servizi forniti anche mediante l’utilizzo di applicazioni.
Il fenomeno già noto in passato, tanto che ha ricevuto adeguata attenzione da parte dell’EDPS, sta serpeggiando e tornando in auge. Sono addirittura sorti i data broker per l’acquisto di set di dati. È evidente che un simile fenomeno è inaccettabile, oltre che essere illecito in ragione delle norme vigenti, soprattutto perché comporta lo svilimento dell’alto valore proprio dei dati personali come si è illustrato.
Le ricerche dimostrano anche un altro aspetto di rilievo: è emerso che l’utilizzo dei social network attesti un alto livello di analfabetismo funzionale in quanto la “partecipazione non è andata di pari passo con un miglioramento delle capacità di comprensione del testo, nel senso di interpretarlo, di saper leggere fra le righe elaborando delle conclusioni proprie”.
Si tratta di uno scenario sconcertante che contribuisce ad aumentare le preoccupazioni circa la assoluta mancanza di consapevolezza sia sul valore del dato personale sia sugli effetti della pubblicazione e propagazione dei contenuti sui social network.
Quale etica alla base di un simile comportamento? Quanta consapevolezza da parte degli utenti?
Per entrambe le domande, le risposte possono essere molto semplici, posto che il tutto si è basato (ma tuttora è lo stesso) sulla totale o parziale assenza di consapevolezza e comunque mancanza di etica.