La Corte di Giustizia dell'Unione europea in data odierna, 10 settembre 2024, ha annullato la…
Intervista al Prof. Avv. Massimo Giuliano in relazione al Convegno “Verso uno sviluppo sostenibile dell’IA”.
Massimo Giuliano è Avvocato del foro di Roma, Patrocinante in Cassazione, Dottore di Ricerca (Ph.D.) in Diritto Privato per l’Europa, ha maturato una specifica esperienza nell’ambito della ristrutturazione e riorganizzazione societarie.
Docente a contratto in “Diritto di internet e delle nuove tecnologie” presso Università degli studi Niccolò Cusano e
Coordinatore scientifico del Master di secondo livello in “Intelligenza artificiale e Blockchain: aspetti tecno-giuridici ed economici. Applicazioni in ambito medico e industriale”. Il Prof. Massimo Giuliano è consulente strategico di imprese innovative e start up specializzate in ICT/digital market.
il Prof. Avv. Massimo Giuliano
Nella sua relazione al Convegno “Verso uno sviluppo sostenibile dell’IA”, tenutosi presso il Circolo Antico Tiro a volo di Roma e organizzato in collaborazione con l’Università Europea di Roma, l’IAIC (Italian Academy of The Internet Code), Science2mind e AI2life, spin-off del CNR-ISTC, ha esposto in che modo le innovazioni tecnologiche, in particolare l’emergere del Web 3.0, i recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale e delle altre tecnologie quali la blockchain e gli smart contract, stiano influenzando il rapporto tra l’essere umano e la macchina.
Quali sfide uniche si presentano in termini di governance, regolamentazione e applicazione della legge nel contesto digitale?
Le innovazioni tecnologiche, che citava, stanno certamente modificando profondamente il nostro rapporto con le macchine. Il Web 3.0, o web semantico, ha reso le macchine (in realtà si tratta di software) in grado di comprendere e utilizzare le informazioni in modo più profondo, consentendo un’interazione più sofisticata e utile tra umani e tecnologia. Il confine tra vita online e offline è diventato indistinguibile, come evidenziato dal filosofo dell’informazione Luciano Floridi attraverso l’efficace neologismo “onlife”. Il virtuale si trasforma in reale, influenzando la nostra percezione della realtà, della nostra identità, della gestione della sfera pubblica e delle nostre responsabilità. La digitalizzazione ha creato una nuova dimensione di norme e territori. Le norme, che erano tradizionalmente legate ad un territorio, ora devono estendersi a spazi virtuali che non hanno confini geografici. Questo pone questioni complesse su come regolare le attività online e come far rispettare le leggi in un ambiente digitale senza confini e il diritto non può che adattarsi a questa nuova dimensione, così come ha dovuto affrontare la dilazione spaziale degli scambi con l’esplodere del commercio on line.
Nella sua relazione al Convegno ha parlato del ruolo dell’essere umano all’interno di meccanismi digitali, come, ad esempio, la funzione dell’individuo come interfaccia tra un servizio offerto online da una azienda e il suo conto corrente bancario?
Ho affrontato, in effetti, il ruolo dell’essere umano all’interno dei meccanismi digitali, mettendo in evidenza come la visione dell’individuo sia cambiata a seguito dell’evoluzione tecnologica. Questa dinamica è in gran parte guidata dalla commercializzazione dei dati personali, che è diventata una parte fondamentale dell’economia digitale. Le aziende raccolgono, analizzano e utilizzano i dati degli utenti per offrire servizi più personalizzati, migliorare la loro offerta e, in ultima analisi, aumentare i profitti.
In questo processo di digitalizzazione, i dati personali degli individui diventano una sorta di merce che può essere scambiata, venduta o utilizzata per scopi commerciali in cambio di servizi apparentemente “gratuiti”, ma che in realtà non lo sono. Questa realtà ha suscitato crescenti preoccupazioni sulla protezione dei diritti individuali nell’era digitale. A tale proposito, la recente Direttiva (UE) 2019/770 del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita nel codice del consumo agli articoli 135 octies – 135 vicies, ha integrato le disposizioni del GDPR specificatamente per il settore dei servizi digitali. Questo rappresenta un esempio evidente di come la gestione dei dati personali abbia assunto un’importanza economica nel mercato digitale, fino al punto da essere considerati una forma di pagamento nei contratti per la fornitura di servizi e contenuti digitali. D’altra parte, inquadrare tali rapporti nell’ambito dei contratti a titolo gratuito, non consentirebbe di approntare gli opportuni strumenti rimediali in favore dell’utenti propri dei contratti sinallagmatici. (si v. M. Giuliano, Dati personali, consenso e privacy nell’era digitale: sfide legali e implicazioni negoziali, in Giustiziacivile.com, 2023)
Proprio con riferimento ai nuovi diritti sorti nella moderna società digitale, ha anche fatto riferimento alla necessità di una rilettura delle categorie giuridiche tradizionali che tengano conto dell’ambiente digitale decisamente cambiato dagli anni 90 ad oggi.
All’inizio degli anni 2000, Internet era percepito come un “campo di energia indefinito”, un mondo separato, distinto d quello fisico, popolato da esseri intangibili, un mondo separato in cui l’utente può scegliere di entrare o meno (N. Irti, Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Roma-Bari, 2002, p. 66). Questa concezione di Internet come un universo parallelo ha iniziato a dissolversi con l’avvento del web 3.0, noto anche come web semantico, che ha visto un’integrazione sempre più profonda tra uomo e macchina, portando con sé nuove possibilità e sfide. Il digitale ha dato vita a uno spazio in cui le realtà analogica e digitale si fondono. Questo spazio, che Floridi ha chiamato “infosfera”, è popolato da “agenti informazionali”, sia naturali che artificiali, che interagiscono e influenzano la realtà in modi che sarebbero sembrati inimmaginabili solo pochi decenni fa. Ma il digitale non si limita a rappresentare la realtà in modo diverso, la reinterpreta completamente dal punto di vista ontologico. Questa reinterpretazione avviene attraverso la creazione di oggetti espressi in codice binario, che modificano le categorie e le distinzioni che abbiamo usato per comprendere il mondo.
Pensiamo all’adozione della tecnologia blockchain, un momento in cui economisti, giuristi, sociologi, tecnici e utenti si sono confrontati con un nuovo modello tecnologico e sociale. Questa tecnologia ha la capacità di rendere una risorsa digitale (come le criptovalute o i non fungible token) rivale, scarsa, unica, non duplicabile e trasferibile da un individuo all’altro senza la necessità di un intermediario, proprio come una banconota fisica. Questo rappresenta un notevole cambiamento di paradigma rispetto ai modelli tecnologici che abbiamo conosciuto grazie a Internet. (M. Giuliano, Le risorse digitali nel paradigma dell’art. 810 c.c. ai tempi della blockchain, in Nuova giur. civ , nn. 5 e 6, 2021)
Riflettiamo, ancora, sui nuovi processi per stabilire accordi legalmente vincolanti, come gli smart contract, eseguiti con l’ausilio della tecnologia blockchain e integrati con sistemi di machine learning. Questi sono in grado di essere perfezionati ed eseguiti senza l’intervento umano, grazie a programmi e algoritmi di intelligenza artificiale e sistemi autonomi sempre più avanzati. Questi sistemi possono far sorgere accordi giuridicamente vincolanti tra le parti, anche in assenza delle stesse. L’evoluzione dell’intelligenza artificiale sta portando alla creazione di “agenti artificiali autonomi”, ovvero programmi software che possono interagire con l’ambiente circostante e agire autonomamente. Questi sistemi operano secondo un processo decisionale auto-determinato basato su istruzioni predefinite, che possono cambiare in base all’elaborazione dei dati e ai processi di apprendimento automatico (machine learning), acquisendo nuove conoscenze sulla base della propria esperienza, fino a manifestare una “loro” volontà. Questa volontà può, in alcuni casi, non essere prevista dall’utente quando decide di utilizzare una certa tecnologia per guidare le proprie azioni o relazioni (si consideri lo stadio di sviluppo della chatbot GPT – Generative Pretrained Transformer -, versione 4). Oltre a esplorare la natura del consenso in questa forma, vale a dire se può ancora essere considerato proveniente dall’individuo o piuttosto dall’algoritmo stesso, sorge un’ulteriore questione relativa all’incapacità di interrompere l’esecuzione dell’accordo, per qualsiasi motivo lo richieda, come ad esempio l’inadempimento del contratto o l’illiceità sopravvenuta. Questo perché le transazioni eseguite sulla blockchain non possono essere fermate, permettendo quindi soltanto rimedi di natura restitutoria piuttosto che conservativa.
Il mondo reale, quindi, non è più solo quello che appare e che viene descritto e definito dalle norme, dalla legge, dai regolamenti, dal contratto, ma è compenetrato dal mondo immateriale, governato da codici e protocolli informatici, distribuiti e decentralizzati, non completamente comprensibili né governabili con le regole di un determinato territorio, né dallo stesso sviluppatore che li ha creati. Mi riferisco, in particolare, alle DAO, le decentralized autonomous organizations, ossia programmi software che operano autonomamente, senza la necessità di un’autorità centralizzata. Utilizzando gli smart contracts, una DAO è in grado di interfacciarsi con informazioni esterne ed eseguire operazioni basate su queste, tutto senza l’intervento umano diretto. Le DAO sono generalmente controllate dagli utenti sparsi nel globo attraverso token di organizzazione, che attribuiscono diritti di voto per prendere decisioni collettive. Tali programmi informatici decentralizzati pongono tuttavia alcune questioni complesse. Una di queste riguarda l’imputazione della volontà. Dato che le DAO operano in base a regole predeterminate e automatiche, può essere difficile determinare chi sia responsabile per le azioni di una DAO. Ad esempio, se una DAO causa un danno, può essere complicato stabilire chi debba essere ritenuto responsabile. Un’altra questione riguarda l’identificazione del soggetto responsabile in caso di danni. Poiché le DAO sono decentralizzate e non esiste un’autorità centrale che le controlla, può essere difficile individuare chi sia legalmente responsabile in caso di problemi. (M. Giuliano, Regolare l’infosfera, in contr. impr., 2021; M. Giuliano, La blockchain e gli smart contracs nell’innovazione del diritto nel terzo millennio, in diritto dell’informazione e dell’informatica, 6, 2018, 989 ss).
Quali sono le principali misure legislative che l’Unione Europea sta adottando per affrontare le sfide e le questioni legate all’uso e allo sviluppo delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale, assicurando al contempo la protezione dei diritti fondamentali degli utenti?
Il quadro legislativo europeo sta affrontando la sfida della regolamentazione del digitale attraverso diverse iniziative. Il Digital Service Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA) cercano di creare un insieme unificato di regole per le piattaforme digitali, inclusi i giganti del web, al fine di garantire diritti fondamentali come l’accesso a un rimedio efficace, la non discriminazione, la protezione dei minori e la privacy online. Il Regolamento UE n. 2019/1150 ha ulteriormente rafforzato la trasparenza nel settore dei servizi digitali, obbligando le piattaforme di intermediazione online e i motori di ricerca a rendere più chiari i termini e le condizioni dei loro servizi. Il Data Governance Act (DGA) mira a stabilire un quadro per la condivisione e l’utilizzo dei dati non personali, promuovendo la creazione di spazi comuni europei per lo scambio di dati. Infine, la proposta di Regolamento sull’intelligenza artificiale (AI Act) mira a regolamentare l’uso e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nell’UE, classificando i sistemi AI in base al livello di rischio e stabilendo requisiti specifici per garantire trasparenza, affidabilità e responsabilità nell’uso di tali tecnologie. Queste misure, nel loro complesso, mirano a eliminare la frammentazione giuridica dovuta a normative e vigilanza divergenti tra i vari Stati membri, garantendo una maggiore equità e trasparenza per gli utenti dei servizi digitali.Inizio modulo
Lei ha concluso il suo intervento con un accenno al Metaverso. Data la natura del Metaverso, come dovrebbero essere adattate o aggiornate le normative esistenti per regolamentare le questioni attinenti la privacy, la sicurezza, i diritti di proprietà intellettuale e le responsabilità per gli illeciti commessi in questo ambiente digitale?
Il Metaverso può essere considerato come un’evoluzione avanzata dell’Infosfera. L’Infosfera, quale ambiente informativo costituito da tutte le entità informative, le loro proprietà, interazioni, processi e mutazioni. Il Metaverso, una sorta di universo virtuale o un insieme di universi virtuali interconnessi, offre un’esperienza digitale più immersiva che cerca di ricreare e estendere le interazioni fisiche che gli individui hanno nel mondo reale. In altre parole, il Metaverso può fornire un senso di “presenza” e di “fisicità” in un contesto digitale, consentendo alle persone di interagire tra loro e con l’ambiente digitale in modi molto simili a come lo farebbero nel mondo fisico. Tuttavia, come con ogni innovazione tecnologica o forma di interazione, emergono anche sfide e questioni da risolvere. Tra queste si includono problemi legati alla sicurezza dei dati personali, all’accessibilità, ai diritti di proprietà individuale e ai nuovi modelli di responsabilità civile. Quest’ultimo aspetto diventa particolarmente complesso se si considera che nel metaverso esistono avatar, entità informazionali a cui attribuire le azioni compiute.
La creazione di un quadro normativo solido e coerente è dunque fondamentale per affrontare le sfide del mondo digitale e garantire la tutela dei diritti fondamentali e l’etica nell’utilizzo delle nuove tecnologie. L’Europa ha il potenziale per assumere un ruolo guida a livello globale nel settore digitale, influenzando le politiche e le pratiche internazionali. Tuttavia, è importante sottolineare che la legge deve andare oltre i confini nazionali e diventare globale, frutto di un accordo tra diverse nazioni. La combinazione di una solida base normativa e un codice etico bilanciato rappresentano strumenti fondamentali per regolare le relazioni umane nell’infosfera e proteggere i valori fondamentali a livello globale.