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La tassazione dei collezionisti d’arte: il giurista Alberto Gambino sollecita la riforma fiscale

Gambino ha espresso preoccupazione per l’incertezza normativa che caratterizza il trattamento fiscale delle transazioni artistiche, invitando con urgenza a una riforma legislativa

 

 

La recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 19363 del 15 luglio 2024), che ha riaffermato l’imposizione fiscale sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di opere d’arte da parte di collezionisti privati, ha suscitato un acceso dibattito sulla necessità di un intervento normativo in materia. Il Prof.Alberto Gambino, avvocato esperto di diritto d’autore e componente del Comitato per il Diritto d’Autore del Ministero della Cultura, ha espresso preoccupazione per l’incertezza normativa che caratterizza il trattamento fiscale delle transazioni artistiche, invitando con urgenza a una riforma legislativa.

La sentenza della Cassazione e i suoi riflessi sulla tassazione delle plusvalenze d’arte

La Corte di Cassazione ha recentemente confermato la decisione della Commissione Tributaria di II grado di Trento, che aveva qualificato la plusvalenza derivante dalla vendita di un’opera di Claude Monet da parte di un collezionista come “reddito diverso”, soggetto a tassazione. Il collezionista aveva sostenuto che la vendita fosse avvenuta con finalità non speculative, ma per rinnovare la propria collezione, sostenendo che l’operazione non dovesse essere considerata una transazione commerciale. Nonostante il primo grado di giudizio avesse accolto la tesi del collezionista, la Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la tassabilità della plusvalenza ottenuta.
Secondo il Prof. Gambino, questa pronuncia evidenzia una lacuna fondamentale nel nostro ordinamento, ossia l’assenza di criteri chiari e oggettivi per distinguere i casi di compravendita d’arte tra privati da quelli che devono essere considerati come attività commerciali e quindi tassabili. «Il rischio che corrono i collezionisti d’arte oggi – afferma il Prof. Gambino – è enorme: una vendita di un’opera che non ha scopi di lucro ma è finalizzata alla valorizzazione della propria collezione rischia di essere considerata un atto di speculazione, solo in virtù della plusvalenza realizzata».

 

 

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