Oreste Pollicino* e Pietro Dunn, in “Intelligenza artificiale e democrazia” (Egea), esplorano l’impatto dell’intelligenza artificiale…
Intervista al Prof. Alessandro Spano. Intelligenza artificiale e analisi dei processi negli uffici giudiziari
Il Prof. Alessandro Spano è Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università di Cagliari, dove dal 2019 si occupa di docenza, ricerca e attività organizzative. Il Prof. Spano ricopre il ruolo di Responsabile Scientifico per diversi progetti di ricerca finanziati dall’Università di Cagliari e dalla Regione Autonoma della Sardegna. Tra questi, si segnalano le ricerche sul process mining nelle aziende private e pubbliche (dal 2021), sull’uso delle informazioni di performance per i decisori politici (dal 2020) e sulle unioni di comuni (dal 2018).
Già membro del Collegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in Economia e Gestione Aziendale dall’anno accademico 2012-2013, partecipa inoltre, come componente del collegio docenti, a numerosi Master di II livello presso l’Università di Cagliari, tra cui quelli in Gestione dei Processi di Sviluppo Umano e Organizzativo, Management Socio Sanitario, Governance Multilivello e Progettazione Europea.
Dal 2021 è membro della Commissione Tecnica di Ateneo sui brevetti e gli spin-off. Di recente, ha ricevuto il Best Paper Award alla Bielefeld International Conference on Applied Business, tenutasi nel maggio 2024, per il suo lavoro sul Process Mining as a Tool for Corporate Value Production.
Il Prof. Alessandro Spano
Professore Spano, potrebbe spiegarci in cosa consiste il Process Mining?
Il Process Mining (PM) è una disciplina emergente nell’ambito della Business Analytics che sta rapidamente guadagnando rilevanza grazie al suo potenziale nell’analizzare e ottimizzazione i processi aziendali. Il PM consente di comprendere in profondità come si svolgono i processi e quali siano le loro performance, identificando inefficienze e colli di bottiglia e suggerendo miglioramenti attraverso un’analisi automatizzata e la visualizzazione dei flussi di lavoro. Integrando Data Mining e Intelligenza Artificiale, il PM estrae informazioni dai log, che sono le tracce informatiche di eventi generati dai sistemi informativi aziendali, fornendo una rappresentazione dettagliata del funzionamento dei processi. Grazie a questa tecnologia, ogni nuova transazione aggiorna in tempo reale l’analisi del processo, rendendola sempre attuale e precisa. In parole semplici, il PM consente di analizzare con grande velocità e precisione i processi che si svolgono all’interno delle organizzazioni, compresi gli uffici giudiziari.
Dal punto di vista pratico, la grande innovazione introdotta dal PM è che consente di acquisire direttamente dalla fonte e in modo automatico tutte le informazioni necessarie per analizzare le varie attività di un processo, e di evidenziare le inefficienze. La condizione necessaria è che tutte le attività siano rilevate in formato elettronico in un sistema informativo. In altre parole, se uso ancora la carta il PM non funziona.
Il PM può essere applicato in tre modalità principali: la “scoperta”, che ricostruisce il modello del processo “as-is” basato sui log degli eventi; la “conformità”, che verifica se il processo attuale segue il modello atteso, evidenziando eventuali deviazioni; e il “miglioramento”, che mira a migliorare il modello di processo esistente osservando i dati effettivi registrati.
Come trova applicazione il Process Mining nel contesto dell’analisi dei processi giudiziari? In che modo questa metodologia si differenzia dalle tecniche tradizionali di analisi dei processi utilizzate negli uffici giudiziari?
Il PM consente di comprendere come si svolgono i processi giudiziari, analizzando tutte le attività svolte, i tempi necessari per svolgerle, quanto tempo passa tra un’attività e l’altra. Inoltre, consente di confrontare i tempi per processi analoghi e quali siano le cause principali delle differenze, consentendo in questo modo di individuare eventuali inefficienze. Se, infatti, è vero che ogni processo giudiziario è differente, perché sono differenti i soggetti coinvolti e le condizioni di contesto, tuttavia è possibile individuare gruppi di processi che seguono un percorso simile e fare dei confronti tra di essi. Rispetto alle tecniche di analisi tradizionali, il PM consente di acquisire direttamente i dati relativi alle attività che compongono i processi, senza doverle reperire con un lavoro lungo e faticoso, che distoglie varie persone dal loro abituale lavoro.
Occorre aggiungere che, per quanto a mia conoscenza, le analisi dei processi giudiziari intesi come processi produttivi è alquanto limitata. Almeno fino ad oggi.
Nel contesto degli uffici giudiziari, quali sono i principali benefici che il Process Mining può offrire rispetto ai metodi tradizionali? Può fare qualche esempio pratico di come questa tecnica ha migliorato l’efficienza o la trasparenza in un processo giudiziario?
I principali benefici sono quelli accennati prima, vale a dire la possibilità di reperire in modo automatico i dati necessari per analizzare i processi. In questo modo è possibile risparmiare tantissimo tempo che può, invece, essere dedicato a studiare soluzioni e strategie più efficaci per migliorare i tempi e la qualità della giustizia. Un altro beneficio è che con il PM è possibile analizzare grandi quantità di processi giudiziari facendo emergere anomalie, inefficienze o, al contrario, percorsi virtuosi che possono essere replicati e condivisi. Talvolta, infatti, processi giudiziari che potrebbero seguire un percorso simile, procedono su strade molto differenti.
Un altro beneficio è dato dalla possibilità di verificare se una sequenza attesa di attività (si pensi a sequenze dettate da norme di legge) sia stata, effettivamente, seguita. In caso in cui si verifichino delle discrepanze il sistema le fa emergere in modo automatico. Questa modalità di analisi è quella cui si è fatto cenno prima, detta di “conformità”.
Potrebbe approfondire il progetto ‘Just Smart’ e spiegare come l’analisi dei processi ai processi giudiziali viene applicata a livello nazionale, e in particolare in Sardegna e Sicilia? Quali sono stati i principali risultati e le sfide incontrate fino ad ora?
Il progetto ha avuto una portata ampia e ha visto il coinvolgimento di varie professionalità. Il gruppo di ricerca di cui io faccio parte, costituito da economisti aziendali, si è concentrato sull’analisi dei processi giudiziari intesi come sequenze di attività finalizzate a raggiungere un determinato risultato. Nel caso in questione, la definizione dei processi giudiziari in modo più efficiente.
I principali risultati sono stati l’aver fatto emergere una variabilità quasi totale dei processi giudiziari. In altre parole, ogni processo si svolge in modo differente dagli altri. Un altro aspetto interessante è che la variabilità aumenta all’aumentare della presenza di taluni eventi, ad esempio la sostituzione del giudice o il numero di rinvii delle udienze. Ora, per quanto si tratti di aspetti in qualche modo scontati (se si sostituisce un giudice, chi subentra deve riprendere in mano tutta la documentazione prodotta fino a quel momento), il sistema utilizzato consente di quantificare tali effetti e di poterli analizzare in modo robusto anche per poter agire di conseguenza. Ad esempio, se io misuro la produttività di un ufficio giudiziario utilizzando unicamente i classici indicatori quali il disposition rate o il clearance rate e trascuro il fatto che in alcune sedi c’è un turnover dei giudici maggiore, sono portato a valutare negativamente quelle sedi, punendole per colpe non a loro imputabili.
Quali sono le principali difficoltà incontrate nell’analisi dei dati dei processi giudiziari utilizzando il Process Mining, come i dati mancanti o non affidabili? Come vengono affrontati e risolti questi problemi nella pratica?
La difficoltà principale riguarda il reperimento dei dati da analizzare. I tribunali dispongono di tantissimi dati che riguardano i vari momenti in cui si svolge un processo. Però, tali dati sono distribuiti su più fonti che dialogano tra loro con difficoltà. Inoltre, analizzando i dati abbiamo rilevato che spesso le stesse attività hanno denominazioni differenti. Quando il PM analizza queste attività le considera come attività differenti, anche se hanno lo stesso contenuto. La conseguenza è che emerge una variabilità tra i processi maggiore di quella reale. Un’ultima difficoltà riguarda l’accuratezza e la completezza con la quale i dati sono inseriti nei sistemi informativi, problema rispetto al quale occorre una sensibilità maggiore sull’importanza di raccogliere, conservare e analizzare i dati.
In che misura l’adozione del Process Mining può contribuire a una maggiore standardizzazione dei processi giudiziari? Quali sono le sue raccomandazioni per migliorare l’efficienza e ridurre la variabilità nei processi giudiziari, tenendo conto delle sfide attuali?
Ridurre la variabilità nei processi giudiziari non è semplice, perché su tale aspetto influiscono tanti fattori, compresa la cultura giuridica vigente in un determinato contesto. Tuttavia, prestare maggiore ai dati relativi ai processi, alla loro raccolta e analisi favorisce l’emersione di inefficienze che sono, spesso, di natura organizzativa e che possono essere ridotte senza intaccare l’autonomia del magistrato.
Utilizzare strumenti tecnologicamente avanzati come il PM può, sicuramente, consentire di individuare dei percorsi maggiormente standardizzabili e ridurre i tempi per la definizione di un processo. Ovviamente, permane la “specificità” di ogni singolo caso, così come l’autonomia del magistrato nel decidere. Tuttavia, anche il magistrato attribuisce grande peso a casi simili decisi in precedenza. Pertanto, avere a disposizione uno strumento che consenta di far vedere che una determinata sequenza di attività è maggiormente collegata a tempi di definizione più brevi rappresenta un sicuro ausilio.