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Il vincolo sull’aspetto di un locale storico non consente al titolare del marchio la prosecuzione dell’attività. La sentenza della Cassazione sul caso dell’Antico Caffè Greco.

 

Si conclude definitivamente, dopo una vertenza giudiziaria pluridecennale, il caso del Caffè Greco, il celebre locale romano di via del Corso.

La società ricorrente (Antico caffè greco srl) aveva sostenuto che la titolarità del complesso aziendale, marchio, esercizio e ditta operante quale conduttore dell’immobile oggetto di vincolo di tutela, avrebbe imposto al locatore proprietario, ai fini del rilascio dell’immobile, di acquistare l’azienda.

La Corte di Cassazione si è invece pronunciata affermando definitivamente il seguente principio di diritto:  «Qualora un bene immobile, per il quale sia stato stipulato un contratto di locazione ad uso commerciale, risulti classificato, in base ad un provvedimento amministrativo emesso ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, quale bene di interesse particolarmente importante, determinandosi in tal modo un vincolo artistico e culturale non soltanto sull’immobile, ma anche sugli arredi, le decorazioni, i cimeli storici e la relativa licenza di esercizio, la sussistenza di tale vincolo non si traduce, per il proprietario, nel divieto di intimare al conduttore la licenza per finita locazione, ma soltanto nell’obbligo di garantire la continuità della destinazione del bene nei termini indicati dal provvedimento istitutivo di quel vincolo».

Questo significa innanzitutto che non potrà mai essere ‘snaturata’ l’attività, che i beni presenti all’interno devono rimanere e che gli attuali gestori dovranno eventualmente essere ‘indennizzati’ per quelli di loro proprietà. I supremi giudici della Terza sezione civile, nella sentenza depositata lunedì scorso, fissano paletti ben precisi in questo senso. ”La portata del vincolo culturale imposto sui locali dell’Antico Caffè Greco e sulla licenza di esercizio deve essere intesa nel senso che il locatore non potrebbe sottrarre il bene (con gli annessi arredi e cimeli storici, tanto se anch’essi di sua pertinenza, quanto in caso contrario) alla destinazione a suo tempo imposta dall’Autorità amministrativa e mai revocata’’. Per la Cassazione i legittimi proprietari ”non potrebbero – tanto per fare un esempio – immaginare di destinare quei locali per creare una paninoteca o una discoteca o chissà quale altra attività. Il Caffè Greco, in quanto bene immobile carico di oltre due secoli di storia e di vita artistica e culturale della città di Roma, collocato nella centrale Via Condotti, non può che avere quella destinazione – si legge nella sentenza della Cassazione – ma non è giuridicamente prospettabile che simile vincolo si traduca nell’impossibilità, per il locatore, di intimare ad un determinato conduttore la licenza per finita locazione, cioè nell’obbligo di proseguire ad oltranza la locazione con un preciso soggetto’’. Come ha rilevato anche il Procuratore generale nelle sue conclusioni per iscritto, “il vincolo non comporta l’obbligo di esercizio o prosecuzione dell’attività o l’attribuzione di una riserva di attività, ‘ma vale, piuttosto, a precludere, in negativo, ogni uso incompatibile con la conservazione materiale della res’, nonché ‘ad imporre, specularmente, in positivo, la continuità del suo uso attuale’’’. I supremi giudici rigettando il ricorso dell’Antico Caffè Greco sottolineano come ‘’la possibile violazione dei parametri costituzionali invocati sarebbe prospettabile, in astratto, se si accogliesse la tesi della società ricorrente. In tal modo, infatti, si perverrebbe all’inaccettabile conclusione secondo la quale il locatore si vedrebbe costretto, in un caso come quello odierno, a prolungare senza alcun termine la locazione in corso, mentre la locazione è, per sua stessa natura, un contratto destinato ad una conclusione’’. ‘’L’accoglimento della tesi della società ricorrente verrebbe a determinare, in altri termini, una sorta di espropriazione del diritto di proprietà – spiega la Cassazione – in assenza di una deliberazione della P.A. e in mancanza di ogni indennizzo (salvo, ovviamente, il corrispettivo del canone locativo); situazione, questa, incompatibile col quadro costituzionale e del tutto irragionevole da un punto di vista pratico’’. Per la Suprema Corte, infine, in questo giudizio ‘’non è in discussione la proprietà degli arredi, del mobilio e dei cimeli storici esistenti all’interno del Caffè Greco (…) che non possono essere rimossi, proprio a causa del vincolo culturale su di essi apposto’’.

La Corte di Cassazione ha dunque dato definitivamente ragione al proprietario (Ospedale Israelitico), assistito dal prof. avv. Alberto Gambino e dagli avvocati Enzo Ottolenghi e Ugo Limentani nei confronti della srl conduttrice, assistita dal prof. avv. Massimo Luciani e gli avvocati Giancarlo Paglietti e Antonio Pileggi.

 

Qui il testo integrale della sentenza.

 

 

Immagine tratta dal sito Wanted in Rome

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