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La Corte di Giustizia dell’Unione europea conferma l’ammenda di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google per abuso di posizione dominante

La Corte di Giustizia dell’Unione europea in data odierna, 10 settembre 2024, ha respinto l’impugnazione presentata da Google e Alphabet, confermando così l’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro inflitta dalla Commissione Europea nel 2017. La sanzione era stata imposta per abuso di posizione dominante da parte di Google, accusata di favorire il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quelli dei concorrenti sui mercati nazionali della ricerca su Internet.

Il 27 giugno 2017, la Commissione Europea ha constatato che in tredici paesi dello Spazio Economico Europeo (SEE), Google aveva privilegiato i risultati del proprio comparatore di prodotti sulle sue pagine di ricerca generale, posizionandoli in primo piano all’interno di “box” con informazioni visive e testuali accattivanti. Invece, i risultati dei comparatori concorrenti erano presentati solo come semplici link blu, soggetti a retrocessione da parte degli algoritmi di aggiustamento di Google. Questa pratica è stata considerata un abuso di posizione dominante sul mercato dei servizi di ricerca generale su Internet e su quello dei servizi di ricerca specializzata di prodotti.

Google e Alphabet hanno contestato la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea, che il 10 novembre 2021 ha respinto il ricorso e confermato l’ammenda. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che non fosse dimostrato che la pratica di Google avesse avuto effetti anticoncorrenziali sul mercato della ricerca generale, annullando così parzialmente la decisione della Commissione su questo punto.

Successivamente, Google e Alphabet hanno proposto un’impugnazione alla Corte, chiedendo l’annullamento della sentenza del Tribunale e della decisione della Commissione. Con la sentenza odierna, la Corte ha rigettato l’impugnazione e confermato la sentenza del Tribunale.

La Corte ha ricordato che il diritto dell’Unione Europea sanziona solo lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante, non la sua esistenza in sé. In particolare, vieta i comportamenti di imprese dominanti che restringono la concorrenza basata sui meriti e che possono causare danni alle imprese e ai consumatori. La Corte ha precisato che un trattamento più favorevole da parte di un’impresa dominante nei confronti dei propri prodotti o servizi non costituisce di per sé un abuso, a meno che non si discosti dalla concorrenza basata sui meriti.

Nel caso specifico, la Corte ha constatato che il comportamento di Google era discriminatorio e non rientrava nell’ambito della concorrenza basata sui meriti, confermando così la decisione del Tribunale e l’ammenda inflitta dalla Commissione.

La Corte ha confermato che Alphabet, in quanto unica socia di Google, è responsabile in solido per il pagamento di una parte dell’ammenda, pari a 523,5 milioni di euro..

 

 

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