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Pietro Prini, precursore del rapporto tra scuola e social. Seconda parte del saggio di Gianpiero Gamaleri

Diritto Mercato Tecnologia ospita anche la seconda parte del saggio – qui la prima – di Gianpiero Gamaleri dedicato a Pietro Prini (1915-2008), ordinario di Storia della filosofia alla Sapienza Università di Roma nonché uno dei maggiori filosofi italiani di ispirazione cattolica, particolarmente influenzato dal pensiero di Gabriel Marcel.

Gianpiero Gamaleri è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi già all’Università degli Studi Roma Tre e oggi presso la Facoltà di scienze della comunicazione all’Università Telematica Uninettuno di Roma. E’ docente al Dottorato di Comunicazione istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce. E’ stato consigliere di amministrazione della Rai, Radiotelevisione Italiana, del Centro Televisivo Vaticano e della Triennale di Milano. Tra i suoi numerosi lavori: Pensieri nascosti di Papa Francesco (Roma 2019); Fatti e opinioni, distinti ma non distanti (Roma 2014); La nuova galassia McLuhanVivere l’implosione del pianeta (Roma 2013); Lo scenario dei media, Radio, Televisione e tecnologie avanzate (Roma 2008).

Pietro Prini: le parole di un precursore del rapporto tra la scuola e i social
Parte seconda – Profilo di un filosofo anticipatore del ruolo dei media nella cultura e nella didattica
di Gianpiero Gamaleri

Un recente convegno promosso dalla LUMSA ha avuto come titolo: “Chi ha paura della filosofia?”. Esso intendeva in realtà sottolineare il bisogno di senso che caratterizza questa nostra società dominata dal “fare” tecnologico e pressoché estranea dal “pensare” filosofico. Il titolo intendeva richiamare il fatto che si teme ciò che non si conosce e che si vuole mantenere lontano per non disturbare i nostri progetti pratici. Del pensiero filosofico, invece, si ha un’estrema necessità, così come è emerso anche dal dibattito scaturito da quell’incontro. In tale occasione è riecheggiato il pensiero e si è riproposta la figura morale del grande filosofo d’ ispirazione cristiana Pietro Prini, scomparso nel 2008 a 93 anni. Un filosofo, allievo di Gabriel Marcel, molto sensibile all’insegnamento di Antonio Rosmini, e che ha insegnato alle università di Genova, Perugia e Roma. Un pensatore che non ha eluso tutti gli interrogativi posti dalla modernità, gettando lo sguardo anche nel futuro attraverso la serie di convegni “Il mondo di domani” che già alla fine degli anni ’60 hanno riunito pensatori e operatori culturali da tutto il mondo e che ancora oggi ci sorprendono per la loro attualità. Da uno di essi intitolato “La televisione nella scuola di domani” abbiamo ripreso alcune riflessioni presenti in questo saggio.

Un filosofo prestato alla televisione
Pietro Prini non si è affatto sottratto ai problemi della modernità non solo nel pensiero, ma anche nell’azione. Anzi, ne è stato affascinato ed ha impostato piste di riflessione capaci di conciliare l’innovazione con i pilastri del pensiero classico. Quando ancora il web non si era manifestato in tutta la sua dimensione planetaria, Prini si è impegnato in profondità – concettualmente e praticamente – con l’universo della comunicazione televisiva. Un raro caso di “filosofo prestato alla televisione”. In effetti, dalla fine degli anni ’60 fino alla riforma del ’75, Ettore Bernabei, il mitico Direttore Generale della Rai, lo chiamò infatti a far parte e a presiedere il Comitato Direttivo dell’azienda, non il consiglio di amministrazione che vedrà ala luce con la riforma del ’75, ma un alto organo di consulenza.

In questo quadro, sommariamente riassunto, Prini si trovò a svolgere il suo compito. E lo svolse apportando al sistema radiotelevisivo un contributo di grande spessore culturale e scientifico che rischia però di essere dimenticato. Personalmente fu proprio alla fine degli anni ’60 che mi trovai ad essergli particolarmente vicino. Bernabei aveva chiuso la gloriosa esperienza di “Telescuola”, che non fu costituita solo dal Maestro Manzi, passato alla storia, per così dire, per la sua trasmissione di educazione degli adulti “Non è mai troppo tardi”, ma anche da un dirigente, Italo Neri, e da una collaboratrice, Maria Grazia Puglisi, dirigente del Ministero dell’Istruzione, che avevano creato un significativo sistema di trasmissioni scolastiche “sostitutive” per quei giovani che non avevano potuto studiare e che desideravano conseguire il titolo di scuola media. Un sistema apprezzato a livello mondiale, se si pensa che Roma ospitò nel 1960 il primo Congresso internazionale delle televisioni scolastiche, che si sarebbe poi ripetuto nei bienni successivi a Parigi e a Tokio.

Ma su questo sistema sopravvenne la riforma scolastica del 1963 che portò la scuola media a diventare scuola dell’obbligo, presente quindi su tutto il territorio nazionale. Ciò rendeva non solo inutile ma contraddittorio lo sforzo della Rai di sostituirsi a un sistema scolastico che doveva essere ovunque presente.

Ettore Bernabei però non abbandonò l’impegno formativo del servizio pubblico radiotelevisivo e cambiò le trasmissioni scolastiche “sostitutive” con le trasmissioni scolastiche “integrative”, finalizzate cioè ad arricchire i programmi attraverso le potenzialità del mezzo televisivo. A tale scopo fu creata un’apposita Direzione programmi, con Giuseppe Rossini e Franco Melandri, cui dettero il loro contributo come consulenti anche Massimo Fichera e Gianpiero Gamaleri.

Portati in televisione i grandi pensatori del passato
Ed è in questa fase che entra in scena Pietro Prini, sia attraverso gli indirizzi generali che poteva fornire nell’ambito del Comitato Direttivo della Rai, sia curando una serie di trasmissioni nel campo suo proprio, quello della filosofia, trasmissioni ovviamente in bianco e nero, ma con un sofisticato linguaggio di immagini, tuttora reperibili nelle Teche Rai. Ricordiamo quelle dedicate, ad esempio, a Plotino, a Tommaso Campanella e la città del sole, a Spinosa, a Pascal, a Kierkegaard, a Rosmini e ad altri pensatori di rilievo. Figure spesso trascurate sui banchi di scuola, ma che Prini si impegno a rendere estremamente suggestive in quanto presentate in video con testi rigorosi e un linguaggio ricco di immagini.

Potremmo dire che quello che è stato “L’Approdo” negli anni ’50 alla radio, Pietro Prini, insieme ad altri studiosi di varie discipline, lo tradusse efficacemente nel campo televisivo.

Ma il suo contributo alla cultura dell’immagine non si fermò qui. Bisogna ricordare, infatti, altre sue due iniziative esterne alla Rai ma profondamente influenti nel pensiero dell’epoca riguardante il ruolo dei mass media per la promozione dell’educazione e della cultura.

I convegni di Perugia su “Il mondo di domani”
La prima di queste iniziative sono stati i convegni perugini dedicati a “Il mondo di domani”. Prima di essere chiamato alla Sapienza, alla cattedra di Storia della filosofia di Magistero, Prini aveva insegnato a Genova e poi a Perugia. Al capoluogo umbro vi  era rimasto profondamente legato e ne veniva ricambiato. Così aveva istituto i convegni intitolati “Il mondo di domani”, di grande respiro internazionale, che si svolgevano all’Hotel Brufani. Ho per le mani ancora gli atti di quello dell’aprile 1968 dedicato a “La televisione nella scuola di domani”. Dopo l’ampia prolusione di Pietro Prini, vi furono relazioni di livello internazionale, come quelle di Henry Cassirer su “Le prospettive dell’istruzione e il ruolo della televisione”, di Paolo Filiasi Carcano su “Televisione e cultura postalfabetica”, di Herry Dieuzeide sul “Rapporto tra educazione e comunicazioni di massa”, di Roderick McLean sui “Problemi dell’università televisiva”, accompagnata da un ampio rapporto, da me curato, sull’esperienza britannica della Open University, il primo esperimento di insegnamento a distanza per via telematica. In una parola, si trattò d un colloquio anticipatore di alto livello internazionale – dovuto alla lungimiranza e alle ampie relazioni di Pietro Prini – di cui il nostro Paese può tuttora andare orgoglioso.

Nasce la didattica televisiva
La seconda iniziativa, anch’essa profondamente legata al mezzo televisivo, fu la fondazione a Roma della “Scuola di perfezionamento in filosofia e di preparazione all’insegnamento filosofico”. Nel suo ambito Prini istituì l’insegnamento di “Didattica televisiva”, di cui mi affidò la cura, a partire dal 1972. Si trattava di una novità di grande rilievo, non solo perché conciliava due mondi – il pensiero filosofico da una parte e il linguaggio televisivo dall’altra, fino ad allora non solo estranei ma reciprocamente impermeabili e diffidenti – ma anche perché si avvaleva non di un’impostazione teorica, ma di un metodo sperimentale. Le lezioni infatti prendevano le mosse dalla proiezioni di filmati di contenuto filosofico, a cominciare dai personaggi sopra ricordati. Le rudimentali tecnologie di allora – ben prima delle videocassette tanto meno dei DVD – richiedevano la riproduzione delle immagini attraverso apparecchiature a banda magnetica separata, con la difficoltà di sincronizzare la bobina video con quella audio. Superate queste difficoltà, era però possibile presentare a una classe universitaria di una ventina di iscritti documenti di notevole interesse, ben oltre quello del libro stampato, suscitando dibattiti quanto mai vivi e approfonditi. Ricordo, tra gli studenti, Roberto Maragliano, che poi diventerà ordinario di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento alla facoltà di Scienze della formazione a Roma Tre.

“Il paradosso di Icaro”
Molte altre informazioni, riguardanti la sua attività di insegnamento e di ricerca, dovrebbero completare la presentazione di uno studioso della statura di Pietro Prini. Ma noi abbiamo evidenziato il suo contributo alla comunicazione radiotelevisiva, che sfocerà nella sua nota distinzione tra cultura alfabetico-grafice e cultura sintestesico-partecipativa che costituisce più che mai una chiave per esplorare anche il mondo del web.

Pietro Prini si muoveva infatti con disinvoltura nell’universo filosofico ma nel contempo cercava di esplicitare ogni possibile conseguenza sul terreno della formazione dei giovani, dagli adolescenti fino agli universitari che numerosi accorrevano alle sue lezioni, sempre segnate da un linguaggio non sempre facile ma sicuramente suggestivo.

E’ in questo contesto che va collocato il suo saggio su “Il paradosso di Icaro. Dialettica del bisogno e del desiderio” – che vede una prima edizione nel 1976 ed una successiva nel 1984 – dedicato ai giovani che, allora come ora, rischiano di volare sempre più in alto, traditi troppo spesso però dalle ali di cera che si sciolgono al sole dei desideri prepotentemente indotti oggi dai media e dai social media.

A parte la suggestività di questo titolo, il paradosso di Icaro, lo sappiamo, è il volo di Icaro, un giovane che si sfracella al suolo perché le ali di cera si sciolgono al sole. Questa metafora delle ali che si sciolgono ci fa interrogare su come fare in modo che le ali non si sciolgano e come fare in modo che diventino, da ali di cera, ali di metallo robusto come quelle di un aeroplano che sa volare con sicurezza nei cieli. E secondo Prini queste ali sono quelle di una robusta formazione di base che oggi si presenta gravemente carente

Il titolo è molto suggestivo, ma non è solo un titolo: a mio modo di vedere questo libro cadde un momento tra la fine dagli anni ’70 e la metà degli anni ’80, che fu un momento clou del pensiero di Prini, un momento quasi magico perché coincise con un momento di grande maturità che poi naturalmente poi sarà luogo a ulteriori sviluppi.

La dimensione speculativa
Innanzitutto il libro realizza la dimensione classica di un filosofo, cioè la dimensione filosofico-speculativa. Ma che tipo di dimensione speculativa? È quella del “Paradosso” una dimensione filosofica, come tutti ormai abbiamo imparato a conoscere attraverso i suoi scritti (e i più anziani lo hanno conosciuto di persona), cosmologica e interdisciplinare.

Cosmologica nel senso che cerca di cogliere tutti gli aspetti della realtà, del creato: dalle galassie fino alla più piccola pietra, per modo di dire, materialmente parlando – e spiritualmente molto di più ovviamente.

E interdisciplinare: in questo momento la sua impostazione lo riflette nel modo più appropriato, perché la sua filosofia si intreccia prepotentemente e profondamente con l’antropologia, con l’evoluzione filogenetica del mondo dalle sue origini fino a oggi. Basta scorrele le citazioni e la bibliografia per rendersi conto delle incursioni nei più diversi ambiti disciplinari.

Inoltre Prini è uno studioso che ha conciliato le evidenze dell’evoluzionismo con lo spiritualismo cristiano, e li ha conciliati – anticipiamolo subito – non ideologicamente ma al contrario pragmaticamente, vedendo cioè nello sviluppo dell’uomo nella sua completezza – in questo caso anche e soprattutto dei giovani – un percorso che va da una minor consapevolezza verso una consapevolezza sempre più ampia ed acuta.

Quindi una filosofia antropologica, una filosofia evoluzionistica nel senso più letterale del termine, con intrecci con la psicologia, la psicoanalisi, anche con la neurologia ovviamente – in Prini mi pare che quest’apertura sia evidentissima.

Il punto di originalità è dato dal fatto che Prini sia riuscito a identificare e interpretare le interconnessioni tra queste discipline, tra queste scienze, tra questi fenomeni. È nell’interconnessione che poi si manifesta la capacità speculativa: non nel fare quadri astratti coerenti, ma nel vedere che da certe interconnessioni risultano evidentemente le difficoltà da superare, i problemi da risolvere, le crisi da rimuovere.

Insomma una ricerca sincera e intelligente di trovare un senso a un mondo in rapida trasformazione, imperniando la riflessione in particolare sulla condizione dei giovani, che sono i primi ad essere investiti dal cambiamento ed esplorando, come dice il sottotitolo, il rapporto tra bisogni materiali e desideri, enormemente dilatati dai social, dalla mobilità e da altre forme di viaggio nel reale e nell’onirico.

La dimensione formativa
L’altra dimensione fondamentale del pensiero di Prini è la dimensione educativa. Ed in questo senso egli non trascurò di evidenziare i rischi di un’adolescenza insidiata da mille stimoli e tentazioni e non sufficientemente attrezzata ad affrontarle.

In questo senso Prini potrebbe essere definito un intellettuale interprete fin dal secolo scorsa delle pratiche del border-line, e sappiamo bene che i giovani da sempre – ma soprattutto in certi momenti della storia, come il nostro – sono attratti dalla trasgressione, dal lancio nel vuoto senza il paracadute di un rappporto solido e fiducioso con gli adulti, specie genitori, docenti, maestri.

Aggiungiamo a ciò, specie oggi nel protrarsi di una crisi economica, esistenziale e di ruolo che sembra non finire mai, quella che potremmo chiamare la terza dimensione, cioè la dimensione sociale, che è un tema sensibilissimo e attuale, tanto più aggravata dalle condizioni socio-economiche in cui versiamo e che colpiscono (è inutile che stiamo a ripetere le solite statistiche) prevalentemente i giovani.

Tutte queste considerazioni rendono il libro di una eccezionale attualità, un libro non ideologico ma pragmatico che attraverso l’analisi delle intersezioni tra diverse discipline e diverse condizioni umane offre alcune piste per poter superare quelle condizioni di crisi in cui l’uomo contemporaneo e soprattutto il giovane si trova a vivere. Devo aggiungere un’osservazione pratica, che è anche un elogio all’Editore Armando che ha allestito questa nuova edizione chiedendomene la cura. Questo libro rispetto alle edizioni precedenti ha uno strumento elementare ma azzeccato che è l’indice analitico. Vi figurano all’interno molti illustri nomi. Ne ho segnati alcuni: Cartesio, Cassirer, Chomsky, Freud (ripetutamente citato), Kierkegaard, McLuhan, Nietzsche, Pascal, Schopenhauer e tanti altri. Questo repertorio consente di far emergere la complessa trama del pensiero di Prini, mettendo in evidenza un intreccio che viene in superficie con grande efficacia. Si tratta insomma di un libro densissimo e anche un po’ difficile, diciamolo pure. Ma credo che dei maestri come lo sono molti nostri docenti, se riuscissero a proporlo ai giovani anche con una chiave divulgativa e pedagogica, offrirebbero loro uno strumento concettuale, etico ed anche pratico estremamente efficace per rinforzare in modo significativo la loro consapevolezza del mondo d’oggi e delle sue sfide.

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