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In memoria del Prof. Antonio Palma, recentemente scomparso. Intervista al Prof. Francesco Fasolino

In memoria del Prof. Antonio Palma, Professore ordinario di Istituzioni di diritto romano, avvocato amministrativista, finissimo giurista, Presidente dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato dal dicembre 2020, scomparso il 30 Gennaio 2023. La redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Francesco Fasolino, delegato del Rettore dell’Università degli studi di Salerno per la Ricerca nell’area umanistica e Presidente del Consiglio Didattico di Giurisprudenza – Dipartimento di Scienze Giuridiche – Università degli sudi di Salerno. Professore Ordinario per il settore Diritto romano e diritti dell’antichità, afferente al Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli studi di Salerno. Docente titolare dell’insegnamento di Storia del diritto romano e di Diritto romano presso il Corso di Laurea Magistrale in “Giurisprudenza”. Docente titolare dell’insegnamento di Fondamenti storici del diritto commerciale  presso il Corso di Laurea Triennale in “Giurista di impresa e delle nuove tecnologie”. Professore incaricato di Fondamenti del diritto europeo presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli studi di Salerno. Membro del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in “Scienze giuridiche” – Dipartimento di Scienze Giuridiche – Università degli studi di Salerno.

 

Il Prof. Francesco Fasolino insieme con il Prof. Antonio Palma

 

Antonio Palma è stato un grande personaggio che, possiamo permetterci di dire, ha inciso la tradizione dello studio del diritto romano nel nostro Paese e all’estero. Potrebbe raccontarci del suo spessore sia scientifico che umano, non solo come giurista?  

Prima di ogni altra cosa, il prof. Antonio Palma  è stato un Maestro nel senso più pieno e vero del termine, essendo riuscito a creare, sostenere e far crescere una comunità di persone che vivono, studiano ed operano insieme quotidianamente, condividendo valori, tradizioni ed idee prima ancora che saperi e metodi. Una scuola, infatti, esiste nella misura in cui Maestri ed allievi, anche eventualmente non avendo sempre opinioni concordi sui temi oggetto di indagine,  tuttavia procedono  nello stessa direzione ed  insieme nella diversità dei caratteri e nella molteplicità delle vite individuali.

Il professore Palma non si è mai proposto a noi allievi come un modello da imitare pedissequamente ma per tutti è stato un punto di riferimento costante, grazie al quale, ciascuno secondo le proprie forze e capacità, ha potuto pienamente e compiutamente  realizzare la sua peculiare personalità di studioso, vedendo valorizzate le proprie specifiche attitudini ed interessi. Si è così venuta realizzando una costruzione collettiva di principi, di metodi, di regole e di valori nella quale, e partendo dalla quale, ognuno ha potuto trovare le coordinate di un peculiare percorso di crescita tanto come studioso che come persona.

Antonio Palma ha fortemente voluto una Scuola siffatta, prendendosene cura e preservandola non mediante l’elaborazione di manifesti intellettuali ma attraverso buone pratiche. Egli, infatti, è stato Maestro di tutti noi come lo erano gli artigiani di una volta, i quali nelle loro botteghe non impartivano lezioni agli apprendisti ma, lasciando che essi li osservassero quotidianamente lavorare, facevano in modo che questi acquisissero con essi una consuetudine di vita, di comportamenti e di intenti, solo così giungendo ad impadronirsi dei ‘segreti del mestiere’.

Di questi segreti Palma non è stato custode geloso: in circa cinquanta anni, quanti ne sono passati dagli esordi della sua carriera, non sono stati pochi coloro che hanno avuto, a vario titolo e per varie vicissitudini, la possibilità di conoscerlo da vicino, di stargli accanto e di apprendere da Lui, condividendo più o meno ampi tratti di un percorso accademico di grande spessore scientifico, intellettuale ed umano: e tra questi anche io.

 

Quali sono le principali tappe del percorso scientifico ed accademico del Prof. Palma e quali i principali filoni della sua attività di ricerca?

Laureatosi a pieni voti nel 1973 in Giurisprudenza nell’Università di Napoli e divenuto allievo del prof. Generoso Melillo, fino al 2000 Antonio Palma ha svolto tutte le tappe del suo percorso accademico fino a diventare, nel  1994 professore ordinario di Diritto romano, ricoprendo anche ruoli istituzionali rilevanti.

Il percorso scientifico di Antonio Palma riflette bene il carattere dell’uomo: aperto, inclusivo e curioso. La sua produzione scientifica si caratterizza per una molteplicità di interessi legati da un unico filo rosso, vale a dire la sua spiccata inclinazione a guardare al passato con occhi rivolti al presente, senza però tradire o deformare il dato storico.

Fin dai primi anni del suo percorso scientifico, infatti, appare evidente quella sua peculiare opzione metodologica, grazie alla quale egli ha prediletto temi sempre rigorosamente giusromanistici eppure mai disgiunti dalle problematiche proprie della contemporaneità.

Nella sua ampia produzione scientifica, che si è articolata in circa cento pubblicazioni tra monografie e saggi, emerge ben presto una peculiare attenzione per le tematiche giuspublicistiche. Compare così, nel 1980, la sua prima monografia, dedicata alle ‘curae’pubbliche , a cui fecero seguito, nel volgere di pochi anni, due densi studi, uno concernente Le strade romane  e l’altro sulle Derivazioni di ‘aqua ex castello’ .

Il sottotitolo della sua prima opera monografica, «studi sulle strutture amministrative», eloquentemente preconizza uno dei filoni più significativi del suo percorso di ricerca, che si contraddistinguerà per un vivo e costante interesse per le questioni di diritto amministrativo, indotto molto probabilmente anche dalla notevole esperienza maturata da Palma tanto nell’esercizio, ad alti livelli, della professione forense, quanto nei rilevanti e prestigiosi incarichi pubblici ricoperti, tra i quali mi limito a ricordare quello di Difensore civico del Comune di Amalfi, quello di Presidente del Conservatorio San Pietro a Maiella e, da ultimo, di Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato: egli ha saputo in tal modo cogliere le sollecitazioni poste dai concreti problemi della pratica elementi per una riflessione su aspetti scientifici di più generale rilevanza.

Ma gli interessi di ricerca del prof. Palma si sono indirizzati  anche verso categorie ed istituti del diritto privato: compare così, nel 1984, un articolo sulle problematiche della causa negoziale, tema sul quale egli poi ritornerà anche in studi successivi, e successivamnte, nel 1988, una importante monografia, dedicata ai rapporti di vicinato nell’età classica , nella quale l’autore, adottando una prospettiva d’indagine sicuramente originale, individua nella solidarietà la cifra delle relazioni tra vicini e la chiave interpretativa delle regole e delle limitazioni che le disciplinavano.

Con una costante attenzione all’interpretatio giurisprudenziale, l’autore pone in luce come i modelli ideologici della vicinitas influenzassero significativamente i singoli risvolti normativi ed il concreto funzionamento degli istituti giuridici coinvolti, giungendo a porre in dubbio alcune consolidati canoni del regime proprietario .

Un ulteriore filone della produzione scientifica di Antonio Palma concerne poi il ruolo dei giuristi romani e le loro tecniche argomentative, con particolare riferimento al periodo tra Adriano ed i Severi: nei suoi studi egli evidenzia lo stretto e costante rapporto con le istanze di cambiamento indotte dal radicale cambiamento degli assetti socio politici ed istituzionali di uno Stato repubblicano che si andava vieppiù trasformando in un impero sovranazionale e multietnico. In particolare, ha pubblicato, a breve distanza tra di loro, due monografie, dedicate la prima alla humanitas e la seconda alla benignitas, quali categorie ermeneutiche adottate nell’interpretazione giurisprudenziale come anche nella produzione normativa imperiale, nell’ottica di una forte e consapevole determinazione a rifondare la giuridicità in termini universalistici.

In entrambe le monografie, precorrendo, con idee originali ed importanti intuizioni, prospettive di studio che poi sono divenute consuete nella letteratura scientifica del secolo seguente e rivelatesi particolarmente idonee ad aprire un fecondo dialogo con altre discipline, Palma indaga il rapporto tra principi, valori e coscienza sociale nella dimensione giuridica romana, in un serrato e proficuo confronto con il pensiero giuridico contemporaneo.

Nel 1999 Palma fu infine chiamato nella sua Università di origine, l’Università di Napoli Federico II, dove poi ha trascorso il suo ultimo ventennio di insegnamento. In questa seconda fase della vita accademica egli ha dato alla luce ulteriori lavori scientifici, densi e significativi, nei quali ha approfondito l’interrelazione tra equità e senso comune di giustizia, nell’intima convinzione che non possa aversi progresso giuridico senza una attenzione costante alla modernità che, rifuggendo da meri esercizi di astrazione, avvicini il più possibile il diritto vivente al senso comune di giustizia. La capacità dei giuristi romani di giungere a decisioni sempre aderenti al senso comune di giustizia, superando quel vaglio tecnico di ragionevolezza cui deve necessariamente essere sottoposta ogni soluzione giuridica innovativa perché possa essere riconosciuta come valida e dunque venire recepita, diventa in tal modo il filo conduttore di una raccolta di saggi, pubblicata nel 2006, significativamente intitolata “Giustizia e senso comune”. Al centro di essa le modalità attraverso le quali il giurista, sia quello romano che quello contemporaneo, cercano di offrire il proprio apporto alla risoluzione dei problemi della società in cui vive ed opera per il tramite di soluzioni “giuste”». L’equità «intesa come applicazione del senso comune di giustizia mediato dal giudice in relazione ad una specifica controversia» assurge così a strumento di giustizia sostanziale atto a superare «una concezione strettamente legalistica e formalistica del diritto».

La controversialità e la processualità quali elementi costitutivi dell’ordinamento giuridico romano oltre il momento meramente legislativo, sono poi l’oggetto di un volume pubblicato nel 2016, intitolato ‘Il luogo delle regole. Riflessioni sul processo civile romano’. In esso Palma svolge una raffinata analisi dei rapporti tra giudice, giurista e norma, ponendo in evidenza tutta la rilevanza della funzione del giudice, in un’ottica sicuramente non consueta nella letteratura romanistica. Indagando la funzione nomopoietica del processo civile romano, in particolare del processo formulare, lo studioso intende  investigare, in definitiva, il fenomeno processuale tout court nella lente prospettica della crisi del legismo e della correlata, sempre maggiore, centralità del giudice in un sistema delle fonti plurimo e non coordinato.

Nei predetti lavori, a mio avviso, si coglie nitidamente tutta l’eleganza e la profondità con cui l’autore guarda, con una sorta di avida curiosità intellettuale, al diritto romano senza mai cessare d’interrogarsi sul diritto attuale. E’ in questo senso, dunque, che il diritto, per Palma,  è ‘senza tempo’, superando, con un capovolgimento di prospettiva, la tradizionale linea di confine tra storia e presente: lo storico del diritto diviene, in tal modo, un  interlocutore indispensabile per ricollocare i problemi del presente in una adeguata profondità di campo, necessaria per mettere a fuoco i nodi centrali delle questioni sul tappeto. Senza incappare in facili quanto spesso erronee e fuorvianti attualizzazioni, il prof. Palma ragiona, dunque, per grandi categorie giuridiche che si ripresentano in ogni tempo, sempre in funzione della soluzione dei problemi e dei bisogni dell’uomo; a tal fine Egli pertanto abbandona le sempre ricorrenti tentazioni di autoreferenzialità della scienza giuridica, nella ferma convinzione che sia eticamente indispensabile aprire il diritto a ciò che sta fuori di esso: per lui, la rielaborazione di concetti, categorie, metodi, ben lungi dal mirare ad edificare mirabolanti impalcature concettuali, deve invece essere costantemente orientata a rinvenire le soluzioni, di volta in volta maggiormente adeguate, ai bisogni emergenti di una società globale in perenne e rapida trasformazione.

Infine, venendo ai tempi più recenti, Antonio Palma ha dedicato importanti studi al tema della cittadinanza. In essi lo studioso affronta i molteplici aspetti, non solo giuridici ma  anche politici e culturali, nonché le complesse ricadute, di una delle categorie fondanti che l’esperienza giuridica romana ha trasmesso alla modernità. Partendo dallo studio di un modello storicamente inverato quale, per l’appunto, l’impero romano, Egli dimostra come l’esperienza umana, nello sforzo di conciliare universalismo e localismo salvaguardando le appartenenze identitarie, abbia conosciuto e sperimentato forme di cittadinanza che prescindevano dagli Stati nazionali. Il sistema imperialista romano, infatti, nella prospettiva di Palma, persegue l’inclusione attraverso un’articolata coesistenza di strutture globali e locali, riducendo al minimo le competenze dello Stato nazionale e, di converso, ampliando quelle delle strutture sovranazionali; tutto ciò però senza comprimere i diritti dei cittadini o affievolirne la relativa tutela.

Nella sua visione, la cittadinanza romana si caratterizza per un significativo ruolo delle autonomie: le comunità locali diventano un momento straordinario di unificazione nel rispetto delle diversità, nell’ambito più generale di una idea non identitaria né esclusivista della civitas.

Come Palma dimostra, con la Constitutio Antoniniana del 212 d.C., le comunità locali  continuarono ad utilizzare il proprio diritto, ma nell’ambito di una identità romana globale o universale, che si connota per la sua inclusività, soltanto grazie alla quale sono giunte fino a noi idee e valori della cultura greca ed orientale, della religione ebraica, del cristianesimo. Si ebbe dunque una feconda contaminazione tra diritto romano e diritti locali, orientata dai bisogni della pratica e guidata sapientemente dalla giurisprudenza che, come Palma ha messo in luce, attraverso l’utilizzo di rationes metagiuridiche quali l’humanitas, la benignitas, la clementia, pose le premesse e le condizioni indispensabili affinché si arrivasse, nel VI secolo d.C., con la compilazione voluta dall’imperatore Giustiniano, ad una radicale e definitiva trasformazione del diritto romano, che da diritto dei romani divenne scienza di un diritto universale, strumentario di un ragionamento tecnico volto al perseguimento del bonum et aequum.

Antonio Palma guarda, dunque, alla struttura del dominio globale di Roma, come ad un’esperienza da prendere in considerazione anche nella contemporaneità in quanto esempio concreto di ordinamento policentrico indefinitamente e strutturalmente inclusivo, imperniato su una cittadinanza a basso contenuto identitario.

In definitiva, cogliendo e valorizzando la radice idealmente universalistica e non discriminatoria della mentalità romana, Palma traccia un percorso di riflessione volto alla rifondazione del concetto tradizionale di cittadinanza, dimostrando come la conoscenza  dell’esperienza storica – sfrondata da stereotipi e luoghi comuni – fornisca un potente strumento critico contro i rischi dell’identitarismo e, in generale, di qualunque interpretazione assolutizzante.

 

 

Approfondirebbe con noi parlando dei contributi di maggiore importanza che ha sviluppato il Maestro? Quale eredità ci ha lasciato?

Fin dagli inizi del suo impegno di studioso Antonio Palma ha sviluppato una peculiare e raffinata sensibilità per il mondo in cui viviamo e per la storia in cui siamo immessi, dimostrando di saper cogliere i segni dei mutamenti incipienti sugli scenari del diritto in dimensione globale.

Nella scelta dei suoi oggetti di ricerca (la nascita e la trasformazione delle strutture amministrative, l’intreccio tra interessi privati e pubblici nella tutela della proprietà, la dubbia rilevanza della causa in materia contrattuale alla luce delle indicazioni provenienti dal nuovo diritto europeo, l’applicazione di principi e canoni ermeneutici – quali l’humanitas e la benignitas) egli ha rivelato una non comune capacità di inserirsi e partecipare attivamente al dibattito in corso sulle principali questioni all’attenzione della scienza giuridica in Occidente.

La personalità scientifica e il percorso accademico di Antonio Palma dimostrano, dunque, che l’indagine storico-giuridica può sicuramente contribuire alla  comprensione dei processi della società globale di cui siamo parte. Ciò ovviamente senza scadere in una banalizzazione della storia o peggio nella sua strumentalizzazione, volta a piegarla per tracciare troppo dirette e spesso inverosimili analogie o confronti.

Questa può essere, a mio avviso, senz’altro considerata come l’eredità lasciata del Maestro Antonio Palma:  non si tratta, come ho già detto, di orientarsi verso scelte culturali  “attualizzanti”, in se e per sé spesso inconcludenti, ma di concepire la funzione del giurista “a tutto tondo”, nella consapevolezza della proficuità del dialogo costante con le categorie concettuali del presente, dialogo tuttavia non facile in quanto presuppone, da un lato, la capacità di percepire la complessità del presente e, dall’altro, la volontà, invero non così frequente, di riconoscere una dimensione di senso al patrimonio esperienziale recato dalla storia del passato.

Attraverso il diritto romano, dunque, viene ad essere adottata una prospettiva torica che aumenta la nostra capacità di leggere criticamente e di comprendere in  profondità le trasformazioni di cui siamo testimoni ed elaborare possibili soluzioni nella logica di ius declinato come hominum causa constitutum e perciò fermamente orientato a ridurre, se non a superare, le molteplici situazioni di emarginazione e di vulnerabilità che costituiscono un oggettivo limite alla piena realizzazione ed alla dignità di ogni persona umana.

In tale prospettiva, lo studio del diritto romano per Palma non è mai erudizione e nemmeno scienza antiquaria; men che mai  esso è autoreferenzialità narcisista e compiaciuta: lo studio della storia del diritto si giustifica, invece, solo se legata al presente in funzione dei bisogni dell’uomo. Il giurista infatti è veramente tale solo se, pienamente inserito nel processo storico, ne percepisce l’incessante evoluzione; se, in altri termini, dalla conoscenza della storia riesce ad acquisire gli strumenti culturali e concettuali necessari per comprendere la realtà e discernere gli elementi di transizione e di trasformazione del mondo in cui si trova a vivere.

Sulla scorta di tali premesse, il diritto romano, per Palma, rappresenta dunque un giacimento esperienziale dal quale l’interprete moderno può attingere, criticamente, modelli di bilanciamento degli interessi e statuti soggettivi, non teorici ed astratti ma storicamente sperimentati, capaci di trasformarsi e ricomporsi fluidamente in relazione al variare delle materiali condizioni dell’esistenza umana.

In netta opposizione contro la deriva oscurantista che rifiuta ogni valore e considerazione alla storia, e dunque anche alla storia del diritto, Antonio Palma, privilegiando più i contesti, anche culturali ed ideali, che le ricostruzioni puntuali, non sempre attendibili, del regime giuridico di un istituto e le sottigliezze esegetiche, ha elaborato una prospettiva metodologica e culturale che contiene in sé un fermo monito al rinnovamento della ricerca e della didattica nel campo della scienza romanistica.

Tale prospettiva di studi si rivela efficace come altre mai al fine di consentire all’interprete di (tentare di) coniugare ius e iustitia attraverso l’interpretazione. Ovviamente non si tratta della mera esegesi tecnica delle norme ma della vera e propria interpretatio iuris, quell’ars che, come Palma ha dimostrato nei suoi percorsi di ricerca, ha storicamente permesso di declinare l’applicazione del diritto  coerentemente con i valori di una civile convivenza, rispettosa di valori fondanti quali l’aequitas, l’humanitas, la benignitas, ponendo in tal modo il diritto stesso al servizio della persona umana, realizzando così quello che deve essere, sempre e dovunque, il suo fine ultimo: “hominum causa omne ius constitutum”, come affermava già il giurista Ermogeniano, a cavallo tra III e IV secolo d.C.

In tale direzione, l’esperienza giuridica dei romani  assurge dunque a patrimonio di tecniche argomentative, di princìpi e di concetti utili, soprattutto, alla ricerca di soluzioni adeguate ai bisogni attuali degli uomini. Lo studio della storia del diritto pertanto ha senso, secondo Palma, solo se non diventa oggetto autoreferenziale e per questo isolato dal complesso della tradizione giuridica contemporanea ma sappia, al contrario, offrire gli strumenti necessari per discernere la complessità del presente e dare risposte ai bisogni, sempre mutevoli e sempre più complessi  dell’uomo contemporaneo.

Non esiste un diritto senza storia così come non può esistere un vero giurista privo di questa consapevolezza: un itinerario che Palma ci invita a continuare a percorrere con equilibrio e nella lucida consapevolezza che sarebbe illusorio pensare di rinvenire nella storia le risposte laddove invece è proprio la conoscenza delle vicende passate dell’uomo che consente di porre correttamente ed in maniera adeguata le domande.

 

In svariate occasioni avete avuto modo di conoscervi e di lavorare insieme durante la vostra trentennale collaborazione ed amicizia. Ci racconterebbe di un aneddoto particolarmente significativo che possa permetterci di capire al meglio la figura del Prof. Palma? 

Tanti sono i ricordi di episodi lieti e meno lieti accaduti in oltre trenta anni di frequentazione  con il prof. Palma. Ricordo ancora vividamente quando lo incontrai, nell’ormai lontano novembre del 1987 quando, studente del primo anno del corso di giurisprudenza nell’ateneo salernitano, ebbi grazie al professore l’opportunità, senza allora nemmeno lontanamente immaginare  il privilegio di cui godevo, di assistere a delle lezioni, sempre originali ed avvincenti, impartite a braccio (il professore non faceva quasi mai uso di appunti o schemi), che spesso prendevano le mosse dai temi fondamentali del diritto romano per spaziare sino al diritto civile ed amministrativo, alla teoria generale ed alla filosofia del diritto, alla teoria dell’interpretazione, nella convinzione, già allora in lui ben radicata, della unitarietà del diritto e della artificiosità degli steccati solitamente eretti tra le varie discipline; posizione questa che, come comprenderete, per noi matricole del primo anno rappresentava allora sostanzialmente una sorta di subliminale, ma non per questo meno ammaliante, invito alla eterodossia intellettuale.

Superati a pieni voti gli esami di Istituzioni e di Storia del diritto romano, il prof. Palma mi propose, con il suo tipico garbo, alcune letture che,  come lui disse – lo ricordo ancora – erano da considerarsi imprescindibili per chiunque aspirasse

sul serio a diventare un giurista: nello specifico, la Introduzione allo studio storico del diritto romano di  Orestano, i Lineamenti della dottrina pura del diritto di Kelsen,  e Topica e giurisprudenza di Viewegh.

Cominciò così una frequentazione più assidua, che negli anni successivi, senza mai interferire con la preparazione degli esami e il cammino verso la agognata laurea, a cui Lui intimava di dare priorità assoluta, il professore mi consentì di assistere a lezioni tenute dai più grandi Maestri della romanistica di allora, che egli aveva la consuetudine di invitare all’università di Salerno; potetti, inoltre, accedere alla magnifica e ricchissima biblioteca del Dipartimento di diritto romano di via

Mezzocannone, dove, sempre grazie a lui, ebbi l’opportunità di incontrare molti degli illustri esponenti della scuola romanistica napoletana.

Laureatomi nel 1991 con lui, sperimentai subito che Palma non era di quei Maestri possessivi o egoisti: il suo primo, e perentorio, invito fu, infatti, quello di prepararmi per superare il concorso in magistratura o altro equivalente nella carriera direttiva dell’Amministrazione dello Stato, per poi successivamente cominciare a studiare sul serio il diritto romano, laddove la passione per esso fosse restata immutata. Ricordo ancora che mi disse: “Sai, a pancia piena si studia molto meglio!”

 

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