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Servono nuovi parametri per misurare l’economia digitale

Incendi devastanti come quelli che stanno sconvolgendo la California fanno crescere il Pil: il lavoro di migliaia di pompieri e forestali, gli aerei che gettano acqua e ritardanti, gli alloggi provvisori per gli evacuati, la ricostruzione. Invece tanti servizi digitali che usiamo tutti i giorni come le mappe di Google o l’enciclopedia Wikipedia, valgono zero in termini di Pil perché sono gratuiti (in realtà Google si fa pagare in dati, ma questa voce non compare nei conti del reddito nazionale).

Da anni si discute dell’inadeguatezza di questi metodi di calcolo. Tante le proposte alternative, dall’indice della felicità a vari metodi per calcolare la soddisfazione dei bisogni dei cittadini, ma intanto continuiamo a usare i vecchi parametri. La cui attendibilità è sempre più falsata dallo sviluppo dell’economia digitale. Erik Brynjolfsson, il docente del Mit di Boston che coi suoi libri ha contribuito forse più di chiunque altro a descrivere l’impatto dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite, propone in un saggio pubblicato dalla Harvard Business Review un nuovo metodo per misurare il valore dell’economia digitale anche quando non ci sono prezzi monetari di scambio. 

Un solo esempio: un tempo si acquistava la Treccani cartacea o l’Enciclopedia Britannica spendendo milioni di lire. Oggi Wikipedia offre un servizio più ricco, flessibile e gratuito. In termini di Pil l’impatto è addirittura negativo perché è venuto meno l’acquisto dei tomi. Il team del Mit ha costruito un complesso modello per calcolare il beneficio di questo strumento digitale: 150 dollari l’anno per ogni consumatore americano. Se questa metrica fosse accettata, il Pil Usa crescerebbe di 42 miliardi di dollari. Calcoli analoghi vengono proposti per le reti sociali, lo streaming video e molto altro.

Dobbiamo imboccare questa strada? I metodi di calcolo vanno aggiornati, ma c’è già chi pone nuove obiezioni alla tecnica proposta.

Continua a leggere sul Corriere della Sera.

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