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La via europea per un’intelligenza artificiale etica

Le proposte per una strategia italiana per l’intelligenza artificiale elaborate dal gruppo di esperti del Ministero per lo Sviluppo economico e aperte alla consultazione pubblica sono un’ottima occasione per riparlare di Ai e del suo impatto trasformativo sulla società. Anche se con il termine Ai si intende un ecosistema di modelli e tecnologie per la percezione, il ragionamento, l’interazione e l’apprendimento, il prepotente ritorno alla ribalta negli ultimi anni è legato soprattutto a quest’ultimo aspetto, il machine learning, grazie all’emergere dei Big data. Il mix è esplosivo: i dati raggiungono la massa critica di esempi da cui apprendere, gli algoritmi scoprono modelli predittivi e pattern nascosti nei dati, le architetture ad alte prestazioni riescono a sopperire con le risorse di calcolo e di memorizzazione necessarie.

In questo quadro si evidenzia tutta la forza e la debolezza della situazione attuale. Da un lato cresce la capacità dei modelli di deep learning di generalizzare da dati di allenamento sempre più grandi e di maggiore qualità, e questo spiega gli straordinari progressi nel riconoscimento di immagini e nella visione robotica, nella comprensione del testo e del parlato, nella traduzione automatica, nella diagnosi medica, nella valutazione del rischio, nella manutenzione predittiva.

Dall’altro lato, cresce il divario con gli altri aspetti dell’Ai, in particolare il ragionamento e l’interazione persona-macchina, aspetti centrali per uno sviluppo umano, etico, antropocentrico dell’Ai che giustamente l’approccio europeo enfatizza, e che il documento del Mise riprende. L’obiettivo a cui tendere è una Human Ai rivolta al beneficio della persona umana sia a livello individuale che sociale, sistemi che incorporano i valori etici europei by-design, che sono in grado di comprendere e adattarsi agli ambienti reali, interagire in situazioni sociali complesse, ed espandere le capacità umane, in particolare a livello cognitivo. È questa la frontiera su cui Europa e Italia possono meglio eccellere, non rincorrendo Stati Uniti e Cina sulla strada della potenza “muscolare” e dell’innovazione irresponsabile.

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