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Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale: le questioni aperte
(Via Agenda Digitale)
Le disposizioni normative in tema di proprietà intellettuale attualmente vigenti possono essere applicate tout court (o anche in via analogica) anche per la tutela dei sistemi di intelligenza artificiale, o è necessaria una normativa ad hoc?
La questione è ampiamente dibattuta, soprattutto rispetto all’individuazione della disciplina più adatta a questo scopo. Di seguito riportiamo una breve analisi delle possibili soluzioni (e dei relativi limiti e vincoli), con riferimento ai principali titoli di proprietà intellettuale riconosciuti nel nostro ordinamento.
Le tecnologie di AI sono costituite principalmente da software: non a caso proprio per questo motivo spesso ci si riferisce ai sistemi AI con il termine “super software”. In ambito software esiste una sostanziale differenza tra le istruzioni “scritte” dal programmatore per il funzionamento del software (cioè, il cosiddetto codice sorgente) e ciò che effettivamente è eseguibile dalla macchina (cosiddetto codice binario o codice oggetto). Il codice sorgente è redatto in un linguaggio comprensibile all’uomo (il cosiddetto linguaggio di programmazione) ed è indipendente dal “linguaggio macchina”, che è invece comprensibile ed eseguibile unicamente dal dispositivo.
Come noto, il software in quanto tale è tradizionalmente protetto dalla normativa sul diritto d’autore. Tuttavia, la tutela offerta dal diritto d’autore rispetto al software si estende solamente a quegli elementi che siano frutto ed espressione della creatività dell’autore. In questo senso, pertanto, la tutela offerta dal diritto d’autore si estende solamente al codice sorgente del software, creato dall’autore (che in questo caso coincide con il programmatore).
Rimarrebbero invece astrattamente esclusi dalla tutela autorale gli algoritmi su cui si basano le capacità predittive e computazionali di una tecnologia di AI (consistenti, infatti, in “linguaggio macchina”).
La normativa italiana in materia di brevetti è rappresentata dal D. Lgs. n. 30/2005 che costituisce il “Codice della Proprietà Industriale” (di seguito anche “Codice”). L’art. 45 del Codice dispone che il software in quanto tale ed i metodi matematici non possono essere considerati alla stregua di invenzioni e quindi non sono brevettabili. Pertanto un algoritmo in quanto tale, essendo di natura astrattamente matematica, non è brevettabile.
Tuttavia, può essere brevettabile un metodo che comporti l’utilizzazione di un algoritmo, purché venga usato per risolvere un problema tecnico.
L’impasse è stato parzialmente risolta dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (European Patent Office – di seguito “EPO”) che, all’esito della conferenza tenutasi il 30 maggio 2018 – emblematicamente intitolata “Patenting Artificial Intelligence” – ha integrato le linee guida per l’esame delle domande di brevetto con un’appendice appositamente dedicata all’AI.