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Innovazioni tecnologiche e scelte alimentari. Intervista al Prof. Francesco Aversano

Il Prof. Francesco Aversano
Nel corso degli anni, la normativa relativa al settore agroalimentare si è ampliata attraverso importanti provvedimenti, soprattutto di origine europea, che hanno contribuito a conferire al comparto una specificità su vari fronti, tra cui la tutela del consumatore, la qualità dei prodotti, le pratiche leali di commercio e i controlli ufficiali. Il Regolamento CE n. 178/2002, noto come General Food Law, ha definito i principi e i requisiti fondamentali della legislazione alimentare, nonché le procedure in materia di sicurezza alimentare. Tra i concetti introdotti, si trovano le definizioni di “impresa alimentare”, “operatore del settore alimentare”, “rischio” e “pericolo”, quest’ultimo inteso come qualsiasi agente biologico, chimico o fisico presente in un alimento o mangime, o una condizione del prodotto che possa avere effetti dannosi sulla salute. L’obiettivo del legislatore è garantire che i prodotti alimentari, in tutte le fasi della filiera, non comportino rischi per i consumatori, imponendo alle imprese alimentari attività di prevenzione e autocontrollo, conformi ai requisiti di igiene e sicurezza.’
Cosa è il pacchetto igiene?
Il cosiddetto “pacchetto igiene” del 2004 ha introdotto l’obbligo di implementare sistemi basati sulle procedure HACCP, mentre il Regolamento UE 2021/382 ha ulteriormente affinato le misure operative, in particolare per quanto riguarda la gestione degli allergeni durante la produzione, la ridistribuzione degli alimenti a scopo di donazione e la promozione della cultura della sicurezza alimentare. Questo modello procedurale mira a responsabilizzare operatori, dirigenti e personale, richiedendo loro di dimostrare alle autorità il rispetto delle misure adottate per prevenire eventuali non conformità.
Quanto è importante la tracciabilità?
Un altro aspetto rilevante della filiera è la tracciabilità, definita dal Regolamento CE n. 178/2002 come la possibilità di ricostruire il percorso di un alimento, mangime, animale destinato alla produzione alimentare o sostanza adatta a entrare nella composizione di alimenti o mangimi in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione. Gli operatori devono essere in grado di identificare i fornitori dei prodotti e di garantire che tutte le informazioni siano accessibili per le autorità competenti. Al contempo, essi devono poter tracciare i destinatari dei propri prodotti, assicurando la trasmissione dei dati agli organi di controllo. In questo ambito, emergono nuove possibilità legate all’uso della tecnologia blockchain per la registrazione e conservazione delle informazioni sulla tracciabilità, favorendo una maggiore trasparenza nei processi e una più rapida gestione dei richiami di prodotti a rischio.
Esiste quindi un rapporto tra controllo ufficiale e innovazione scientifica?
Infine, tali innovazioni potrebbero migliorare l’attività di vigilanza, poiché l’analisi dei sistemi informatici e dei dati digitali potrebbe facilitare l’individuazione di eventuali illeciti e la determinazione delle responsabilità, in conformità con quanto previsto dal Regolamento UE 2017/625 sui controlli lungo la filiera.
Sul fronte informativo?
Il diritto dei consumatori di ricevere informazioni trasparenti sui prodotti alimentari trova fondamento giuridico nel Regolamento UE n. 1169/2011, che stabilisce principi e obblighi in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti. Questo regolamento ha come obiettivo primario garantire una tutela elevata dei consumatori, assicurando loro informazioni chiare e complete che consentano scelte consapevoli in ambito alimentare. Le disposizioni riguardano, in particolare, la corretta indicazione degli allergeni e la prevenzione di frodi informative.
L’art. 7 del Regolamento specifica che le informazioni fornite sui prodotti non devono ingannare il consumatore né essere causa di pratiche commerciali sleali. È vietato, infatti, attribuire al prodotto caratteristiche inesistenti o comuni ad altri prodotti simili. Particolare attenzione è rivolta all’indicazione errata di ingredienti o nutrienti, nonché all’utilizzo di descrizioni o immagini che possano indurre il consumatore a credere che l’alimento contenga elementi diversi da quelli effettivi.
Inoltre, è vietato attribuire agli alimenti proprietà terapeutiche o curative, salvo le eccezioni previste dalla normativa UE per acque minerali e alimenti destinati a usi nutrizionali specifici.
E le incidenze sul Made in Italy?
Le norme sulla corretta informazione hanno rilevanza anche nella protezione del “Made in Italy” e nella tracciabilità dell’origine dei prodotti, in quanto violazioni in quest’ambito possono essere sanzionate con misure amministrative o penali. Nei casi più gravi, può essere applicato l’art. 517 del Codice Penale, che punisce la vendita di prodotti con segni ingannevoli, tutelando così i consumatori e i produttori dalla concorrenza sleale.
A livello di comunicazione virtuale?
Gli spazi della comunicazione digitale richiedono l’introduzione di un protocollo di autogoverno destinato agli operatori del settore, finalizzato a rafforzare le soglie di tutela del consumatore e a garantire la lealtà commerciale, in modo da assicurare scelte alimentari sicure. In questo contesto, sarebbe opportuno riconsiderare i limiti delle responsabilità previste dal Regolamento CE n. 178/2002, al fine di estenderle anche alle responsabilità indirette degli operatori per attività promozionali affidate agli influencer. Infatti, il semplice riferimento alle sanzioni attualmente vigenti, come quelle previste dall’art. 3 del d.lgs. n. 231/2017 per le pratiche informative sleali, appare forse insufficiente.
Occorrerebbe, quindi, riconoscere che gli operatori economici possono rispondere, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento UE n. 1169/2011, anche per le condotte di terzi che diffondano informazioni riferibili alle loro attività, soprattutto se tali condotte procurano vantaggi o benefici indebiti all’impresa. Questo approccio garantirebbe una maggiore trasparenza e responsabilità degli OSA nel contesto delle nuove forme di comunicazione digitale, inclusa quella legata alle attività di soggetti che operano nel campo della comunicazione via Internet o mediante canali social.