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L’intelligenza artificiale e il futuro della politica

La stagione della campagna presidenziale statunitense è ufficialmente, ma davvero ufficialmente, arrivata, il che significa che è il momento di affrontare gli strani e insidiosi modi in cui la tecnologia sta distorcendo la politica. Una delle principali minacce che si profilano all’orizzonte è l’arrivo di personalità artificiali, destinate a dominare il dibattito politico. Il rischio nasce da due tendenze che si presentano contemporaneamente: la generazione di testi alimentata dall’intelligenza artificiale e le chatbot (i software che simulano una conversazione con un essere umano) sui social network. Queste “persone” generate da computer sommergeranno le discussioni realmente umane su internet.

I software di generazione di testi sono già abbastanza avanzati da trarre in inganno la maggioranza delle persone, la maggior parte delle volte. Stanno già scrivendo notizie, soprattutto di sport e di finanza. Parlano con i clienti nei siti che vendono prodotti. Scrivono convincenti editoriali su alcuni argomenti d’attualità (anche se esistono dei limiti al riguardo). E sono usati per rafforzare il “giornalismo pink-slime”, quei siti concepiti per sembrare fornitori di notizie locali ma che in realtà pubblicano propaganda.

Anche i contenuti generati da algoritmi che si presentano come se fossero scritti da esseri umani hanno raggiunto livelli record. Nel 2017, per un certo periodo, la Commissione federale per le comunicazioni degli Stati Uniti ha aperto ai commenti online il suo piano di porre fine alla neutralità della rete, ricevendo l’impressionante cifra di 22 milioni di commenti. Molti di questi, forse la metà, erano falsi, e si servivano d’identità false. Questi commenti erano anche poco elaborati: 1,3 milioni erano generati a partire dallo stesso modello, semplicemente con alcune parole modificate perché apparissero diversi gli uni dagli altri. Non reggevano neanche di fronte a un’analisi sbrigativa.

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