Il Tribunale dell'Unione europea ha respinto i ricorsi presentati dalla Polonia contro sei decisioni della…
“Le libertà al tempo di Internet”. Il video del convegno all’Università degli Studi Federico II di Napoli

Il 21 dicembre 2016, presso l’aula Cicala dell’Università Federico II di Napoli, si è tenuto il Convegno le “Libertà al tempo di Internet”, promosso dal Centro interdipartimentale ERMES (European Research Centre on Media for E-Society) e IAIC (Italian Academy of the Internet Code), in occasione della presentazione dei libri di Giovanna De Minico, Antiche libertà e nuova frontiera digitale, Giappichelli, 2016 e Mirzia Bianca – Alberto Maria Gambino – Raffaella Messinetti (a cura di), Libertà di manifestazione del pensiero e diritti fondamentali, Giuffrè, 2016.
Gaetano Manfredi, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha aperto i lavori con un messaggio di benvenuto rivolto ai relatori e agli studenti “quali principali protagonisti di questo cambiamento epocale che stiamo vivendo”. Il suo intervento si è incentrato “sulle sfide e le opportunità che la nostra dimensione sociale e anche i nostri diritti e i nostri doveri si trovano a dover affrontare in questa fase di grandissimo cambiamento”. Ma alle opportunità offerte dalla rete si accompagnano anche pericoli evidenti: “ogni volta che ci colleghiamo c’è qualcuno che ci traccia e questo impatta su tanti aspetti delle nostre libertà”. Per queste ragioni il Rettore ha ricordato come “sia estremamente importante che questi temi vengano affrontati nelle aule del nostro prestigioso Dipartimento di Giurisprudenza” augurandosi che “con lo sforzo dei colleghi della Facoltà e di Giovanna De Minico, che stanno lavorando intorno a queste tematiche, il nostro Ateneo sia anche il primo in Italia, in cui i temi dei nuovi diritti legati alle nuove tecnologie diventino parte integrante della formazione di tutti gli studenti”.
Lucio De Giovanni, Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha ringraziato tutti i presenti, in particolare i tantissimi studenti, i relatori e il Centro Interdipartimentale ERMES, sottolineando come quest’ultimo stia promuovendo “iniziative tutte significative dal taglio molto efficace e interdisciplinare”. Il professore De Giovanni ha poi messo in evidenza che quando si lavora molto in un conteso “come ha cercato di fare Giovanna De Minico, la cosa non rimane senza conseguenze”, ne sia prova il crescente interesse degli studenti verso temi di attualità e di ulteriori sviluppi in avvenire.
Antonello Soro, Garante per la protezione dei dati personali, ha ringraziato il Rettore, il Direttore del Dipartimento De Giovanni e i curatori dei libri, per “aver posto e proposto alla nostra riflessione e al nostro dibattito il tema del rapporto tra le libertà e Internet, una relazione che subisce accelerazioni così spinte, da diventare il tema del nostro tempo”. Il Presidente ha evidenziato come “il rapporto con la dimensione digitale muti profondamente forma, contenuto e senso di quelle che Giovanna De Minico definisce antiche libertà, aggiungendo al relativo catalogo nuovi diritti e nuove implicazioni dei diritti tradizionali”. Il presidente Soro ha poi richiamato l’attenzione sul comune modo di impostare la relazione tra libertà e Internet, il cui esito inevitabilmente comprime i diritti. Al contrario, “oggi cresce l’idea che la libertà si può difendere proprio introducendo dentro la dimensione digitale l’affermazione dei diritti” poiché, “accanto alla straordinaria capacità di promuovere processi inclusivi di partecipazione democratica, accanto alla sua capacità generativa, il web ha anche dimostrato, con l’ambivalenza propria di ogni tecnologia, di poter amplificare con effetti dirompenti gli atti di discriminazione, gli atti violenti, spesso nei confronti di soggetti più fragili o di quanti siano rappresentati come diversi”. Pertanto, la rete “rischia di soggiacere alla discrezionalità dei monopolisti del digitale in capo ai quali si sono concentrati poteri che assumono sempre di più una caratura pubblicistica”, rischiando in questo modo di espungere il fattore umano. In questo contesto “assume un rilievo centrale la protezione dei dati – quali habeas data, quale corrispettivo nell’era digitale di ciò che l’habeas corpus ha rappresentato sin dalla Magna Carta”. Il primo, oltre alla dimensione puramente negativa dell’intangibilità della sfera privata, “ha assunto i contorni del diritto all’autodeterminazione informativa, strumento di governo delle informazioni che ci riguardano, che esige trasparenza e correttezza da parte di chi tali informazioni gestisca”. La protezione dei dati diviene così “fattore di redistribuzione del potere informativo e almeno in parte capace di correggere le asimmetrie che caratterizzano il rapporto tra dignità umana e iniziativa economica”.
Con riferimento al tema dell’utilizzo dei dati, il relatore si pone una lunga serie di questioni, in primo luogo “l’offerta da parte dell’algoritmo di contenuti simili a quelli ricercati in passato sui motori di ricerca, si riproduce sul piano dell’informazione, generando una spirale auto-confermativa, che finisce per limitare paradossalmente lo spettro informativo con la tendenza a informarsi solo da fonti inclini a confermarci nelle nostre pregresse convinzioni”. Il Presidente ha anche richiamato il tema delle fake news, che porta a “far dipendere l’attendibilità della notizia, non dalla sua verificabilità, ma dalla quantità di condivisioni che abbia ottenuto: è la logica dell’odience, del ‘mi piace’”. Il che conferisce “autorevolezza alla loro fonte in funzione della quantità di lettori che ottengono, […] con implicazioni importanti, non soltanto sul tema del pluralismo e della libertà di informazione e di espressione, ma anche rispetto alla formazione di volontà del corpo elettorale, laddove le false notizie concernono appunto questioni oggetto del voto popolare”.
Tali squilibri secondo Soro sono suscettibili di correzione a condizione che le nostre democrazie siano ripensate nel segno della centralità della persona umana, e quindi dei diritti, a partire appunto da quello della protezione dei nostri dati nella sua dimensione digitale, in modo da garantirlo quale presupposto di libertà e di autonomia, condizioni necessarie al libero sviluppo della persona.
Paolo Caretti, Professore Ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Firenze, ha aperto la sua relazione introducendo il tema “del rapporto tra diritto e tecnica” e ponendo due interrogativi di base: il primo attiene al “se e fino a che punto il diritto debba intervenire a disciplinare queste nuove tecnologie”; il secondo si pone la questione di “quali categorie giuridiche vadano utilizzate per immaginare la disciplina giuridica di un mezzo di comunicazione sociale come Internet”, sottolineando come entrambi gli interrogativi “siano al centro dei volumi che si presentano qui e in particolare in quello di Giovanna De Minico, che già nel titolo ci dice molto”.
Il discorso del Professore Caretti ha poi interessato il tema del pluralismo informativo, “un principio cardine che nel nostro ordinamento rappresenta la spina dorsale della disciplina giuridica in materia di comunicazione sociale, principio ricavato dalla Corte Costituzionale interpretando l’art. 21 della Costituzione, non soltanto come diritto-libertà di informare gli altri, ma anche come diritto a essere informati da una pluralità di fonti di informazioni la più ampia possibile, diversificata e riconoscibile”.
Tale categoria, secondo l’Autore, va tenuta presente anche per le attività d’informazione che si svolgono attraverso Internet, per diverse ragioni. La prima è rappresentata dalla tutela del diritto di accesso a Internet: “viviamo in una fase di transizione in cui il c.d. digital divide, cioè l’ignoranza in senso etimologico della capacità di accedere alla rete che hanno tanti, rischia di creare una nuova diseguaglianza sostanziale”. Secondo Caretti tale diritto “è la premessa affinché tutte le potenzialità di Internet possano svilupparsi effettivamente, e chi non accede a Internet, certo non accede alla pluralità di fonti che Internet offre e quindi viene in gioco il rispetto del pluralismo informativo”. La seconda invece, è rappresentata dalla “possibilità di poter scegliere le fonti d’informazione in modo libero, il che presuppone che le fonti d’informazione su Internet abbiano la stessa capacità trasmissiva, un principio che è messo a rischio dalle pratiche di selezione dei servizi informativi che vengono operate dai grandi distributori di informazione” via Internet. Sul tema il professore Caretti ha ricordato il Regolamento 2015/2020, cioè la disciplina europea sulla net neutrality, che ha fissato il principio del divieto “di bloccare, rallentare limitare o interferire e discriminare specifici contenuti applicazioni o servizi”, lasciando però “la libertà di operare tecniche discriminatorie in presenza di servizi che vengono qualificati come speciali”, la cui definizione è lasciata alla libertà degli operatori, mettendo in risalto come, sul punto, “la collega De Minico critichi giustamente questo regolamento”. La terza questione è rappresentata dal formarsi e consolidarsi di posizioni quasi monopolistiche in Internet: “in questi anni i grandi operatori, che sono dei colossi che operano in rete, occupano una posizione dominante di mercato, non solo come singole imprese” , ma come acquirente di realtà economiche più piccole che operano sul mercato; il che ci riporta al tema della regolazione, “poiché la costituzione di soggetti dominanti del mercato, pone gli stessi problemi che ha posto questo fenomeno nel mondo dell’informazione stampata e televisiva”, come ampiamente illustrato dalla De Minico. Il relatore ha poi messo in evidenza i limiti della legislazione italiana che con il Testo Unico della radiotelevisione utilizza una struttura difficilmente applicabile in quanto, facendo riferimento esclusivo ai servizi caratterizzati “dall’esercizio di un controllo editoriale sui contenuti trasmessi a scopo informativo, è più che dubbio che si possa riconoscere ai servizi prestati dai motori di ricerca questo carattere”. L’Autore non ha mancato di sottolineare l’emergente questione della search neutrality, cioè “la pratica del dare o meno visibilità a una notizia piuttosto che a un’altra”. Sul punto il professore ha ribadito che “se il principio del pluralismo informativo deve essere inteso anche dalla parte dell’utente, io mi trovo in rete di fronte a un’informazione, ma quando vado a ricercarla vedo solo quelle che hanno una grande visibilità e non altre; è evidente che la mia libertà di accedere all’informazione subisce un limite non indifferente, e quindi anche qui c’è un problema […] di rispetto del principio del pluralismo informativo e resta in dubbio che si sia in una situazione ottimale quando la maggiore o minore visibilità di una notizia è affidata al funzionamento di un algoritmo”.
Fernando Bocchini, Professore Straordinario di Istituzioni di Diritto Privato dell’Università Telematica Pegaso, si è soffermato sui principi economici che regolano la diffusione di un prodotto, paragonando tali principi a quelli che hanno accompagnato i primi anni di sviluppo di Internet. La diffusione di un bene, di regola, avviene “senza pensare troppo a limiti e responsabilità, l’importante è diffondere il prodotto, quando il prodotto si è assestato sul mercato, inizia la fase della valutazione dell’impatto, degli effetti determinati, e delle lesioni realizzate”. Anche nel caso di Internet, secondo il Professore Bocchini, “quando è nata la connessione nessuno si è posto il problema di ciò che poteva determinarsi, l’importante era diffondersi e qual è stato il primo diritto a diffondersi? Il diritto all’accesso, perché questo diritto all’accesso è il contraltare dell’interesse economico alla diffusione del prodotto e solo successivamente ci si è posti il problema relativo al come regolarlo e quali conseguenze”.
Il Professore Bocchini ha poi tracciato un filo rosso che lega i due libri presentati, che va ben oltre il fatto di trattare il medesimo tema, consistendo piuttosto in quella comune “matrice fondamentale, rappresentata dal bilanciamento dei diritti costituzionalmente rilevanti”. In particolare, il libro sulla libertà di manifestazione del pensiero e diritti fondamentali si sofferma sul “bilanciamento di Internet con i diritti civili”; viceversa il libro della De Minico guarda al “bilanciamento di Internet con i diritti sociali”.
Il professore Bocchini ha poi ricordato un passaggio del libro della professoressa De Minico, in cui si fa riferimento alla tecnica “che come tale, è neutra, poi la dobbiamo riempire e dobbiamo trovare l’indirizzamento della tecnica per cogliere i suoi risvolti”. Il medesimo tema è altresì affrontato nel terzo saggio di Gambino, che si occupa dei diritti fondamentali e della sicurezza cibernetica, “non possiamo rimettere tutto all’ossequio alla norma giuridica, la traiettoria legislativa è utile ma non è tutto, qui vi è una sollecitazione ad intervenire sulla tecnica, perché la tecnica può svolgere un ruolo ed un percorso importanti”. Oltre agli strumenti normativi è fondamentale andare agli strumenti operativi, “le tecniche sono essenziali per la tutela dei diritti costituzionali e pongono il dilemma tra libertà individuali a navigare e interesse collettivo alla sicurezza” e dunque se ben indirizzate “possono realizzare il loro fine, mostrando come, ancora una volta, l’interesse collettivo deve prevalere su quello individuale”. Secondo il Professore Bocchini infine, la tecnocrazia rappresenta “il grande dilemma della società moderna, poiché, attraverso le tecniche, un potere riesce a governare una società senza una legittimazione politica – questo è il grande tema oggi delle nuove tecnologie – senza governare le relazioni sociali, indirizzare gli sviluppi economici e gli equilibri politici senza legittimazione politica, ma solo attraverso l’orientamento informativo”.
Lucilla Gatt, Professoressa Ordinaria di Diritto Civile dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, ha preliminarmente ringraziato la Professoressa De Minico e il Professor Gambino per l’invito, mettendo in risalto come, i due colleghi, rappresentino in Italia “le punte accademiche sull’approfondimento scientifico relativo ai temi che oggi stiamo trattando, su due versanti diversi ma fortemente complementari”. I due testi presentati, considerati dalla professoressa “di estrema utilità sia didattica che scientifica”, sono stati poi da lei analizzati nelle loro diverse peculiarità evidenziando come “il testo della professoressa De Minico, animato dal flato pubblicistico, dialoghi idealmente, direttamente con il legislatore, indicando dei punti ideali possibili di arrivo verso un miglioramento generale della regolamentazione della rete in particolare ma non solo e tutto questo alla luce di una valutazione di carattere scientifico di quelli che sono i valori costituzionali”. Il testo del Professore Gambino, invece, punta a fornire “una fotografia il più possibile precisa di quelle che sono le soluzioni possibili che in questo momento storico sono state date ai grossi problemi di lesione dei diritti fondamentali, che si sono verificati particolarmente con l’uso dei social network ma non solo, in generale nella rete” soffermandosi in particolare sul tema del “bilanciamento degli interessi pari ordinati sul piano della tutela costituzionale nazionale, ma anche sovranazionale, che fa da sfondo alle scelte tematiche del testo”.
Per quanto riguarda le possibili risposte offerte al problema nel volume Libertà di manifestazione del pensiero e diritti fondamentali, “emerge con chiarezza la prevalenza della fonte giurisprudenziale come fonte di regole necessarie a risolvere i conflitti che si creano nel mondo odierno, e sui quali purtroppo non è possibile aspettare interventi legislativi, ma è necessario dare una risposta”.
Un altro tema presente nel volume di Gambino, segnalato dalla professoressa Gatt, è quello del rapporto tra security eprivacy: “un conflitto di differente struttura, tra un individuo e la tutela dei propri dati personali, della propria riservatezza, del proprio domicilio informatico, di tutto quello che lo riguarda e l’interesse della collettività ad una maggiore sicurezza, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo in cui il terrorismo, soprattutto il terrorismo islamico ma non solo, chiaramente mette a repentaglio, per tutelare la riservatezza per tutelare il dato, intere comunità”.
La relatrice ha infine posto l’attenzione su una questione di fondo: il “riposizionamento del valore della persona, che oggi appare fortemente compromesso riducendo la persona ad una serie di dati più o meno scomponibili”.
Alberto Maria Gambino, Professore Ordinario di Diritto Privato dell’Università Europea di Roma, ha messo in evidenza come il volume Libertà di manifestazione del pensiero e diritti fondamentali nasca “dall’enorme preoccupazione che la cultura giuridica oggi stia diventando una cultura sociologica, in parte a causa dei falsi profeti del web che si fingono giuristi e che creano delle categorie molto evanescenti” ecco perché, sottolinea Gambino, “lo strumento importante è quello didattico, il casebook, facendo studiare i casi giurisprudenziali agli studenti”. Il professore ha poi rivolto agli studenti l’invito a “cercare di studiare il fenomeno della rete non come un sapere diverso da quello giuridico, perché il rischio è che se noi non ci ancoriamo al diritto ci dimentichiamo anche i principi che ci sono sullo sfondo, la rete è diventato il luogo in cui le persone vengono dopo le cose e l’unico modo per non cadere nell’assuefazione tragica della rete, l’unica soluzione è quella di ricondurla a uno scenario fatto di una cultura giuridica ancorata a dei principi fondamentali”. Il volume, ha segnalato Gambino, “ha l’ambizione di recuperare il collegamento che c’è tra la norma giuridica come strumento di relazione e di tutela delle persone e le vecchie categorie del diritto civile, in uno scenario che va studiato in modo analitico”. Il principio fondamentale è che “l’ecosistema digitale non possa essere immune dalle regole definite dall’ordinamento, perché prima dell’ecosistema vengono le regole e poi l’ecosistema si dovrà adattare a quelle regole e allora questo rappresenta un punto fondamentale perché altrimenti, un po’ per pigrizia, tutti noi troveremmo questi strumenti in linea con i nostri bisogni quotidiani, dimenticandoci che bisogni e interessi non sono la stessa cosa, ma l’interesse è qualcosa di più alto che evidentemente ha bisogno di più tempo”.
Giovanna De Minico, professoressa associata di Diritto Costituzionale dell’Università Federico II di Napoli, nel suo intervento si è rivolta in primo luogo agli studenti ringraziandoli per la loro presenza numerosa e attenta, quindi si è dichiarata contenta per l’interesse crescente della dottrina costituzionalistica italiana ai temi oggetto dell’incontro, pur se in ritardo rispetto a quella europea o nord americana.
La De Minico è poi entrata nel merito sottolineando la crisi delle categorie giuridiche che perdono i loro attributi qualificativi quando sono riferite a ciò che accade in rete; infatti, “nuove categorie si stanno sostituendo alle vecchie, senza che ciò evochi un cambiamento epocale. Si pensi, ad esempio, al rapporto tra i big data e la trasparenza dell’amministrazione, cioè al modo in cui il possesso di una massa crescente di dati da parte del soggetto pubblico possa influire sulle modalità di attuazione del dovere dell’amministrazione di essere trasparente”. Qui si impone all’amministrazione una nuova modalità di comportamento che passi dal segreto generalizzato alla trasparenza come regola dell’agire quotidiano, pur in difetto di un’espressa richiesta del cittadino, il che segna una profonda distanza con la Riforma Madia “che ancora consente all’amministrazione di tenere i dati generati dai cittadini chiusi nel suo cassetto”, come ben sa una dottoressa di ricerca che ha di recente ultimato la sua tesi anche su questo argomento.
La professoressa De Minico ha offerto come ulteriore prova del ripensamento delle categorie giuridiche il tema del flusso informativo trasmesso dalle piattaforme. Ad esempio Facebook, “che veicola le informazioni in ragione dei nostri orientamenti, dei nostri bisogni e dei nostri like, conformando le informazioni su quello che siamo”. Questa capillare e individuale azione di orientamento informativo è dettata solo dal profitto perché “quando riceviamo una notizia conforme ai nostri gusti, ai nostri interessi, siamo portati a trattenerci di più su quel determinato social, che […] pertanto venderà meglio i suoi spazi pubblicitari”.
Il rimedio a giudizio della De Minico è già contenuto in una norma costituzionale, l’art. 21, disposizione che già esprimeva la preoccupazione del Costituente di “poter rendere evidenti i mezzi di finanziamento della stampa periodica […]. Oggi l’attenzione non è più su quel tipo di stampa, il nostro interesse è sapere se Facebook ha fatto accordi con taluni editori e pertanto bisognerebbe ripensare in termini di obbligo, e non di mera facoltà, il rendere noti quei mezzi poiché se io so che Facebook ha fatto quegli accordi, mi risulta chiara che quella informazione mi arriva orientata”.
Infine, la professoressa ha indicato la campagna pubblicitaria di Trump durante le sue elezioni presidenziali, esempio, non di falsa informazione, come pure presentata da una parte della dottrina statunitense, bensì di testimonianza di una comunicazione elettorale conforme con i gusti dell’elettore ricevente; il che mette a rischio la libertà del suo voto perché ne compromette il momento preliminare della consapevolezza informativa, tematica questa, su cui sta riflettendo un’altra dottoranda della sua cattedra.
Infine, la De Minico ha auspicato che “con il prossimo anno venga alla luce un corso di ingegneria arricchito di elementi di diritto […] per formare una nuova figura di ingegnere educato al diritto sin dalla nascita”, l’importanza di questa nuova professionalità è stata già anticipata dalle parole del Rettore e del Presidente Soro.
Massimo Villone, Professore Emerito di Diritto Costituzionale dell’Università degli studi di Napoli Federico II, nella sua relazione conclusiva ha inteso mettere in evidenza come “fino a qualche anno fa lo scenario fosse quello che vedeva Internet come luogo di libertà per cui non ci doveva essere assolutamente alcun tipo di limite e di condizionamento e nessuna regola”. Successivamente il clima è cambiato e “attualmente la rete offre molte opportunità, però questi stessi telefonini hanno il gps, il che rappresenta la rottura evidente della privacy”. Il professore Villone ha poi citato un capitolo del volume della professoressa De Minico che anticipa il tema del terrorismo, poi approfondito nella sua ultima monografia. Tale capitolo parte dal concetto che il terrorismo di oggi sia diverso da quello di ieri “in quanto terrorismo pulviscolare, un terrorismo di gente che fino al giorno prima nessuno sapeva che esistesse, persone insospettabili, i terroristi invisibili”. Ma anche in questo caso la rete svolge un ruolo fondamentale per diverse regioni: in primo luogo, l’ampliamento delle libertà offerto dalla rete è strettamente collegato alla radicalizzazione che spesso avviene attraverso Internet; in secondo luogo, “lo strumento crea un pericolo che fino a ieri non si sarebbe creato o meglio si sarebbe creato ma in modi diversi e più facili da controllare”; e infine, ci si pone il problema del “come contrastare il fenomeno e come svolgere un’attività investigativa, il che ci conduce al tema della sorveglianza di massa”. La tentazione del controllo di massa, secondo Villone, viene proprio dalla “difficoltà di contrastare il terrorismo con i metodi che sarebbero stati classici della repressione del fenomeno criminale poiché ci troviamo di fronte a un terrorismo nuovo, che non rientra in quei canoni e allora da qui la spinta che poi si può tradurre in pessime leggi come il Patriot Act adottato negli Stati Uniti”. In sintesi, la diffusione della rete porta con sé una serie di conseguenze: “la libertà che si amplia, il pericolo che si crea e la repressione che si rende possibile o perfino forse necessaria perché è l’ultima via”.
Il convegno si è concluso con l’auspicio di rivedersi in Federico II per pensare ragionare intorno agli sviluppi futuri delle Libertà in tempo di Internet.